LAPUTA - CASTELLO NEL CIELO Tecnologia e ambientalismo
Un lungometraggio ambientato tra i cieli, popolato da veicoli volanti, robot e straordinari personaggi umani.
Due anni dopo la realizzazione dell’adattamento animato di Kaze no tani no Nausicaä ( Nausicaä della Valle del Vento), il maestro Hayao Miyazaki torna all’opera con un nuovo progetto animato che prende vita all’interno del neonato Studio Ghibli: Tenkū no shiro Laputa (“Laputa, il castello dei cieli”, titolo internazionale: Laputa - Castle in the Sky). Complici i ritardi nella produzione del lungometraggio Yanagawa horiwari monogatari (“Il racconto dei canali di Yanagawa”) da parte del maestro Isao Takahata, Miyazaki decide di proporre su suggerimento di Toshio Suzuki la realizzazione di un’opera destinata ai bambini, che possa riportare in sala i Manga Eiga ( letteralmente “film di fumetti”, produzioni animate per un pubblico di giovanissimi) in un periodo in cui gran parte della produzione animata è destinata a un pubblico più adulto. La proposta va a buon fine e grazie a una raccolta fondi, a cui si aggiunge il finanziamento di Yasuyoshi Tokuma ( presidente della storica Tokuma
Shoten), il progetto muove i primi passi verso la sua realizzazione. Per lo Studio Ghibli ( fondato dagli stessi Miyazaki, Suzuki e Tokuma) è il primo vero titolo, destinato ad approdare nelle sale cinematografiche giapponesi a distanza di un anno dalla costituzione dell’azienda.
Laputa esordisce sul grande schermo il 2 agosto 1986, ottenendo un successo sotto le aspettative, chiudendo al box office con un incasso totale poco sopra al miliardo di yen. Nonostante ciò, un sondaggio condotto da Tōei Animation attesta un altissimo indice di gradimento da parte del pubblico, con un 97,7% che coinvolge ogni fascia di età interpellata: un importante dato statistico, a cui si aggiunge la vittoria del prestigioso Ofuji Noburo Award al Mainichi Film Concours. Nel corso dei decenni, la popolarità di Laputa va in crescendo grazie alla distribuzione home video che, oltre a far conoscere e apprezzare ulteriormente l’opera, porta nelle casse dello Studio Ghibli quasi 600 milioni di yen dall’inizio della sua distribuzione.
Origini dell’opera
Fin dalle scuole elementari, Hayao Miyazaki coltiva il sogno di realizzare una storia di fantasia come Laputa, ma l’ispirazione principale che pone le basi di quest’opera conosciuta in tutto il mondo è caratterizzata principalmente da due punti cardine: la letteratura e nello specifico il romanzo I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift ( il nome Laputa prende spunto dall’omonima isola volante presente nella terza parte del romanzo) e il Galles, terra che Miyazaki visita nel 1984 in concomitanza con i famosi scioperi dei minatori britannici, che accende nel Maestro l’ispirazione per le ambientazioni e le architetture della sua fittizia Slag Ravine. Il risultato finale è la creazione di un mondo dalle ambientazioni steampunk e retrofuturistiche dove miniere, rotaie e vapore sono letteralmente immersi all’interno di una natura rigogliosa e incontaminata. Sostanzialmente le due facce di una stessa medaglia, specchio di una società che ricorda quella post rivoluzione industriale. La battaglia sindacale della National Union of Mineworkers contro il governo di Margaret Thatcher, favorevole alla chiusura degli impianti minerari, fu causa di scioperi e scontri fisici tra minatori e forze dell’ordine, un evento che ha interessato la scena politica britannica per ben due anni ( 1984- 1985). Testimone oculare delle concitate proteste, Miyazaki trova forte ispirazione in quell’evento storico, decidendo di improntare la società della Slag Ravine su quella gallese e prendendo come modello di riferimento proprio i minatori, dando così vita a dei personaggi dal carattere forte e deciso, nobili amanti del lavoro e parte di una comunità ben coesa. Nel 2005 ( in occasione della 62 ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, manifestazione dove il maestro Miyazaki riceve il Leone d’Oro alla Carriera), intervistato da Xan Brooks per « The Guardian » , Miyazaki torna a parlare di Laputa e di come il cosiddetto Coal Miners’ Strike sia stato fondamentale per la creazione dell’opera. Miyazaki dichiara infatti: “Ho ammirato quegli uomini, ho ammirato il modo in cui hanno combattuto per preservare il loro modo di vivere così come hanno fatto i minatori giapponesi. Per molti della mia generazione i minatori sono un simbolo, una razza di combattenti in estinzione che oggi non c’è più”. Nel mondo di Laputa si inserisce anche un’altra passione di Miyazaki, quella per i velivoli, ancora una volta fonte di ispirazione nella creazione
di svariate macchine volanti che hanno un ruolo fondamentale nel rapporto natura- tecnologia. Completano l’opera le magistrali musiche del Maestro Joe Hisaishi, già collaboratore con Miyazaki in Kaze no tani no Nausicaä, che con Laputa ha dato inizio a un lungo sodalizio con lo Studio Ghibli tutt’oggi esistente.
