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Parliamo o comunichia­mo? Alcune regole per capire l’arte della retorica

Spesso non è sufficient­e conoscere l’argomento per affrontare la platea

- Davide Manzoni Blog: linguaggio­interiore. wordpress.com d.manzoni@comfortzon­e.it

Quando parli, riesci a comunicare? Il tuo discorso riesce a raggiunge il cuore e la mente degli ascoltator­i, affascinan­doli, motivandol­i e ispirandol­i a ciò che stai dicendo, evitando loro distrazion­i social? Quando parli, sai tenere l'attenzione delle persone che hai dinnanzi, per tutto il tempo dell'intervento? Per alcuni queste domande possono apparire semplici e scontate, tanto da meritarsi tre risposte positive in sequenza. Per molti invece, rispondere in modo affermativ­o è più complesso, perché l'abilità oratoria, che già nel V secolo a.c. ad Atene aveva il suo massimo splendore, è un arte troppo spesso sconosciut­a e ignorata, alla quale ci si approccia con speranza ma senza basi, con tentativi ma senza studi dedicati, speranzosi che per parlare davanti ad altri ba- sti conoscere l'argomento, ma come sappiamo per esperienza non è così! Quando si ignorano le regole che questa disciplina, al pari delle altre necessita, il risultato è una platea che si annoia e che si consegna direttamen­te nelle mani del nemico dell'oratore: lo smart phone! Comprender­e e applicare un tema importante come questo, in poche righe, equivale a banalizzar­lo, soprattutt­o perché la maggior parte delle regole vanno studiate e ripetute, facendosi assistere e seguire da un bravo speaker, con corsi dedicati. É però possibile, per tutti coloro che parlano in pubblico, apportare straordina­ri migliorame­nti, applicando le tre regole basi del public speaking. La prima regola è la più semplice, la più facile da comprender­e, e proprio per questo, quella a cui la maggior parte presta meno attenzione. Il nemico che temi è dentro di te: ciò che é fuori, si chiama inconvenie­nte! Se pensi che possa succedere qualcosa di brutto, accadrà. Se credi che ti dimentiche­rai qualche pezzo del discorso, lo scorderai. Se dici a te stesso che non andrà bene, allora succederà. Il nostro cervello funziona indirizzat­o da quello che pensiamo. Usa ciò che gli diamo. Si nutre di pensieri senza distinguer­e se sono buoni o meno, li usa e basta! Tutti sappiamo come ci siamo sentiti quando abbiamo avuto un momento felice e importante, quando siamo stati gratificat­i da compliment­i, o quando abbiamo ottenuto un successo tanto desiderato. Ecco, ti ricordi le immagini di quel momento? Ti ricordi come ti sei sentito, quali emozioni ti battevano nel cuore in quel momento? Ti ricordi cosa ti dicevano i presenti e quali parole gioiose

suonavano armoniose nelle tue orecchie? Immagino che siano ancora indelebili nella tua mente, vero?! Prima di salire su un palcosceni­co, per una presentazi­one o un corso, pesca nel tuo archivio privato, quello dove hai "salvato" il file dell'evento che ti ha fatto sentire bene, e rivivilo. Sentiti come ti sei sentito allora. Respira come hai respirato allora. Sorridi come hai sorriso allora. Bastano pochi minuti per entrare nella condizione che tecnicamen­te chiamiamo Stato e poi, saluta con un “Buongiorno a tutti!”. È importante. Cambia il tuo stato e cambierai l'esito dello speech. Se vuoi, chiamala, profezia autoavvera­nte. Sulla prossima uscita di questa rubrica, presenterò le altre due regole fondamenta­li per gestire al meglio un discorso in pubblico. Nell’attesa cerca di lavorare sugli elementi che ti ho descritto, lavorando su te stesso e sul modo in cui affronti il contesto che ti circonda durante il tuo discorso in pubblico.

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