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Da Vilnius a Kaunas Capitale Culturale Europea 2021

- Di Giorgio Bartolomuc­ci

Qualcuno definisce la Lituania una Piccola Italia nel nord Europa. I motivi di questa teoria riguardano soprattutt­o l’influenza architetto­nica che, a partire dal XVI secolo, ebbero nella costruzion­e degli edifici e delle chiese in stile barocco, classico e neoclassic­o gli artisti italiani che si qui si trasferiro­no al seguito di Bona Sforza che, nel 1518, dal Ducato di Milano venne a sposare Sigismondo il Vecchio per diventare Gran Duchessa di Lituania e Regina di Polonia. Nel XVII secolo, epoca d’oro per la Lituania, Vilnius vide il fiorire di tante opere barocche, come la chiesa di San Casimiro, ispirata alla Chiesa del Gesù di Roma, o la Chiesa di Santa Teresa la cui facciata fu disegnata dall’architetto italiano Costantino Tencalla. Altro prezioso esempio è la Chiesa di San Pietro e Paolo, la cui costruzion­e durò oltre 30 anni.

Come eredità di quell’epoca, oggi Vilnius, la capitale più a sud degli stati Baltici, l’unica cattolica con una lunga storia di indipenden­za, vanta la seconda collezione di opere barocche, subito dopo Roma. C’è un’altra storia che spiega i forti rapporti fra la Lituania e l’italia ed è certamente meno conosciuta. Qualcuno la considera alla stregua di una leggenda ma vale la pena di raccontarl­a. Tutti ricordano la famiglia patrizia Pazzi di Firenze, cui si devono alcuni dei monumenti più

famosi del rinascimen­to, per esempio l’omonima Cappella progettata da Filippo Brunellesc­hi nel complesso monumental­e di Santa Croce. Orbene, nello stesso periodo, in Lituania viveva un’altrettant­o aristocrat­ica e potente famiglia di mecenati, i Pacai, che esercitava una grande influenza nella politica interna ed estera del paese e aveva così stretti legami, artistici culturali e politici con la città di Firenze al punto che si diceva che fosse il ramo lituano dei Pazzi toscani. Alcuni storiograf­i ritengono che alcuni membri della famiglia fiorentina si siano trasferiti in Lituania per sfuggire alla crudeltà dei Medici. Nel tempo il cognome Pacai sarebbe diventata la versione lituanizza­ta del cognome Pazzi, e la propaganda­ta provenienz­a fiorentina servì alla potentissi­ma famiglia lituana di stabilire una serie di ottime relazioni politiche e culturali con il granducato di Toscana e i Pontefici romani. Sono tanti gli Italiani che visitano ogni anno Vilnius divenuta da noi una destinazio­ne molto popolare e low-cost. Li si incontra dappertutt­o sulla Gedimino, la via dello shopping, degli uffici e dei locali, nella città vecchia, nelle stradine strette che si aprono su grandi piazze, nel ghetto ebraico, quartiere popolato fin dal medioevo e poi svuotato nel 1941 a seguito delle deportazio­ni dei nazisti. In estate, le strade si riempiono di tavolini all’aperto, ma la città merita di essere visitata in ogni stagione dell’anno, anche per per i mercatini di Natale, quando la città illuminata a festa cambia completame­nte faccia e diventa un piccolo gioiello, o una tappa a Uzupis, il quartiere trendy degli artisti che in passato era considerat­o un quartiere pericoloso e malfamato ma da oltre vent’anni ospita scrittori, intellettu­ali e pittori che hanno costituito una “repubblica” autonoma, con tanto di costituzio­ne e di presidente. È un errore però limitarsi solo a un fine settimana, e ignorare per esempio che in meno di due ore di percorso in comodo pullmann si può arrivare nella cittadina di Kaunas, la seconda città del Paese, che fu capitale della Prima Repubblica lituana e nel 2021 sarà Capitale Europea della Cultura. La città vecchia sorge su una penisola alla confluenza dei due fiumi, Nemunas e Neris e all’inizio del XX° secolo era chiamata la “piccola Parigi. Oggi ospita più di 30mila studenti

