Un rifugio a 2000 metri trasformato in hotel benessere
Ogni tre anni, in una cittadina diversa fra Italia, Svizzera, Liechtenstein, Austria e Francia, si svolgono le celebrazioni delwalsertreffen. La manifestazione, tenutasi per la prima volta a Saas Fee nel 1962, fu fortemente voluta dalla Baronessa Tita von Oetinger, impegnata nel valorizzare e mantenere la cultura Walser. In Italia, questa popolazione, di origine germanica, abita le regioni alpine attorno al massiccio del Monte Rosa, dove si spinsero nel XIII secolo alla ricerca di nuovi pascoli per il loro bestiame e di terre incolte da sfruttare. Questi insediamenti hanno influenzato architettura e costumi della zona, con tradizioni e culture che arricchiscono le possibili scoperte durante un soggiorno estivo o invernale. Se il capoluogo della valle è Ayas, il villaggio più conosciuto e popolato è Champoluc, sviluppato lungo le rive del fiume Evançon, divenuto un centro turistico rinomato soprattutto per il comprensorio sciistico del Monterosa Ski. Gli
amanti degli sport di montagna hanno a loro disposizione chilometri di piste e percorsi: l’area è ideale per differenti esperienze, tanto per principianti e famiglie che professionisti dello sci e del trekking, i quali possono scegliere anche di passeggiare da rifugio a rifugio con piccole spedizioni che riescono ad arrivare fino in vetta. Senza doversi spingere ai 4.634 metri della Punta Dufour, si può trovare una struttura ricettiva di sicuro interesse anche fermandosi ai 2.020 metri di alti- tudine dell’hotel Cré Forné, a pochi metri sopra l’arrivo della telecabina Champoluc-crest. Gli ospiti possono raggiungere l’albergo dopo aver lasciato l’auto alla base salendo con gli impianti che vanno ininterrottamente dalle 8.45 alle 17 e con corse aggiuntive alle 18, 19.30, 22 e 23.30. L’edificio è originariamente nato come rifugio, e poi ha vissuto minime trasformazioni che lo hanno reso un albergo consolidato e attento a portare avanti una tradizione di ospitalità contraddistin-
ta da un intenso contatto con la natura e l’atmosfera sportiva. Il proprietario, Nello Abate, ha trasformato la propria passione per la montagna in un’attività imprenditoriale ispirata a principi ecologisti e con grandi attenzioni alla coerenza identitaria, senza però dover rinunciare a comodità, design e innovazione. Gli interventi di ristrutturazione hanno reso l’albergo una realtà curata che vuole esaltare le sensazioni di calore e atmosfere da rifugio, anche se sviluppato su linee moderne. Le diciotto camere hanno il fascino tipico degli ambienti di montagna, con il legno a fare da filo conduttore a ogni scelta progettuale. La cucina, aperta tutti i giorni anche ai non clienti, è profondamente legata ai prodotti locali dell’enogastronomia valdostana e alle ricette della tradizione, senza dover rinunciare a interventi creativi. Il ristorante gode di una terrazza panoramica che affaccia direttamente sulla valle per un’esperienza che si rivela multisensoriale: i formaggi sono prodotti da Chez Duclos, azienda agricola di Gignod, la farina per la polenta è macinata a pietra ad acqua da Molino a Motta Frè a Quincinetto, mentre quella per il pane arriva da Molino SAM a Montalto Dora. Tutte queste at-
tenzioni nella selezione dei prodotti locali ha permesso di ottenere il marchio di qualità “Saveurs du Val d’aoste”, che raccoglie le eccellenze del territorio valdostano. Non manca una dimensione benessere, parte integrante dell’intervento guidato dall’architetto Leonardo Macheda, nell’ampliamento dell’albergo, in corso già diverso tempo. La creazione di una nuova zona wellness, distribuita fra piano seminterrato e interrato, deve ancora essere pienamente conclusa, ma i clienti possono già godere di una sauna finlandese, sviluppata con panchine a diverse altezze per poter scegliere temperature diverse fra gli 85° e i 100°, una sauna vitarium fra i 55° e i 60°, particolarmente consigliata per le signore, e un bagno turco che arriva a un’umidità del 100% e all’interno del quale vengono disciolti oli essenziali ed erbe curative. Il progetto, per stessa ammissione dell’architetto, molto difficoltoso sia per la posizione che per le particolari condizioni climatiche, ha differenziato questi nuovi interventi dalle realtà preesistenti mediante l’uso di materiali contemporanei come l’acciaio corten e il vetro: il risultato è un volume trasparente che crea un legame continuo con il paesaggio alpino e le sue cangianti stagioni.