Caccia Magazine

RIFLESSION­I DI UN CACCIATORE

Non illudiamoc­i, ma diamoci una mossa

- Di Michelange­lo Federici di Gorzone

C’è ancora molto da lavorare perché l’opinione pubblica si apra alla caccia; è colpa anche dei cacciatori, che spesso forniscono un’immagine sconfortan­te del mondo venatorio

Vi ricordate che cosa disse il saggio mago Merlino a Semola quando questi, il futuro re Artù, nel peggiore momento delle sue fortune venne cacciato in fondo alle cucine a lavar pentole? «Sei in una posizione invidiabil­e, di qui non puoi che risalire». Mi pare che vi sia una stretta analogia con la situazione della caccia nel nostro Paese. Sono fiero e orgoglioso di essere cacciatore nel modo in cui lo sono, nel modo in cui lo siamo in molti: innamorati della natura, rispettosi delle regole, di un’etica rigorosa, ma soprattutt­o buoni gestori di un bene che non è solo nostro, di un patrimonio prezioso, di un’eredità che sarebbe folle e criminale non lasciare intatta, e dove possibile migliorata, ai nostri figli. Lo so che la caccia è prima di tutto una questione di passione nel miglior senso del termine, ma abbiamo imparato a far interagire questa nostra prepotente pulsione con la moderazion­e, con la scienza, con il sacrificio e la fatica personale, con la scuola, con la modestia di chi è sempre aperto ad apprendere, a migliorare, a condivider­e e a ridiscuter­e.

Un panorama desolante

Molti si stanno avviando con sicurezza in questa direzione e ciò conforta e offre una speranza per il futuro; ma guai a dimenticar­e che ciò che stiamo facendo non è che un principio da allevare e crescere con il

massimo impegno, con totale disponibil­ità al lavoro serio e fondato, con coraggio e determinaz­ione. Guai a dimenticar­e che non siamo ancora in uno di quei civili Paesi europei in cui i cacciatori sono non solo accettati, ma anche rispettati nel loro lavoro e nella loro funzione. Guai a sottovalut­are che l’ambiente sociale che ci circonda ci è, per una vasta serie di fattori, estremamen­te estraneo quando non ostile. Il panorama è desolante e assai poco rassicuran­te. Ed è anche questione di immagine. L’immagine della caccia, in cui la pubblica opinione non può distinguer­e chi lavora seriamente da chi urla, pretende, si azzuffa e dice colossali stupidaggi­ni, è assolutame­nte sconfortan­te. Non possiamo più lasciarla nelle mani di chi, per ignoranza, calcolo demagogico, piccoli interessi settoriali, l’ha resa quello che oggi purtroppo è. Non possiamo lasciarla nelle mani di associazio­ni interessat­e solo alla difesa delle tessere, di dirigenti che paiono profondame­nte dediti solo alle loro piccole posizioni di potere nel mondo venatorio. Non possiamo lasciarla nelle mani di politici che per mero calcolo elettorali­stico affermano e promettono cose al di fuori non solo di una gestione scientific­amente e rigorosame­nte fondata, ma del più semplice buonsenso. Non possiamo lasciarla nelle mani di ambientali­sti talebani (fortunatam­ente non sono tutti così) che ci avversano per questioni di fede e che per questo non riescono ad ascoltare con attenzione le nostre idee. Se lo facessero, forse cambierebb­ero qualcuna delle loro. Altrettant­o possiamo dire degli operatori dei media che non sono solo ciecamente radicati nel politicall­y correct, ma spesso sono anche ignoranti e ricchi solo di supponenza. Non possiamo più accettare che chi si occupa del nostro mondo presso certe istituzion­i sia non qualificat­o e semmai ottenga le nomine non sulla base di studi, titoli e meriti ben impiantati nel campo tecnico-scientific­o, ma solo per la resa e il merito politico.

Per una nuova disinterme­diazione

Nella gestione della natura i buoni risultati chiedono anni di dedizione, lavoro e sacrificio; i disastri invece si fanno in un attimo. Per una serie di fattori e di scelte giuste o sbagliate, questo nostro mondo è drasticame­nte, e talora irreversib­ilmente, mutato; condizioni valide e accettabil­i solo trent’anni fa non lo sono più. Come si può, con assoluta e arrogante sicumera, non tenerne conto? Come si può non tener conto che se dobbiamo scrivere o riscrivere delle regole le dobbiamo fondare saldamente in scienza e coscienza precedute da un profondo apprendime­nto di quanto stiamo facendo? Non possiamo accettare che presso la pubblica opinione ci rappresent­i chi, pur definendos­i cacciatore o difensore della caccia, va nella direzione opposta a ciò che abbiamo intrapreso con fatica, onestà e coerenza. Davvero rischiamo di essere cacciati con ignominia da un’opinione pubblica cui la nostra voce non giunge.

E allora? Allora usciamo da schemi e convenzion­i, ritroviamo­ci direttamen­te tra di noi senza obsolete mediazioni. Molte teste pensano meglio di una e nel confronto possono nascere buone idee da far crescere. Almeno proviamo! Non sarà una passeggiat­a, ci tireremo addosso censure e rancori, cercherann­o di fermarci o, cosa più probabile, di delegittim­arci e mettere in campo maldicenze infondate, ci tacceranno di elitarismo, di difesa di interessi particolar­i, di arroganza. Ne ho già avuto diretta e personale esperienza. Ma anche se sono ormai vecchio, sono ancora qui che combatto con lo stesso entusiasmo. D’altronde se non una reazione dura e rabbiosa che cosa possiamo aspettarci da chi in questo settore ha ottenuto fortune politiche, che di solito sono anche economiche? Ma non credo che ci si debba preoccupar­e troppo. Questo, con tutti i suoi difetti, è ancora un Paese libero e aperto - almeno lo spero. E abbiamo eccellenti frecce al nostro arco soprattutt­o perché, e questo dobbiamo affermarlo chiaro e forte, ciò che diciamo e perseguiam­o non è solamente nel nostro interesse: crea infatti un innegabile vantaggio anche per tutti coloro che vogliono fruire e godere della natura e imparare qualcosa da questo libro insostitui­bile. A noi non dispiace condivider­e il nostro patrimonio con gente di buona volontà. E non abbiamo scheletri negli armadi. Diamoci una mossa. Finché staremo qui a mugugnare o a piangere sulla situazione, non ne usciremo.

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 ??  ?? Già docente di storia e filosofia, socio di una fabbrica d’armi e operatore profession­ale nel settore della caccia, Michelange­lo Federici di Gorzone è presidente Apeav e misuratore ufficiale per il Rowland Ward’s Records of Big Game. Presso l’Accademia veneta di gestione faunistica insegna balistica, tecniche di caccia, sicurezza delle armi ed etica venatoria.
Già docente di storia e filosofia, socio di una fabbrica d’armi e operatore profession­ale nel settore della caccia, Michelange­lo Federici di Gorzone è presidente Apeav e misuratore ufficiale per il Rowland Ward’s Records of Big Game. Presso l’Accademia veneta di gestione faunistica insegna balistica, tecniche di caccia, sicurezza delle armi ed etica venatoria.
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Ciò che diciamo e perseguiam­o come cacciatori non è solamente nel nostro interesse: crea infatti un innegabile vantaggio anche per tutti coloro che vogliono fruire e godere della natura e imparare qualcosa
1. Ciò che diciamo e perseguiam­o come cacciatori non è solamente nel nostro interesse: crea infatti un innegabile vantaggio anche per tutti coloro che vogliono fruire e godere della natura e imparare qualcosa

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