La voce di Venezia
Una grande voglia di ripresa anima la Serenissima che ha appena festeggiato 1.600 anni. Complice non solo la Biennale di Architettura, ma quel mix unico di cultura, storia e tesori a cielo aperto che l’ha resa un CAPOLAVORO TUTTO ITALIANO. Come testimonia
FASCINO E RESILIENZA, bellezza e fragilità, quiete surreale e dialogo, ricchezza e vuoto. “How will we live together?” non è solo il tema centrale della Biennale di Architettura, in apertura il 22 maggio, ma un dubbio di molti. Come rinascerà Venezia, che lo scorso 25 marzo ha compiuto 1.600 anni? Ma se il 2020 rimarrà impresso come l’annus horribilis, oggi si comincia a respirare aria di ripresa e voglia di riqualificazione, di scrivere una nuova pagina di storia. Ad Amica lo raccontano tre figure femminili di spicco, ognuna con le sue competenze, passioni e anche battaglie. L’obiettivo è comune: che la città torni a essere quella di ieri. Anzi, migliore.
Ripartire dall’arte
«Venezia ricomincerà dal concetto di residenza e di resilienza: sia che si scelga di viverci per nascita o per studi, ti rimane dentro, c’è una dimensione umana molto forte. Non è un luogo qualsiasi, è un’isola nell’isola». Eterea e determinata, sguardo botticelliano e spirito battagliero, l’avvocatessa Chia
ra Modica Donà dalle Rose, unica donna nel Consiglio di Amministrazione dell’Università Iuav, è molto attiva nel promuovere la cultura. «È il focus con cui io e mio marito Francesco siamo stati allevati. In oltre 25 anni di matrimonio ci siamo regalati solo opere d’arte. E io, sin da ragazzina, organizzavo incontri di poesia per i diplomatici che tornavano in Italia». Lo continua a fare dirigendo la Biennale Internazionale di Arte contemporanea sacra delle Religioni e Credenze dell’Umanità (la prossima nel 2022), itinerante ma con i suoi poli nelle due città, quella d’origine, Palermo, e soprattutto Venezia, dove i Donà dalle Rose hanno profonde radici storiche.
Lo fa anche ospitando i padiglioni delle varie nazioni durante le Biennali d’Arte, dedicandosi a iniziative umanitarie e realizzando il Museo del Collezionismo, che verrà inaugurato in estate al piano terra di Palazzo Donà dalle Rose, sede dell’omonima fondazione, a Cannaregio. «Fa parte del progetto Fondamenta Nove nell’Arte, per rivitalizzare questa zona - dove vivevano artisti del calibro di Canaletto, Tiziano, Tintoretto e Veronese - che sta vivendo una riconversione e deve tornare a essere come allora, quando era la New York del Rinascimento, la città dei lumi».
La tenace signora nel frattempo, oltre a occuparsi di collezioni d’arte su un caicco ormeggiato alla marina di Sant’Elena, sta ripristinando per aprirlo al pubblico l’archivio di famiglia in un centro studi, dove la cultura diventa il motore di una riflessione anche politica e filosofica. Per la riqualificazione secondo lei occorre ripartire dalla storia, coinvolgendo un pool di teste competenti. Studiosi, filosofi, giuristi, scienziati, grandi pensatori, visionari. «È un’isola fragile, fatta di vetro, poggia su palafitte, ha un sistema di canali non facile, le case sono delicate. La laguna è difficile da gestire e deve essere rispettata, in un giusto equilibrio con Venezia-terraferma, come due anime congiunte», continua. «Credo che dovrebbe diventare un polo che attiri fondi importanti e società di green energy, con un codice etico ben definito, per creare un cenacolo virtuoso di imprenditoria». I veneziani sono patrizi che nascono dal mondo dei mercanti, la loro bibbia è lo scambio. «La città è sempre stata finalizzata all’integrazione e al dialogo. E la cultura è il più grande mezzo per farlo».
