Spettinati ad arte
Bouquet scultorei, talvolta eterei. Dalle texture inusuali e dalle tinte intense. Dietro una composizione di fiori in apparenza casuale, c’è sempre un FLORAL DESIGNER, che si ispira ai viaggi, alla musica, alle nuvole. Sei, tra i più fantasiosi, ci raccontano di sé e della loro visione
“SARÀ UN ANNO DI COLORI ACCESI, ABBINAMENTI INASPETTATI E CARICHI DI ENERGIA. CON UNA SPINTA MAGGIORE VERSO L’ECOSOSTENIBILITÀ”
DIMENTICATE il vecchio fiorista della nonna, cancellate dalla memoria i mazzi monocolore del chiosco sotto casa, ora il floral design è diventato una vera e propria forma d’arte, per esprimere se stessi dando vita a installazioni immersive. C’è, infatti, una nuova generazione di fiorai, una sorta di new wave della fitologia che, con boccioli stortati dal vento e piegati dalle piogge, crea composizioni naturali e dà libero sfogo alla fantasia. Dai video musicali agli spettacoli teatrali, dalle performance alla fotografia, dalle sfilate agli eventi, sono numerosi gli excursus e le dottrine che hanno contribuito ad allargare i confini di questa disciplina; una specie di innesto botanico extra-settore non ancora classificabile.
Per scoprirne tutte le virtù, abbiamo incontrato sei esponenti di questa nuova “ondata fleurie”, passando da Toronto a Firenze, che ci raccontano il loro stile, la loro storia e ci svelano le tendenze per il 2021. «I fiori sono un mezzo artistico vivente: permettono di creare opere uniche che continuano a evolversi. Crescono, cadono o muoiono senza che nessuno ci metta più mano. Questo è ciò che per me li rende così affascinanti», spiega Lauren Sellen, meglio conosciuta come Coyote Flowers, che dal suo quartier generale di Toronto porta le sue eteree installazioni in tutto il mondo. Per le sue creazioni scultoree, focalizzate sulle forme e sulle texture, non a caso è stata inserita tra gli 86 floral designer selezionati da Phaidon per il libro Blooms, un’antologia dedicata all’immagine del fiore contemporaneo.
La sua passione è nata dopo aver studiato musica e teatro, così come quella di Ilaria Minniti di Artemisia, all’interno del concept-restaurant La Ménagère a Firenze, che ha iniziato il suo percorso per puro caso, andando ad aiutare una fiorista dopo la scuola di arte contemporanea e interior design. «Credo che sia proprio questa mia sensibilità artistica ad avermi spinta, prima, ad affrontare un certo programma di studi e, poi, a non voler più lasciare questo lavoro una volta provato», confida. Minniti, che definisce il suo stile «naturale, morbido, destrutturato», ha creato da poco per La Ménagère il bistrot-negozio, una spettacolare parete di 15 metri quadrati di fiori (raccolti da lei e dai suoi collaboratori) secchi: «Sono di grande moda e lo saranno ancora. Sono quelli