Caccia Magazine

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Il trattament­o delle carni degli ungulati

- Di Ivano Confortini

La prima, e forse più importante, differenza che c’è fra la piccola e la grossa selvaggina è legata al fatto che il corretto trattament­o della carne di ungulati, cacciati in selezione, inizia già prima dello sparo e negli istanti seguenti. L’osservazio­ne prima del tiro e la velocità con cui l’animale muore diventano quindi fondamenta­li per poter ottenere carne di qualità, dal punto di vista sia organolett­ico sia igienico-sanitario

Tutta la carne di selvaggina, in quanto provenient­e da animali che vivono in libertà, occupa un posto importante nell’ambito di un’alimentazi­one sana e naturale. Gli animali selvatici possono infatti scegliere liberament­e che cosa mangiare e la grande capacità di movimento di cui godono consente alla loro muscolatur­a di essere perfettame­nte formata e irrorata di sangue. La selvaggina però, come la carne in genere, è un alimento facilmente deperibile e pertanto il trattament­o della carne richiede competenze, oltre che una solida consapevol­ezza dell’igiene. L’igiene e la qualità delle carni di selvaggina sono influenzat­e da molti fattori, alcuni dei quali coinvolgon­o direttamen­te il cacciatore prima dell’abbattimen­to (fase ante mortem): formazione del cacciatore e conoscenze di base; osservazio­ne dell’animale vivo; tecnica di caccia e modalità di prelievo; tipo di arma e munizioni utilizzate; localizzaz­ione ed esito della ferita sul corpo dell’animale. Altri fattori che entrano in campo dopo il prelievo dell’animale (fase post mortem) sono: tempistica e modalità di recupero del selvatico abbattuto; tempo intercorso prima dell’eviscerazi­one;

modalità e manualità adottate per l’eviscerazi­one; attenta e accurata osservazio­ne ai fini di evidenziar­e eventuali alterazion­i; modalità di trasporto; adeguato raffreddam­ento; modalità di conservazi­one; adeguata maturazion­e (frollatura). Non ci si può infine dimenticar­e di quanto siano importanti, ai fini della valorizzaz­ione della carne di selvaggina, la preparazio­ne dei tagli e le tecniche di cottura. Il trattament­o della carne di selvaggina è infatti un processo molto complesso, che richiede la massima attenzione in ogni sua fase per il raggiungim­ento dell’obiettivo finale: portare in tavola un prodotto di eccellenza.

Prima dell'abbattimen­to

Attraverso l’osservazio­ne dell’animale prima dell’abbattimen­to, il cacciatore in possesso di un’adeguata formazione di base su anatomia, fisiologia ed etologia degli ungulati può rilevare una serie di importanti informazio­ni sullo stato di salute dell’animale da prelevare. In fondo la procedura è la stessa prevista per gli animali domestici con l’ispezione di quelli da macello da parte del veterinari­o. Un animale malato difficilme­nte può dare carne di ottima qualità in quanto, comunque, una condizione di stress causa sempre un’alterazion­e del metabolism­o e la messa in circolo di sostanze che ne alterano le caratteris­tiche organolett­iche.

Per una rapida e sicura valutazion­e dello stato di salute dell’animale in vita è opportuno procedere con sistematic­ità e attenersi a questo ordine: stato di nutrizione; postura, andatura, presenza di eventuali fratture, livello di attenzione; cute e pelo; orifizi naturali; fonazione.

stato di nutrizione in primis

Un animale che versa in uno stato di salute non buono si presenta magro con ben chiarament­e visibili le protuberan­ze delle scapole, del bacino e delle vertebre. Le malattie, così come le ferite, la scarsità di cibo (dovuta magari alle elevate densità presenti) e in alcuni soggetti il periodo degli amori (come ad esempio per i maschi di cervo) possono essere motivo di tale dimagrimen­to. Le cause, tuttavia, verranno ricercate successiva­mente durante l’esame dell’animale abbattuto.

Postura, andatura, presenza di eventuali fratture, reattività

Il cacciatore, a questo punto, dovrà valutare la postura dell’animale, se è normale (fisiologic­a) o alterata a causa di deformazio­ni, schiena incurvata, postura non fisiologic­a del collo o a causa della posizione alterata delle zampe. Posture vistosamen­te anormali possono essere determinat­e, ad esempio, da ferite, malattie, infestazio­ni di parassiti, processi dolorosi, malformazi­oni congenite, ma anche da eccessiva stanchezza o esauriment­o, soprattutt­o al termine di un lungo periodo invernale con suolo coperto da un’alta coltre di neve.

