Per fronteggiare le criticità meteorologiche
L’anticipo della chiusura della stagione di caccia in Francia è quindi imprescindibile per preservare un buon numero di beccacce, numero che senza dubbio può contribuire a un roseo futuro della specie. Oltre a essere inevitabilmente efficace, questa sarebbe una norma facile da applicare e da controllare, e i suoi effetti potrebbero essere evidenziati già dopo solo qualche anno dalla sua entrata in vigore. Inoltre, va detto che l’attuale data di chiusura della caccia alla beccaccia (20 febbraio) in Francia è assai discutibile anche in base alla corretta applicazione della Direttiva europea per la salvaguardia dei riproduttori, come ha più volte evidenziato il professor Silvio Spanò.
Negli ultimi anni, le ondate di freddo intenso con rischio di gelo prolungato e precipitazioni nevose sui siti di sverno si verificano generalmente a partire da gennaio. A quest’epoca, in Francia, circa il 75% dei prelievi sono già stati realizzati. Nel momento in cui sopravvengono tali condizioni di criticità per la specie, si impone la sospensione immediata della caccia su tutto il territorio per una durata di otto giorni. La chiusura dell’attività venatoria sarà automaticamente prolungata, per lo stesso tempo, se perdurano le medesime condizioni climatiche. Questa misura è in grado di eliminare la pesante mortalità additiva causata dalla caccia sulla specie in difficoltà, sia nei territori stretti nella morsa del gelo, sia nelle zone dove gli uccelli si concentrano per sfuggire al freddo, fasce costiere in primis. E lasciando queste “sopravvissute” tranquille, si permette loro di nutrirsi a sufficienza per resistere meglio all’ondata di gelo. Tale provvedimento, tra l’altro facile da far rispettare, sarebbe sufficiente a frenare il declino della specie e a permettere di inizia
re la ricostituzione degli effettivi. La non applicazione di misure tempestive ed efficaci in occasione di ondate di gelo renderebbe invece necessaria, al fine di abbassare il numero di prelievi a stagione, una chiusura ulteriormente anticipata della stagione di caccia.
Alcune ulteriori proposte
Rispetto alla normativa attuale (faccio ovviamente riferimento a quella francese) propongo alcuni aggiustamenti per poter effettivamente praticare un’attività venatoria sostenibile per la specie. Il prelievo massimo autorizzato (Pma nazionale), misura che mira a regolare il numero di abbattimenti, è pari a 30 beccacce a stagione. Le informazioni di cui disponiamo mostrano che questo tetto è raggiunto da meno dello 0,5% dei cacciatori francesi, stando a quanto emerge dalla lettura dei tesserini (ricordo a questo proposito che, a seconda del dipartimento, la percentuale dei carnet restituiti può variare dal 25 al 90%). All’epoca in cui è stato stabilito il Pma di 30 beccacce a stagione questo numero era uscito a caso dal cappello. Infatti non era stato realizzato nessuno studio sulla stima delle beccacce che, così facendo, si sarebbero potute preservare. Sempre dall’analisi dei tesserini restituiti alle federazioni, oggi sappiamo che più della metà dei cacciatori che praticano la caccia alla beccaccia non ne prende neppure una, che in media un cacciatore mette in carniere cinque, sei beccacce a stagione e che appena un po’ più del 4% di tutti i beccacciai prelevano da 16 a 30 uccelli. Questi ultimi però realizzano più del 20% del carniere nazionale! Quindi il Pma di 30 beccacce serve solo a limitare circa il 4% dei cacciatori di beccaccia francesi, ma permette loro di effettuare circa il 20% del carniere massimo previsto
per tutta la Francia. È dunque evidente che questo limite stabilito a caso penalizza la maggior parte dei cacciatori e mette in pericolo la beccaccia. Lascio a chi di dovere il compito di stabilire quale dovrebbe essere il Pma nazionale; certo è che l’asticella a 30 non è al posto giusto e che è urgente riposizionarla più correttamente.
L’uso del beeper è autorizzato in tutta la Francia. L’utilizzo di questo dispositivo aumenta le possibilità di prelievo. Stimare in che percentuale è complesso, ma a mio avviso il numero di occasioni utili per incarnierare una beccaccia aumenta sensibilmente. Poiché cacciamo per puro piacere e per passione, l’uso del beeper o di accessori che possono facilitare di molto l’incontro con la beccaccia dovrebbe essere limitato. Non c’entra l’etica. Le armi e le munizioni sono sufficientemente efficaci per raggiungere lo scopo; il resto lo dovrebbero saper fare il cacciatore e il suo cane. Si lascerebbe così qualche beccaccia in più nel bosco, ma questo non dovrebbe essere un problema per nessun vero cacciatore cinofilo. Laddove è in vigore da molti anni (ad esempio in Bretagna), il limite di tre abbattimenti a settimana ha certamente contribuito a controllare il numero di prelievi. Se fosse esteso a tutte le regioni e a tutti i dipartimenti, consentirebbe di preservare al massimo il 3-4% di beccacce a stagione. A questo proposito mi corre l’obbligo di segnalare che le cinque beccacce a settimana consentite in Gironda preservano appena lo 0,8% di uccelli. Per i dipartimenti dove è previsto il tetto di sei beccacce a settimana la percentuale scende allo 0,2%. La limitazione settimanale dei giorni di caccia (due giorni o più di silenzio venatorio per i beccacciai) preserva alcuni animali là dove è in vigore. Valutarne la percentuale è aleatorio. Senza dubbio, però, questa misura, soprattutto se applicata su tutto il territorio francese, permetterebbe a un maggior numero di beccacce di acquartierarsi per svernare. Il Pma giornaliero (dipartimentale) preserva un certo numero di beccacce là dove è in vigore? Non ho approfondito questo aspetto, quindi mi astengo da ogni commento. Molti cacciatori però lo considerano discriminatorio. Personalmente condivido il loro punto di vista quale sia il numero di beccacce/giorno considerato.
