ANTONIO MASPES
SETTE MONDIALI E TREDICI TRICOLORI PER IL PIÙ GRANDE PISTARD DI SEMPRE
Antonio Maspes nasce nella Milano degli Anni ‘30 (14 gennaio 1932) da una famiglia che all’epoca poteva essere considerata benestante. Il padre infatti ha una lavanderia ben avviata, in cui Antonio dà una mano, e ha tra i suoi clienti anche il carcere di San Vittore. Già durante gli anni della scuola Antonio comincia a pedalare su strada con i compagni, fornito com’è dal genitore - grande appassionato - sia di una bicicletta da strada sia di una da pista. E qui si affaccia il palcoscenico che renderà grande Maspes, il Vigorelli. La pista ha ancora poca storia sulle spalle, ma è già famosa. Poco dopo l’inaugurazione (1934), Giuseppe Olmo (1935) stabilisce il Record dell’Ora. Tutti i grandi dell’epoca si allenano e si battono sui suoi legni e numerosi Record dell’Ora sono qui stati stabiliti. Durante le sue trasferte a San Vittore, Antonio aveva conosciuto il duca Enrico di Loewenthal (incarcerato per motivi politici) che si dimostra un grande appassionato di ciclismo. I due entrano in simpatia e il ragazzo gli porta giornali e sigarette di nascosto. Finita la guerra, Loewenthal diventa presidente della Società Ciclistica Cesanese. È con la sua società che Maspes nel 1947 si tessera, anche se con il sotterfugio di modificare l’anno di nascita da 1932 a 1931, dato che sono necessari i 16 anni compiuti per tesserarsi. Ciò gli permette di partecipare al campionato nazionale allievi di velocità. Lo vince ma, come scrive Stefano Pica ne “Il Re del Vigorelli”, «i giudici, controllando i documenti, scopriranno l’artifizio poco prima della premiazione. Ma sono clementi: non lo squalificano perché di fatto ha comunque battuto avversari più grandi di lui». Da quella prova resta impressionato Anteo Carapezzi. Non un personaggio qualunque, ma l’ex-direttore di pista del Velodromo Sempione e del Vigorelli poi. È un ex-atleta lui stesso, e di ciclisti nei suoi anelli ne ha visti passare tanti.
Il Vigorelli è una fucina di campioni. Antonio l’anno successivo comincia ad allenarsi con Mario Ghella e Ferdinando Terruzzi. Si allena anche su strada, ma si capisce presto che non è questa la sua aspirazione. Il suo habitat naturale sono i velodromi, in particolare il Vigorelli, dove esprime al meglio la sua potenza e il carattere.
PRIMI SUCCESSI PER IL RE DEL SURPLACE
«A inizio luglio del 1948 a Padova, sulla pista di cemento del velodromo Giovanni Monti, Maspes si conferma campione nazionale della velocità nella categoria allievi», ricorda Pica. Continua anche su strada, ma non fa per lui. Predilige percorsi piatti come biliardi e in allenamento, se non è in giornata, è capace di tornare indietro dopo pochi chilometri. Nel 1949 il passaggio di categoria, sbarca tra i dilettanti. È il momento della scelta: basta strada, d’ora in avanti solo pista. A giugno, al Vigorelli, si conferma campione nazionale di velocità battendo il fiorentino Enzo Sacchi. Sacchi sarà il primo vero avversario di Antonio. Si ritroveranno insieme in Nazionale, chiamati dal CT Proietti per la trasferta di agosto in Danimarca, ma nessuno dei due brillerà al Campionato del Mondo. Intanto, nel luglio del 1950 i due si confrontano ancora per il titolo nazionale, stavolta al Motovelodromo di Torino, dove Sacchi precede Maspes. In quello del 1951 (a Como, Velodromo dello Stadio Sinigaglia) Antonio arriva terzo, dietro Sacchi e Morettini. Si rifà in coppia con Vittorio Valesi, con cui vince la gara del tandem. L’anno è importante perché i Campionati del Mondo tornano in Italia e al Vigorelli si tengono quelli su pista. Il giovane Antonio però non vi partecipa.
