A beccacce nel Senese
Per mettere alla prova l’ultraleggero nel suo elemento mi è stata offerta un’occasione unica, la possibilità di utilizzarlo a caccia di beccacce. Location della battuta è stata la riserva di caccia di Borgo di Castelvecchio, in val d’orcia (Si), gestita da Simona De Angelis e da suo marito Alessandro Gaetani d’aragona. Con me ci sono anche Andrea Mariani, protagonista di video-documentari di caccia, Carlotta Manzotti, influencer e cacciatrice, e Alessio Pinotti, cacciatore di beccacce. Siamo tra i primi in assoluto a mettere alla prova l’ultraleggero sul campo, il che mi fa sentire abbastanza privilegiato, oltre che investito di un certo senso di responsabilità. Per l’occasione mi viene consegnato un esemplare di “pre serie”, uno dei primi disponibili e, per questo, equipaggiato di canna lunga 710 mm. Non è proprio la lunghezza di canna ideale per la beccaccia, ma il fucile è comunque piuttosto leggero, quindi poco male. Sfortuna vuole che, a causa di un inconveniente imprevisto, non possa portare con me la mia setter inglese. Non sono entusiasta, ma purtroppo non ho alternative, quindi mi rassegno all’idea di cacciare con altri cani. L’organizzazione pone rimedio al problema in extremis, chiedendo ad Alessio Pinotti di portare con sé la sua setter gordon, Alyssa, piuttosto esperta nella caccia alla beccaccia. Siamo a fine gennaio, le ultime battute della stagione e le ultime beccacce, ma la pressione venatoria è stata piuttosto bassa, quindi siamo fiduciosi. Per aumentare le nostre possibilità ci separiamo in due gruppi, Carlotta e Andrea con i suoi setter seguono Ubaldo, il guardiacaccia, mentre io e Alessio, con la sua
Alyssa, siamo accompagnati da Alessandro Gaetani, il padrone di casa. Nonostante sia pieno inverno la temperatura è piuttosto mite e la giornata soleggiata, con appena un po’ di brezza. Alyssa inizia la cerca con lo stile tipico dei setter gordon, un galoppo controllato e un ottimo collegamento. Il territorio è difficile, macchia fitta di querce e arbusti bassi, scarsa visibilità tra la vegetazione e un terreno insidioso. Presto scopro a mie spese che il terreno argilloso tipico delle zone rappresenta una spina nel fianco notevole. Il fondo è scivoloso e colloso, si attacca agli scarponi, riempie completamente il battistrada e rende difficoltoso il movimento. In salita, mi dice Alessandro sorridendo, “si fa un passo avanti e due indietro”, cui si somma la fatica di avere qualche chilogrammo di argilla ad appesantire ogni scarpone. Nonostante tutto iniziamo a percorrere un calanco in discesa, con un sottobosco fitto che termina su un terreno ricco di ristagni d’acqua. Io e Alessio abbiamo un buon presentimento su questo luogo, quindi scegliamo di affrontarlo nel migliore dei modi. Lui procede al centro del calanco con Alyssa, mentre io mi tengo sulla sinistra, in posizione rialzata, in modo da poter tentare un tiro qualora una beccaccia dovesse defilarsi tra la vegetazione. Dopo pochi minuti le nostre aspettative si rivelano fondate: Alyssa è in ferma al centro del canalone e Alessio si avvicina per servirla. Io mi sistemo in modo da avere la visuale migliore. La beccaccia si butta a capofitto verso il basso, esce dalla vegetazione e piega leggermente a sinistra. Alzo il fucile e la inquadro, ma Alessio, intravedendo un varco tra i rami, mi precede. Soddisfatti del primo incontro continuiamo la caccia e, qualche ora dopo, la scena si ripete. Cane in ferma, Alessio dietro e io qualche decina di metri sul fianco, a coprire un’eventuale “seconda uscita”. La mia presenza, tuttavia, è del tutto superflua. Alessio è in uno stato di grazia assoluto e non sbaglia un colpo. Passiamo il pomeriggio a inseguire qualche fagiano selvatico, pedinatori impressionanti che spiccano il volo sempre a decine di metri dal naso di Alyssa e al limite del nostro tiro utile.
La mattinata successiva il meteo cambia radicalmente, cielo coperto e una pioggia intermittente piuttosto fastidiosa. Il terreno, bagnato dalla pioggia, è ancora più insidioso e faticoso. Io e Alessio abbiamo esaurito la fortuna, ma è la volta di Andrea, che conquista una bella beccaccia con l’aiuto di Carlotta e dei suoi Mariansetter. Nonostante abbia sparato poco, ho avuto la possibilità di portare a caccia per due giorni l’ultraleggero su un terreno molto insidioso, un banco di prova significativo. Non ho utilizzato la cinghia, senza risentirne in alcun modo. Sono rimasto impressionato dalla rapidità con cui si imbraccia il fucile e dall’istintività con cui è possibile acquisire la linea di mira. Il fucile è perfetto per i tiri di stoccata nel folto, la guancia si appoggia nel punto giusto e il mirino trova il bersaglio senza difficoltà. La distribuzione dei pesi è ben realizzata, soprattutto grazie alla bascula in acciaio, che rispetto a quelle in lega concentra i pesi nella parte centrale dell’arma. La macchia fitta si è rivelata insidiosa, ma, nonostante questo, le superfici dell’ultraleggero hanno resistito bene alle abrasioni. Anche sotto la pioggia il fucile si è comportato bene, garantendo un ottimo grip sui punti di presa e non risentendo in alcun modo dell’umidità. Ultraleggero nella caccia alla beccaccia è davvero nel suo elemento, è perfetto per le cacce avventurose e per accompagnare i cacciatori più estremi. Anche gli inserti in tecnopolimero si sono rivelati molto resistenti, con un effetto che convince sia alla vista sia al tatto, per nulla “plasticoso” come i più tradizionalisti potrebbero pensare.