La bellezza ci salverà
E salverà il mondo. Lo pensava il principe Miškin ne L’idiota di Fëdor Dostoevskij e, insieme a lui, tanti altri nella storia e nella letteratura di sempre. E ci crede fermamente al punto di scriverne un libro, La bellezza ci salverà (Franco Angeli), anche Elisabetta Dotto, la Locandiera, come ama definirsi lei con goldoniana memoria, imprenditrice nell’hôtellerie con i suoi due alberghi, Ambra a Cortina ed Excess a Venezia. Un boutique hotel quest’ultimo, che era stato appena inaugurato a Dorsoduro, quando
“GLI STRANIERI LA VEDONO COME UN POSTO SICURO, SILENZIOSO, CON UNA QUALITÀ DI VITA SANA E ALL’ARIA APERTA. E UNA BUONA CUCINA”
nel novembre 2019 arrivarono 187 centimetri di acqua alta - ore 5.45, alba di una grigia mattina e la signora con il suo laptop in procinto di scrivere le prime pagine del libro - seguiti dalla pandemia che ha poi cambiato il mondo. Ma Elisabetta Dotto non si scoraggia e si rimbocca le maniche con forza e risolutezza, spinta da quella magia irreale che la città, senza turisti, ha fatto emergere. «Venezia è carica di bellezza ma anche di problemi strutturali che vanno risolti per preservarla. Ottimo che il Mose funzioni, ma i segni degli allagamenti del passato sono tanti. E poi occorrono risorse per ristrutturare, investire nei musei, continuare a mantenere in salute il patrimonio monumentale», spiega Dotto, che nel frattempo ha riqualificato il suo hotel 5 stelle, trasformandolo in un concentrato del genius loci veneziano. «Grazie agli artigiani ho ricreato un’atmosfera ludico-teatrale, un luogo di piacere, una festa per gli occhi e per l’anima, come deve tornare a essere la città stessa». Con molto colore, dettagli speciali, tra cui le testiere dei letti con profili che richiamano la Basilica di San Marco o La Fenice, e tessuti Rubelli che riportano a ieri, con toni sul bronzo a filtrare la luce del tramonto. «Il nostro settore soffre una grande crisi, ma la decongestione del turismo non ha un lato così negativo: spero che non torneremo più ai flussi mordi e fuggi», continua. «Basta bivacchi, torsi nudi, vendite ambulanti, trolley che danneggiano i ponti storici. Occorrono regole severe per il decoro. Dobbiamo vedere questo momento come un’opportunità per resettare ciò che prima non andava, tra cui l’overtourism», conclude la risoluta signora. Che svela i suoi luoghi preferiti, oltre al giardino dell’Excess, nascosto da mura di cinta, tra fontane e gazebi, accessibile a tutti: Campo dei Mori, la Chiesa della Madonna dell’Orto e Campo Santo Stefano, ricco di gallerie d’arte. «Ma Venezia intera, si sa, è un museo a cielo aperto».
Acquistare il passato
Il mattone, qui, è più che resistente, come i suoi abitanti. Nonostante il fermo del mondo causa pandemia e il tracollo del turismo, il mercato immobiliare si mantiene stabile, soprattutto nella fascia alta. Anzi, più vivace del solito, con una domanda superiore all’offerta. «Il lockdown ha concesso molto tempo per riflettere e concentrarsi su ciò che è davvero importante: la percezione di Venezia da parte degli stranieri è quella di un luogo sicuro, con una qualità di vita sana e all’aria aperta, silenzio urbanistico senza automobili, valore dei rapporti umani e buona cucina».
Così ci racconta l’inglese Ann-Marie Doyle, proprietaria di Venice Sotheby’s International Realty - agenzia che si occupa di intermediazione di immobili di lusso - e che vive tra la città lagunare e la capitale britannica. «Negli ultimi due o tre anni abbiamo venduto a privati edifici storici interi sul Canal Grande, come Palazzo Sorlini a San Polo o Palazzo Garzoni a San Marco (i costi variano da 8 a 20 milioni di euro, ndr). I compratori sono soprattutto francesi, veri estimatori, ma anche inglesi, austriaci, americani e australiani. Cinesi? Non ancora, ma credo che nell’arco di qualche anno, forse cinque, qualcosa cambierà». Acquirenti che ricercano dimore per trascorrervi lunghi periodi, o, quando vuote, per affittarle per soggiorni brevi. Potrebbero investire ovunque, ma Venezia rappresenta qualcosa d’altro. L’apice di un sogno, con un ruolo strategico in ambito culturale. «Dobbiamo ringraziare anche la Biennale di Arte Contemporanea, che cresce in modo esponenziale e contribuisce a fornire un’energia che coinvolge ogni generazione, da tutto il mondo», sottolinea Doyle.
«Il desiderio di chi sceglie di acquistare è contribuire alla conservazione delle dimore aristocratiche e possedere, in un certo senso, una piccola parte di una grande storia», aggiunge. «Credo che oggi il focus del lusso sia sulla Fondamenta della Giudecca, dal Cipriani in giù. Sta diventando una sorta di Millionaires’ row, in una posizione tranquilla e con una vista eccezionale sull’intera riva di San Marco». Venezia non è estesa ma offre tante aree interessanti dove investire o cercare proprietà in locazione, «come Cannaregio, con palazzi bellissimi e un po’ svalutati negli ultimi anni, o Santa Croce», continua Doyle, che ha anche un’agenzia di luxury rentals, Venice Prestige. «Questa città ha potenzialità infinite un po’ ovunque. Molto di più di quanto non se ne rendano conto i residenti».