L’anno seguente, il 1952, incorre in una serie di disavventure. A inizio aprile cade durante il Trofeo Ceschina (al Vigorelli) e si frattura il metacarpo della mano destra. Fa in tempo a recuperare e partecipare alla spedizione olimpica a Helsinki, dove in coppia con Cesare Pinarello vince la medaglia di bronzo nel tandem. Poco dopo, però, accusa un problema muscolare che lo fa escludere alla squadra italiana per i Mondali di Parigi. È l’anno d’oro di Enzo Sacchi, che dopo il titolo olimpico nella velocità si aggiudica anche il titolo mondiale. Il carattere fumantino di Antonio viene fuori, come racconta Piva: «L’esclusione dai Mondiali dell’anno prima brucia ancora talmente a Maspes che, quasi per ripicca, prima della fine della stagione 1952, accetta di passare professionista con la casacca della SC Excelsior Milano del Cavaliere Dondena». Prima però fa ancora in tempo a partecipare al campionato nazionale, che si tiene a fine settembre al Velodromo delle Cascine di Firenze. Batte il compagno Ghella e conquista la prima maglia Tricolore nella velocità.
Anche il 1953 non parte nel migliore dei modi: a fine gennaio viene operato in una clinica milanese di ernia bilaterale e di varicocele, e a inizio febbraio di tonsillite. La lunga degenza che ne segue non è però tempo perso. Il campione italiano la sfrutta
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per studiare gli avversari, per capire i loro punti deboli. Tornato in pista allunga i suoi allenamenti, affinando la tecnica del surplace, l’impercettibile leggerezza dello stallo. Narra la leggenda che il custode del velodromo, Battista Campari, fosse solito sedersi vicino al campione per leggergli La Gazzetta dello Sport dall’inizio alla fine, articolo per articolo, mentre il ciclista restava immobile sulla pista. Poi quando era terminato il giornale Battista avvisava Antonio, che si lanciava in uno dei suoi micidiali sprint. Ai campionati italiani di velocità, sempre al Vigorelli, batte sia Sacchi sia Ghella, mantenendo la maglia. Il CT Guido Costa porta tutti e tre ai Mondali, sulla pista di Oerlikon a Zurigo, ma «Maspes e Ghella, caduto due volte, vengono eliminati nei quarti, mentre Sacchi, dopo essersi sbarazzato in semifinale del temibile britannico Reginald Harris, arriva in finale, dove però si fa superare dall’olandese Arie Van Vliet». Nel '54 Maspes si conferma campione italiano per la terza volta consecutiva al Vigorelli, battendo ancora Sacchi e Ghella. Ai Mondiali in Germania, sulla pista di Colonia, esce malamente contro il francese Lognay.
In autunno ancora sprinta, ma è la stagione 1955 su cui Maspes conta. Entra infatti a far parte dello squadrone Bianchi. Ad agosto non brilla ai campionati nazionali. Viene eliminato da Ghella in semifinale e sarà soltanto terzo dietro Sacchi. Di lì a qualche settimana si tiene, sempre sulla pista di casa, il Campionato del Mondo. Affronta nei quarti il favoritissimo Derksen. Perde la prima manche, poi il capolavoro. Nella seconda obbliga l’olandese a un surplace mai visto, la bellezza di 32 minuti. Il pubblico comincia a fischiare e i giudici li sospendono entrambi (per aver superato lo scarto, ovvero 20 centimetri entro i quali gli atleti si possono muovere). Derksen ne esce provato mentalmente tanto che «alla ripetizione della prova mutando strategia e dando prova della sua forza esplosiva, Maspes scatta alla partenza prendendo di sorpresa Derksen e aggiudicandosi la prova». Nella bella non c’è storia, l’italiano vince agevolmente. Per la prima volta un atleta professionista azzurro si aggiudica la maglia iridata. Per Antonio sarà la prima di una lunga serie. Dopo questa prestigiosa vittoria, batte tutti ancora a Parigi, sulla pista del Parco dei Principi, e poi a Zurigo. L’anno è da incorniciare anche per il matrimonio con la sua Liliana.
