Beccacce sotto la lente
Il monitoraggio della beccaccia in Italia: l’analisi dei dati raccolti nella stagione 2020-2021 e il trend dell’indice cinegetico di abbondanza dal 2016 a oggi
Il progetto di monitoraggio della beccaccia ( Scolopax rusticola) condotto con l’ausilio del cane da ferma in Italia ha visto la sua attuazione a partire dal 2016 e man mano sempre più regioni (o aree di esse) vi hanno aderito.
Le azioni di monitoraggio sono eseguite da monitoratori volontari che hanno conseguito una particolare abilitazione a seguito di corsi di formazioni accreditati da Ispra; in questa attività sono affiancati da cani adeguatamente addestrati e certificati, che praticano in modo esclusivo la caccia alla beccaccia. Le attività di monitoraggio comprendono tutto il periodo di presenza della specie, dall’inizio della stagione venatoria (terza domenica di settembre) fino al 31 di marzo, laddove sia stato autorizzato anche il monitoraggio a caccia chiusa. In questo caso esse si compongono di due fasi principali: la prima, comprensiva della migrazione post-nuziale e della prima fase dello svernamento, che si chiude a gennaio, ossia al termine della stagione venatoria. La seconda, che comprende la seconda fase dello svernamento e la migrazione pre-nuziale, che ha inizio al termine della stagione venatoria e arriva al 31 di marzo.
Ovviamente per quanto riguarda la passata stagione non possiamo esimerci dal segnalare come le misure di contenimento dell’epidemia da Covid-19 abbiano limitato le uscite di caccia sul territorio nazionale per un periodo piuttosto lungo che ha riguardato soprattutto i mesi di novembre e dicembre, condizionando le attività di monitoraggio e di conseguenza la raccolta dati su cui basare le considerazioni circa la fase di svernamento.
Il calcolo dell’ica
La scelta delle aree da monitorare, nelle quali sono stati raccolti i dati di presenza della specie, è stata lasciata al monitoratore. Ciò perché non si verificassero differenze tra le aree monitorate durante il periodo in cui è consentita l’attività venatoria e il periodo in cui la caccia non è praticabile. Il presupposto è stato che gli operatori, primi conoscitori del comportamento dello scolopacide, scelgano di muoversi nelle zone boscate abitualmente frequentate dalle beccacce. In questo modo i criteri probabilistici di incontro restano invariati nella serie temporale delle uscite, garantendo la loro corretta standardizzazione. La beccaccia, infatti, non si distribuisce in maniera omogenea nel territorio e, inoltre, è frequentemente soggetta a
spostamenti anche di svariati chilometri, in risposta ai mutamenti meteorologici durante il corso della stagione. I dati sono stati raccolti utilizzando un database digitale accessibile nel sito web www.beccapp.it; una volta registrato tramite un nome utente e una password, ogni monitoratore può inserire le informazioni richieste alla fine di ogni uscita.
I dati sono archiviati automaticamente in un foglio excel, dal quale è possibile calcolare, oltre al numero di beccacce incontrate e prelevate, il numero di uscite e il numero di ore e minuti per un qualsiasi periodo di tempo scelto. Durante la stagione venatoria le uscite, secondo la legge 157/92, possono essere svolte nei giorni settimanali consentiti (esclusi martedì e venerdì), mentre nel periodo post-venatorio (dal giorno della chiusura della caccia al 31 marzo) sono svolte almeno per tre giorni prefissati a settimana.
Tutti i dati raccolti servono per il calcolo dell’indice cinegetico di abbondanza (Ica), definito come di seguito:
Ica = [(numero di beccacce diverse
contattate x 3,5 / durata in ore dell’uscita) / numero di partecipanti]
/ numero di cani impiegati
dove 3,5 è la durata media di un’uscita di caccia in Europa, secondo quanto indicato dal professor Charles Fadat. Questo indice può essere riassuntivo di tutta la stagione e in tal caso viene considerato per intervalli: 0-0,25 (cattiva stagione); 0,25-0,5 (stagione mediocre); 0,5-0,75 (stagione buona); 0,75-1 (stagione ottima); >1 (stagione straordinaria); oppure, suddiviso in decadi, ci restituisce la curva del suo trend, ossia un’immagine di come si sono sviluppati i flussi migratori e gli spostamenti opportunistici (erratismi) dei vari contingenti.
Focus sull’ultima stagione di monitoraggio
Considerato che la data di chiusura della caccia è diversa in molte regioni, per convenzione consideriamo il 31 gennaio come separazione tra il periodo di caccia e quello successivo.
Durante la stagione venatoria 20202021 da 526 monitoratori è stato coper
to (almeno con un’uscita) quasi un migliaio di Comuni italiani, distribuiti da nord a sud della penisola, per un totale di 5.863 uscite, 22.484 ore di attività, 10.011 contatti e 3.616 prelievi. Dei 526 operatori, 445 hanno partecipato anche al monitoraggio nel periodo successivo alla caccia, in febbraio e in marzo, per un totale di 2.306 uscite, 5.816,5 ore di attività e 2.792 contatti.
