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Il trattamento delle carni degli ungulati
La prima, e forse più importante, differenza che c’è fra la piccola e la grossa selvaggina è legata al fatto che il corretto trattamento della carne di ungulati, cacciati in selezione, inizia già prima dello sparo e negli istanti seguenti. L’osservazione prima del tiro e la velocità con cui l’animale muore diventano quindi fondamentali per poter ottenere carne di qualità, dal punto di vista sia organolettico sia igienico-sanitario
Tutta la carne di selvaggina, in quanto proveniente da animali che vivono in libertà, occupa un posto importante nell’ambito di un’alimentazione sana e naturale. Gli animali selvatici possono infatti scegliere liberamente che cosa mangiare e la grande capacità di movimento di cui godono consente alla loro muscolatura di essere perfettamente formata e irrorata di sangue. La selvaggina però, come la carne in genere, è un alimento facilmente deperibile e pertanto il trattamento della carne richiede competenze, oltre che una solida consapevolezza dell’igiene. L’igiene e la qualità delle carni di selvaggina sono influenzate da molti fattori, alcuni dei quali coinvolgono direttamente il cacciatore prima dell’abbattimento (fase ante mortem): formazione del cacciatore e conoscenze di base; osservazione dell’animale vivo; tecnica di caccia e modalità di prelievo; tipo di arma e munizioni utilizzate; localizzazione ed esito della ferita sul corpo dell’animale. Altri fattori che entrano in campo dopo il prelievo dell’animale (fase post mortem) sono: tempistica e modalità di recupero del selvatico abbattuto; tempo intercorso prima dell’eviscerazione;
modalità e manualità adottate per l’eviscerazione; attenta e accurata osservazione ai fini di evidenziare eventuali alterazioni; modalità di trasporto; adeguato raffreddamento; modalità di conservazione; adeguata maturazione (frollatura). Non ci si può infine dimenticare di quanto siano importanti, ai fini della valorizzazione della carne di selvaggina, la preparazione dei tagli e le tecniche di cottura. Il trattamento della carne di selvaggina è infatti un processo molto complesso, che richiede la massima attenzione in ogni sua fase per il raggiungimento dell’obiettivo finale: portare in tavola un prodotto di eccellenza.
Prima dell'abbattimento
Attraverso l’osservazione dell’animale prima dell’abbattimento, il cacciatore in possesso di un’adeguata formazione di base su anatomia, fisiologia ed etologia degli ungulati può rilevare una serie di importanti informazioni sullo stato di salute dell’animale da prelevare. In fondo la procedura è la stessa prevista per gli animali domestici con l’ispezione di quelli da macello da parte del veterinario. Un animale malato difficilmente può dare carne di ottima qualità in quanto, comunque, una condizione di stress causa sempre un’alterazione del metabolismo e la messa in circolo di sostanze che ne alterano le caratteristiche organolettiche.
Per una rapida e sicura valutazione dello stato di salute dell’animale in vita è opportuno procedere con sistematicità e attenersi a questo ordine: stato di nutrizione; postura, andatura, presenza di eventuali fratture, livello di attenzione; cute e pelo; orifizi naturali; fonazione.
stato di nutrizione in primis
Un animale che versa in uno stato di salute non buono si presenta magro con ben chiaramente visibili le protuberanze delle scapole, del bacino e delle vertebre. Le malattie, così come le ferite, la scarsità di cibo (dovuta magari alle elevate densità presenti) e in alcuni soggetti il periodo degli amori (come ad esempio per i maschi di cervo) possono essere motivo di tale dimagrimento. Le cause, tuttavia, verranno ricercate successivamente durante l’esame dell’animale abbattuto.
Postura, andatura, presenza di eventuali fratture, reattività
Il cacciatore, a questo punto, dovrà valutare la postura dell’animale, se è normale (fisiologica) o alterata a causa di deformazioni, schiena incurvata, postura non fisiologica del collo o a causa della posizione alterata delle zampe. Posture vistosamente anormali possono essere determinate, ad esempio, da ferite, malattie, infestazioni di parassiti, processi dolorosi, malformazioni congenite, ma anche da eccessiva stanchezza o esaurimento, soprattutto al termine di un lungo periodo invernale con suolo coperto da un’alta coltre di neve.
Un altro aspetto da valutare è l’andatura dell’animale: se l’animale zoppica o ha alterazioni del movimento, se ha andatura barcollante o è incapace di evitare gli ostacoli.