Come ricorda Domenico De Lillo, campione tra gli stayer: «Mi ha insegnato, senza gelosia, alcuni "trucchi del mestiere". Era attentissimo alla piena e migliore funzionalità del mezzo meccanico. Lui stesso sperimentava in prima persona nuove soluzioni tecniche: come fare girare con la migliore scorrevolezza la catena, come pulire i mozzi, come accorciare il perno della pedaliera per fare fruttare al meglio la potenza di spinta sulle pedivelle, come allenare e ricercare l'agilità di pedalata. Senza darlo a vedere era un innovatore, pignolo, attento, sempre alla ricerca del meglio». In questa sua ricerca della perfezione tecnica ha accanto a sé Faliero Masi, prima meccanico di Magni e poi telaista, che ha la sua bottega proprio sotto una delle curve del Vigorelli.
L’eco dell’impresa del 1955 arriva fino alla stagione seguente. Piva: «Il 17 marzo del 1956, con una maggioranza pressoché plebiscitaria nel mondo del giornalismo, viene assegnato a Maspes il prestigiosissimo premio per l’Atleta dell’Anno 1955». Antonio è lanciato. A luglio riconquista la maglia di campione italiano battendo in finale il detentore Morettini. Ad agosto, sulla pista iridata di Ordrup (Danimarca), in semifinale supera facilmente il tedesco Potzernheim, fino a quel momento la sorpresa della competizione. In finale l’italiano trova l’inglese Reginald Harris, il quale ai giornalisti presenti aveva dichiarato che l’anno prima, se non fosse stato impossibilitato per un infortunio, sarebbe stato lui il Campione del Mondo. Chiaro che a Maspes certe dichiarazioni non possono piacere e lascia alla pista il verdetto. «In entrambe le manche della gara rimonta il britannico con volate imponenti. Si aggiudica la prima prova addirittura di sei lunghezze; nella seconda invece vince grazie a un classico colpo di reni poco prima della fettuccia dell’arrivo». Conquista così la seconda maglia iridata. Vince nelle riunioni di Torino (al Motovelodromo) e la prima edizione del campionato nazionale indoor, tenutosi al Palazzo dello Sport di Milano. Poi, a fine novembre, al Vel d’Hiver a Parigi durante il confronto con la nazionale francese, incorre in una caduta mentre è in pieno sorpasso all’ultima curva. Risultato: varie escoriazioni e, soprattutto, la rottura di due costole, che lo costringono a sospendere l’attività.
Rientra in pista a febbraio dell’anno successivo, il '57, sempre al Palazzo dello Sport, nello scambio con la nazionale francese. Vince le sue prove, ma la Francia conquista l’alloro della manifestazione. Antonio sembra aver ripreso bene. Vince a Bruxelles davanti ad Harris, ma a Parigi, al campionato del mondo di primavera (com’era chiamato il Gran Premio che si teneva all’Hiver) delude, non vincendo nessuna delle 4 prove a cui partecipa. Di Maspes le cronache sportive tornano a parlare a luglio, quando al Velodromo delle Cascine di Firenze conquista la sua quinta maglia tricolore per la velocità, battendo il compagno di squadra della Bianchi Tino Oriani.
Per i Mondiali si torna a Rocourt (Francia). Il favorito è ancora una volta Harris. In semifinale l’italiano trova Derksen. Alla prima prova si fa superare dall’olandese al fotofinish; vince però la seconda e i due si ritrovano quindi a disputare la bella. A 100 metri dall’arrivo Maspes cede di schianto e lascia la vittoria all’olandese. Piovono le critiche e lo stesso Coppi mette in discussione il suo modo di allenarsi. La scarsa forma si riverbera sui mesi successivi, in cui non ottiene risultati di rilievo. Inoltre, chiude in anticipo la stagione perché coinvolto in un incidente stradale dove riporta una contusione al ginocchio sinistro.
