ACQUATICI
La caccia agli acquatici in Europa
Ogniqualvolta si vogliano confrontare le opportunità venatorie tra Paesi, non si può ignorare tutto l’impianto giuridico comunitario, insieme ad altri fattori decisivi come l’estensione geografica, le peculiarità climatiche, ambientali e faunistiche, la cultura e le tradizioni, la densità e la distribuzione della collettività umana, il rapporto di forza tra aree urbane e aree rurali, lo sviluppo e la distribuzione delle differenti attività economiche e produttive
Èindirizzo comune, anche e forse soprattutto nella caccia, citare sovente quanto accade in altri Paesi, quasi a voler dimostrare che da noi va sempre peggio e in casa d’altri va sempre meglio. L’Italiano medio ha nella cosiddetta esterofilia una delle sue caratteristiche più note: una debolezza che potrebbe essere tradotta con il vecchio e azzeccato adagio popolare “l’erba del vicino è sempre più verde”. Perché debolezza? Perché si tratta innanzitutto di una sorta di ammissione di inferiorità di principio - solo presunta, fra l’altro - dal sapore di un vero autogol, ma pure per il fatto che il verde più intenso e brillante, a volte, viene spacciato per tale per questioni di convenienza o, assai più banalmente, viene così visto solo per una mancanza di conoscenza della realtà altrui. Non da ultimo, potremmo anche evidenziare che le differenze normative e legislative tra Paesi, incluse quelle relative all’attività venatoria e alle possibilità di caccia che ne discendono, dipendono dalla volontà del legislatore di conservare o tutelare determinate peculiarità e tradizioni venatorie oppure, al contrario, di non volerlo fare, decisioni su cui pesano fattori molteplici e complessi. Comunque vada, bisogna riconoscere che la diversità, anche nella gestione faunistico-venatoria, è un elemento di ricchezza del nostro continente e quindi dell’Ue: sarebbe un elemento fra i tanti alla base del famoso principio di sussidiarietà che venne sancito a Maastricht nell’ormai distante febbraio 1992, con l’omonimo trattato che pose il primo pilastro per la nascita dell’Unione europea, cui si approdò dopo la svolta del nuovo millennio.
Direttiva Uccelli: punto di riferimento
Parlando di attività venatoria all’avifauna nell’Unione, quindi anche per gli uccelli acquatici, è imprescindibile tenere a riferimento il dettato della Direttiva Uccelli 2009/147/CE, nel cui ambito le legislazioni degli Stati membri devono necessariamente muoversi, non potendo travalicarne le disposizioni fondanti. Un campo che però non è tratteggiato nei minimi dettagli, proprio per il fatto che, saggiamente, chi discusse e poi scrisse la Direttiva aveva ben presente la biodiversità socio-politico-culturale dell’Europa di allora (seppur territorialmente molto meno estesa di quella odierna a 28), che imponeva di mantenere il testo a livello dei principi e dei criteri che i Paesi membri avrebbero dovuto rispettare in fase di recepimento e azione legislativa nazionale. Ne è un classico esempio la vexata quaestio delle date di avvio e chiusura della stagione di caccia. La Direttiva correttamente non ne contiene, bensì dispone all’articolo 7 che le specie non possono essere cacciate durante il periodo della nidificazione, né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza, né per quelle migratrici durante il ritorno ai luoghi di nidificazione. È precisamente sull’interpretazione dei dati che indicherebbero l’avvio o il termine di queste fasi del ciclo vitale dell’avifauna, nel corso delle quali nessuna specie può essere oggetto di caccia, che ormai da
decenni il contenzioso divampa, senza risparmiare quasi alcuno Stato membro. Tanto che i paletti più rigidi per l’applicazione della Direttiva sono stati piantati, nel corso del tempo, dalla Corte di giustizia europea, che con le sue molteplici sentenze ha scolpito nel marmo una serie di vincoli per tutti gli Stati Ue (valga ad esempio il nonsenso tecnico della “protezione completa”, forse il macigno peggiore che la Corte abbia gettato in mezzo all’arena).
