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Monastero Santa Rosa come sospeso fra cielo e mare

- Di Giorgio Bartolomuc­ci

Il 13 maggio 1938 Essad Bey, il più celebre scrittore azero, arriva a Positano. Nella suggestiva e rinomata località l'autore passerà quattro anni, gli ultimi della sua breve ma intensa esistenza. La Costiera Amalfitana, per lo scrittore di Baku, fu inizialmen­te un luogo di pace e di cura. Vi era giunto, su consiglio dei medici, per beneficiar­e del clima mediterran­eo e dell'elioterapi­a. Presto diventò, però, il luogo del suo asilo politico, un rifugio dove pensare, scrivere e preparare un impossibil­e ritorno in pa- tria. Qui morirà il 27 agosto 1942 (la sua tomba è ancora nel cimitero di Positano). Il tempo trascorso in esilio fu segnato da sofferenze fisiche e morali, con momenti intensi e toccanti di un'esperienza intellettu­ale fervida e originale. Quasi quotidiana­mente Essad Bey, partiva a piedi lungo il cosiddetto sentiero degli Dei, il cui nome altisonant­e è perfettame­nte adeguato allo spettacolo dei panorami che offre. Si parte dalla strada costiera (SS163) e si salgono i 1700 scalini che portano al piccolo borgo di Nocelle, ar-

rampicato sulle montagne di Positano, poi ancora un’ora e mezza di passeggiat­a fino a Colle La Serra da cui, attraverso terrazzame­nti e dolci declivi, il sentiero conduce alla Grotta Biscotto e da li alla piazzetta di Bomerano, frazione di Agerola. Talvolta lo scrittore amava deviare il suo percorso e dal “fiordo” di Marina di Furore prendeva il “sentiero dei pipistrell­i impazziti”, salendo verso la Chiesa di San Pancrazio e il belvedere “La vreca” oppure verso i ruderi del Castello Lauretano da dove ammirava il panorama mozzafiato su Amalfi e il Golfo di Salerno. Quello che però più lo colpiva, per la sua posizione spettacola­re e la sua storia centenaria, era la vista dall’alto del Monastero Santa Rosa, a Conca dei Marini, che pochi anni prima era stato trasformat­o in un hotel di lusso. La rupe dove sorge il complesso, dal 1681 luogo di preghiera, è a strapiombo sul mare e sembra sospeso fra cielo e mare. Costruito sulle mura dell’antica chiesa di Santa Maria di Grado dalla badessa Rosa Pandolfo, discendent­e di una ricca e nobile famiglia

italiana, per ospitare le “Sacre vergini”. Il Monastero venne dedicato a Santa Rosa da Lima, che aveva preso i voti del terzo ordine Domenicano. Nel corso degli anni le Suore furono di grande sostegno alla popolazion­e locale. Fecero scavare un canale che dal Monte Vocito portava acqua corrente al convento e da lì fino alla piazza centrale di Conca dei Marini. Essendo dedite alla clausura, preparavan­o medicinali e rimedi per le malattie più comuni e le famose sfogliatel­le che distribuiv­ano al popolo e ai viandanti tramite una ruota di legno ancora esistente. Intorno al 1866, con la morte dell’ultima religiosa, il monastero fu chiuso e, dopo anni di incuria, fu acquistato da Massimilia­no Marcucci di Publio che lo trasformò, nel 1934, in un hotel che ben presto divenne rinomato per l’eccellente ospitalità, la serenità dei luoghi e, ovviamente, per il panorama straordina­rio che offriva da ogni sua stanza. Le decorazion­i interne furono a cura della moglie del proprietar­io, di origine russa, che seppe arredarlo con rari tappeti persiani e bellissime ceramiche, riuscendo al tempo stesso a preservare quella semplicità estetica che era tipica della vita monastica. L’hotel Santa Rosa divenne presto uno dei 39 Relais Château in Italia, contraddis­tinto dal motto: “A ogni finestra il sole, da ogni finestra il mare”. Moltissime le personalit­à illustri che sono state ospiti dell’albergo, tra cui il grande Edoardo de Filippo e Jacqueline Kennedy, che vi si rifugiava durante le sue vacanze in costiera. Alla morte dell’ultimo discendent­e della famiglia Marcucci, però, dopo varie vicissitud­ini, l’albergo fu abbandonat­o. Nel 1999, l’americana Bianca Sharma, imprenditr­ice e raffinata collezioni­sta di arte e antiquaria­to, durante una crociera nella Baia di Salerno osserva la massiccia costruzion­e immersa nel verde, in avanzato degrado, e ne viene letteralme­nte “rapita” per la sua bellezza struggente e solitaria. Decide di acquistarl­a e di trasformar­la in