LA VITA AL MASSIMO ANCHE OLTRE LA PISTA
Ed è qui che va aperta una parentesi extra-sportiva che spiega in buona parte la scarsa condizione e i rimproveri di Coppi. Antonio è abbagliato dalla vita mondana, dai tavoli da gioco, dai night, che tutto sono tranne che la base per un atleta del suo livello. Il suo motore è talmente potente che è in grado di preparare importanti appuntamenti in due mesi, dove prima ne impiegava sei di allenamento. Però è lo stato di forma che non si mantiene. Un exploit, poi inevitabilmente cala. A febbraio del 1958 supera Derksen al Palazzo dello Sport di Milano e di nuovo
l’olandese a Torino in aprile. Sembra dare buoni segnali, tanto che il CT Costa si lascia sfuggire che dalla parentesi negativa dei Mondiali dell’anno precedente è sorto un nuovo Maspes. Ma è un fuoco di paglia. Sempre a Torino, nella sfida tra nazionali con la Francia, è sconfitto sia da Sacchi sia dall’emergente Michel Rousseau. Ai campionati nazionali al Vigorelli arriva in finale con Ogna. Vince la prima prova, si fa sorprendere malamente nella seconda. Alla bella «un rettilineo prima della penultima curva, Ogna beffa ancora Maspes, al punto che quest’ultimo all’uscita di curva, cercando di recuperare con foga il distacco, cade finendo sul prato. Il responso dei medici è “shock traumatico cerebrale”, e la giuria rimanda la finale di qualche settimana».
Prima però ci sono i Mondiali, a Parigi. Antonio arriva solo terzo, dietro a Sacchi e al campione di casa Rousseau, che nel frattempo è diventato anche campione olimpico a Melbourne. La finale tanto attesa per il titolo italiano si tiene l’11 settembre al Vigorelli. È ancora Ogna che anticipa Maspes poco prima di lanciare la volata andando a vincere il campionato italiano. A seguire Antonio, con un moto di orgoglio, vince la kermesse autunnale al Palazzo dello Sport, battendo Sacchi, Derksen e De Bakker.
Poi però cala nuovamente l’anonimato. Durante il 1958 Maspes conosce Giovanni Borghi, il “Signor Ignis”. Borghi ha capito che lo sport è un ottimo strumento per fare pubblicità. Sponsorizza squadre di basket, quella di ciclismo (da cui passano campioni come Baldini e Nencini), quella di calcio a Varese e il pugilato. In particolare la pista, per la sua natura di essere al chiuso, gli permette di mettere cartelloni pubblicitari mirati e Maspes, stratega del surplace, risulta un ottimo investimento in tal senso. «Antonio, fermati lì davanti in surplace più che puoi, che mi fai una bella réclame gratis», era solito dire il Commendatore al corridore.
Dal gennaio 1959 Antonio, lasciata dopo tre anni la Bianchi, passa alla Ignis. L’intesa con Borghi si allarga anche ai tavoli da gioco, ma è soprattutto nel circolo dello stabilimento della Ignis che il guascone Maspes dà libero sfogo al suo estro. Nel circolo infatti si ritrovano le squadre sponsorizzate da Borghi, i pugili e tutti quegli atleti in qualche modo legati a quel mondo. Inutile dire che Antonio è l’anima del divertimento e degli scherzi.
Date queste premesse, il 1959 non comincia nel migliore dei modi, soprattutto perché già a febbraio s’infortuna in allenamento e si ferma per un mese. Così nella prova preolimpica che si tiene al Motovelodromo torinese viene battuto sia da Sacchi che da Morettini (sotto gli occhi del CT Costa). Quando si presenta a luglio al Vigorelli per il campionato italiano ha recuperato l’infortunio e la condizione. Batte in due prove Pesenti e si prende la sesta maglia Tricolore. I Mondiali si disputano in Olanda e Antonio vuol prendersi la rivincita su Rousseau: la finale è in effetti tra il possente francese, secondo i più favoritissimo, e il pistard milanese. Il francese vince la prima manche per un soffio. Maspes si confronta col meccanico, Sante Pogliaghi, e decide di montare il 25, un dente in più rispetto a quanto utilizzato nella prima prova.
«I due sfidanti rientrano in pista. Rousseau attacca subito, partendo al suono della campana. Maspes risponde, lo affianca, lo supera, resiste e arriva primo al traguardo tra gli applausi del pubblico, portandosi così sull’uno a uno e obbligando il francese alla bella. Nella sfida finale dapprima i due si studiano per un po’: ai 300 metri il francese allarga e sale per raggiungere il margine alto della pista in curva, così da prendere velocità. Maspes in quell’istante parte come un razzo e coglie di sorpresa Rousseau. Riesce a resistere fino al traguardo e vince».
