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Servono dati veri
Niente prelievo senza conteggi: l’Ispra ha parlato chiaro. Se vogliono aprire la caccia a ungulati e galliformi, le Regioni devono basare i piani d’abbattimento su dati di presenza aggiornati. E così si comincia a contare, senza penalizzare chi per legge al momento non può muoversi
La prima notizia è che non ci si potrà affidare alle serie storiche. La seconda notizia è lo svincolo dai metodi tradizionali. La terza notizia è che i non residenti non saranno penalizzati e, anche se non possono partecipare ai censimenti, non dovrebbero (dovrebbero: ogni Regione fa Stato a sé) vedersi negato l’abbattimento. L’Ispra ha definito le linee guida per la redazione dei piani di prelievo - cervidi, bovidi, galliformi; censire il cinghiale è impossibile - nella seconda stagione dcd, durante covid diciannove. E chi si aspettava una replica di quanto accaduto l’anno scorso si è dovuto ricalibrare: se la primavera 2020 aveva spazzato via ogni certezza in un respiro infetto, stavolta c’è stato tempo per pianificare. Lo spirito dell’emergenza, fa capire l’Ispra, non può durare all’infinito. (Poi sarebbe splendido applicare questa logica a ogni aspetto della quotidianità: ci arriveremo. Ci arriveremo?). «Anche perché l’anno scorso le misure anticontagio» confinamento e il resto «di fatto impedivano di realizzare i censimenti» aggiunge Francesco Riga, dirigente Ispra che ha seguito direttamente la vicenda. «Stavolta invece le Regioni si sono mosse per tempo, autorizzando gli spostamenti anche nelle zone in cui le restrizioni sono più rigide». Al momento rimane in bilico chi deve uscire dalla Regione per recarsi nell’Atc o nel distretto di pertinenza: che si fa se il divieto rimane in vigore fino a settembre (orrore! bestemmia! ma ormai ci siamo assuefatti all’imprevedibilità)? Riga non si sbilancia: «Non sono indicazioni che ci competono.
Non possiamo intervenire su questioni politiche e di sanità pubblica: possiamo solo rispondere a quesiti tecnici specifici. Si può esercitare la caccia di selezione rispettando le misure anticontagio, a partire dal distanziamento? Ovviamente sì. Ma non possiamo dire altro: saranno il governo e le Regioni a disciplinare la situazione». (Per lanciarla con la solita fionda, nella consapevolezza che ogni Regione ha piena autonomia sulla vicenda e dunque deciderà da sé: nessuno vuole penalizzare chi è stato costretto a non partecipare ai censimenti. La gestione si dice in tanti modi, i conteggi sono parte essenziale ma non esclusiva). Servono dati veri, con un’unica eccezione: per le aree non vocate o a densità zero si potranno redigere piani di prelievo anche sulla base delle serie storiche. «Ridurre l’impatto sulle colture agricole è prioritario», ancora Riga.
Servono dati veri, ma non per forza metodi tradizionali. «Escludiamo i censimenti in battuta, che richiedono la presenza di troppe persone nello stesso luogo. Vanno bene i conteggi diretti da punti fissi; e vanno bene anche strumenti alternativi come le fototrappole e le termocamere. Va bene tutto ciò che è utile a fornire degli indici di popolazione, da unire ai dati sullo sforzo di prelievo dell’anno scorso». Nel Modenese si stanno sperimentando i droni. Funzionano? Fatta la tara sui costi, ci si può attendere un loro impiego diffuso? «Le nuove tecniche di volo, la maggiore silenziosità e l’utilizzo di termocamere ad alta definizione ci permetteranno di superare le difficoltà principali: in futuro saranno sicuramente autorizzati».
Servono dati veri, non solo sugli ungulati. La gestione sostenibile dei galliformi, nota Ispra, “è basata sul monitoraggio primaverile delle popolazioni (con il metodo del playback emissione di registrazione del canto del maschio, nda) e con la verifica del successo riproduttivo in tarda estate (con l’ausilio dei cani da ferma). In mancanza di entrambe le informazioni, le specie non potranno essere ammesse al prelievo per la stagione venatoria 2021/2022. A differenza che nella stagione venatoria 2020/2021, non saranno ammessi piani di prelievo presentati soltanto sulla base dei conteggi effettuati in tarda estate”. Sei le specie a rischio. Su coturnice, fagiano di monte, pernice bianca, pernice rossa, pernice sarda, starna «si è aperta tempo fa la procedura Eu-Pilot: l’Unione europea ha contestato all’Italia l’autorizzazione alla caccia nonostante il cattivo stato di conservazione. Pertanto per il prelievo servono dei piani di gestione» - al momento è stato approvato solo quello della coturnice; gli altri ci sono ma devono ricevere l’ultimo timbro - «per i quali i conteggi primaverili sono indispensabili». Servono dati veri anche se l’Ispra non si attende grandi scostamenti nei piani di prelievo degli ungulati. «Magari, grazie a qualche informazione in più sulle classi di sesso ed età, ci sarà qualche aggiustamento sui cervidi e i bovidi. Ma non ci saranno particolari modifiche e credo che si seguirà la solita tendenza, un graduale incremento dei piani che però spesso non vengono completati». Sui galliformi, che risentono di più delle condizioni climatiche, le variazioni annue sono più evidenti. Servono dati veri anche per provare prima o poi a costruire questa benedetta banca dati nazionale degli ungulati. «Ci stiamo lavorando da tempo» racconta Riga «ma dobbiamo fare i conti con due problemi. Primo problema: visto che non tutte le amministrazioni ci chiedono un parere sui piani, non tutte le amministrazioni ci comunicano i dati. L’Umbria e le Province autonome ce li forniscono quando ogni anno le contattiamo; ma da altre, Piemonte e Marche, da tempo non riceviamo più comunicazioni. Secondo problema: le aree protette non hanno fondi per organizzare i censimenti, o li organizzano solo ad anni alterni. E spesso fatichiamo a ottenere le informazioni». L’informatica potrebbe aiutare: è in corso un progetto condiviso tra Ispra e Federcaccia che porti a sviluppare un nuovo software per la gestione dei censimenti.
