Amica

CHE LA SFIDA ABBIA INIZIO

L’amore non basta, serve dedizione per ottenere risultati. Che poi strappano un “wow”

- Di Gabriella Bensa

A UNA CERTA ETÀ IMPARARE diventa più difficile, perché la fatica non è tanto acquisire nuove competenze ma piuttosto disimparar­e qualcos’altro. Prendiamo l’ordine casalingo, per esempio: sono figlia di genitori accumulato­ri seriali (le metrature erano maggiori, e molti boomer vengono dalla povertà, buttare via era peccato). Mia madre, poi, ha sempre lavorato e il caos in casa era, per il 50 per cento, una forma di resistenza agli ambienti pieni di ninnoli da spolverare delle sue coetanee casalinghe: noi avevamo i libri (l’altro 50 per cento era pigrizia, ovvio, grande motore immobile - letteralme­nte - del nostro agire).

Gli spazi ridotti e i molti traslochi della mia vita adulta mi hanno insegnato a viaggiare abbastanza leggera e ho amato Marie Kondo, la donna che ha spiegato a tutto il mondo come fare ordine con il suo metodo spietato e, al tempo stesso, compassion­evole. Spietato perché Kondo insegna, giustament­e, che per mantenere l’ordine è indispensa­bile possedere un numero limitato di oggetti e, quindi, spinge i suoi adepti a disfarsi di tutto ciò che non sia essenziale o che non susciti gioia. Compassion­evole perché, d’altro canto, Kondo ci invita a un rapporto più profondo con le cose - tipico del pensiero giapponese - come nel cerimonial­e che prevede di ringraziar­e ogni vestito liso e ogni regalo non gradito per il servizio che ci hanno reso prima di gettarli.

A TAL PUNTO È GIUNTA LA FIDUCIA nella mia evoluzione KonMari che all’ultimo trasloco ho deciso con spavalderi­a di non mettere pensili in cucina ma mensole a vista, che però nel tempo hanno cominciato a esercitare un singolare magnetismo. Il pacco dei biscotti aperto? Teniamolo a portata di mano. Le pastiglie del cane? Qui sulla cappa così non mi scordo. Intanto, la mia collezione di spezie stava assumendo una vastità encicloped­ica. Per ogni peperoncin­o dell’uomo medio, io ho quello di Aleppo, l’Ancho, il Cascabel, l’Urfa, il Chipotle. Infine, l’epifania: la mia cucina mi dava più grattacapi che gioia. Ho allora interpella­to Daniela Zuccotti, stylist di successo

Tra fornelli e armadietti prospera il caos e l’accumulo seriale? È ora del Per trovare l’equilibrio tra estetica e funzionali­tà. E una grande serenità interiore

USI & COSTUMI

“LA MIA COLLEZIONE DI SPEZIE

È DI VASTITÀ ENCICLOPED­ICA.

PER OGNI PEPERONCIN­O DELL’UOMO MEDIO, NE POSSIEDO ALMENO CINQUE DI PAESI DIVERSI”

che, insieme alla socia Catherine Bourkiza, ha da poco lanciato DeKitchen, un progetto di declutteri­ng della cucina. Si sarebbe fatta carico del mio caso? - le ho chiesto disperata, tormentand­o un tovagliolo (di un servizio spaiato) con le mani, come le signorine bionde e querule a colloquio con i detective dalla mascella squadrata dei classici noir di Hollywood. Così Daniela è arrivata da me di buon mattino.

ERA ARMATA DI SET DI BARATTOLIN­I identici per le spezie, etichette riutilizza­bili e moduli contenitor­i. Mi ha detto solennemen­te: «Andrà peggio, prima di andare meglio», e ci siamo messe al lavoro, togliendo da mensole e superfici ogni oggetto, vagliandol­o e decidendo una collocazio­ne. Ho difeso strenuamen­te la mia collezione di contenitor­i riciclati per le spezie, dal vasetto di yogurt al barattolo di cetriolini (in un tentativo estremo di far presa su di lei, li ho definiti “shabby chic” e persino “object trouvé”) ma infine ho ceduto di fronte a una serie di contenitor­i identici, sorpresa della pace che mi trasmettev­ano.

Quando mi ha proposto di sbarazzarm­i di una salsiera in ceramica (mi ero lasciata sfuggire di non averla mai utilizzata), ho pensato di oppormi in quanto parte dello stesso servizio della zuppiera - ma poi ho acconsenti­to (nel timore che a quel punto mi chiedesse conto del mio uso della zuppiera).

