Il Giro del Cinquantenario
Cronaca, storia e annulli della prima vittoria di Gimondi
Sono molteplici i motivi che hanno reso speciale il 50° Giro d’Italia. Al di là della ricorrenza a cifra tonda, in quel 1967 si scontrarono probabilmente i corridori più forti in assoluto di quegli anni in un autentico Campionato Mondiale di corse a tappe: vincitori di Giro, Tour e Vuelta, vincitori di grandissime classiche, scalatori eccelsi, campioni del mondo su strada, primatisti dell’ora, supervelocisti, seigiornisti… Se chiudiamo gli occhi e facciamo passare davanti i nomi e le facce di quei campioni, non possiamo che restare ammirati dell’abbondanza di protagonisti del ciclismo degli Anni ’60. Come se non bastasse, si schierarono al via autentiche “vecchie volpi dell’ammiraglia”, come Albani, Geminiani, Bartolozzi, Nencini, Driessens, Baldini e Pezzi… Insomma tutto il gotha del pedale.
Ma altri interrogativi scaldavano la corsa della Gazzetta: il nuovo campione, Felice Gimondi, sarebbe stato in grado di confermare la bella vittoria al Tour di due anni prima? Anquetil era definitivamente avviato al viale del tramonto? I “giovani turchi” del ciclismo nazionale avrebbero saputo ritagliarsi un proprio spazio nel panorama mondiale? Inoltre, molte furono le novità partorite dalla fervida mente di Vincenzo Torriani. La prima addirittura era un'idea eclatante, vale a dire lo “Sprint del cinquantenario”, esordio di kermesse in notturna con partenza e arrivo in piazza del Duomo per assegnare la prima maglia rosa. Le cronache ci raccontano che, però, dopo la punzonatura e la presentazione delle squadre, una manifestazione di protesta (era in corso la guerra del Vietnam…) impedì la partenza delle
dieci batterie, cancellando uno spettacolo che avrebbe precorso i tempi nella propria splendida modernità.
Altre primizie per i tempi erano alcuni durissimi arrivi in salita, e che salite! Etna, Block Haus e Tre Cime di Lavaredo nonché il passaggio su Stelvio e Gavia, autentici spauracchi. Ma l’evento più importante di quel Giro - e ce ne saremmo accorti solo a posteriori - fu la punzonatura col numero 87 di Eddy Merckx, al suo debutto e alle sue prime vittorie di tappa alla faccia di chi era convinto che il veltro fiammingo fosse soltanto un cacciatore di classiche.
Se ci rivolgiamo alla mera statistica, avallata dalle ricerche dell’avvocato Castellano, i partenti furono 130 di cui 76 italiani, che percorsero 3.741 chilometri in 21 tappe e due semitappe alla media di 35,324 km/h.
CINQUANTA SPECIAL
Venendo alla cronaca del giro, abbiamo detto brevemente dell’annullamento della prima tappa. Torriani, visibilmente contrariato, si vide costretto suo malgrado a portare direttamente la partenza ufficiale il giorno dopo, da Treviglio, presso le nuove officine metallurgiche della Bianchi inaugurate per l’occasione dal Ministro del Tesoro Emilio Colombo, che ebbe anche l’onore di dare il via. E per rimarcare l’importanza storica del marchio italiano, fu consegnata una medaglia d’oro all’ottantenne Dario Beni, che nel 1909, proprio su bicicletta Bianchi, suggellò la prima tappa che diede il via alla lunga luminosa serie di successi della corsa rosa.
Nelle frazioni iniziali assistiamo a vittorie di velocisti come Dancelli
(3a tappa, Prato), Zandegù (4a tappa, Chianciano Terme) e Planckaert (5a tappa, Napoli). Il Campione del Mondo Rudi Altig vince a Palermo (6a tappa) e il giorno dopo Franco Bitossi fa suo l'arrivo in salita sull'Etna. Dancelli e Pérez Francés si passano la maglia rosa, mentre il giovanissimo Eddy Merckx, che in primavera ha vinto la sua seconda Milano-Sanremo, comincia a mettersi in mostra. Sembra non abbia mai scalato una montagna oltre i 2000 metri, ma quando il 31 maggio (12a tappa, con arrivo al Block Haus) Italo Zilioli esce dal gruppo, ai meno due dall'arrivo, ecco che il belga lo raggiunge e lo stacca, andando a vincere la tappa. Le sue doti di velocista non l'hanno certo
abbandonato, ed è così che vince anche due giorni dopo (14a tappa) al Lido degli Estensi.
