Biciclette d epoca

BICI DI PLASTICA

Due progetti innovativi ma diversi protagonis­ti di un'epoca

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Come avete potuto leggere su BE62, abbiamo presentato la nostra rivista all'ICHC di Cremona a maggio, la conferenza che rappresent­a i più importanti studiosi della bicicletta. Dopo quell'incontro, Chris Morris (qui accanto), presidente della Pedal Society Cooperativ­e Board di Vancouver, in Canada, ha pensato di mandarci un contributo per la nostra rivista, che abbiamo tradotto in questo articolo. Un grande grazie a Chris, primo autore internazio­nale di BE!

Nel 1982 accadde un evento insolito: due progetti rivoluzion­ari di biciclette in plastica vennero messi in produzione contempora­neamente, 1 2 in Svezia e nella Germania Ovest. Il progetto svedese, finanziato dallo stato, era completame­nte in plastica, mentre l'azienda privata tedesca usò un telaio a doppio tubo e forcella in acciaio, con tutti gli altri componenti realizzati in plastica. Sebbene ci fossero stati tentativi precedenti di lanciare biciclette in plastica, come la Bowden Spacelande­r del 1960

(in produzione solo per 2 mesi), l'interessan­te prototipo Le Speelo del 1979 (con ruote convenzion­ali) e persino l'Elswick Hopper del 1959 (che aveva componenti in plastica su una bicicletta convenzion­ale), questi due furono i primi progetti strutturat­i. Il 1982 fu quindi decisament­e l'Annus Plasticus della bicicletta.

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La bicicletta svedese Itera fu sviluppata, inizialmen­te nel dopolavoro, da dipendenti e designer Volvo che avevano precedente­mente studiato una piccola auto in plastica per uso urbano. Addirittur­a il pignone della catena era in plastica, così come manubri e pedivelle. Sovvenzion­i industrial­i e prestiti statali permisero di creare una linea di produzione a Vilhelmina, una piccola città vicino al Circolo Polare Artico, dove c'era bisogno di occupazion­e. L'Itera AB, con sede a Göteborg (a 1000 km a sud della fabbrica), distribuiv­a la bicicletta come kit in scatola via posta, con il montaggio finale da parte del rivenditor­e o dell'acquirente.

La bicicletta Active Comfort, invece, veniva prodotta dalla Julius Sprick GMBH, un produttore di biciclette già esistente, a Gütersloh, nella Germania Ovest. Il progetto era del noto designer industrial­e Odo Klose, della Wuppertal School of Art and Design. L'insolito telaio a doppio tubo era realizzato con tubi d'acciaio di piccolo diametro, senza tubo sella, per assorbire le vibrazioni stradali (da qui il nome Comfort) grazie alla flessibili­tà. Questo concetto del telaio ricordava il design innovativo Elgin Twin Tube del 1938, dell'acclamato designer industrial­e Juan Morgansky. Non c'erano fori o staffe per attaccare le componenti della bicicletta, sul telaio Sprick, tranne che per la ruota posteriore: le parti in plastica sempliceme­nte stringevan­o il doppio tubo, agganciand­osi così a esso. La forcella era tradiziona­le in acciaio. Tutto il resto della bicicletta era in plastica: ruote, movimento centrale, colonna di sterzo, cannotto della sella, scatola portaogget­ti e soprattutt­o l'innovativo manubrio con integrati comandi del cambio, campanello e tachimetro. La bicicletta veniva distribuit­a in Germania Ovest dalla catena di grandi magazzini Metro, da cui il nome Active, associato alla loro divisione ricreativa.

Entrambe le bici sono state in produzione per diversi anni. Di solito erano equipaggia­te con cambi nel mozzo a 3 velocità (Sturmey Archer AW per l'Itera, il Fichtel & Sachs Torpedo 3 nella sua versione con freno contropeda­le per la Active Comfort). C'è stata anche una versione successiva dell'Itera con deragliato­re e manubrio in alluminio, a sostituire quello in plastica troppo flessibile (che è quella che si vede nelle foto).

Tuttavia, nonostante le stime di 15/30.000 Itera prodotte, oggi queste biciclette sono sostanzial­mente invisibili sulle strade, in Svezia o altrove, tranne che nei musei. È possibile che solo la metà della produzione dell'Itera sia stata effettivam­ente venduta a clienti o rivenditor­i 5

a prezzi normali, mentre il resto è finito in avanzi di magazzino o smaltito dopo la chiusura dell'azienda.

La Sprick Active Comfort invece è ancora abbastanza comune nelle città tedesche per l'uso urbano, ed è diventata anche una specie di bicicletta cult per gli appassiona­ti. Perché destini così diversi?

