Beccacce che passione

CACCIA, TECNOLOGIA E SELEZIONE CINOFILA

- Michele Bighetti

Gentile dottorezza Bertocchi, ho letto con interesse l’editoriale intitolato “I nuovi eroi” pubblicato sul numero 4 di Beccacce che Passione, scritto con la solita competenza e fruibilità, ma mi trovo a condivider­lo solamente in parte. La tecnologia a mio parere, se usata da cacciatori accaniti, può essere davvero dannosa per la conservazi­one delle specie cacciabili con il cane da ferma; d’altra parte la produzione e il commercio di satellitar­i e beeper danno lavoro a molte famiglie e non è cosa di poco conto. Resta il fatto, però, che con questo aiuto il cacciatore “di profession­e” può prelevare anche l’80% delle beccacce trovate. Lo stesso signor Lugaresi, autorevole firma di un editoriale pubblicato su Beccacce che Passione qualche anno, fa scrive testualmen­te: “senza l’aiuto del satellitar­e sarei riuscito a malapena a catturare il 25% delle beccacce trovate!”

Ora, è mai possibile che il cacciatore degli anni Duemila, invece di vivere la caccia come una sorta di avventura da condivider­e con il proprio ausiliare, debba andare a caccia solo per il gusto di mostrare al bar i pingui carnieri? Ahimè sì, non possiamo nasconderc­i di fronte a questa triste realtà. Esistono molti cacciatori praticanti la caccia alla nostra beniamina che, privi come sono della passione

cinofila, usano il cane solo come strumento per ammazzare e farsi belli con gli amici, e i satellitar­i permettono loro di ammazzare sempre di più. Queste cose le sappiamo tutti. Le sa bene anche l’amico professor Spanò che ha speso una vita dedicandos­i allo studio della specie beccaccia. Concludo dicendo che, oltretutto, l’uso del satellitar­e (un po’ meno quello del beeper) è deleterio per la selezione del cane da ferma. Difatti buona parte dei cani che portano il satellitar­e vanno come treni a distanze siderali e permettono al cacciatore di servirli solo grazie all’uso del palmare. Questi ausiliari producono a loro volta un sostanzios­o numero di cuccioli che da adulti avranno lo stesso identico comportame­nto dei genitori e che non potranno essere utilizzati se non con l’ausilio della “tecnologia”.

Non ho la presunzion­e di avere la verità assoluta e so che quanto ho affermato non sarà condiviso da tutti, ma questo è il mio pensiero e ci tenevo a renderlo pubblico.

Gentilissi­mo dottor Bighetti, la ringrazio per la sua attenzione e per le sue note che mi permettono di spiegare meglio quello che volevo esprimere, che è in linea con il suo pensiero. Come ho scritto infatti, per il cane (ovviamente mi riferisco a un onesto cane da ferma) non cambia nulla a caccia, indipenden­temente da che cosa porti al collo, per noi invece sì, proprio nel senso da lei sottolinea­to. Per questo il non approfitta­re in maniera scellerata delle facilitazi­oni che la tecnologia indubbiame­nte ci offre penso sia oggi un atto di eroismo. Sappiamo tutti (anche se sovente si tace, come ho sottolinea­to nell’editoriale) che alcune attrezzatu­re consentono un maggior numero di incontri aumentando notevolmen­te la possibilit­à di abbattimen­to, ma sta a noi essere corretti secondo la legge e secondo quelle regole non scritte che la caccia giusta impone, prendendo soltanto il buono (che non manca!) che queste ci offrono.

In merito, poi, al fatto che la tecnologia renda utili al fucile ausiliari che diversamen­te non sarebbero tali,

rafforza ulteriorme­nte il concetto che la tecnologia vada usata cum grano salis. Un cane che senza un satellitar­e al collo non sarebbe di alcun aiuto al cacciatore non dovrebbe essere ritenuto un buon cane da caccia, né essere considerat­o un buon riprodutto­re. E anche in questo caso la nostra capacità di valutazion­e del lavoro del cane e il nostro comportame­nto responsabi­le, insieme al fatto di non considerar­e il carniere l’obiettivo principale delle nostre uscite, mettendo, invece, al primo posto la bellezza e la qualità dell’azione cinegetica, risultano decisivi per una corretta selezione del cane da ferma. Il lavoro che i nostri cani sono chiamati a fare è ben diverso dal correre all’impazzata in lungo e in largo ribaltando un bosco; così facendo prima o poi sicurament­e si imbatteran­no in una beccaccia, ma si tratterebb­e di uno scontro e non di un incontro!

Queste consideraz­ioni mi portano a un’ulteriore riflession­e. La bellezza della caccia con il cane sta proprio in questo: mette alla prova le nostre qualità di uomini prima ancora del nostro valore come cacciatori, ci eleva, ci stimola, ci insegna, ci tempra. È in grado di renderci uomini e cacciatori migliori.

 ??  ?? Zara dei Briganti Sardi e sua figlia Rebecca, di Antonio Cambilargi­u, posano fiere con le regine al termine di una splendida giornata di caccia
Zara dei Briganti Sardi e sua figlia Rebecca, di Antonio Cambilargi­u, posano fiere con le regine al termine di una splendida giornata di caccia
 ??  ?? Giuseppe Taningher e il suo Gino
Giuseppe Taningher e il suo Gino
 ??  ?? Ricordi della passata stagione: caccia alla beccaccia sulle colline dell’appennino tosco-emiliano
Ricordi della passata stagione: caccia alla beccaccia sulle colline dell’appennino tosco-emiliano
 ??  ?? Jaro, setter maschio di sette mesi di Michele Cimarolli, con la sua prima beccaccia. Michele, dopo qualche incontro di Jaro in compagnia di altri cani, ha deciso di dare al suo cucciolone la gioia di uscire da solo. Pochi istanti nel bosco e Jaro va in ferma. L’emozione è tale che al frullo Michele non ha nemmeno imbracciat­o il fucile per sparare. Cane e cacciatore vanno sulla rimessa e dopo qualche attimo Michele intravede Jaro dentro delle felci sdraiato, con lo sguardo fermo e concentrat­o sotto un pinetto. Si avvicina, ecco il frullo, spara. Il resto lo racconta la foto! Gioie e soddisfazi­oni che solo chi ha grande passione per i cani e per questa caccia può capire
Jaro, setter maschio di sette mesi di Michele Cimarolli, con la sua prima beccaccia. Michele, dopo qualche incontro di Jaro in compagnia di altri cani, ha deciso di dare al suo cucciolone la gioia di uscire da solo. Pochi istanti nel bosco e Jaro va in ferma. L’emozione è tale che al frullo Michele non ha nemmeno imbracciat­o il fucile per sparare. Cane e cacciatore vanno sulla rimessa e dopo qualche attimo Michele intravede Jaro dentro delle felci sdraiato, con lo sguardo fermo e concentrat­o sotto un pinetto. Si avvicina, ecco il frullo, spara. Il resto lo racconta la foto! Gioie e soddisfazi­oni che solo chi ha grande passione per i cani e per questa caccia può capire
 ??  ?? Morinensis Raissa con Orlando Rolfini, 84 anni. Ultima giornata di caccia, due beccacce, poi fucile appeso al chiodo
Morinensis Raissa con Orlando Rolfini, 84 anni. Ultima giornata di caccia, due beccacce, poi fucile appeso al chiodo

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