Lo stress è nemico del benessere ma se è gestito correttamente può facilitare la resilienza
Mi capita sempre più spesso di parlare e scrivere sul tema della leadership nel mondo del benessere, un argomento che si rivela da sempre centrale anche nei corsi dei quali sono docente. Sappiamo che leader non si nasce ma si diventa, che un vero leader deve saper guidare e motivare il team di lavoro dando per primo l’esempio, considerandosi un primus inter pares e non un individuo al di sopra di qualsiasi obbligo, imparando a essere innanzitutto leader di se stesso. Purtroppo, la situazione di crisi attuale genera stress e lo stress, in particolare quello non gestito, sta letteralmente mettendo a rischio l’esistenza stessa della leadership. Il motivo è semplice: questa crisi, di cui si parla dal 2005 e può dunque a ragione essere definita “permanente”, è in realtà soprattutto una crisi inte- riore. A scanso di equivoci, nessuno vuol negare l’esistenza di una congiuntura economica negativa, capace di espandersi a livello internazionale, ma questa genera una sorta di blocco che porta a non investire più nel proprio futuro, a non credere più in se stessi, a trasformare una crisi interiore in una crisi di competenze. È necessario recuperare, quindi, un’adeguata resilienza, quella capacità di contrastare le difficoltà (la vita ne propone tante, indipendentemente dalle crisi cicliche) rimanendo vigili per afferrare al volo le opportunità positive che esistono sempre ma a volte si stenta a cogliere. L’aspetto interessante da sottolineare è che la resilienza ha in comune con una corretta leadership due aspetti: la sensibilità, che al leader serve per intuire l’evoluzione del business e del team e all’individuo resi- liente per “pensare positivo” e l’integrazione, poiché il leader di un gruppo che lavora nel mondo del benessere deve avere una ottima conoscenza integrata dei programmi, dei trattamenti e delle azioni di marketing, mentre la resilienza stessa è una capacità integrata, perché si compone di un aspetto istintivo, uno affettivo e uno cognitivo. Se il nostro mondo è il prodotto di un “humus culturale” che non facilita lo sviluppo di pazienza, impegno e fatica, come possiamo sviluppare le giuste basi che favoriscano la nostra resilienza? La mia risposta è molto semplice: gestendo lo stress e investendo in se stessi. Se riesco a pensare positivo (come recita una notissima canzone) è perché riprendo a pensare al futuro come a un luogo in cui sarò migliore. Ne riparleremo presto su questa rubrica.