L’ultima beccaccia della stagione
… alla fine un senso di angoscia e di vuoto si mischia a sentimenti di onore e rispetto per questo grandissimo selvatico che si è difeso strenuamente fino all’ultimo. Onore e rispetto anche per il mio ausiliare che è riuscito a trovare e a recuperare una
Questa la voglio proprio ricordare. Non so perché, non è stata eccezionale o forse sì, ma in un’annata senza infamia e senza lode, mi piace ricordare l’avventura emozionante che mi ha fatto vivere questa magica beccaccia l’ultimo giorno di caccia utile del 2019.
Lo sapevo che era lì, c’eravamo incontrati altre due volte, un animale scaltrissimo in grado di adottare strategie da vera furbacchiona, alternando lunghe pedinate a voli molto fragorosi brevissimi (erano più che altro dei salti di due, tre metri) e a involi silenziosi e lunghissimi. Possedeva un volo sempre basso, tra la vegetazione e zigzagante.
La prima volta che l’ho incontrata Lucky l’ha trovata in tarda mattinata a riposarsi sotto un intricato boschetto di querce. Ferma, guidata, ferma… ascoltavo il campano da fuori dell’intricato gruppo arboreo. A un certo punto sento l’involo fragoroso, cerco di intravederla tra i rami ma nulla. Lucky accelera e cerca avido la traccia, allarga verso il basso poi risale su, torna vicinissimo al punto di partenza e di nuovo ferma. Penso che sia la calda, anche se Lucky difficilmente ferma in questa condizione. Infatti percepisco un leggerissimo frullo, cerco di intravedere qualcosa tra i rami quando una saetta mi spunta di fronte e mi sfiora il cappello. Mi volto di scatto, ho il sole negli occhi ma provo a sparare ugualmente. E vedo la beccaccia che tranquillamente fa il suo sette rimettendosi poco avanti sulla destra. Faccio calmare il cane, ricarico e proseguo in quella direzione, ma un’ombra cattura la mia attenzione sulla sinistra, silenziosa plana tra le cime.
E fin lì avrei pensato a un colombaccio, se non fosse stato per la figura del sette disegnata in volo che la riporta sull’altra costa. Mi sorge il dubbio che sia lei. Trovo la prima rimessa, come sospettavo è vuota. La beccaccia si era posata per pochi istanti per poi ripartire. Guardo il mio ausiliare che mi ricambia con uno sguardo perplesso e ci tuffiamo in un intricato sentiero di rovi, cespugli e alberi bassi finché non sbuchiamo in una bella radura. Lucky si muove circospetto, è la sua prima reazione al primo sentore della beccaccia, sale su veloce, strappa, non riesco a stargli dietro, accenna una ferma, una ventina di metri davanti sento un frullo ma non vedo nulla. Si risolve così. Alcuni giorni dopo la ritroviamo sotto un grande albero di ghiande, placida si fa fermare, ho una brutta posizione con visuale limitata e quando la beccaccia s’invola la intravedo in un piccolo spazio dove butto dentro una schioppettata del mio calibro 28, ma senza fortuna. Il cane mi guarda rimproverandomi, gli faccio una carezza di complimenti e proseguiamo. Ricontrollo la radura dove l’avevo incontrata la prima volta, niente. Allargo il giro e visito altre bellissime rimesse, tutte vuote. In un’altra radura con alberi e cespugli Lucky va in emanazione, ma non abbiamo il tempo di concludere perché 30 metri più avanti la regina s’invola scavallando il crinale e lasciandoci di stucco.