Le ferite rappresentano la causa più importante delle alterazioni del movimento, anche se potrebbe trattarsi di intossicazione (magari da colza) o di malattie come la rabbia. A volte sono le madri che fingono alterazioni del movimento per apparire come facili prede, così da distogliere l’attenzione del predatore dai propri piccoli. Se l’animale, oltre a essere zoppo, è anche sudato o se manifesta una visibile oscillazione durante la corsa, significa che siamo in presenza di una frattura dell’arto. Nel caso si tratti di frattura aperta, generalmente la ferita andrà incontro a infezione. La medesima attenzione deve essere prestata in caso di ferite provocate da macchine agricole o riportate a seguito di incidenti stradali. Il cacciatore, prima dell’abbattimento, dovrà valutare se l’esemplare è reattivo nei confronti degli altri animali e quale comportamento assume all’interno del branco, così come la frequenza con la quale vigila l’ambiente circostante. Deve essere presa in considerazione non solo la presenza di un adeguato livello di attenzione ma anche l’atteggiamento opposto in cui emerga un’eccessiva attività di vigilanza o irrequietezza, in quanto tali comportamenti potrebbero essere causati da eventuali patologie o ferite (in particolare da sparo).
Mantello e pelle
Le differenze tra un individuo e l’altro nella pelle e nel mantello, almeno per quanto riguarda gli animali che vivono nel medesimo luogo, sono molto limitate e pertanto la presenza di vistose differenze all’interno della stessa popolazione è sicuramente un indice di un cattivo stato di salute. La pelle e il pelo offrono quindi importanti parametri di valutazione prima di procedere all’abbattimento dell’animale. Generalmente le malattie croniche lasciano delle tracce sulla pelle e sul pelo; quest’ultimo presenterà un aspetto arruffato, sarà opaco o dal colore sbiadito. Un’altra causa molto comune dell’alterazione del mantello è rappresentata dai parassiti esterni (ad esempio gli acari) e dai funghi, che danneggiano l’animale non solo in modo diretto, ma anche causandogli un forte prurito che spesso provoca escoriazioni sanguinolente.
Orifizi esterni, emissioni sonore
Nella fase ante mortem è importante verificare se l’animale presenti alterazioni nella zona della bocca e nella regione anale; in particolare, se vi sia una forte salivazione con formazione di schiuma e se nella zona anale vi siano sporcizia e escrementi. Le ferite della bocca, l’ingestione di corpi estranei e anche alcune malattie come la rabbia comportanto infatti una salivazione più abbondante, mentre un’alimentazione sbagliata, cibo avariato (ad esempio cereali ammuffiti), parassiti dello stomaco e dell’intestino e molte malattie causano diarrea con conseguente accumulo di sporcizia nella zona anale e negli arti posteriori.
Un animale molto sofferente o che si trova in uno stato di forte stress e agitazione emette suoni simili a lamenti. Soffi, rantoli o versi simili fanno sospettare la presenza di diversi parassiti (miasi naso faringea, vermi polmonari) o di altre malattie.
Tecnica di caccia e modalità di prelievo
L’igiene e la qualità delle carni dipendono, oltre che dallo stato di salute dell’animale al momento dell’abbattimento, anche dalla tecnica di caccia e dalla modalità di prelievo, cui sono legati sia l’eventuale stress arrecato all’animale prima della morte, sia la probabilità di determinare un colpo mortale al primo sparo e soprattutto la precisa localizzazione di quest’ultimo. Assieme a un intervallo tra l’abbattimento e l’eviscerazione troppo lungo (soprattutto se in presenza di temperature elevate) e a una mancanza di igiene nelle fasi successive, lo stress dell’animale rappresenta senza dubbio il fattore che più di altri influisce maggiormente sulla qualità delle carni. Indagini effettuate sugli animali da macello hanno evidenziato che proprio lo stress prima della morte comporta una migrazione di microrganismi dalle zone del corpo ove sono normalmente insediati verso la muscolatura, precedentemente sterile. Lo stress fisico o psicologico, come quello causato da un lungo inseguimento per sfuggire ai cani da caccia, comporta un aumento di endotossine che portano a una maggiore permeabilità degli organi dell’apparato digerente e a una conseguente possibile contaminazione dell’organismo da parte di microrganismi presenti nel tratto digerente. Inoltre lo stress determina anche un aumento del consumo di glicogeno che è indispensabile, tra l’altro, per garantire un’ottima frollatura della carne (trasformazione da muscolo a carne) in ambiente acido.
armi e munizioni
Anche il tipo di arma e di munizione utilizzato può influenzare fortemente la qualità delle carni e la loro possibilità di essere conservate. Da un’indagine effettuata in Germania è emerso che nella caccia da appostamento il 90% dei cinghiali veniva abbattuto con un solo colpo alle scapole o a livello delle vertebre cervicali, mentre durante le battute questa percentuale scendeva al 25-35%; la percentuale restante di animali abbattuti (65-75%) presentava invece ferite al ventre, alle cosce o alle zampe e quindi risultava un’elevata contaminazione batterica della carne che quindi era inadatta al consumo umano. Nel caso poi l’animale venga recuperato con il cane dopo lungo tempo, le sue carni, oltre a essere state contaminate dai batteri fuoriusciti dall’apparato digerente, risultano inquinate dalle endotossine prodotte dall’organismo in condizioni di stress.