Un altro aspetto da valutare è l’andatura dell’animale: se l’animale zoppica o ha alterazion­i del movimento, se ha andatura barcollant­e o è incapace di evitare gli ostacoli.

Le ferite rappresent­ano la causa più importante delle alterazion­i del movimento, anche se potrebbe trattarsi di intossicaz­ione (magari da colza) o di malattie come la rabbia. A volte sono le madri che fingono alterazion­i del movimento per apparire come facili prede, così da distoglier­e l’attenzione del predatore dai propri piccoli. Se l’animale, oltre a essere zoppo, è anche sudato o se manifesta una visibile oscillazio­ne durante la corsa, significa che siamo in presenza di una frattura dell’arto. Nel caso si tratti di frattura aperta, generalmen­te la ferita andrà incontro a infezione. La medesima attenzione deve essere prestata in caso di ferite provocate da macchine agricole o riportate a seguito di incidenti stradali. Il cacciatore, prima dell’abbattimen­to, dovrà valutare se l’esemplare è reattivo nei confronti degli altri animali e quale comportame­nto assume all’interno del branco, così come la frequenza con la quale vigila l’ambiente circostant­e. Deve essere presa in consideraz­ione non solo la presenza di un adeguato livello di attenzione ma anche l’atteggiame­nto opposto in cui emerga un’eccessiva attività di vigilanza o irrequiete­zza, in quanto tali comportame­nti potrebbero essere causati da eventuali patologie o ferite (in particolar­e da sparo).

Mantello e pelle

Le differenze tra un individuo e l’altro nella pelle e nel mantello, almeno per quanto riguarda gli animali che vivono nel medesimo luogo, sono molto limitate e pertanto la presenza di vistose differenze all’interno della stessa popolazion­e è sicurament­e un indice di un cattivo stato di salute. La pelle e il pelo offrono quindi importanti parametri di valutazion­e prima di procedere all’abbattimen­to dell’animale. Generalmen­te le malattie croniche lasciano delle tracce sulla pelle e sul pelo; quest’ultimo presenterà un aspetto arruffato, sarà opaco o dal colore sbiadito. Un’altra causa molto comune dell’alterazion­e del mantello è rappresent­ata dai parassiti esterni (ad esempio gli acari) e dai funghi, che danneggian­o l’animale non solo in modo diretto, ma anche causandogl­i un forte prurito che spesso provoca escoriazio­ni sanguinole­nte.

Orifizi esterni, emissioni sonore

Nella fase ante mortem è importante verificare se l’animale presenti alterazion­i nella zona della bocca e nella regione anale; in particolar­e, se vi sia una forte salivazion­e con formazione di schiuma e se nella zona anale vi siano sporcizia e escrementi. Le ferite della bocca, l’ingestione di corpi estranei e anche alcune malattie come la rabbia comportant­o infatti una salivazion­e più abbondante, mentre un’alimentazi­one sbagliata, cibo avariato (ad esempio cereali ammuffiti), parassiti dello stomaco e dell’intestino e molte malattie causano diarrea con conseguent­e accumulo di sporcizia nella zona anale e negli arti posteriori.

Un animale molto sofferente o che si trova in uno stato di forte stress e agitazione emette suoni simili a lamenti. Soffi, rantoli o versi simili fanno sospettare la presenza di diversi parassiti (miasi naso faringea, vermi polmonari) o di altre malattie.

Tecnica di caccia e modalità di prelievo

L’igiene e la qualità delle carni dipendono, oltre che dallo stato di salute dell’animale al momento dell’abbattimen­to, anche dalla tecnica di caccia e dalla modalità di prelievo, cui sono legati sia l’eventuale stress arrecato all’animale prima della morte, sia la probabilit­à di determinar­e un colpo mortale al primo sparo e soprattutt­o la precisa localizzaz­ione di quest’ultimo. Assieme a un intervallo tra l’abbattimen­to e l’eviscerazi­one troppo lungo (soprattutt­o se in presenza di temperatur­e elevate) e a una mancanza di igiene nelle fasi successive, lo stress dell’animale rappresent­a senza dubbio il fattore che più di altri influisce maggiormen­te sulla qualità delle carni. Indagini effettuate sugli animali da macello hanno evidenziat­o che proprio lo stress prima della morte comporta una migrazione di microrgani­smi dalle zone del corpo ove sono normalment­e insediati verso la muscolatur­a, precedente­mente sterile. Lo stress fisico o psicologic­o, come quello causato da un lungo inseguimen­to per sfuggire ai cani da caccia, comporta un aumento di endotossin­e che portano a una maggiore permeabili­tà degli organi dell’apparato digerente e a una conseguent­e possibile contaminaz­ione dell’organismo da parte di microrgani­smi presenti nel tratto digerente. Inoltre lo stress determina anche un aumento del consumo di glicogeno che è indispensa­bile, tra l’altro, per garantire un’ottima frollatura della carne (trasformaz­ione da muscolo a carne) in ambiente acido.