L’ultimo atto
Il 29 dicembre 2019 si svolge l’ultimo atto. Lucky ed io aspettiamo che il sole sia alto e la luce tiepida, ci portiamo in zona e il breton inchioda sotto il gruppo di querce. Provo a mettermi in posizione sopraelevata ma la regina non tiene, è nervosa e con un frullo appena percepibile scivola via. Riparte la ricerca, fianco destro, sinistro e di nuovo destro. Sento un rumore, mi ritrovo davanti un cacciatore. Diamine! La beccaccia dovrebbe essere in questa zona e questo che ci fa qui? Richiamo Lucky, ma non lo sento, il campano è muto. Lo chiamo e fischio, niente. Il cacciatore avanza ridendo, davanti ho un albero di carruba, risento il campano e vedo sfrecciare la beccaccia che sfiora la testa del cacciatore allegro che prova a girarsi e che tira un colpo maldestro. Ma questo qui chi ce l’ha portato? Mi fermo a parlare, mi dice che cerca i colombacci e qualche fungo. Ma proprio qui, penso io? Chiedo se almeno ha visto dove si è diretta la beccaccia. Mi indica una rimessa di almeno un ettaro. Benissimo, il lavoro si prospetta lungo. Mentre mi avvio il cacciatore allegro si accoda, gli dico di tenersi su questo lato se vuole farmi compagnia, ma strada facendo trovo un bel fungo che subito gli porgo, così tutto contento inizia ad andare per la sua strada. Mi sento più sollevato. Mi infilo con il mio ausiliare nel folto, posto molto intricato, difficile da ispezionare e per sparare, in caso. Lucky scende in una depressione davanti a me, cerca avidamente, dall’andatura capisco che l’ha agganciata. Dall’alto intravedo il cane tra rami e rovi, da come si muove capisco che la beccaccia inizia a pedinare ma non in linea retta. Disegna a terra tanti otto e cerchi sia sul fondo della depressione sia sui fianchi. Il breton prova per dieci minuti buoni a districare que
sta elaborata matassa olfattiva e ci riesce. Lo intravedo in ferma sotto di me, salgo su un masso per avere una visuale migliore e la beccaccia si invola e sale verso di me. Esce a una quindicina di metri tra rami fitti e bassi, azzardo un colpo che, pur se ben indirizzato, l’unico effetto che sembra sortire è di farle cambiare direzione diminuendo l’angolo di traiettoria rispetto a me. Questo mi consente di visualizzarla al pulito in tre metri di largo ed è alla fine di tale spazio che indirizzo il secondo colpo del calibro 28 che con i 22 grammi del 7 ½ dell’extra Rossa B&P fa cadere tante foglie intorno alla regina, ma la lascia illesa. Il cacciatore allegro si affaccia tra la vegetazione e mi chiede se l’ho presa. Mantenendo la calma gli rispondo di no. Stavolta saluta e va via. Inizio a fare tutti i calcoli possibili sulla possibile direzione presa dalla beccaccia dopo l’ultimo colpo. Deve essere per forza salita perché se fosse andata a destra l’avrei vista e a sinistra c’era il cacciatore allegro. Decido di ispezionare la parte alta. Albero per albero, cespuglio per cespuglio, anche tra l’erba e le pietre all’ombra dei muri a secco. Conosco bene la zona, cerco in diverse rimesse, ma niente da fare, sembra sparita. Decido di ritornare dove l’avevo vista l’ultima volta per ricalcolare la direzione. Giunto sul posto Lucky inizia ad andare in emanazione naso al vento. Non voglio credere a ciò che vedo: due metri dopo è in ferma in mezzo alla salvia. Cerco di salire sopra per uscire dal folto degli alberi, ma Lucky rompe gli indugi in quel momento e carica. Lucky molto vicina, il volo mi sembra scomposto e non in grado di prendere quota, il cane prova a prenderla, mi vanno davanti un cespuglio e non vedo più nulla, sembra che si sia smaterializzata. Il cane torna e mi guarda spaesato. Mi piange il cuore perché capisco che l’ho ferita e che adesso metterà in atto l’ultima strategia di difesa, la ritenzione dell’emanazione che non consentirà al cane di trovarla. Riallargo la ricerca nella direzione dell’ultimo avvistamento, spero sempre che si sia trattato di uno shock momentaneo e che si sia ripresa in volo allontanandosi, tant’è che non riesco a trovarla.
Basta, mi arrendo decido di andare via e ripasso per un’ultima volta nel posto dove l’avevo sparata. Lucky è molto irritato, passa nervoso sul luogo dell’ultimo ritrovamento, si blocca per un attimo, avanza guardando a terra un punto, avanza piano e stavolta la sua carica è possente e decisa, e quando esce dall’altro lato di un grosso cespuglio di salvia tiene in bocca la regina che non si era spostata più di tanto dal luogo dell’ultimo tentativo di involo. Alla fine un senso di angoscia e di vuoto si mischia a sentimenti di onore e rispetto per questo grandissimo selvatico che si è difeso strenuamente fino all’ultimo. Onore e rispetto anche per il mio ausiliare che è riuscito a trovare e recuperare un selvatico molto caparbio e veramente difficile.