La storia di Tenkū no shiro Laputa
Sheeta, un’orfana 12enne cresciuta in un remoto villaggio, viene rapita dagli agenti governativi capitanati da Muska, un ricercatore deciso a entrare in possesso del misterioso ciondolo che la famiglia della ragazzina ha tramandato di generazione in generazione ai suoi eredi. L’irruzione sul dirigibile dei pirati dell’aria guidati da Dola, anche lei interessata alla pietra, consente a Sheeta di riprendere possesso del suo ciondolo e darsi alla fuga. Il tentativo non va a buon fine, Sheeta precipita nel vuoto e in quel momento la pietra rilascia misteriosamente un fascio di luce che fa levitare la ragazzina fino al raggiungimento della superficie, dove viene tratta in salvo da Paz, un coetaneo che svolge la mansione di apprendista nella Slag Ravine popolata dai minatori. Attratta da una vecchia foto appesa su una parete, Sheeta apprende da Paz il sogno del giovane: quello di voler raggiungere la leggendaria isola volante di Laputa, per dimostrare che suo padre non mentì sulla sua esistenza. Ma anche Sheeta custodisce un segreto: quello di essere l’ultima discendente del casato reale di Laputa, che 700 anni prima lasciò i cieli per vivere in superficie. Scovati sia dai pirati sia dai governativi, i due sono costretti a lasciare la casa di Paz. Ha così inizio una rocambolesca fuga, che terminerà con la cattura di Sheeta da parte di Muska: una prigionia che si conclude grazie all’alleanza di Paz con Dola, ma soprattutto grazie all’attivazione dell’antico automa precipitato dal cielo che reagisce misteriosamente al potere della pietra in Volucite ( Aetherium nell’edizione inglese, Aeropietra nel secondo adattamento italiano). Nuovamente liberi e aiutati dalla banda di Dola, Paz e Sheeta prendono così la rotta per Laputa, dove ad attenderli troveranno una sorprendente verità sull’incredibile passato della leggendaria isola volante.
Ambiente e tecnologia
Ambientalismo, ripudio della guerra, la tecnologia come mezzo che va utilizzato con responsabilità sono tutti temi sempre stati a cuore a Miyazaki, elementi portanti delle sue storie che possiamo vedere sia nel precedente Kaze no tani no Nausicaä, sia nel Mirai shōnen Conan di Nippon Animation ( adattamento animato del romanzo The Incredible Tide di Alexander Kay prodotto nel 1978) con il quale Laputa condivide diversi schemi di narrazione, come il dualismo tra società democratica ( High Harbor in Conan, la Slag Ravine in Laputa) e società militarista ( Indastria in Conan, il governo in Laputa), la protagonista femminile inseguita dai militari che viene
salvata dal protagonista maschile ( Paz e Sheeta richiamano Conan e Lana), i pseudo- antagonisti che non sono dei veri cattivi ma finiscono per allearsi con i protagonisti ( Dyce e la sua ciurma in Conan, Dola e i suoi pirati in Laputa) e infine l’arma tecnologica capace di distruggere il mondo ( il Gigante in Conan, il grande cristallo di Volucite in Laputa). Di queste tematiche, Laputa è il luogo di quel mondo che più le rappresenta, metafora di ascesa e caduta di una civiltà che nonostante abbia raggiunto l’apice della conoscenza non è in grado di gestirla e finisce per soccombere. Da quel mondo caduto in rovina ne nasce un altro, dove natura e tecnologia coesistono in armonia ( i robot soldato sono diventati parte di quell’ecosistema che essi stessi preservano, trattando con gentilezza flora e fauna), rappresentati da quel gigantesco albero che non solo è simbolo di vita, ma anche la prova che la natura è dominatrice incontrastata, sempre pronta a riprendersi ciò gli appartiene. L’ultima reliquia di quel mondo scomparso è la pietra gigante in Volucite, capace con il suo raggio di spazzare via i mondi sottostanti ( rievocando nella mente dello spettatore il sempre presente terrore dell’atomica), ma destinata a crollare insieme alla brama di potere di Muska, liberando definitivamente Laputa e permettendo all’isola volante di dirigersi verso il cosmo.
Laputa, Lupin III e Nadia
Negli anni della collaborazione con la Toho, una delle proposte di Miyazaki è quella di realizzare un’opera basata sui romanzi di Jules Verne intitolata Kaitei sekai isshū (“Il giro del mondo nelle profondità marine”), con protagonisti due orfani inseguiti da una piratessa decisa a impossessarsi del loro medaglione, poi salvati dal capitano Nemo e il suo Nautilus. Pur respingendo la proposta, Toho decide di conservare la sceneggiatura per produzioni future, mentre Miyazaki sfrutta diversi elementi per la creazione di Laputa e un ipotetico Mirai shōnen Conan
Nell’episodio 155 di Lupin III Part 2 ( 19781980), diretto proprio da Miyazaki sotto lo pseudonimo Tsutomu Teruki, il ladro gentiluomo è alle prese con un robot soldato uguale a quello del lungometraggio: si potrebbe ipotizzare che questo abbia influito nella creazione del mecha design. A fine anni Ottanta, Toho riporta alla luce il progetto creando insieme a NHK le basi per Fushigi no umi no Nadia, opera diretta dal maestro Hideaki Anno che di fatto contiene delle analogie con Laputa.