Qualora il colpo avvesse danneggiato gli organi della cavità addominale occorre procedere nel più breve tempo possibile all’eviscerazione in modo da limitare al massimo la diffusione dei batteri sulla carcassa.
raffreddare in fretta
Il dissanguamento e l’eviscerazione sono operazioni importanti per accelerare il processo di raffreddamento della carcassa. L’inizio dei processi di deterioramento, e poi di putrefazione, delle carni è favorito dalla temperatura esterna e da quella interna delle carni stesse; pertanto proprio il raffreddamento della carcassa rappresenta il fondamentale punto di partenza per ritardar
ne l’inizio. Altrettanto, per le stesse ragioni, saranno fondamentali le condizioni e la durata del trasporto verso una cella frigorifera dove avverrà la frollatura. Nelle cantine la temperatura media si aggira intorno ai 16°C e pertanto queste non sono idonee a garantire un rapido abbassamento della temperatura della carcassa; diversamente, appesa all’interno di una cella frigo, in presenza di una temperatura oscillante tra 0 e 4°C, la carne subirà delle trasformazioni chimico-fisiche tali da renderla tenera e più gradevole.
lavorazione della carcassa e conservazione della carne
La carcassa dell’ungulato deve essere posta in cella non ancora scuoiata: questa accortezza fa sì che la superficie delle masse muscolari resti protetta evitando che si asciughi a contatto con l’aria. Senza la pelle e il pelo la carne conservata in cella assumerebbe invece un aspetto sgradevole, scuro e pergamenaceo. Il periodo di frollatura in cella frigo varia a seconda della taglia e dell’età dell’animale, e della temperatura presente: mediamente, comunque, la carcassa viene tenuta in cella per cinque-sette giorni a una temperatura appena al di sopra di 1°C. Terminato il processo di frollatura si può procedere alla scuoiatura dell’animale abbattuto. Durante questa fase dovrannno essere adottate tutte le norme igieniche per evitare la contaminazione delle sottostanti carni durante la fase di asportazione della pelle.
Alla scuoiatura segue il sezionamento della carcassa, effettuato a partire dall’animale appeso utilizzando un coltello. Anche questa fase, come tutte quelle precedenti, richiede il massimo rispetto di tutte le norme igieniche e un ambiente idoneo e ben pulito. Le superfici di lavoro e i taglieri che entrano in contatto con la carne devono essere preventivamente sottoposti a un processo di sanificazione che sostanzialmente consiste in quattro fasi: pulizia con un prodotto detergente; primo risciacquo; pulizia con prodotto disinfettante; secondo risciacquo. Purtroppo durante la preparazione delle carni di selvaggina è facile commettere degli errori che, inevitabilmente, vanno a compromettere
la qualità del prodotto. Pertanto, è necessario attenersi scrupolosamente alle norme igieniche, evitando in modo assoluto questi errori: impiego di spazzolini sporchi; utilizzo di stracci al posto della carta monouso; diluizione dei prodotti (detergenti e disinfettanti) in modo diverso da quello indicato; contaminazione delle superfici sanificate con materiali non disinfettanti; mancato lavaggio delle mani dopo ogni sospensione del lavoro o in caso di insudiciamento; mancato utilizzo dei guanti in lattice monouso soprattutto quando nelle mani siano presenti ferite o infezioni cutanee. Infine, per conservare la carne ricavata dal sezionamento della carcassa di un ungulato si ricorre al freddo, attraverso il processo di congelamento o di surgelamento. Il congelamento avviene in tempi più lunghi e a temperature più alte (tra lo 0 e i -15°C) rispetto alla surgelazione che è invece un processo industriale. I tagli di carne possono essere mantenuti nel congelatore per sei-otto mesi, mentre la carne macinata non più di quattro mesi: questi tempi massimi di conservazione devono essere rispettati, pena il deterioramento di sostanze nutritive e rischi per la salute. Il consiglio è di predisporre confezioni in nylon con pochi pezzi di carne in modo che la stessa possa congelare più velocemente.
La carne di selvaggina può essere preparata e cucinata in modi diversi. Non essendo proprio un esperto di cucina lascio ad altri il compito di creare piatti prelibati, belli da vedere ma soprattutto buoni da mangiare.