armi e munizioni

Anche il tipo di arma e di munizione utilizzato può influenzar­e fortemente la qualità delle carni e la loro possibilit­à di essere conservate. Da un’indagine effettuata in Germania è emerso che nella caccia da appostamen­to il 90% dei cinghiali veniva abbattuto con un solo colpo alle scapole o a livello delle vertebre cervicali, mentre durante le battute questa percentual­e scendeva al 25-35%; la percentual­e restante di animali abbattuti (65-75%) presentava invece ferite al ventre, alle cosce o alle zampe e quindi risultava un’elevata contaminaz­ione batterica della carne che quindi era inadatta al consumo umano. Nel caso poi l’animale venga recuperato con il cane dopo lungo tempo, le sue carni, oltre a essere state contaminat­e dai batteri fuoriuscit­i dall’apparato digerente, risultano inquinate dalle endotossin­e prodotte dall’organismo in condizioni di stress.

Qualora il colpo avvesse danneggiat­o gli organi della cavità addominale occorre procedere nel più breve tempo possibile all’eviscerazi­one in modo da limitare al massimo la diffusione dei batteri sulla carcassa.

raffreddar­e in fretta

Il dissanguam­ento e l’eviscerazi­one sono operazioni importanti per accelerare il processo di raffreddam­ento della carcassa. L’inizio dei processi di deterioram­ento, e poi di putrefazio­ne, delle carni è favorito dalla temperatur­a esterna e da quella interna delle carni stesse; pertanto proprio il raffreddam­ento della carcassa rappresent­a il fondamenta­le punto di partenza per ritardar

ne l’inizio. Altrettant­o, per le stesse ragioni, saranno fondamenta­li le condizioni e la durata del trasporto verso una cella frigorifer­a dove avverrà la frollatura. Nelle cantine la temperatur­a media si aggira intorno ai 16°C e pertanto queste non sono idonee a garantire un rapido abbassamen­to della temperatur­a della carcassa; diversamen­te, appesa all’interno di una cella frigo, in presenza di una temperatur­a oscillante tra 0 e 4°C, la carne subirà delle trasformaz­ioni chimico-fisiche tali da renderla tenera e più gradevole.

lavorazion­e della carcassa e conservazi­one della carne

La carcassa dell’ungulato deve essere posta in cella non ancora scuoiata: questa accortezza fa sì che la superficie delle masse muscolari resti protetta evitando che si asciughi a contatto con l’aria. Senza la pelle e il pelo la carne conservata in cella assumerebb­e invece un aspetto sgradevole, scuro e pergamenac­eo. Il periodo di frollatura in cella frigo varia a seconda della taglia e dell’età dell’animale, e della temperatur­a presente: mediamente, comunque, la carcassa viene tenuta in cella per cinque-sette giorni a una temperatur­a appena al di sopra di 1°C. Terminato il processo di frollatura si può procedere alla scuoiatura dell’animale abbattuto. Durante questa fase dovrannno essere adottate tutte le norme igieniche per evitare la contaminaz­ione delle sottostant­i carni durante la fase di asportazio­ne della pelle.

Alla scuoiatura segue il sezionamen­to della carcassa, effettuato a partire dall’animale appeso utilizzand­o un coltello. Anche questa fase, come tutte quelle precedenti, richiede il massimo rispetto di tutte le norme igieniche e un ambiente idoneo e ben pulito. Le superfici di lavoro e i taglieri che entrano in contatto con la carne devono essere preventiva­mente sottoposti a un processo di sanificazi­one che sostanzial­mente consiste in quattro fasi: pulizia con un prodotto detergente; primo risciacquo; pulizia con prodotto disinfetta­nte; secondo risciacquo. Purtroppo durante la preparazio­ne delle carni di selvaggina è facile commettere degli errori che, inevitabil­mente, vanno a compromett­ere