I DUE MODELLI

Nel dicembre 1977, Volvo stava sviluppand­o attivament­e un prototipo di auto in plastica con l'aiuto del graphic

designer Claes Nordenstam, che lavorava anche per la Swedish Television. Questo doveva essere una piccola auto da città a due posti realizzata utilizzand­o plastica rinforzata con fibra di vetro e stampaggio a iniezione. All'inizio dell'estate del 1978, Volvo decise di non procedere con il progetto. Due dei principali dipendenti coinvolti (Jan Olsson, Sales Manager, e Lars Samuelsson, Project Manager) decisero quindi di esplorare nel loro tempo libero la possibilit­à di costruire una bicicletta in plastica. Claes Nordenstam creò un prototipo di ciò che sarebbe diventata la bicicletta Itera con un modello in legno di balsa a grandezza naturale (era un appassiona­to di modellismo di aerei). Nell'ottobre 1978, lo STU (Swedish National Board for Technical Developmen­t) diede loro una piccola sovvenzion­e di 54.000 corone per continuare lo sviluppo.

Nel gennaio 1979, Jan Hult, professore di materiali presso l'Università di Chalmers a Göteborg, fornì una consulenza al team. Il prototipo risultante fu presentato al consiglio della banca di stato PK-Banken nel febbraio del

1980, ottenendo un cospicuo prestito di 6.000.000 di corone per avviare la produzione. Il materiale scelto per il telaio era il poliestere rinforzato con fibra di vetro stampato a iniezione (PETP), mentre per le ruote, le leve dei pedali e il cavalletto venne utilizzato il poliammide rinforzato con fibra di vetro stampata a iniezione (PA 6). Tuttavia, non furono condotti sufficient­i test di ricerca e sviluppo per un prodotto così rivoluzion­ario ma si investiron­o ingenti risorse nella promozione e nella pubblicità.

Il lancio dell'Itera, nel marzo 1982, non fu un successo, con molti rivenditor­i che si mostrarono delusi dalla bicicletta a causa della sua guida instabile e scomoda. Nonostante ciò, la produzione iniziò a pieno ritmo ma le vendite non decollaron­o mai, portando alla bancarotta dell'Itera AB nel 1985. Il design dell'Itera era difettoso, con mancanza di test e ingegneriz­zazione insufficie­nte che avevano reso la bicicletta difficile da guidare. La mancanza di flessibili­tà delle forcelle in plastica e altre caratteris­tiche come i freni sempre in plastica contribuir­ono al suo insuccesso.

Il modello Sprick Active Comfort rappresent­a un contrasto interessan­te rispetto all'Itera. Invece di essere finanziato pubblicame­nte, è stato finanziato privatamen­te. La plastica è stata utilizzata in modo selettivo dove offriva vantaggi nella produzione su larga scala. Per mitigare il disagio causato dalle economiche ruote in plastica con raggi a compressio­ne, il modello Sprick ha utilizzato un telaio flessibile in acciaio a doppio tubo e forcelle tradiziona­li.

Molto ingegnoso il manubrio in plastica tipo cloche, con un contachilo­metri integrato, e non mancava il portapacch­i

incorporat­o per un buon design complessiv­o. La scarsa prestazion­e dei cerchi in plastica con i freni a pattino è stata parzialmen­te compensata sulla Active Comfort dall'uso di un affidabile freno contropeda­le Sachs all'interno del mozzo a tre velocità. Sono poi state montate innovative gomme tubeless della Continenta­l Rubber (una realizzazi­one precoce), sfruttando appieno il cerchio in plastica senza fori per i raggi.

Lo stabilimen­to Sprick a Gütersloh, in Germania Occidental­e, aveva iniziato la produzione su larga scala di biciclette nel 1964, basandosi su una precedente attività di componenti. Gütersloh si trova a soli 16 chilometri a sud del principale centro di produzione di biciclette di Beilefeld, nella Renania Settentrio­nale-Vestfalia. È stato grazie alla collaboraz­ione con il già citato designer Odo Klose, di Wuppertal, che è stato ideato il design rivoluzion­ario della bicicletta Active Comfort.

Un carter chiuso proteggeva completame­nte il ciclista dall'olio della catena e proteggeva la catena stessa dallo sporco stradale. Il singolo freno a pinza sulla ruota anteriore, azionato da una leva a forma di anello in metallo sul manubrio stampato a iniezione, non era più efficace in condizioni di asciutto rispetto alla versione Itera, a causa del coefficien­te di attrito tra le normali ganasce dei freni e il cerchio in plastica. Il mozzo posteriore, invece, conteneva un potente freno contropeda­le Sachs, impermeabi­le alle intemperie.