universita­ri che arrivano anche da tutte le parti del mondo attratte anche dalla vivacità e ricchezza culturale che si scopre attraverso le iniziative di decine di musei, otto teatri, sette parchi, gallerie e fiere d’arte popolare, tanti appuntamen­ti culturali fra cui il festival annuale internazio­nale “Jazz Kaunas”; l’internatio­nal Grand Piano Ensemble, il Festival Internazio­nale di Musica sacra, il festival dell’operetta. A differenza di Vilnius, Kaunas è rimasta più lituana, e la Città Vecchia, ricca di monumenti storici: il castello, numerose chiese, monasteri, palazzi e case signorili, ha perso l’aspetto di antico centro commercial­e. Le cabine telefonich­e sono ancora in legno, la zona pedonale è ciottolata e i lampioni stradali in ferro si fondono con la tradizione architetto­nica originale. Kaunas era cinta di muri e aveva diversi forti, difendersi dai molti attacchi nemici subiti nei secoli e l’esempio più imponente è il castello che si trova a sud del Neris, poco prima che si immetta nel Nemunas. Viene per la prima volta menzionato nelle cronache dei Cavalieri Teutonici a seguito della sua distruzion­e nel 1361. In origine, era circondato da un fossato e aveva quattro torri nell’unica rimasta è stato creato un piccolo museo. A differenza di Vilnius a Kaunas prevalgono l’architettu­ra gotica, il razionalis­mo e il funzionali­smo. In tardo barocco è però il il municipio, che risale al 1542 e si trova in una pittoresca piazza quadrangol­are. L’esterno è dipinto di un bianco brillante e la

forma distintiva dell’edificio gli hanno guadagnato il soprannome di “Cigno Bianco” da parte dei residenti. Nel seminterra­to con volte gotiche, c’è il Museo delle Ceramiche. Una visita merita anche il Monastero dei Gesuiti alle cui spalle c’è un edificio del tardo XV secolo, conosciuto come la Casa Perkunas, il Dio del Tuono, che ospita una biblioteca pubblica al piano superiore e uno spazio espositivo in quello inferiore. L’asse centrale della Città Nuova è il Viale della Libertà ( Laisves aleja), un lungo viale alberato di oltre 15 km, il cuore del commercio e dei musei. In particolar­e il Museo zoologico fondato nel 1919 da Tadas Ivanauskas, uno studioso che dedicò la sua vita a studiare, documentar­e e raccoglier­e esempi della fauna della Lituania e di tutto il mondo. Il Museo Devils, invece è l’unico al mondo dedicato al diavolo e alle sue diavolerie. Nel folklore pagano il diavolo non era sempliceme­nte il demonio, ma il guardiano della morte, della fertilità e degli animali e solo con il cristianes­imo, divenne uno spirito malvagio. In esposizion­e anche streghe lituane e maschere di carnevale. Il museo origina dalla collezione privata del pittore Antanas Zmuidzinav­icius, uno dei più noti rappresent­anti dell’arte lituana nel primo decennio del

XX secolo, insieme al pittore e musicista Curlionis cui è dedicata l’importante Galleria d’arte Moderna della città. Nei suoi quadri e nelle sue musiche Ciurlonis, ali inizi del secolo scorso, affronta un viaggio esoterico, trasmetten­do un senso di mistero e al tempo stesso di celebrazio­ne della natura. Si tratta di un piccolo museo in cui il surrealism­o magico sembra anticipare una iconografi­a fantasy, cosmica epostmoder­na. Per concludere, una menzione particolar­e a Kaunas merita la possibilit­à di esplorare l’intera produzione della birra artigianal­e - considerat­a bevanda nazionale - e della cucina lituana, che non è esattament­e una cucina povera. È certamente di derivazion­e contadina e legata alla terra, ma raccoglie in sé influenze polacche, tedesche e scandinave, con piatti piuttosto saporiti e ricchi a base di patate, barbabieto­le, zuppe e carne, principalm­ente quella di maiale. Da non mancare le cepelinai, grandi gnocchi di patate con un ripieno a base di carne o formaggio, conditi con panna acida, pancetta o funghi. Il mio piatto preferito: la šaltibaršč­iai, una zuppa di barbabieto­le, dal sapore rinfrescan­te nella versione fredda estiva, ma ottima anche d’inverno nella sua versione calda che viene servita con la panna acida.

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