Nel grafico 1 pubblicato in queste pagine sono riportati i dati raccolti nel corso dell’ultima stagione venatoria distribuiti per decadi, mentre quelli del periodo successivo sono riassunti nel grafico 2. L’ica per decade è rappresentato in entrambi i grafici dalla curva azzurra.
Il periodo venatorio ha visto un massimo sforzo di caccia nella seconda decade di dicembre, quando le misure restrittive legate all’emergenza sanitaria si sono allentate e l’attività venatoria è potuta riprendere normalmente nella maggior parte delle regioni. La curva dell’ica mostra un andamento crescente fino alla prima decade di dicembre, per poi decrescere fino al termine del mese di gennaio. Questo trend descrive la fase migratoria post-nuziale, che ha luogo nei mesi di ottobre e novembre, fino a raggiungere il culmine nella prima decade di dicembre; in seguito, la maggior parte dell’afflusso migratorio si interrompe e inizia la fase tipica dello svernamento. Nonostante ciò, visto il carattere fluttuante della curva in dicembre e in gennaio, non sono da escludere ulteriori e tardivi spostamenti opportunistici di alcuni contingenti verso la nostra penisola, mossi dall’incalzare di ondate di gelo che investono in inverno l’europa continentale e i Balcani.
Il periodo interdetto alla caccia (febbraio e marzo) descrive invece la fenologia della migrazione pre-nuziale attraverso l’incremento della curva dell’ica a partire dalla terza decade di febbraio, con il picco nella seconda di marzo.
I massimi dell’ica raggiunti nelle due fasi migratorie sono dati dai molti individui che sostano temporaneamente nel nostro territorio prima di proseguire il proprio viaggio. I maggiori valori raggiunti nella fase post-venatoria, rispetto al periodo di caccia, sono da imputare a una durata media delle uscite inferiore, ma anche a un’effettiva concentrazione di beccacce maggiore. Il volo migratorio di ripasso, infatti, è più repentino di quello autunnale, cosicché le beccacce si raccolgono nelle nostre zone in un periodo di tempo più ristretto.
Il trend dell’ica in Italia
L’ica a livello stagionale, come media di tutte le uscite di caccia, considerato per una serie temporale di più anni (quinquennio, decennio, ventennio), può darci un’indicazione di come si evolve l’abbondanza della beccaccia nel nostro Paese e può fornirci informazioni su quali siano i fattori che la determinano. Il numero dei prelievi o dei contatti messo in relazione allo sforzo di caccia ci restituisce una dinamica abbastanza affidabile. Nel grafico 3 pubblicato in queste pagine è visualizzato un primo trend quinquennale dell’ica generale in Italia (riguardante la sola stagione di caccia).
Pur riconoscendo che una serie temporale di soli cinque anni è troppo breve per trarre conclusioni certe, il trend dell’abbondanza stagionale mostra un andamento crescente con una tendenza significativamente positiva
(R² = 0,6). Lo stesso grafico è stato disegnato conside
rando solo i Comuni che si sono ripetuti in tutte e cinque le stagioni e in ultima verifica scegliendoli in maniera casuale tra quelli coperti dal monitoraggio con lo stesso risultato. Anche in Francia, dove si dispone di una serie temporale molto più lunga (dalla stagione 1993-1994 alla stagione 2019-2020), è stata riscontrata una tendeza positiva dell’ica annuale. Infine è interessante notare come la stagione 2017-2018 sia stata quella con il minimo Ica annuale in Italia, considerando che l’estate e l’autunno 2017 furono colpiti da una fortissima siccità fino al mese di novembre. Sappiamo come l’abbondanza di precipitazioni alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno sia una prerogativa essenziale per una buona annata beccacciaia; il basso valore dell’ica nel 201718, quindi, è un’ulteriore conferma di quanto la beccaccia eviti di sostare in zone prive di condizioni ideali per il reperimento della pedofauna, che vedono in un terreno umido e ricco di humus i requisiti di base.
Criticità da tenere sotto controllo
Mentre i periodi di migrazione sono stati inquadrati a livello temporale, anche grazie al confronto con altri studi (radio- tracking, inanellamento, altri indici di abbondanza), gli spostamenti opportunistici intrastagionali della beccaccia devono essere ancora valutati con attenzione, poiché possono fornirci indicazioni circa la fragilità che questo scolopacide ha rispetto a repentini e intensi cambiamenti meteorologici sempre più frequenti. Le ondate di gelo tardive, in particolare, rappresentano una minaccia non trascurabile, provocando spostamenti forzati e aggregazioni di individui in particolari tipi di ambiente (zone costiere e ripariali, boschi di pianura eccetera), dove si rischia di concentrare anche la pressione venatoria. In ultima analisi, l’importanza del prosieguo delle attività di monitoraggio e il poter contare su serie storiche di dati almeno decennali potranno darci indicazioni su come si stia realmente evolvendo la presenza della beccaccia in Italia.
Il dottor Marco Tuti è tecnico faunistico delle Commissioni scientifiche Ubi (Unione per la beccaccia Italia) e Fanbpo (Federation of European Woodcock Associations of Western Palearctic), nonché membro dell’iucn Ssc ( Species Survival Commission) Woodcock and Snipe Specialist Group.