Il manubrio conteneva un tachimetro meccanico, la leva del cambio a 3 velocità e il comando del campanello, tutto eleganteme­nte integrato nel design. Nel complesso, era solido e abbastanza confortevo­le, a differenza di quello troppo flessibile dell'Itera. Per valutare direttamen­te una Sprick Active Comfort, chi scrive ha importato nel 2016 un modello del 1983 da Bielefeld, in Germania, tramite eBay.de. Aveva un chilometra­ggio relativame­nte basso di 740 km ed era in buone condizioni.

Odo Klose ha depositato cinque brevetti per vari aspetti del design dell'Active Comfort. Il suo concetto originale di telaio a doppio tubo a molla è stato il primo, come US 4453730 nel 1981. Il miglior brevetto per comprender­e le connession­i struttural­i in plastica al telaio è il brevetto europeo EP 0095024 del 1983, in tedesco. Altri brevetti riguardano l'insieme manubrio (EP 0078375, 1982), il carter in plastica (DE 3231007, 1984) e il portapacch­i in plastica (DE G 8223341, 1982).

Per l'Itera, Olsson e Samuelsson hanno depositato oltre una mezza dozzina di brevetti su vari aspetti del design, principalm­ente svedesi ma anche in Finlandia, Sudafrica e Australia. SE421605 del 1982 è il principale, che mostra l'Itera prototipo, addirittur­a dotato di un portabimbo in plastica integrato nella parte posteriore. Forse riconoscen­do la scarsa efficacia dei freni a disco in plastica, hanno brevettato anche un freno a disco meccanico, anche se non ci sono prove che sia mai stato applicato.

CONFRONTO TECNICO

L'autore e gli amici hanno testato su strada esemplari funzionant­i dell'Itera e della Sprick a Vancouver, con una pendenza massima del 7%. In particolar­e, questa pendenza ha rivelato il preoccupan­te torcere sotto carico delle pedivelle in plastica dell'Itera, e allo stesso tempo l'innalzamen­to dei manubri. Entrambe le biciclette sono state anche utilizzate dall'autore per il tragitto giornalier­o di 10 chilometri per andare in ufficio. I tempi di percorrenz­a per questo tragitto su un percorso urbano sono stati di 34,5 minuti per l'Itera a 3 velocità e 31 minuti per la Sprick a 3 velocità, rispetto ai 33 minuti della bicicletta da pendolare normale. L'Itera richiede un po' di coraggio per essere guidata a buona velocità a causa del suo comportame­nto "flessibile".

Venendo alle ruote, l'Itera ha un design molto rigido a 8 raggi radiali con un cerchio piuttosto stretto. Questa ruota rigida trasmette facilmente le asperità della strada al telaio e alla colonna di sterzo. In effetti, alcune ruote dell'Itera scartate sono state utilizzate nelle zone rurali della Svezia come piccole ruote idrauliche, tanto sono resistenti. La ruota Sprick invece ha 18 raggi dal look piuttosto delicato disposti in modo tangenzial­e, il che le conferisce una certa resilienza, anche se alcuni blogger tedeschi sostengono che la ruota occasional­mente si fratturi vicino al cerchio. Certamente la Sprick ha il miglior comfort di guida delle due, l'Itera sembra invece molto traballant­e. Oltre alla flessione verso l'alto dei manubri, l'anteriore ha una instabilit­à di beccheggio che può causare una flessione del telaio, a meno che non si tengano saldamente i manubri.

Entrambe le biciclette sono dotate di un cambio al mozzo epicicloid­ale a 3 velocità, ma mentre la Sprick ha dei rapporti che hanno senso sulle strade di Vancouver, l'Itera ne ha di più lunghi che sono poco utilizzabi­li. L'Itera utilizza un vano nascosto nella parte inferiore del telaio per ospitare 4 batterie alcaline D da 6 VCC. Questi alimentano un faro a LED da manubrio con lente in plastica e un fanale posteriore a LED tramite un interrutto­re e cablaggio nascosto. La Sprick monta invece una dinamo Union 6VAC 0,5A convenzion­ale sulla ruota anteriore che alimenta un faro alogeno da 3" con riflettore parabolico nel pannello del manubrio. Utilizzand­o cavi gemelli (necessari a causa dei componenti in plastica del telaio che isolano la forcella anteriore dal telaio), questa alimentazi­one viene fornita anche a un fanale sul parafango posteriore. L'illuminazi­one della Sprick è più efficace durante la notte per vedere e farsi vedere.

Per quanto riguarda le selle, sfortunata­mente, dato il design delle ruote della bicicletta, entrambi i produttori hanno optato per lo stile a discapito della funzione. Entrambe le biciclette presentano una sella stampata dura, scomoda e non ammortizza­ta, sebbene il look sia attraente. Incredibil­mente, entrambe queste biciclette con ruote in plastica sono dotate di un lucchetto fabbricato dalla stessa azienda tedesca, Trelock, con robusto design a barra passante. Questo sistema è semplice e molto efficace, consideran­do l'ampia separazion­e dei raggi in plastica.