È questa la terza maglia iridata, ma soprattutto quella della rinascita. Ha battuto il francese, ancora una volta mostrando grande acume tattico. La leggenda narra anche che Maspes tenesse alla lucidatura del piccolo bottone automatico che stringeva la chiusura dei guantini: se ne serviva infatti come una specie di “specchietto retrovisore” per controllare, senza voltare la testa, ogni minima mossa dell’avversario. Che sia realmente tornato un vero atleta lo conferma l’esibizione di novembre a Rho, dove davanti a 20.000 persone, in compagnia di Ercole Baldini, si permette di battere nell’Omnium la coppia Bianchi composta da Fausto Coppi e Michele Gismondi.
Il 1960, anno olimpico, lo vede sprintare e vincere in sequenza al GP di Zurigo,a Colonia, Anversa e Copenaghen. Conquista il titolo di campione invernale della velocità al Palazzo dello Sport, battendo in finale Morettini. Nelle prove della pista olimpica a Roma, 30 aprile, conquista quella della velocità battendo Rousseau (semifinale), Sacchi e Gaignard (entrambi in finale). A giugno si aggiudica il prestigioso Gran Premio di Parigi, davanti a tutti i migliori pistard. A luglio, sulla pista magica (come la chiamava Fossati) del Vigorelli si conferma campione nazionale, battendo Sacchi e Ogna. A fine luglio la convocazione per i Mondiali di Lipsia. In finale incontra, come già successo nel 1955, Plattner (ormai trentottenne) e lo supera con due volate. Maspes sta volando. Nei mesi successivi vincerà i Gran Premi di Basilea, Anversa e Dortmund.
IL DUALISMO CON SANTE GAIARDONI
In quel 1960 si tengono le Olimpiadi a Roma. La squadra italiana in pista conquista tutte le medaglie d’oro nelle quattro specialità. In particolare nella velocità conquista l’alloro olimpico un giovanissimo Sante Gaiardoni, che si è laureato pochi giorni prima anche Campione del Mondo tra i dilettanti, a cui abbina anche quello nel chilometro da fermo. Si preannuncia quindi un duello tutto italiano per gli anni a venire. Sante nel 1961 passa professionista con la Philco e i due s’incrociano ufficialmente per la prima
volta il 2 febbraio al Palazzo dello Sport di Milano. Una sfida in cui Maspes prevale in entrambe le prove. Ma, ricorda Piva: «Il giovane pistard veronese, sconfitto, ha un’improvvisa crisi di nervi, scoppia in lacrime, ma dopo poco si riprende e chiede al suo avversario di dargli la rivincita già l’indomani. Inizialmente Maspes gliela nega, ma dopo un po’ torna sui suoi passi e accetta». La rivincita però ha un esito non scontato. È lo sfidante infatti che si aggiudica la seconda prova e la successiva bella. Di lì parte una rivalità molto sentita dalle tifoserie e dai due campioni, che sui giornali non se le mandano a dire.
Il nuovo confronto si tiene a Roma il 27 marzo. Stavolta Antonio non si fa trovare impreparato e conquista la prima e la bella. I due nei mesi successivi s’incontrano in altre occasioni, come a maggio, quando partecipano al Gran Premio Parco dei Principi e al Gran Premio Ville Lumière dove Maspes supera Derksen nei quarti, Rousseau in semifinale e in finale Gaiardoni. Lo scontro più atteso, quello dei campionati nazionali, si tiene il 26 luglio a Milano, ma non c’è storia, Maspes conquista il suo ottavo titolo Tricolore. Al Campionato del Mondo, a Zurigo, un’altra impresa nel surplace. Pesenti e Gaiardoni vengono eliminati al primo turno, Antonio si qualifica per i quarti, dove incontra lo svizzero Von Büren, in semifinale incrocia le ruote con De Bakker. In finale il golem francese Rousseau. Nella prima sfida partenza lentissima, poi l’italiano s’immobilizza nell’unico spicchio d’ombra della pista, costringendo l’avversario al sole. Uno stallo che dura la bellezza di 26 minuti. Il francese soffre e alla fine parte per primo per essere poi infilato da Maspes. La seconda manche è poco più di una formalità, Rousseau non si è ripreso dal surplace precedente e Antonio conquista la quinta maglia con le strisce dell’iride. Lo stato di forma del milanese è invidiabile. Tale e tanta è la sua popolarità che a fine anno gli viene assegnato il prestigioso premio dell’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano.
