Un acaro letale
La rogna sarcoptica è una delle malattie che più impattano sugli ungulati selvatici
La rogna sarcoptica è una malattia fra le più impattanti in assoluto sulle popolazioni di ungulati selvatici e ha una diffusione molto ampia. In Europa colpisce principalmente camosci e stambecchi, solo pochi casi vengono registrati nel muflone e nei cervidi. Gli esiti della patologia sono spesso devastanti; al loro primo incontro con la malattia le popolazioni vengono quasi completamente spazzate via.
Gallerie scavate nella pelle
La rogna sarcoptica del camoscio e dello stambecco è una malattia parassitaria della pelle provocata dall’acaro Sarcoptes scabiei nella variante rupicaprae. Si tratta di parassiti microscopici (lunghezza da 100 a 500 µm nelle femmine) di forma rotondeggiante e un po’ schiacciata. Il loro apparato boccale presenta due appendici retrattili a forma di pinza, simili a chele perfette per lacerare e forare l’epidermide del camoscio di turno, nello spessore della quale si nutrono. Il ciclo vitale si svolge interamente sull’ospite: l’acaro, in tutti gli stadi di sviluppo (larve, ninfe e adulti), è in grado di penetrarne la pelle e scavarla negli strati epidermici superficiali. I parassiti maschi adulti ricercano le femmine sulla cute dell’animale, le fecondano e poi muoiono. Le femmine invece scavano delle gallerie, lunghe anche alcuni centimetri. In questi cunicoli rimangono per tutta la durata del periodo riproduttivo, circa 2 mesi, deponendo da una a tre uova al giorno man mano che scavano. Le uova vengono deposte dentro delle tasche laterali al tunnel principale, e da esse schiudono in 3 o 4 giorni delle larve che risalgono sulla superficie della pelle ridando inizio al ciclo biologico. In buona sostanza, gli acari si muovono, si riproducono, depositano uova, escrementi e altri prodotti che non giovano alla salute dell’ospite, restando sempre ben celati dentro la sua pelle. La trasmissione della malattia avviene principalmente per contatto diretto fra animali infestati. Poiché la sopravvivenza dell’acaro lontano dall’ospite è breve, al massimo una settimana, la trasmissione indiretta è meno frequente; avviene per esempio con l’utilizzo dei giacigli di animali infetti, o nei pressi di una salina. È comunque la via più probabile con cui Sarcoptes passa da una specie all’altra, anche fra domestico e selvatico.
Dal prurito alla morte
La malattia, ad altissima contagiosità, si caratterizza come una dermatite allergica dovuta sia all’azione traumatica dello scavo sia alle sostanze rilasciate dalla femmina dell’acaro. All’inizio le lesioni si manifestano con un eritema pruriginoso sulle orecchie e sul muso. Poi il problema si estende al resto
del corpo. Compaiono squame e poi alopecia, croste sul capo, sul collo, sull’addome e sulle zampe. Per l’animale infestato il prurito deve essere insopportabile: è indotto a continui energici sfregamenti, tanto da provocarsi da sé serie lesioni. Queste possono insorgere dopo una settimana circa dall’infezione primaria; spesso precedono l’apparizione delle lesioni cutanee prodotte invece dagli acari. Questo quadro viene frequentemente aggravato da infezioni batteriche secondarie, che vanno a complicare la situazione. Il decorso della malattia porta l’animale a un progressivo dimagramento e indebolimento. Il soggetto tende a isolarsi dal gruppo e, per esempio nel camoscio, in molti a casi anche a scendere di quota verso valle. Infine, nel giro di 2-4 mesi, sopraggiunge il decesso. Relativamente al camoscio, si è osservato che il primo impatto della rogna sarcoptica su una popolazione che ne era indenne determina tassi di mortalità molto elevati. Nell’arco di 3-5 anni la popolazione iniziale può venire ridotta del 70-95%. Successivamente la rogna persiste nella popolazione ospite e di tanto in tanto, con periodicità di 10-15 anni, si riacutizza. Nelle ondate successive alla prima, però, la mortalità si riduce, variando tra il 10 e il 25%. Si è osservato che l’impatto della rogna è quasi sempre pesantissimo anche per altre Caprinae (sottofamiglia dei bovidi cui appartengono anche camosci e stambecchi) e in altre aree dell’Europa e dell’Asia.
Il contatto con animali rognosi può provocare lievi reazioni cutanee anche nell’uomo, ma il fastidio si risolve spontaneamente. Poca cosa in confronto agli effetti del nostro specifico Sarcoptes scabiei, quello della storica scabbia.
Giornalista professionista, divulgatore in campo faunistico-venatorio, Ettore Zanon è coordinatore dell’Accademia foreste e fauna del Trentino e direttore della didattica per Obora Hunting Academy, scuola di caccia in Repubblica Ceca.