tante complicazioni
Alle frequenti dispute giuridiche e alla giurisprudenza che si è accumulata si mescolano altri ingredienti di non poco conto: l’imparzialità o la parzialità dei soggetti incaricati di fare ricerca, raccogliere e interpretare i dati, la condotta ragionevole o faziosa della politica e delle istituzioni, la collaborazione equilibrata e capace oppure disorganizzata o improntata a fanatismo delle categorie interessate. Per l’Italia, ci sentiamo di aggiungere un pizzico - non di più, perché già basta - di malfunzionamento degli ingranaggi della giustizia amministrativa, che in materia di caccia sommano spesso la beffa al danno. Insomma, ogni qualvolta si vogliano confrontare le opportunità venatorie tra Paesi, non si può ignorare tutta questa complicata premessa, insieme ad altri fattori decisivi, come l’estensione geografica, le peculiarità climatiche, ambientali e faunistiche, la cultura e le tradizioni, la densità e distribuzione della collettività umana, il rapporto di forza tra aree urbane e aree rurali, lo sviluppo e la distribuzione delle differenti attività economiche e produttive. Tutto questo sta disposto sulla medesima tavolozza, dove il pittore (il soggetto pubblico che legifera e approva le norme) intinge il pennello e tratteggia la tela sulla quale anche i cittadinicacciatori si muovono.
a caccia di acquatici in europa
Ci spieghiamo così l’estrema eterogeneità, né ci attenderemmo altrimenti, esistente nell’Unione anche in materia di caccia agli uccelli acquatici. Scartabellando un po’ di informazioni raccolte dalla Face a fine 2019, in occasione di un’indagine condotta tramite il supporto delle proprie delegazioni nazionali, pescando qua e là tra meridione, settentrione e oriente d’Europa, accertiamo quanto segue.
In Spagna, Stato che si specchia all’insù nell’Atlantico e all’in
giù nel Mediterraneo, si aggiungono alle specie cacciabili in Italia l’oca selvatica (Anser anser) e il fistione turco (Netta rufina).
In Grecia, vicina di casa interamente mediterranea, ai “nostri” acquatici cacciabili aggiungiamo l’oca lombardella (Anser albifrons), cacciabile dal 15 settembre al 31 gennaio, e annotiamo che per i soli fischione, codone e folaga la stagione si spinge fino al 10 febbraio, mentre per le altre specie la data di chiusura è il 31 gennaio.
In Gran Bretagna (all’epoca della raccolta di queste informazioni la Brexit non si era ancora compiuta), oltre agli anseriformi cacciabili da noi, possono essere cacciati il quattrocchi (Bucephala clangula), l’oca selvatica, l’oca del
Canada (Branta canadensis), l’oca zamperosa (Anser brachyrhynchus) e l’oca lombardella, con possibili variazioni stagionali fra Inghilterra, Irlanda, Scozia e Galles.
In Lituania, Paese baltico ricco di acque e coste, l’oca granaiola e l’oca lombardella sono cacciabili dall’1° settembre al 15 dicembre, mentre le anatre sono cacciabili dal 15 agosto al 15 dicembre (ma ci sono meno specie consentite che in Italia, con la differenza del quattrocchi in più).
Nella vicina Estonia, dagli habitat e latitudine pressoché identici, l’elenco delle specie acquatiche cacciabili è molto più nutrito, poiché alle oche consentite in Lituania vanno aggiunte l’oca facciabianca (Branta leucopsis) e l’oca del Canada, mentre alle anatre, corrispondenti a tutte quelle cacciabili in Italia, vanno sommati il quattrocchi e l’orchetto marino (Melanitta nigra) e quattro specie di gabbiani. In Danimarca si cacciano tutti gli anseriformi cacciabili da noi, più quasi tutte le specie di oche e anatre sinora citate, cui dobbiamo aggiungere l’oca egiziana (Alopochen aegyptiaca), l’edredone (Somateria mollissima), la moretta codona (Clangula hyemalis) e l’orco marino (Melanitta fusca). Val la pena di sottolineare che lungo le coste danesi viene praticata un’appassionante caccia a mare nelle insenature e golfi, in acque basse e fredde: si sta semisdraiati ormeggiati in mezzo al gioco su barchini che fungono da appostamento.
