Nel passaggio tra società reale e virtuale diamo fine ai soliloqui
L’epoca della comunicazione 3.0 ha reso il parlare un’evoluzione involutiva
Probabilmente, se Shakespeare vivesse nella nostra epoca, rivedrebbe il suo celebre "Essere o non essere", e lo adatterebbe ai giorni nostri. Perché se è vero che tra il XVI e il XVII secolo, periodo in cui visse il poeta inglese, si stava realizzando il passaggio dalla società medioevale al mondo moderno, è altrettanto vero che nella nostra epoca, si sta assistendo al passaggio tra la società reale e quella virtuale, tra il piacere e il fastidio, tra il garbo e la maleducazione. Siamo nella società in cui tutti sostengono l'importanza della comunicazione, ma pochi la praticano. Tutti sono esperti di leadership. Tutti sono navigati influencer. Tutti sono competenti di relazioni, ma... mai come in questo periodo, si registrano, picchi di frustrazione collettive, incompetenti incapaci di usare i congiuntivi, e volgari individui che urlano e imprecano per soddisfare la loro audience. La televisione e i relativi programmi spazzatura, ci hanno dimostrato che non serve ascoltare, basta urlare. I social, promuovono la libertà di parola e scrittura, anche se ti hanno bocciato due volte all'esame di quinta elementare e sei un troglodita patentato. I tutorial, fatti da insegnanti che non hanno mai imparato, pretendono di insegnarci le materie più disparate, massacrando la semantica e violentando la grammatica. Parlare, non sempre è l'equivalenza di Comunicare, eppure...parlano tutti. Parlano su tutti. Parlano spesso, senza nemmeno padroneggiare l'argomento di cui disquisiscono. Sembra che il termine parlare, si sia trasformato. Nell'era della comunicazione 3.0, e del "purché se ne parli", parlare è diventato un’evoluzione involutiva. Una palese degenerazione. Un regresso! Una volta, chi non conosceva, si asteneva e taceva. Mio padre, uomo di poche parole, cui bastava uno sguardo per indurti a fare ciò che dovevi, era solito dirmi: “Ascolta, che impari!” Tempi lontani. Tempi diversi da quelli in cui viviamo. Tempi di una comunicazione che non c'è più! Tuttavia, basta veramente poco. Parlare è molto diverso da Comunicare. A tal proposito, la Treccani, da una definizione estremamente chiara, su cosa significa comunicare: “Essere in relazione, verbale o scritta, con qualcuno”. Si è in relazione con qualcuno, quando si conoscono e si rispettano le regole della comunicazione. Nella comunicazione verbale, diretta o telefonica, le regole base necessarie a creare relazione con l'interlocutore, sono tre: 1) Ascolta, senza interrompere,
chi parla. 2) Prendi la parola solo quando, chi parla, ha terminato. 3) Evita di alzare il tono di voce (risulti prepotente). Senza tali condizioni cessa la comunicazione e si assiste, purtroppo, a un soliloquio, che è palesemente un atto unico, interpretato in maniera arrogante e prevaricante che, seppur praticato assiduamente da molti individui a tutti i livelli, non significa affatto vada preso come esempio. Parla piano se parli...per comunicare! (Shakespeare).
P.s. Shakespeare non me ne voglia, se mi sono preso una licenza poetica, ma l'ho fatto per uno spirito di emulazione (vd. il cognome "poetico" che porto). Buona conversazione e comunicazione a tutti quelli che desiderano creare Relazioni.
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