Qhapaq Ñan: il grande cammino delle Ande degli Incas
Negli ultimi decenni grande suc- cesso hanno trovato in un pubblico sempre più ampio i cosiddetti Cammini. C’è chi la definisce una moda, chi la ritiene una intelligente strategia di marketing che propone un turismo lento in grado di esaltare i territori, anche quelli meno conosciuti e poco turistici. Sono decine di migliaia, infatti, le persone che ogni anno percorrono, muniti di scarpe comode e molta determinazione, il Cammino di Santiago o la Via Francigena, affrontando difficoltà e intemperie, solitudine e scomodità, pur di raggiungere destinazioni, ricche di storia, cultura e spiritualità. Sulla scia di questi fenomeni ed esempi di successo, le autorità locali e il mondo del turismo sono sempre più alla ricerca di proposte suggestive e che possano interessare un pubblico più ampio. A breve, sentiremo parlare quindi del Qhapaq Ñan, il Grande Cammino delle Ande, il sistema viario creato dagli Incas sulla base di infrastrutture preincaiche, le cui ramificazioni arrivano a toccare ben sei Paesi dell’america Latina: Argentina, Bolivia, Cie, Colombia, Ecuador e Perù, per un totale di circa 30mila chilometri. Certamente non si potranno coprire tutti a piede, ma le varie nazioni stanno già immaginando percorsi più brevi che attraverseranno alcune delle zone geografiche più estreme al mondo: dai 6mila metri dei picchi delle Ande, passando per aridi deserti e foreste pluviali, fino ad arrivare alla costa. “Per i popoli andini, passati e presenti - ci dice Rosa Jijón, responsabile culturale dell’istituto Italo Latino Americano di Roma e fra i promotori di una mostra che si aprirà nel 2020 - il Qhapaq Ñan non è solo un percorso ma rappresenta anche una connessione spirituale con l’universo, il grande cammino condivide la stessa natura divina della Pachamama, la Sacra Madre Terra”. Della mostra
hanno parlato durante la decima edizione del Festival della Diplomazia, antropologi ed esperti provenienti da vari paesi, raccontando come gli Incas non usassero carri e cavalli fino all’arrivo dei conquistatori spagnoli nel XVI secolo. I sentieri, quindi, venivano utilizzati per il trasporto con i lama e altri animali da soma. “L’impero Incas - continua la dott.ssa Jijón - intorno al 1532, epoca del proprio crollo, era il più grande stato mai esistito nelle Americhe precolombiane e non avrebbe mai potuto raggiungere tale dimensione senza una rete di strade che rendeva possibile il trasporto, la comunicazione e l’amministrazione a livello centralizzato”. Numerose strade scorrevano come arterie verso il cuore dell’impero, la capitale Cusco che era posta in una posizione strategica raggiungibile attraverso una rete di comunicazioni che costituiva la base della grandezza degli Incas. La rete viaria del Qhapaq Ñan, dichiarata Patrimonio mondiale dell’unesco nel 2014, era il risultato di un progetto politico che collegava città e centri di produzione e culto e ciò rende interessante l’analogia con l’impero Romano. La rete è articolata in base a quattro percorsi principali che hanno tutti origine dalla piazza centrale di Cusco e che nei secoli hanno visto carovane, messaggeri, viaggiatori, eserciti e intere popolazioni percorrerla a piedi. Varie comunità locali sono rimaste a svolgere il ruolo di guardiani e custodi delle tradizioni culturali immateriali connesse con il Cammino, lingue comprese. Lungo il percorso sono stati individuati 273 siti archeologici significativi per la comprensione dello sviluppo della civiltà Incas e ancor oggi sono in corso studi e ricerche nei più svariati ambiti: archeologico, ingegneristico, storico, antropologico e sociale. Senza dimenticare il suo immenso valore ambientale, che può aiutare a promuovere lo sviluppo di un turismo sostenibile e responsabile. La mostra che l’istituto Italo Latino Americano intende realizzare in Italia a primavera 2020, con la collaborazione delle Ambasciate dei sei Paesi coinvolti, sarà articolata in varie sezioni tematiche: da pezzi di archeologia dell’area andina a fotografie e documenti storici, passando per installazioni di arte contemporanea ispirate alla cosmogonia e all’artigianato delle comunità locali. Un buon modo per prepararsi all’avventura prima di allacciare le scarpe più comode e volare sulle Ande sulle tracce degli Incas.