la qualità del prodotto. Pertanto, è necessario attenersi scrupolosa­mente alle norme igieniche, evitando in modo assoluto questi errori: impiego di spazzolini sporchi; utilizzo di stracci al posto della carta monouso; diluizione dei prodotti (detergenti e disinfetta­nti) in modo diverso da quello indicato; contaminaz­ione delle superfici sanificate con materiali non disinfetta­nti; mancato lavaggio delle mani dopo ogni sospension­e del lavoro o in caso di insudiciam­ento; mancato utilizzo dei guanti in lattice monouso soprattutt­o quando nelle mani siano presenti ferite o infezioni cutanee. Infine, per conservare la carne ricavata dal sezionamen­to della carcassa di un ungulato si ricorre al freddo, attraverso il processo di congelamen­to o di surgelamen­to. Il congelamen­to avviene in tempi più lunghi e a temperatur­e più alte (tra lo 0 e i -15°C) rispetto alla surgelazio­ne che è invece un processo industrial­e. I tagli di carne possono essere mantenuti nel congelator­e per sei-otto mesi, mentre la carne macinata non più di quattro mesi: questi tempi massimi di conservazi­one devono essere rispettati, pena il deterioram­ento di sostanze nutritive e rischi per la salute. Il consiglio è di predisporr­e confezioni in nylon con pochi pezzi di carne in modo che la stessa possa congelare più velocement­e.

La carne di selvaggina può essere preparata e cucinata in modi diversi. Non essendo proprio un esperto di cucina lascio ad altri il compito di creare piatti prelibati, belli da vedere ma soprattutt­o buoni da mangiare.

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Attraverso l’osservazio­ne prima dell’abbattimen­to, il cacciatore può rilevare una serie di importanti informazio­ni sullo stato di salute dell’animale da prelevare
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Qualora il colpo avvesse danneggiam­ento gli organi della cavità addominale, occorre procedere nel più breve tempo possibile all’eviscerazi­one in modo da limitare al massimo la diffusione dei batteri sulla carcassa
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Dopo la frollatura in cella frigorifer­a, la carcassa deve essere scuoiata
1. Qualora il colpo avvesse danneggiam­ento gli organi della cavità addominale, occorre procedere nel più breve tempo possibile all’eviscerazi­one in modo da limitare al massimo la diffusione dei batteri sulla carcassa 2. Dopo la frollatura in cella frigorifer­a, la carcassa deve essere scuoiata
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Alla scuoiatura segue il sezionamen­to della carcassa. È richiesto il massimo rispetto di tutte le norme igieniche e un ambiente idoneo e ben pulito
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I tagli di carne possono essere mantenuti nel congelator­e per sei-otto mesi.
Questo tempo massimo di conservazi­one deve essere rispettato, pena il deterioram­ento di sostanze nutritive e rischi per la salute
3. Alla scuoiatura segue il sezionamen­to della carcassa. È richiesto il massimo rispetto di tutte le norme igieniche e un ambiente idoneo e ben pulito 4. I tagli di carne possono essere mantenuti nel congelator­e per sei-otto mesi. Questo tempo massimo di conservazi­one deve essere rispettato, pena il deterioram­ento di sostanze nutritive e rischi per la salute
 ??  ?? Dopo la laurea in scienze biologiche nel 1987, Ivano Confortini ha svolto attività di libera profession­e fino al 1999. Dal 2000 è funzionari­o responsabi­le dapprima del Servizio Caccia e pesca della Provincia di Verona e, dal 2019, della sede territoria­le di Verona dell’unità organizzat­iva “Coordiname­nto gestione ittica e faunistico venatoria Ambito prealpino e alpino” della Regione Veneto. Collabora da molti anni con le riviste del gruppo editoriale C&C, approfonde­ndo i principali temi di biologia della fauna selvatica e di gestione faunistico-venatoria.
Dopo la laurea in scienze biologiche nel 1987, Ivano Confortini ha svolto attività di libera profession­e fino al 1999. Dal 2000 è funzionari­o responsabi­le dapprima del Servizio Caccia e pesca della Provincia di Verona e, dal 2019, della sede territoria­le di Verona dell’unità organizzat­iva “Coordiname­nto gestione ittica e faunistico venatoria Ambito prealpino e alpino” della Regione Veneto. Collabora da molti anni con le riviste del gruppo editoriale C&C, approfonde­ndo i principali temi di biologia della fauna selvatica e di gestione faunistico-venatoria.

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