In Finlandia, territorio ricchissimo di acque soprattutto lacustri e palustri, e che si affaccia con litorali molto frastagliati sul Baltico, si caccia l’oca del Canada sui campi coltivati dal 10 al 20 agosto, dopo di che si passa a cacciarla fino al 31 dicembre negli altri ambienti. Si caccia la moretta codona nelle zone marittime dall’1° settembre al 31 dicembre, con un limite di carniere giornaliero di cinque animali per cacciatore. Si caccia lo smergo maggiore (Mergus merganser) dall’1° settembre al 31 dicembre, mentre tutti gli altri anatidi cacciabili anche in Italia (a eccezione del moriglione, non cacciabile) osservano il periodo venatorio 20 agosto-31 dicembre. In Ungheria l’elenco delle oche cacciabili è piuttosto ricco, comprendendo oca selvatica, oca granaiola, oca lombardella, oca del Canada e oca egiziana, mentre è poverissimo quello degli altri acquatici, ridotto ai soli germano reale e folaga.
In Repubblica Ceca, tanto per restare nei pressi, alle oche sopra citate (sottratte l’oca del Canada e l’oca egiziana), al germano reale e alla folaga si aggiungono i soli moriglione e moretta. Le oche si possono cacciare dal 16 agosto al 15 gennaio, gli altri acquatici
dall’1° settembre al 30 novembre. In Romania, come specie di acquatici cacciabili in più rispetto a quelle oggetto di prelievo da noi troviamo il quattrocchi, la moretta grigia (Ayhtya marila) e l’oca selvatica sottospecie orientale Anser a. rubrirostris, cacciabili dal 15 agosto al 15 febbraio, mentre la stagione venatoria per l’oca lombardella va dal 15 ottobre al 15 febbraio. L’affresco, che abbiamo limitato a una decina di Stati per non annoiare i lettori, è dunque un vero coacervo di colori che, sebbene le informazioni sopra evidenziate non siano fra loro standardizzate, denota con la massima chiarezza il livello di diversità cinegetica che caratterizza l’areale dell’Europa unita. In fondo abbiamo tenuto la Francia, il Paese icona dei cacciatori no
strani, col quale tanto ci somigliamo reciprocamente in cultura e tradizioni venatorie e ove, tuttavia, si cacciano molte più specie che in Italia e alcune anche per periodi più lunghi. In questo caso abbiamo un totale di 18 specie di anseriformi cacciabili, più i tre rallidi (folaga, porciglione, gallinella d’acqua). Tra gli anseriformi cacciabili, oltre alle specie più diffuse e comuni, annoveriamo anatidi nordici come orco marino, orchetto marino, quattrocchi e moretta codona, nonché altri a distribuzione più meridionale come il fistione turco. Né possiamo evitare di rammentare che in 27 dipartimenti è tutt’oggi autorizzata la caccia notturna agli acquatici effettuata dagli appostamenti fissi (hutte o tonne) sugli specchi d’acqua predisposti: ciò a condizione che l’impianto fosse già attivo alla data del 1° gennaio 2000.
non siamo i cugini poveri
Insomma, facciamo proprio la figura dei cugini poveri? Il legislatore italiano avrebbe potuto fare di meglio? Abbiamo calato le braghe di fronte all’Ue? La risposta dipende da cosa andiamo cercando. Quantità o qualità? Caccia improntata alla gestione o alla semplice raccolta di quanto concedono la natura e il buon Dio? Esercizio venatorio fondato su metodi e pratiche riservati agli specialisti oppure più “democratici” e accessibili a tutti? Diffuso e condiviso rispetto delle regole o un pizzico di anarchia tipicamente mediterranea? Si potrebbe continuare a lungo e ciascuno tirerebbe l’unica coperta dal proprio lato. Di certo vi è che oggigiorno i cacciatori italiani, compresi quelli di uccelli acquatici, avranno la possibilità di preservare e perpetuare la propria passione solo unendo le forze e le competenze, accantonando le divergenze e battendosi tutti insieme nel nome del solo risultato finale di valore, cioè la sopravvivenza della caccia, sopravvivenza che dipende da una corretta gestione della fauna selvatica. lo dobbiamo ai nostri figli già nati e a tutti i giovani appassionati che verranno in futuro.