La preminenza di Maspes prosegue anche nel 1962. A febbraio già sprinta al Palazzo dello Sport nel Criterium d’Europa di velocità. A metà maggio a Parigi conquista per il terzo anno di fila il Gran Premio, superando in finale Gasparella e Sacchi. Ai campionati nazionali, al Vigorelli, si ritrova in finale con Gaiardoni. Antonio però non si fa sorprendere e veste la nona maglia Tricolore. Arriva poi il momento delle convocazioni per i Mondiali che si tengono al Vigorelli, ma nel gioco delle parti entra la variabile Fiorenzo Magni, all’epoca direttore tecnico della Philco (la squadra di Gaiardoni) che informa il nuovo CT Erminio Leoni che il suo atleta rimarrà distante da Maspes, in quanto la vicinanza tra i due, prima di un evento così importante, potrebbe innervosirlo.
Entrambi, seguendo il proprio percorso di qualificazione, si ritrovano in finale. Si prevede uno scontro duro che però si risolve in due sole manche, entrambe vinte da Maspes (sesta maglia di Campione del Mondo). C’è però un fatto nuovo. Gaiardoni va incontro al milanese e lo abbraccia, battendogli una mano sulla spalla. Il clima tra i due sembra essersi rasserenato. Comincia a esserci un certo malumore tra gli organizzatori. Lo strapotere di Maspes uccide l’interesse per le competizioni e mina le vendite dei biglietti. Antonio a Oerlikon (Zurigo) riceve l’invito solo per la prova dell’Omnium con Nijdam, mente per la velocità sono
richiesti Gaiardoni e Ogna. Il 1963 passa con la conquista della Sei Giorni di Milano al Palazzo dello Sport e poi con una tournée in Australia, dove vince il Gran Premio di Melbourne. Al Gran Premio di Parigi viene inizialmente escluso. Solo grazie all’intervento della Federazione francese viene riammesso e lo vincerà per la quarta volta consecutiva.
L'OSSESSIONE DEL RECORD NEI MONDIALI
È tempo delle nuove convocazioni per i Mondiali (Rocourt). Il CT Leoni oltre ai soliti due convoca anche Ogna (compagno di squadra di Maspes) e non Beghetto (compagno di Gaiardoni), rinfocolando le polemiche. Per il milanese è questa la grande occasione per eguagliare il record di sette vittorie mondiali detenuto dal belga Joseph Scherens. A fine luglio cominciano i Mondiali belgi. I due italiani si ritrovano in finale e l’esito appare scontato. Il 4 agosto si tiene la prima manche. Nelle schermaglie, il veronese riesce a sfuggire al controllo di Antonio, il quale lo insegue come un forsennato fin quando cade in seguito allo scoppio di un tubolare. Solo poche abrasioni e dopo poco i due sono alla partenza per la ripetizione. Ancora Gaiardoni sfugge a Maspes e lo batte sul traguardo. La seconda manche è rimandata al giorno successivo per un forte temporale che si abbatte sulla zona.
Nel tardo pomeriggio del 5 si corre. «Nelle prime fasi si assiste a una ripetizione del punto di vista tattico di quella del giorno precedente: Gaiardoni parte ai 300 metri, Maspes insegue, lo raggiunge, lo affianca; il veronese – nello sforzo di resistere – cambia traiettoria e costringe il milanese ad alzare le mani dal manubrio», scrive Piva. Interviene la giuria che redarguisce i due e fa ripetere la prova. Stavolta Maspes vince. La finalissima è espressione di tatticismo estremo. Un primo giro a velocità lenta, poi al suono della campana parte Gaiardoni, che sfugge al surplace a cui Maspes l’aveva costretto. Antonio si getta all’inseguimento ma il suo recupero non basta. Sante è Campione del Mondo. Maspes, dopo avergli stretto la mano, però non ci sta e lancia accuse velenose.
