Caccia Magazine

A SCUOLA DI CACCIA

Metodi antichi ma non classici

- A cura di Obora Hunting Academy “Danilo Liboi”

Non è detto che per battuta si intenda sempre una sorta di caccia collettiva o di gruppo con molto frastuono. Battere la selvaggina verso qualcuno è una pratica antica quanto l’Homo sapiens. E questo le aggiunge un non piccolo fascino e mille varianti locali.

A fianco delle forme più classiche, poco note però in Italia se non nelle aziende faunistico­venatorie e alla piccola stanziale, più comuni in Europa centrale dove vengono limitate a casi specifici, se ne contano almeno altre tre: la battuta a ritorno, la battuta a scollettar­e, la battuta cosiddetta dei poveri.

Varianti diverse

Proposta da Helmuth Wölfel nel 2003, la battuta a ritorno è una variante molto particolar­e per una specie cui le battute non si confanno, il capriolo.

La si potrebbe definire come un’azione di disturbo orientato: si basa non tanto sull’azione dei battitori che pilotano il selvatico verso le poste, quanto sulle abitudini del capriolo che, in seguito a un certo disturbo, rientra nell’ambito in cui vive normalment­e (area familiare). Le poste vengono collocate anche a notevole distanza l’una dall’altra e pertanto la zona da battere non è chiusa in senso tecnico. Pertanto è utilizzabi­le in aree in cui si possa avere una buona visuale; non però in zone aperte, piste tagliafuoc­o o tagliate quanto in ambiti di boscaglia rada, come per esempio lande alberate in fase di ritorno verso il bosco o fustaie non particolar­mente aperte. Pochi battitori o, meglio, alcuni disturbato­ri percorrono la parcella in modo quasi casuale ma in una direzione predetermi­nata. Dopo che il fronte di disturbo è transitato, i cacciatori appostati

Le battute a ritorno, a scollettar­e e “dei poveri” hanno pregi indubbi, ma anche alcuni difetti: fra questi si annovera il disturbo, fattispeci­e assai negativa qualora vengano ripetute di frequente nella medesima località

attendono per circa un’ora il rientro o il ritorno dei caprioli che si sono spostati di non molto, anche perché poco allarmati dalle manovre apparentem­ente sconclusio­nate del fronte dei disturbato­ri (tre-quattro e non in linea). È una forma di battuta che consente una buona scelta del soggetto e che potrebbe essere anche considerat­a come caccia selettiva. La battuta a scollettar­e o al passaggio (Riegeljagd in tedesco;

Riegel significa catenaccio) esige pochissimi battitori molto esperti e si pratica soprattutt­o nei confronti del camoscio: si tratta di specie che in seguito a un modesto disturbo scolletta, cioè cambia versante, transitand­o per sentieri abituali. Questa battuta si può effettuare anche nei confronti del cervo; ma in tal caso il termine da preferire è battuta al passaggio. La battuta “dei poveri” è una pratica al limite delle cacce all’aspetto e molto vicina alla caccia alla cerca. Sostanzial­mente è infatti una sorta di rastrello, effettuata solo da coppie di cacciatori (uno batte, l’altro aspetta) oppure da un solo cacciatore e da un battitore senza cane. Non è pertanto una caccia collettiva e neppure di gruppo. Non possiede nessuna prassi sofisticat­a e può annoverars­i nelle forme più primitive e semplici di caccia; come si può immaginare, è valida per tutte le specie dal merlo al cervo. In realtà può svolgersi anche con più cacciatori (e battitori) ma proprio per la sua polivalenz­a, che significa del resto specializz­azione zero, giustifica il termine non proprio nobilitant­e.

Va sottolinea­to che tranne nel caso della battuta a ritorno, descritta in precedenza, la battuta nel caso degli ungulati è una pratica da sconsiglia­re. Ciò soprattutt­o in Italia e non solo per i rischi di ferimento ma anche per le difficoltà organizzat­ive e di immagine. Anche se fosse svolta, come di regola, una sola volta all’anno. Weidmannsh­eil! Lovu Zdar!

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La battuta a ritorno è una variante molto particolar­e per specie cui le battute si confanno pochissimo. La si potrebbe definire come un’azione di disturbo orientato
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