Servono dati veri anche se non si sa dove ci porteranno i prossimi mesi. «La caccia di selezione non sarà un problema, in nessuna situazione. Discorso diverso per la braccata e la girata». Oltre che le poste, preoccupa tutto ciò che gira intorno alla gestione delle carcasse. Si spera che di qui a ottobre (Figliuolo ha promesso a breve mezzo milione di iniezioni al giorno, no?) la campagna vaccinale avrà spezzato la mandibola al mostro. Servono dati veri, e servirebbero anche su altre specie. «Da anni proponiamo di estendere l’approccio della caccia di selezione anche ad altre specie, come i lagomorfi. Ma con scarso successo». Al momento è in corso un progetto sulla lepre italica in Sicilia: «La si può cacciare solo dopo aver effettuato i censimenti. È uno schema che può essere esportato nell’Italia continentale per la lepre europea e in Sardegna per la lepre sarda».
Il cuore di tutto
E dunque le Regioni si stanno attrezzando per cogliere i dati veri. Stefano Bonaccini ha approvato un’ordinanza che consente i censimenti a prescindere dall’intensità delle restrizioni: la pubblica utilità della caccia di selezione è evidente, i censimenti sono un’attività funzionale imprescindibile. «E dunque i censimenti li facciamo, come si può e solo con i cacciatori residenti in Emilia Romagna» dice Maria Luisa Zanni, dirigente dell’Ufficio caccia regionale. «Dobbiamo fare a meno dei lombardi che cacciano a Piacenza, dei toscani». Che però non rischieranno di vedersi negare l’abbattimento: «Le graduatorie di merito per l’assegnazione del selvatico non tengono conto solo dei censimenti, ma anche di altre attività gestionali. Agli Atc diremo di tener conto delle difficoltà e dei divieti degli ultimi mesi, di non penalizzare gli iscritti che vengono da fuori. È impensabile che i non residenti paghino l’iscrizione e poi non possano andare a caccia». Ma i censimenti stanno diventando un problema al di là dell’emergenza sanitaria («Risultano compatibili con le indicazioni sanitarie vigenti, ogni cacciatore ha le proprie parcelle assegnate; e molti Atc si sono organizzati per inviare le schede online»): in Emilia Romagna le aree aperte sono poche, le zone montane e altocollinari sono invase dal bosco. «E dunque possiamo censire al primo verde, ma sottostimiamo la popolazione presente. Ispra ci ha indicato un’alternativa» chiaramente per tempi migliori: «Si copre in battuta una percentuale della superficie boscata. Ma la percentuale richiesta è comunque troppo elevata». Servirebbero tanti cacciatori giovani, tre parole che nell’Italia del 2021 possono stare nella stessa frase solo in perenne antitesi. Ecco perché l’esperimento dei droni nel Modenese: «Confronteremo i risultati con quanto ci racconteranno i metodi tradizionali: se non ci sarà troppa differenza, potranno affiancare il censimento in battuta o al primo verde». È utile pensare a metodi alternativi perché alcune tecniche che suggerisce Ispra, su tutte il campionamento a distanza (nei documenti tecnici è noto come distance sampling), «hanno bisogno di personale specializzato. E invece sui grandi numeri bisogna potersi affidare ai volontari; non solo perché sono comunque di più dei tecnici, ma anche perché così leghiamo i cacciatori alla gestione del territorio. Sarebbe sbagliato professionalizzare i censimenti».
Si è attivata anche l’Umbria, che da anni sottopone i propri piani all’osservatorio faunistico regionale. I tre Atc (Perugia 1, Perugia 2, Terni 3) hanno già ricevuto un mandato chiaro: organizzare i censimenti e non applicare la sanzione prevista dal
disciplinare che esclude dal prelievo chi non ha partecipato. «Quest’anno non possiamo obbligare i cacciatori», non si può penalizzare chi vive un timore (terrore?) legittimo anche se «non c’è niente di più sicuro di un’attività distanziata all’aria aperta». Umberto Sergiacomi, dirigente dell’Ufficio caccia, estende la salvaguardia anche ai (pochi) non residenti: «Non abbiamo ancora preso una posizione ufficiale, ma a maggior ragione il principio deve essere lo stesso: se per i cacciatori umbri è una scelta personale, chi viene da fuori regione sbatte su un divieto». In ogni caso il livello di cautela è elevato: salta l’incontro preliminare prima che i cacciatori si distribuiscano nei vari punti d’osservazione, i dati si scambiano online, col capodistretto si parla solo per telefono. E per telefono il virus non viaggia.