Il limite dell’orario stabilito per poter cacciare la beccaccia - dalle 9 alle 17 - permetterebbe invece, se fosse esteso a tutte le specie (esclusi gli acquatici), di arginare significativamente la pratica (illegale) della posta alla regina del bosco. Questi regolamenti attuali, che si impilano come le sfoglie di una torta millefoglie, possono anche continuare a essere applicati così come sono, ma oramai da tempo hanno mostrato la loro scarsa efficacia per la conservazione e la salvaguardia della Scolopax rusticola. Il motivo è semplice: sono inadatti, perché troppo sovente inapplicabili, incontrollabili e incontrollati. Attenzione, non giriamo la testa per non vedere. Dimostriamo che siamo davvero cacciatori responsabili e prendiamo atto delle cose che non vanno. Un’ultima osservazione che riguarda i cacciatori che praticano il turismo venatorio, di qualsiasi Paese siano (quindi francesi e non solo). Per non impattare pericolosamente sullo stato di conservazione del capitale beccaccia è necessario che i prelievi realizzati all’estero (troppo spesso dei massacri), nei siti di riproduzione, di transito e di svernamento, siano obbligatoriamente marcati dai cacciatori sul tesserino beccaccia del proprio Paese d’origine (e quindi sarebbe auspicabile, per non dire necessario, che il tesserino fosse adottato in tutti i Paesi, almeno quelli europei, dove viene praticata la caccia alla beccaccia). Diversamente gli animali prelevati oltre confine vanno ad aggiungersi senza riscontro a quelli prelevati a casa propria. Segnare sul proprio tesserino anche gli animali prelevati all’estero è quindi necessario per avere un numero il più veritero possibile che indichi il numero di beccacce prelevate in tutto il Paleartico occidentale. Solo in questo modo potremmo calcolare, perlomeno in maniera realistica, l’impatto della caccia sulla specie in tutto il suo areale di distribuzione. Ovviamente anche in questo caso le regole dovrebbero necessariamente essere rispettate ed essere fatte rispettare.
È il momento di agire
Le possibili soluzioni proposte in queste pagine per rendere la caccia alla beccaccia una pratica effettivamente sostenibile per la specie sono il risultato di 12 anni di ricerche e di cinquant’anni di presenza assidua nei boschi con i miei cani. Studi e osservazioni necessari per conoscere lo stato di conservazione della popolazione di beccaccia e per comprendere il trend di presenza della regina nei nostri territori. Molti che si esprimono su questo argomento non credo possano affermare altrettanto impegno e altrettanto tempo speso sui libri e nel bosco. A fronte del silenzio della maggior parte di coloro che si occupano della beccaccia a vario titolo, io lancio invece un segnale di allarme. La realtà ci ha raggiunto. La specie è in declino, un declino lento ma regolare da una quarantina d’anni. I valori di alcuni indici utili a monitorare la specie non riflettono più la verità del bosco. Hanno il solo merito di esistere. Per offrire un futuro positivo alla specie bisogna attivare pratiche di gestione e regolamenti venatori più efficaci. Quelli proposti non sono ancora punitivi, ma più aspettiamo, più necessariamente lo diverranno. Tuttavia temo che nulla sarà fatto, come niente è stato fatto da circa vent’anni. La beccaccia continuerà il suo inesorabile declino. E prendendo coscienza di quanto mostra questo triste quadro, molti cacciatori seri probabilmente si limiteranno, alcuni addirittura smetteranno e appenderanno il fucile al chiodo, ma i distruttori senza ritegno continueranno invece a cacciare ancora di più e più a lungo con il solo intento di ottenere carnieri sempre più opimi. E, alla fine, le beccacce saranno così poche che i boschi resteranno vuoti di cacciatori, di cani e di regine. Questo destino, d’altronde, è già toccato ad altre specie.
Questo studio è stato realizzato da Philippe Vignac in collaborazione con Silvio Spanò, ex-professore di Zoologia applicata all’università di Genova e presidente onorario di Ubi - Unione per la beccaccia Italia. Tutte le fonti utilizzate per questa ed altre ricerche condotte dallo stesso autore sono consultabili sul sito lachassedelabecassedesbois.com.