La replica deve attendere i campionati nazionali, per l’occasione spostati al 12 settembre. I due si ritrovano in finale. Nella bella è la volata a decretare il vincitore. I due sono appaiati fin sul traguardo e solo l’intervento del giudice di linea porta alla vittoria di Maspes, per la decima volta Tricolore. La stagione di Antonio di fatto finisce qui a causa di un incidente d'auto in compagnia di Ogna e dell'assistente Rivoltella in cui si rompe tre costole, incappando in un lungo stop. Anche Gaiardoni, ironia della sorte, si frattura due costole con una banale caduta in casa. I due recupereranno insieme nel corso dell'inverno e ripartiranno nel '64 con una lunga serie di schermaglie sempre peggiori di dispetti e reciproche accuse. Arriva in un clima infuocato la gara per
l’assegnazione della maglia Tricolore al Vigorelli e stavolta è Gaiardoni a fasciarsi della maglia di campione, vincendo entrambe le manche della finale.
Ai Mondiali, con sorpresa, Gaiardoni cede però già nelle eliminatorie, non avendo ancora recuperato da uno stato influenzale che l’ha minato nelle settimane precedenti. Maspes invece completa il suo percorso, andando ad affrontare in finale l’emergente australiano Baensch, che batte in due manche. Antonio ha raggiunto il suo obiettivo del settimo titolo mondiale, è all’apogeo della sua carriera. Il 18 settembre al Vigorelli supera gli stessi avversari di Parigi, come a legittimare quanto fatto al Campionato del Mondo.
SCATTANDO VERSO IL TRAMONTO...
Nel 1965 comincia la fase calante della sua carriera. Nuovi atleti si presentano sui legni dei velodromi. Tra questi il belga Patrick Sercu, considerato l’erede di Maspes. A metà luglio Maspes e Gaiardoni si incontrano al Motovelodromo per una prova di selezione per i Mondiali. Vince il milanese. Qualche giorno dopo i campionati nazionali al Vigorelli. I due si ritrovano in finale dopo aver battuto rispettivamente Beghetto e Bianchetto. Antonio trionfa su Sante e vince la sua undicesima maglia Tricolore, record che sarà superato solo da Roberto Chiappa nel 2005. Il Mondiale si tiene quell’anno a San Sebastiàn, in Spagna, ma nessuno dei due è particolarmente brillante. Il CT chiama come terzo Beghetto. In semifinale Maspes trova Sercu, che lo batte in tre manches costringendolo a una rovinosa e polemica caduta. Il belga perde in finale da Beghetto, che si laurea campione del mondo, mentre Maspes invece non rientrerà in pista per il resto della stagione.
Il suo obiettivo per l’annata 1966 è quello di conquistare l’ottava maglia iridata. Per questo rinuncia ai campionati nazionali, ma a metà luglio ha un incidente domestico in cui riporta uno stappo ai legamenti della caviglia sinistra. Amaramente è costretto a rinunciare ai Mondiali, riconquistati da Beghetto su Baensch. Il resto della stagione è di recupero, proiettando le sue ambizioni sull’anno successivo. Il 1967 sarà però ancora più amaro per lui e farà più notizia per vicende extra-sportive che per le sue prestazioni in pista. Dopo aver pubblicamente dichiarato il suo abbandono dei tavoli da gioco, il suo proposito però s’infrange a marzo, quando è coinvolto dalla magistratura in un’inchiesta sul gioco d’azzardo. Vengono trovati assegni firmati da Antonio e viene sospettato di essere uno dei soci di
un circolo-bisca. Gli avvocati faranno il loro lavoro, ma il risultato sarà che il milanese viene ritenuto responsabile di gioco d’azzardo e per questo gli viene comminata la pena di 7 mesi di reclusione e una multa di 250.000 lire.
Nonostante tutto a luglio, dopo quasi due anni di inattività, al Velodromo Learco Guerra di Mantova arriva terzo dietro ad Angelo Damiano e Vanni Pettenella. Ai campionati nazionali che si tengono a Chieti arriva in semifinale dove perde da Beghetto al termine di una volata lunghissima. Queste prestazioni gli fanno però meritare la maglia azzurra per i Mondiali olandesi. In semifinale Maspes trova Sercu che però lo batte in due prove. Il belga farà altrettanto con Beghetto, conquistando la maglia iridata. Il resto dell’anno troviamo Antonio coinvolto in un procedimento disciplinare da parte dell’UCIP per un probabile favoreggiamento da parte della Ignis per farlo ben figurare ai campionati nazionali prima e ai Mondiali poi. Ai primi di dicembre il provvedimento viene applicato, con la sospensione dalle gare fino al 15 aprile 1968 e un’ammenda di 200.000 lire.