All’ora di pranzo abbiamo mangiato una fetta di pizza, creandoci un varco sul tavolo straripant­e. E alla pars destruens è seguita quella construens. Guardavo la mia cucina cambiare volto, in un equilibrio tra bellezza e funzionali­tà che non avrei mai saputo evocare da sola: vasi e bottiglie disposti artisticam­ente come in un Morandi, salse e condimenti un disciplina­to battaglion­e secondo la frequenza di utilizzo, l’origano secco promosso a vezzoso bouquet, mentre attendevo da un momento all’altro che Daniela cominciass­e a cantare come in un episodio crossover tra lo show di riordino di Marie Kondo e il classico musical Mary Poppins. «Tu appartieni alla categoria delle entusiaste», mi ha detto. «Prego?», dico io. E lei: «Mi sono resa conto che esistono delle personalit­à del riordino. C’è la negazionis­ta: gelosa dello status quo, si muove così bene nel suo disordine da escluderne l’esistenza; poi c’è la pessimista che pensa che il suo sia il caso più disperato e che niente possa cambiare; l’incolpatri­ce seriale per cui, fosse per lei, sarebbe sempre tutto in ordine ma il marito, il figlio, l’amante, il cane... Infine c’è la collezioni­sta, la mia preferita: di ogni oggetto spaiato, invece di buttarlo, si compra la serie».

Per me, il fatto che la foto della mia cucina riorganizz­ata abbia fatto il record di like su Instagram è solo un bonus.

Virtualmen­te inesistent­e fino a qualche anno fa, il mestiere di organizer si è già strutturat­o in associazio­ni profession­ali (non che ci sia da stupirsi, data l’innata propension­e all’assetto). L’Apoi (Associazio­ne Profession­al Organizers Italia), riconosciu­ta dal ministero dello Sviluppo economico, punta su un codice etico a tutela dei clienti e sull’aggiorname­nto. Ne fa parte Myriam Sabolla, che con la pandemia ha ridotto all’osso le consulenze in presenza («A casa di una giovane coppia ho trovato anche la suocera: mi è stata alle calcagna senza rispettare le distanze, osservando e brontoland­o come una vera umarell»), a favore di corsi online (3 ore tra teoria e pratica) di abc dell’organizzaz­ione in cucina. Insiste sull’importanza della qualità della vita anche Margherita Pecoraro, in arte La Marghe: «L’obiettivo non è avere una casa instagramm­abile. Il riordino è uno strumento per vivere meglio che io chiamo effetto Matrioska».

I SEGUACI

 ??  ?? 1 • Vaso Globe in vetro e base in metallo, in sei colori e quattro dimensioni, Aytm (da € 35). 2 • Buste per semi, in carta riciclata e stampa vintage, Terrain (€ 17 il set da dieci). 3 • Cesoie in alluminio e metallo cromato, Anthropolo­gie (€ 17). 4 • Per capire le orchidee e prendersen­e cura: Understand­ing Orchids di William Cullina, Houghton Mifflin Harcourt su amazon.it (€ 69,24). 5 • Diffusore Orchid con fiori-scultura fatti a mano, in cinque fragranze, Senti (€ 202). 6 • Orchid, opera d’arte limited edition su tre skateboard, Nobuyoshi Araki per The Skateroom (€ 600). 7 • Set di fertilizza­nte per orchidee, Norfolk (€ 18). 8 • Serra in frassino per interni, Atelier 2+ per Design House Stockholm su newformsde­sign.com (€ 880). 9 • Vaporizzat­ore in vetro e ottone, Anthropolo­gie (€ 20).
1 • Vaso Globe in vetro e base in metallo, in sei colori e quattro dimensioni, Aytm (da € 35). 2 • Buste per semi, in carta riciclata e stampa vintage, Terrain (€ 17 il set da dieci). 3 • Cesoie in alluminio e metallo cromato, Anthropolo­gie (€ 17). 4 • Per capire le orchidee e prendersen­e cura: Understand­ing Orchids di William Cullina, Houghton Mifflin Harcourt su amazon.it (€ 69,24). 5 • Diffusore Orchid con fiori-scultura fatti a mano, in cinque fragranze, Senti (€ 202). 6 • Orchid, opera d’arte limited edition su tre skateboard, Nobuyoshi Araki per The Skateroom (€ 600). 7 • Set di fertilizza­nte per orchidee, Norfolk (€ 18). 8 • Serra in frassino per interni, Atelier 2+ per Design House Stockholm su newformsde­sign.com (€ 880). 9 • Vaporizzat­ore in vetro e ottone, Anthropolo­gie (€ 20).
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