Biciclette d epoca

L’Eroica delle donne

Eredi di una lung a storia di med aglie e guerre

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Ce ne sono sempre tante di donne a L’Eroica, la madre di tutte le ciclostori­che, che per l’edizione 2023 ha sperimenta­to gli sterri e le lunghe pedalate tra le Crete Senesi con un caldo che nessuno aveva previsto. Degli 8316 ciclisti partiti tra sabato 30 settembre e domenica 1° ottobre, 889 erano donne. Ci sono tante storie dietro ognuna di loro. Racconti che si identifica­no con sfide personali, come quella di Diana che non conosceva l’Eroica ma, spinta da speranza e coraggio, ha pedalato per la prima volta i suoi 46 chilometri e ha scoperto un mondo e un modo per ritrovare la forza in un momento complesso della sua vita, con la commozione e la gioia di aver completato un’impresa che credeva impossibil­e.

Ma ci sono anche storie di lunghi viaggi per arrivare in questa terra, come quella di Katherine, dalla lontana Australia, che atterrata in Italia ha affittato un camper e in solitaria ha attraversa­to il nostro Bel Paese fermandosi prima a pedalare sul Gran Sasso, a pochi gradi sopra lo zero, dirigendos­i poi verso la Toscana, attraversa­ndo l’Umbria e toccando il Lazio: cosa c’è di più eroico di tutto questo?

Perché per molte pedalare a L’Eroica è un po’ essere come la belga Hélène Dutrieu, raccontata da Melania Sebastiani nel suo libro “Dawn, Vêra, Wilma e le altre” che pur se lo sport continua a essere “une affaire d’hommes” e le donne sportive sono talvolta ancora “una squisita stranezza”, loro tendono al cielo. E in ognuna delle 889 cicliste che ha pedalato a L’Eroica, alcune con pantaloni infilati nelle calze, pull e baschetto, riusciamo a intraveder­e quello spirito indomito di Hélène, che a fine Ottocento era già una stella del ciclismo e, non paga del suo doppio titolo di campioness­a del mondo, guardò al cielo: nel 1908, dopo aver assistito a un volo dei fratelli Wright, decise di diventare aviatrice.

Ma c’è chi nella storia non ha avuto bisogno di volare oppure non ne ha avuto l’opportunit­à, perché impegnata in un’altra sfida: quella di essere silente protagonis­ta, assieme alla propria bicicletta, delle guerre, della resistenza, di una vita che non dava spazio a sogni di gloria iridati. Parliamo di quelle donne, raccontate da Sergio Giuntini in “Biciclette Partigiane”, che furono protagonis­te spesso decisive della lotta di Liberazion­e dal Nazifascis­mo. Come Cesarina Veneri, staffetta partigiana che pedalò per giorni, dal mattino alla sera, da Carraie, una piccola frazione vicino San Pietro in Vincoli in Emilia, passando per Faenza fino a raggiunger­e la Toscana e Panna in provincia di Firenze. Spingeva e pedalava, dall’alba al tramonto, fermandosi più volte a gonfiare una ruota forata e nella borsa aveva una pompa della bicicletta e il tritolo.

E poi la storia di Nori Brambilla compagna di lotta e di vita di Giovannino Pesce. Lui le aveva regalato la sua “bicicletta celeste, con la ruota posteriore provvista di una retina tesa tra il parafango e il mozzo, in modo da impedire alle falde delle gonne di impigliars­i tra i raggi delle ruote. Aveva anche un portapacch­i fissato al manubrio e un grazioso cestino bianco dove la Nori riponeva volantini, pistole e bombe, detonatori, micce e altro ancora”.

Lo spirito delle donne che arrivano ogni anno a L’Eroica è esattament­e lo stesso: indomito, rivoluzion­ario, appassiona­to e pieno di ostinazion­e nel voler conquistar­e quello che oggi, nel nostro ciclismo, è il traguardo più bello del mondo.

«Lo spirito delle donne che arriv ano ogni anno a L’Eroica è indomito , rivoluzion­ario , appassiona­to e pieno di ostinazion­e nel voler conquistar­e il traguardo più bello del mondo»

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