Emozioni, tradizioni e lusso nell’albergo diffuso ospitato nelle grotte
Che rapporto esiste fra l’architettura e la vergogna? Il quesito se lo è posto un gruppo di ricerca che indaga da anni su questo tema, ed è diventato parte del programma di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura. Un’occasione per parlare delle identità europee e della cultura contemporanea che, partendo proprio dalla città lucana e dalla sua storia, può rappresentare un positivo esempio di ribaltamento culturale e architettonico. I fatti sono noti: negli anni ‘50 del secolo scorso, gran parte della popolazione residente negli originali e malsani rioni Sassi furono trasferiti nel nascente quartiere Serra Venerdì, realizzato su progetto di un gruppo di tecnici guidato dall'architetto Carlo Aymonino. Nel tempo non sono mancate le accuse di speculazioni edilizie che avrebbero motivato la scelta di creare una nuova periferia urbana, ma negli ultimi anni quegli stessi luoghi abbandonati perché degradati, sono diventati centri di propulsione dell’evoluzione della città e della comunità locale. Quindi non più luoghi emarginati, fonte di vergogna e imbarazzo ma una vera risorsa per il futuro della comunità e del territorio. Risultato della volontà ma anche di cambiamenti strutturali che hanno contribuito a modificare il volto di spazi pubblici e privati senza dimenticarne il senso storico, senza negarne i difetti e le fragilità, equili-
brando necessità economiche e valori sociali. Ne è scaturita una mappa di idee, persone e azioni che hanno contribuito al programma che ha portato alla nomina di Matera a Capitale Europea della cultura. La rivalutazione dei luoghi del patrimonio storico ha portato al loro riconoscimento collettivo e al loro recupero, in transizione tra il passato e il presente, e alla loro riattivazione. Due dei fattori alla base del cambio di prospettiva sono sicuramente stati il turismo e il settore dell’ospitalità. Matera ha visto moltiplicarsi i sassi trasformati in alberghi e bed&breakfast e alla crescente domanda ha risposto una sempre migliore qualità delle strutture. L’ultima in tempo d’apertura è l’aquatio Cave Luxury Hotel & SPA, un albergo diffuso, una strut- tura ricettiva che consta di numerose camere che si collocano su un costone del rione Sasso Caveoso, nella contrada denominata Conche risalente al XIII secolo. La parte più bassa ospita la reception, il ristorante, la sala colazioni, la sala meeting, il centro wellness. Si è voluto ricreare un’atmosfera in cui emozione e benessere si fondono insieme per avvolgere l’ospite che varca la soglia di ingresso, che si apre su due ampi slarghi che anticamente erano dei vicinati. Il progetto - spiega l’architetto Cosimo dell’acqua, responsabile del progetto generale e del recupero architettonico - coerentemente con la loro antica funzione, ha mantenuto il carattere di convivialità dei luoghi, attraverso l'area del relax, della ristorazione e delle numerose piazzette di in-
contro. Anche gli interni risentono esteticamente di questa funzione, le chianche che troviamo come pavimentazione dei vicinati entrano come fossero un'unica superficie, quasi a volerne indicare una continuità ideale. “Aquatio - aggiunge Simone Micheli, autore del Progetto di Interior design e illuminotecnica - è una vera opera d’arte da vivere ed esperire. Uno spazio che oltrepassa la tradizionale concezione di tempo, dando vita a un unicum inscindibile di passato, presente e futuro.” La storia di queste cave comincia con una goccia, che con il suo incessante cadere ha plasmato la materia, formato gli spazi, la struttura. Alla goccia è dedicata l'opera d'arte in bronzo di Kengiro Azuma, situata in uno dei due ingressi principali, che riassume nella sua semplicità il senso della vita attraverso la metafora del ciclo dell'acqua. E sono stati proprio il candore e la sinuosità della goccia a guidare il lavoro dell’architetto Simone Micheli durante la figurazione degli spazi interni, nella definizione degli arredi, nella creazione dell’emozionante progetto illuminotecnico. Gli arredi, sono bianchi, fluidi, senza spigoli, fluttuano sui pavimenti. Bianchi anche gli schermi, strut- ture murarie che dividono gli spazi determinandone le funzioni e che contengono gli elementi tecnici e le montanti degli impianti, che sono come fantasmi rispettosi, non toccano mai le pareti in tufo, si avvicinano, si piegano. Le superfici scavate e le volte sono state ripulite da licheni ed efflorescenze e riportate alla loro condizione iniziale con la calca-renite tornata al suo colore naturale, senza intonaci, su cui compaiono tracce di con-
chiglie fossili, proprio a evidenziare la sua antica origine marina. Il nome dato al borgo, Aquatio, fra i romani indicava il luogo di approvvigionamento d'acqua e il recupero architettonico ha puntato molto sulla ricostruzione ideale del sistema di collegamenti e delle acque specie nel centro benessere che è lo spazio dove questo si esprime al meglio. Una SPA suggestiva, di oltre 500 mq, che occupa il cuore più profondo della struttura, a seguito del recupero di locali ipogei risalenti al IX secolo. Il vano grotta più grande ospita la piscina bordo sfioro, intonacata con tecniche tradizionali. Le vecchie cisterne sono state trasformate in docce emozionali e una parte dei lettini è stata ricavata modellando ergonomicamente il
tufo. Non mancano spazi massaggio singolo e di coppia, hammam, sauna, zone relax, cabine estetiche con prodotti [comfort zone]. Le 35 camere e suite, climatizzate, scavate, nascoste all'interno del ventre della terra, dotate di piccole terrazze, sono luminosissime, con viste mozzafiato sul sasso Caveoso e sulla città antica, risalente all'età del bronzo e del ferro, dove sono presenti le chiese rupestri affrescate e i villaggi trincerati. I soffitti, voltati, autoportanti e calcarenitici sono stati ripuliti e riportati alla suggestione del primitivo gesto di scavo. I pavimenti asettici sono realizzati con materiale continuo e cocciopesto in una colorazione identica a quella delle pareti e dei soffitti: cielo e terra si confondono cromaticamente. Lo specchio è un altro elemento importante del progetto degli interni, perché riflette e moltiplica la prospettiva dello sguardo umano; ognuno ospita un messaggio, una frase; nascondono la tv e i monitor rendendoli invisibili allo sguardo. Il ristorante si espande all'esterno nella corte risalente al XIII secolo, arricchito da archi e muri di controspinta che lo delimitano. Gli arredi di Simone Micheli, sono bianchi, discreti, leggeri, minimali, fluidi. Per creare emozioni: il concept che ha animato l’intero fare progettuale.