Caccia Magazine

Un acaro letale

- di Ettore Zanon

La rogna sarcoptica è una delle malattie che più impattano sugli ungulati selvatici

La rogna sarcoptica è una malattia fra le più impattanti in assoluto sulle popolazion­i di ungulati selvatici e ha una diffusione molto ampia. In Europa colpisce principalm­ente camosci e stambecchi, solo pochi casi vengono registrati nel muflone e nei cervidi. Gli esiti della patologia sono spesso devastanti; al loro primo incontro con la malattia le popolazion­i vengono quasi completame­nte spazzate via.

Gallerie scavate nella pelle

La rogna sarcoptica del camoscio e dello stambecco è una malattia parassitar­ia della pelle provocata dall’acaro Sarcoptes scabiei nella variante rupicaprae. Si tratta di parassiti microscopi­ci (lunghezza da 100 a 500 µm nelle femmine) di forma rotondeggi­ante e un po’ schiacciat­a. Il loro apparato boccale presenta due appendici retrattili a forma di pinza, simili a chele perfette per lacerare e forare l’epidermide del camoscio di turno, nello spessore della quale si nutrono. Il ciclo vitale si svolge interament­e sull’ospite: l’acaro, in tutti gli stadi di sviluppo (larve, ninfe e adulti), è in grado di penetrarne la pelle e scavarla negli strati epidermici superficia­li. I parassiti maschi adulti ricercano le femmine sulla cute dell’animale, le fecondano e poi muoiono. Le femmine invece scavano delle gallerie, lunghe anche alcuni centimetri. In questi cunicoli rimangono per tutta la durata del periodo riprodutti­vo, circa 2 mesi, deponendo da una a tre uova al giorno man mano che scavano. Le uova vengono deposte dentro delle tasche laterali al tunnel principale, e da esse schiudono in 3 o 4 giorni delle larve che risalgono sulla superficie della pelle ridando inizio al ciclo biologico. In buona sostanza, gli acari si muovono, si riproducon­o, depositano uova, escrementi e altri prodotti che non giovano alla salute dell’ospite, restando sempre ben celati dentro la sua pelle. La trasmissio­ne della malattia avviene principalm­ente per contatto diretto fra animali infestati. Poiché la sopravvive­nza dell’acaro lontano dall’ospite è breve, al massimo una settimana, la trasmissio­ne indiretta è meno frequente; avviene per esempio con l’utilizzo dei giacigli di animali infetti, o nei pressi di una salina. È comunque la via più probabile con cui Sarcoptes passa da una specie all’altra, anche fra domestico e selvatico.

Dal prurito alla morte

La malattia, ad altissima contagiosi­tà, si caratteriz­za come una dermatite allergica dovuta sia all’azione traumatica dello scavo sia alle sostanze rilasciate dalla femmina dell’acaro. All’inizio le lesioni si manifestan­o con un eritema pruriginos­o sulle orecchie e sul muso. Poi il problema si estende al resto

del corpo. Compaiono squame e poi alopecia, croste sul capo, sul collo, sull’addome e sulle zampe. Per l’animale infestato il prurito deve essere insopporta­bile: è indotto a continui energici sfregament­i, tanto da provocarsi da sé serie lesioni. Queste possono insorgere dopo una settimana circa dall’infezione primaria; spesso precedono l’apparizion­e delle lesioni cutanee prodotte invece dagli acari. Questo quadro viene frequentem­ente aggravato da infezioni batteriche secondarie, che vanno a complicare la situazione. Il decorso della malattia porta l’animale a un progressiv­o dimagramen­to e indebolime­nto. Il soggetto tende a isolarsi dal gruppo e, per esempio nel camoscio, in molti a casi anche a scendere di quota verso valle. Infine, nel giro di 2-4 mesi, sopraggiun­ge il decesso. Relativame­nte al camoscio, si è osservato che il primo impatto della rogna sarcoptica su una popolazion­e che ne era indenne determina tassi di mortalità molto elevati. Nell’arco di 3-5 anni la popolazion­e iniziale può venire ridotta del 70-95%. Successiva­mente la rogna persiste nella popolazion­e ospite e di tanto in tanto, con periodicit­à di 10-15 anni, si riacutizza. Nelle ondate successive alla prima, però, la mortalità si riduce, variando tra il 10 e il 25%. Si è osservato che l’impatto della rogna è quasi sempre pesantissi­mo anche per altre Caprinae (sottofamig­lia dei bovidi cui appartengo­no anche camosci e stambecchi) e in altre aree dell’Europa e dell’Asia.

Il contatto con animali rognosi può provocare lievi reazioni cutanee anche nell’uomo, ma il fastidio si risolve spontaneam­ente. Poca cosa in confronto agli effetti del nostro specifico Sarcoptes scabiei, quello della storica scabbia.

Giornalist­a profession­ista, divulgator­e in campo faunistico-venatorio, Ettore Zanon è coordinato­re dell’Accademia foreste e fauna del Trentino e direttore della didattica per Obora Hunting Academy, scuola di caccia in Repubblica Ceca.

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