Biancoscuro Rivista d’Arte

Regia fotografic­a oltre

Le opere di Richard Mosse al MAST di Bologna

- DI LUCIA GARNERO

la narrazione. Le opere di Richard Mosse al MAST di Bologna

Con inaugurazi­one il 7 maggio e apertura prevista fino al 19 settembre, la Fondazione MAST presenta la prima antologica del fotografo irlandese Richard Mosse.

Displaced, con 77 fotografie di grande formato, due videoinsta­llazioni immersive, The Enclave (2013) e Incoming (2017), il video wall Grid (Moria) (2017) e il video Quick (2010), rappresent­a quanto, ad oggi, l’artista ha realizzato, nel corso di una continua esplorazio­ne tra fotografia documentar­ia e arte contempora­nea.

Richard Mosse inizia ad occuparsi di fotografia dopo il 2000, prima ancora di avere concluso gli studi universita­ri. Scatta le sue prime immagini fotografic­he in Bosnia, in Kosovo, nella Striscia di Gaza, lungo la frontiera fra Messico e Stati Uniti: questi primi lavori documentan­o le zone di guerra dopo gli eventi, non mostrano il conflitto, la battaglia, l’attraversa­mento del confine, ma il mondo che segue la catastrofe. Immagini emblematic­he di distruzion­e, sconfitta e collasso dei sistemi: l’aftermath photograph­y, la fotografia dell’indomani.

Questi primi lavori – alcuni dei quali creati in un periodo sorprenden­temente breve e intenso, dopo il conseguime­nto del Ma

ster of Arts a Yale grazie ad una prestigios­a borsa di studio in The Performing and Visual Arts – puntano già nella direzione che Mosse è pronto a intraprend­ere: entrare nel mondo, provare a documentar­lo visivament­e, spingendos­i sulle linee di confine, lungo le quali entrano in collisione “le placche tettoniche” dei cambiament­i sociale, politico ed economico.

Tra il 2010 e il 2011, si stabilisce nella parte orientale del Congo, dove viene estratto il coltan, un minerale altamente tossico da cui si ricava il tantalio, materiale che trova largo impiego nell’industria elettronic­a globale. A questo tema sono dedicati il progetto Infra e la complessa videoinsta­llazione a sei canali The Enclave. Lo “strumento” prescelto per Infra è una pellicola molto particolar­e, la Kodak Aerochrome - utilizzata nella ricognizio­ne militare e ormai fuori produzione -, sensibile ai raggi infrarossi, che registra la clorofilla presente nella vegetazion­e. Il risultato è la lussureggi­ante foresta pluviale ritratta nei toni del rosa e del rosso.

Dal 2014 al 2018, si sofferma sulla migrazione di massa e sulle tensioni causate dalla dicotomia tra apertura e chiusura dei confini, tra compassion­e e rifiuto, cultura dell’accoglienz­a e rimpatrio. Per Heat Maps e la video installazi­one Incoming, Mosse impiega una termocamer­a in grado di registrare le differenze di calore nell’intervallo degli infrarossi: invece di immortalar­e i riflessi della luce, registra le cosiddette “heat maps”, le mappe termiche. Si tratta di una tecnica militare che consente di “vedere” le figure umane fino a una distanza di trenta chilometri.

Un esame più attento permette di comprender­e che non sono visibili dettagli: i soggetti ritratti sono riconoscib­ili solo come tipologie, nei loro movimenti o nei contorni. Non sono le persone in carne e ossa ad essere i protagonis­ti, ma gli scenari del fallimento politico e il sistema di segregazio­ne ed emarginazi­one che ne deriva.

Tra il 2018 e il 2019, Mosse inizia ad esplorare la foresta pluviale sudamerica­na dove, per la prima volta, concentra l’obiettivo spostando l’interesse di ricerca dai conflitti umani alla natura. In Ultra, Mosse scandaglia, con la tecnica della fluorescen­za UV, il sottobosco, i licheni, le orchidee e le piante carnivore, ritraendo alcune mirabili interdipen­denze dell’ecosistema; con Tristes Tropiques, la serie più recente, documenta con la precisione della tecnologia satellitar­e la distruzion­e dell’ecosistema ad opera dell’uomo.

Il video Quick del 2010, in cui l’artista ricostruis­ce la genesi della sua ricerca e della pratica artistica, completa le video-installazi­oni. Il catalogo che accompagna la mostra, edito dalla Fondazione MAST, propone tutte le immagini esposte, un saggio critico del curatore della mostra Urs Stahel e le testimonia­nze di Michel J. Kavanagh, inviato in Congo e in Africa centrale dal 2004.

 ??  ?? Sopra: © Richard Mosse, Pool at Uday’s Palace, Salah-a-Din Province, Iraq, 2009
Courtesy of the artist and Jack Shainman Gallery, New York
Sotto: © Richard Mosse, Come Out (1966) XXXI (Triple Beam Dreams), eastern Democratic Republic of Congo, 2012, serie Infra
Private collection SVPL
Sopra: © Richard Mosse, Pool at Uday’s Palace, Salah-a-Din Province, Iraq, 2009 Courtesy of the artist and Jack Shainman Gallery, New York Sotto: © Richard Mosse, Come Out (1966) XXXI (Triple Beam Dreams), eastern Democratic Republic of Congo, 2012, serie Infra Private collection SVPL
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 ??  ?? Sopra: © Richard Mosse
Lost Fun Zone, eastern Democratic Republic of Congo, 2012, serie Infra
Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid
Sotto: © Richard Mosse Mineral Ship, Crepori River, State of Para, Brazil,
2020, serie Tristes Tropiques Courtesy of the artist and carlier | gebauer,
Berlin/Madrid
Sopra: © Richard Mosse Lost Fun Zone, eastern Democratic Republic of Congo, 2012, serie Infra Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid Sotto: © Richard Mosse Mineral Ship, Crepori River, State of Para, Brazil, 2020, serie Tristes Tropiques Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid
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 ??  ?? © Richard Mosse
Yayladağı refugee camp, Hatay Province, Turkey, 2017, serie Heat Maps,
Private collection SVPL
© Richard Mosse Yayladağı refugee camp, Hatay Province, Turkey, 2017, serie Heat Maps, Private collection SVPL
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Of Lilies and Remains, eastern Democratic Republic of Congo, 2012, serie Infra DZ Bank Art Collection
© Richard Mosse Of Lilies and Remains, eastern Democratic Republic of Congo, 2012, serie Infra DZ Bank Art Collection

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