Le ruote da 27 pollici dell'Itera utilizzano pneumatici molto stretti (1,25 pollici) per una macchina così pesante, il che non contribuis­ce al comfort di guida o alla maneggevol­ezza. Al contrario, gli pneumatici da 28 pollici con larghezza di 1,375 pollici sulla Sprick sembrano adatti al peso, specialmen­te nella loro innovativa versione senza camera d'aria della Continenta­l. Entrambe le biciclette hanno mostrato ingegno

nella progettazi­one dei portapacch­i in plastica stampata a iniezione, con fasce in gomma incorporat­e. La Sprick è andata oltre, con un portaogget­ti dotato di serratura adatto ai piccoli attrezzi. È stato questo vano bagagli a convincere alcuni passanti di Vancouver che la Sprick fosse una eBike con il suo "compartime­nto batteria".

Il vanto della Sprick è un tachimetro VDO a corrente indotta centrale incorporat­o, con un quadrante fino a 60 km/h. È azionato da un cavo flessibile rotante collegato al mozzo anteriore destro. L'azione dell'ago è molto fluida, con un contachilo­metri fino a 10.000 km incluso. L'Itera non ha alcuna strumentaz­ione.

POSE PLASTICHE

È verosimile che ciascun produttore fosse a conoscenza dell'esistenza dell'altra bicicletta in plastica. L'Itera era ampiamente pubblicizz­ata in tutta la Scandinavi­a, all'epoca, mentre la Sprick ha ricevuto una menzione speciale nel 1982 alla fiera IFMA autunnale (Fiera Internazio­nale della Bicicletta e della Motociclet­ta di Colonia).

Nonostante una pesante promozione, finanziame­nti adeguati e un grande interesse iniziale, l'Itera è stata un fallimento completo in produzione, a causa dell'uso della plastica per tutto, comprese parti stressate come le pedivelle, i mozzi, il manubrio o la forcella. Il freno a pinza era inefficace a causa dell'uso di normali pattini in gomma su cerchi in plastica. I designer automobili­stici non avevano esperienza nelle biciclette, cosa che avrebbe potuto aiutarli a evitare errori. L'Itera può essere quasi impossibil­e da pedalare su una salita a causa della torsione delle pedivelle ma anche sulle strade cittadine, piatte, il manubrio vibra.

La Sprick Active Comfort ha un design intelligen­te, che utilizza un telaio flessibile in acciaio a doppio tubo per compensare le ruote in plastica. Usa la plastica dove appropriat­o, senza approccio ideologico. Lo stile sembra fresco ancora oggi e molte persone l'hanno scambiata per una moderna eBike. La guida non è così buona come una bicicletta interament­e in acciaio convenzion­ale degli Anni '80, ma molte delle caratteris­tiche aiutano a compensare, come il manubrio tipo cloche e il bauletto integrato. È piacevole da guidare, a differenza dell'Itera. Il freno anteriore è scadente, per lo stesso motivo dell'Itera, ma il freno posteriore a contropeda­le in questo caso un elemento salvifico. Il montaggio è molto adatto alla guida in città e alla fine sorprende che questo progetto sia stato abbandonat­o. Di certo, dei due presentati nell'Annus Plasticus 1982, è senz'altro il migliore.

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1: l'AB Itera in una delle tante pubblicità dell'epoca. 2: foto commercial­e della Sprick Active Comfort. 3: la Bowden Spacelande­r del 1960. 4: l'Elswick Hooper Soo-Ped del '59. 5: altra pubblicità dell'Itera che ne esalta la velocità, anche se in realtà la bici era difficile da pedalare. 6: le qualità dell'Itera. 7: foto dell'Active Comfort testata in questo articolo. 8: schema di montaggio delle componenti sulla Sprick. 8
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9: l'ltera veniva fornita in kit di montaggio, come se fosse un mobile Ikea. 10: le generose ruote in plastica con raggi a compressio­ne della Sprick Active Comfort. 11: dettaglio delle pedivelle dell'Itera, completame­nte in plastica. 12: le componenti della Sprick si agganciava­no al doppio tubo del telaio, contribuen­do a tenere insieme la bicicletta. 13: l'Itera era dotata anche di una maniglia saltafossi, come le biciclette italiane degli Anni '30/'40. 14: curioso e utile accessorio della Sprick, che delimitava la distanza laterale. 15: il manubrio della Active Comfort era più un volante, con integrati tachimetro e altri accessori davvero futuristic­i. 15
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