Intanto gli uomini di classifica si controllano. Gianni Motta, vincitore del Giro 1966, è lì, ma anche il francese Anquetil non è distante. Chi invece dà l’impressione di faticare in questa prima parte della corsa rosa è Felice Gimondi. Nella crono individuale di Verona (16a tappa), precedente il giorno di riposo, il bretone prende la maglia rosa. Pare che la corsa abbia trovato il suo padrone, ma mancano ancora tutte le Dolomiti e le Alpi. È ancora tutto da decidere.
L'8 giugno (19a tappa) si arriva a le
Tre Cime di Lavaredo, dove Felice va a vincere davanti a Merckx. La tappa però, viene annullata per le troppe spinte. Il bergamasco minaccia di ritirarsi, ma l'intervento del signor Salvarani in persona lo fa desistere. Ci sono ancora margini per vincere il Giro. La tattica del francese è sempre quella che gli ha permesso di vincere cinque Tour de France: difendersi in salita e concentrasi sulle cronometro. Al momento è in rosa per soli 34”. Le condizioni meteo condizionano pesantemente la gara. In serata Torriani è costretto, per neve, ad annullare la scalata allo Stelvio, salita che sarebbe stata propizia per l’attacco finale. Ma l’appuntamento con il primato per Felice è solo rimandato.
Nella 21a tappa (10 giugno) da Trento a Tirano, 153 km, assistiamo alla resa dei conti. A 3 km dal Tonale scatta Motta e Gimondi lo insegue per poi proseguire con la sua azione. Merckx cede subito (arriverà al traguardo con quasi 12’). Anquetil prova a difendersi e scollina con 1’10”. Corre in suo aiuto il fedele Aimar che prova a riportarlo sotto, rischiando molto nella discesa verso Ponte di Legno. Quando però i francesi riagganciano il bergamasco, Felice parte in contropiede. Salta il rifornimento e attacca a 45 km dal traguardo. Fa il vuoto sull’Aprica (svalica con 2’50”).
Gli italiani in gruppo lasciano fare non rincorrendo il nostro Felice e i cronisti
coniano l’epiteto di “Santa Alleanza”. Gimondi vince così la tappa e rifila 4’09” a Re Jacques. Nelle due semitappe in cui è divisa la 22a giornata Felice controlla. Si presenta a Milano con un vantaggio sul regolarissimo Franco Balmamion (vincitore dei Giri del 1962 e 1963) di 3’36”. Terzo della classifica generale Anquetil a 3’45”.
GRANDI CELEBRAZIONI
Il Giro del Cinquantenario fu anche la sintesi di uno sforzo organizzativo che coinvolse editoria (in ricordo dei 50 anni fu dato alle stampe, in edizione numerata 31x31, un libro statistico di pregevole fattura), Poste Italiane, Ministero delle Telecomunicazioni, turismo e spettacolo, le regioni, la Radiotelevisione Italiana, le autorità provinciali, vari marchi promozionali e addirittura l’Istituto Numismatico Europeo. Cosa perlomeno ricca di inventiva: per “ringraziare” la compagnia di traghetti che portò la carovana da Napoli a Palermo, fu istituito un Premio “Canguro” di 100.000 lire giornaliere al corridore che in ciascuna tappa avesse fatto il miglior salto in classifica generale. Non poteva mancare
la musica leggera con il Girofestival ei cantanti che andavano per la maggiore: da Little Tony a Orietta Berti, da Gene Pitney a Giorgio Gaber. Insomma un corollario di iniziative e produzioni degne dell'importante ricorrenza.
Nel novero di queste, ricercatissima dai collezionisti e oggetto di questo articolo è la collezione completa degli annulli postali relativi a tutte le tappe, a cura della F.D.C. Roma, annulli contenuti in un album raccoglitore in similpelle marrone. Su busta in carta pregiata, questi annulli ricostruiscono il primo Giro vinto da Felice Gimondi. Pubblichiamo a questo proposito alcune magnifiche immagini di queste buste/ annullo. La grafica, uguale per tutte, rappresenta un corridore in primo piano sul percorso del 50° Giro. Ogni tappa ha un colore diverso e nell’ovale distintivo è presente il numero della tappa con gli stemmi delle città sede di partenza e arrivo. Tutte le buste sono affrancate da un valore di 40 lire emesso appositamente per la ricorrenza dei 50 anni. Un'edizione, quella del Cinquantenario, di una bellezza e importanza storica veramente uniche.