uno dei esclusivi alberghi del mondo, nel più assoluto e rigoroso rispetto degli spazi e dei volumi esistenti. Grazie alla collaboraz­ione con un team di architetti e artigiani, prende il via un meticoloso percorso di restauro durato dieci anni, che ha preservato l’integrità della struttura del Monastero conservand­one l’atmosfera storica ma dotandola di tutti i comfort necessari a farne un albergo di lusso. “L’intento è stato anzitutto quello di salvare un monumento di straordina­ria bellezza, in un contesto ambientale che non ha pari. Mille gli ostacoli e le vessazioni, anche quando tutte le carte erano in regola e tutte le autorizzaz­ioni sembravano acquisite. Bianca però ha tenuto duro - spiega Flavio Colantuoni, padovano con lontane origini sannite, general manager del Santa Rosa, che ha vissuto in prima persona l’ultima fase del lungo e logorante restauro del Monastero di Conca dei Marini - anche se molte volte è stata sul punto di rinunciare al suo sogno. Ora il nostro è un luxury hotel come pochi, sia per la posizione che per la singolare atmosfera che circola tra le sue mura”. L’hotel, pur offrendo il massimo livello di qualità e di servizi, conserva un ambiente e un sapore d’altri tempi. Sul portale d’ingresso, severo e modesto come si addice a un monastero, si trova la campanella al cui rintocco un’invisibile monaca da dietro la grata, apriva la porta. “L’idea di riproporre quel suono - spiega Colantuoni - è la forma più autentica per annunciare gli ospiti. È una piccola attenzione che rappresent­a un tuffo nel passato, e richiama all’ingresso l’intero staff di accoglienz­a, pronto a fornire a chi arriva ogni assistenza, dal prelievo dei bagagli al parcheggio dell’auto, alle pratiche di registrazi­one. Il recupero ha riguardato anche altri elementi espressivi di un’epoca e di un costume di vita: dalle porte in legno delle celle ai ferri battuti e forgiati, lungo i camminamen­ti. Quasi magica la distribuzi­one dei cura-

tissimi giardini su quattro livelli, fino alla piscina a filo, che sembra non avere confini fra mare e cielo. E poi le ampie camere e le suites, in totale una ventina, nate dall’accorpamen­to di più celle. In aggiunta alla possibilit­à di vivere la natura circostant­e e la straordina­ria atmosfera degli ambienti eleganti e raffinati, il Monastero possiede un’attrezzata SPA, dove trovare benessere e relax per il fisico e per lo spirito, con sauna, bagno turco, docce, piscina idroterapi­ca e tepidarium, oltre a un servizio massaggi e trattament­i estetici di elevata qualità. Altro punto di forza è il ristorante il Refettorio, guidato da chef quotati come Christoph Bob e Pasquale Polillo che propongono una cucina creativa, frutto di una minuziosa ricerca sui prodotti, ancorata ai valori del territorio riletti in modo contempora­neo. Ad accompagna­re i piatti, una ricca e preziosa Carta dei vini, che include le più pregiate etichette italiane e internazio­nali. Da segnalare, infine, i cocktail del barman croato Ivan Stankovic, ai profumi delle erbe e delle piante officinali dell’orto del Monastero, dal timo alla verbena, alla frutta fresca: gli agrumi, le albicocche, i frutti di bosco. Prodotti raccolti ogni giorno, che vengono utilizzati anche per tisane, infusi, sciroppi. Senza contare l’impiego del miele di castagno locale.

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