«Le attività gestionali dei distretti non si limitano ai monitoraggi» ribadisce Stefania Saccardi, assessore all’Agricoltura e alla caccia della Regione Toscana. «Quando la situazione epidemiologica lo renderà possibile, spetterà agli Atc individuare eventuali attività in cui coinvolgere i cacciatori non residenti» e consentir loro di accedere al prelievo. Come Bonaccini, anche Eugenio
Giani ha firmato un’ordinanza che consente i monitoraggi faunistici a prescindere dal colore del territorio. «Abbiamo quindi invitato gli Atc, le aziende faunistico-venatorie e le aziende agrituristico-venatorie» prosegue Saccardi «a eseguire i censimenti in forma individuale; per la distribuzione e la raccolta di schede e di dati possono sfruttare le tecnologie digitali e informatiche. Una volta verificati i dati ottenuti, decideremo caso per caso se applicare o meno l’apposita formula covid che ci permette di calcolare il piano d’abbattimento. Il protocollo in vigore comunque garantisce l’avvio del prelievo con la consueta tempistica». Già, perché nel 2020 la Toscana ha aggiornato le proprie linee guida per la gestione degli ungulati («Bisognava snellire le procedure e far fronte alla difficoltà di realizzare alcune tipologie di censimento, in particolare la battuta del capriolo. Giudicato tra i più attendibili, negli ultimi anni questo metodo fatica a raggiungere gli obiettivi minimi di campionamento richiesti da Ispra»: diminuiscono i cacciatori, aumenta l’età media): il nuovo protocollo permette di utilizzare il portale TosCaccia, nel quale i responsabili delle ottocento unità di gestione inseriscono i dati annuali di censimento e l’entità del prelievo mensile, e di effettuare i conteggi in battuta ogni tre anni. «Si alleggerisce così lo sforzo richiesto ai cacciatori. E negli anni in cui non ci sono dati si applica un piano prudenziale basato sui numeri delle stagioni precedenti. Il protocollo ha ottenuto il parere favorevole dell’Ispra, che in ogni momento può accedere al portale».
Ecco perché la Toscana è serena.
Problemi irrisolti
E se nelle Marche la discussione è in corso («Ci stiamo lavorando» è il massimo che sono riuscito a strappare), l’Abruzzo si è mosso: censimenti da postazioni fisse e possibilità di scantonare anche oltre il coprifuoco in caso di interventi serali. Niente metodi nuovi né nuove tecnologie: «Sarebbe stato complesso spiegare come funzionano, avremmo dovuto radunare i cacciatori. E ora non è proprio il caso» dice Antonello Colantoni, dirigente dell’Ufficio caccia. La volontà di coinvolgere i non residenti è diffusa: «Non saranno penalizzati, non è colpa loro se non possono partecipare ai censimenti. Devono fare i conti con un limite reale, sarebbe ingiusto punirli due volte». Anche in Trentino i censimenti si svolgono regolarmente, nel rispetto dei protocolli anticontagio. Peraltro su cervo, capriolo e camoscio l’amministrazione provinciale è chiamata solo alla supervisione: la gestione è affidata all’Associazione cacciatori trentini che organizza e svolge i censimenti col proprio personale. Sembrerebbe tutto liscio: l’Ispra av
verte, le Regioni dispongono, i cacciatori contano e prelevano come se la polmonite cinese (si dice variante inglese, perché non si può dire polmonite cinese? egemonia?) non esistesse. E però scavando a giro si capisce che qualcosa ancora appiccica. Il Veneto ha tolto ogni vincolo al controllo faunistico e alla vigilanza venatoria, non ancora - inizio aprile - ai censimenti. È in corso una riflessione delicata: nell’ultimo biennio la giurisprudenza ha rivalutato la caccia di selezione inserendola di fatto tra gli strumenti gestionali. Si sfrutta l’aspirazione venatoria per ottenere un riequilibrio della popolazione. E dunque i censimenti, funzionali a uno strumento di gestione, potrebbero essere autorizzati su tutto il territorio. Ma evidentemente qualcosa ancora stride. Non comunque sui non residenti, per un motivo semplice: ce ne sono pochissimi. La selezione si pratica solo in Zona Alpi, dunque in comprensori dalla capienza esigua. E visto che tra i criteri di accesso al prelievo pesano la residenza venatoria o la proprietà fondiaria nel territorio in cui si caccia, il problema non si pone. Semmai se ne pone un altro, ben più ampio: il federalismo venatorio ha poco senso. Messa da parte questa tragica parentesi, occorrerà rimetterci la testa e le mani.