Nel luglio del 1968, nonostante un infortunio a un dito, partecipa ai campionati nazionali a Varese, vinti da Beghetto. Il terzo posto finale fa sperare ad Antonio di poter essere convocato per i Mondiali, che quell’anno si tengono al Velodromo Olimpico di Roma. La chiamata però non arriva. Furibondo rilascia dichiarazioni di fuoco. Maspes tira in ballo il CT della pista Guido Costa e quello della strada Carlo Carini. Da entrambi avrebbe ricevuto informazioni di pressioni dall’alto per non farlo partecipare. Con il cambio dei vertici dell’UCIP il nuovo presidente Gino Gorla comunica che la convocazione di Maspes è unicamente nelle mani del CT Costa il quale dà il via libera. «Costa chiarisce però subito a tutti i suoi atleti presenti al ritiro romano che l’unico sicuro di indossare la maglia da titolare della Nazionale è Beghetto […] e che le altre due maglie da titolare le avrebbe assegnate in base ai risultati delle tre prove selettive che si sarebbero svolte nella seconda decade di agosto», scrive Piva. La scelta alla fine per la terza maglia è tra Bianchetto e Maspes. Il padovano vince le due prove a cronometro e acquisisce il diritto alla partecipazione. La delusione è immensa, così a 36 anni suonati, dopo tanti allori nazionali e mondiali conquistati, il re del Vigorelli abdica e si ritira. Maspes era solito ripetere: «Ho vissuto cinque vite in una: campione sportivo, “giovin signore”, giocatore incallito, nottambulo e padre di famiglia».
Per un po’ Antonio lascia il mondo del ciclismo. Fino al 1974 s’inventa venditore porta a porta di enciclopedie, tanto capace da risanare i suoi debiti. Nell’autunno del 1975 viene chiamato a sostituire il CT Messina per la pista. «Il suo arrivo porta un enorme entusiasmo alla squadra dei nostri pistard che, grazie ai nuovi metodi di allenamento e ai segreti loro trasmessi da Maspes, in pochi mesi migliorano significativamente performance e risultati», scrive Piva. Durante i primi mesi del 1976 riesce a convincere Francesco Moser, in accordo con Martini, a partecipare alla prova d’inseguimento ai Mondiali che si tiene dopo la gara su strada. In agosto, mentre sta preparando la spedizione Mondiale, quell’anno al Velodromo degli Ulivi a Monteroni di Lecce, viene colto da un principio d’infarto. I medici gli vietano di seguire la spedizione. Moser il 5 settembre arriva secondo, battuto su strada da Maertens, mentre il 9 vince il titolo in pista.
Nel luglio del 1977, consigliato dai medici, Maspes si trova costretto a rassegnare le dimissioni da CT, poco prima dei Mondiali venezuelani. Torna nel 1982 come consulente per la pista della FCI e poi nuovamente CT dal 1986. Ma gli anni sono cambiati, le risorse poche e ancor meno i ciclisti disponibili. Ha ancora l’intuizione di vedere nel neopro Claudio Golinelli un pistard e di introdurlo al mondo della pista. Sarà ripagato con ori e argenti mondiali. Instancabile, prova a dar vita a un museo nella sua città dove mettere in mostra tutti i suoi trofei, maglie e biciclette, ma senza successo. Antonio si spegne il 19 ottobre 2000, stroncato da un infarto. «Subito dopo la sua morte, il Consiglio comunale di Milano decise di intitolargli il Velodromo Vigorelli, che lui stesso aveva sempre considerato la sua “seconda casa”. Il 18 novembre, a tempo di record, il velodromo milanese diventerà infatti: Velodromo Maspes-Vigorelli», dice Piva.
Disse di lui il belga Jef Scherens, detentore come lui di 7 titoli mondiali: «Se è vero che Maspes ha fatto una vita così disordinata, è davvero un fenomeno. L’avessi fatta io, non avrei ottenuto i miei risultati». Un fenomeno, davvero, che ha lasciato una traccia indelebile nella pista italiana e mondiale.