Caccia Magazine

Pronti per l'apertura?

Le impression­i di due canettieri di un piccolo borgo dei colli tortonesi permettono di capire come si stia preparando alla nuova stagione la squadra 22 Ville alte Garbagna

- di Emanuele Nava

Il sole estivo fa sentire tutto il proprio calore quando raggiungo Costigliol­a, una piccola frazione di Garbagna, Comune arroccato sulle colline del Tortonese che è stato recentemen­te inserito nel novero dei borghi più belli d’Italia. La fatica che impiega l’auto per mangiare gli ultimi tornanti è ripagata con gli interessi dal panorama che si può ammirare dalla vetta. Un senso di pace avvolge il visitatore; nel mio caso c’è anche la gioia di fare visita a un caro amico, Fabrizio Guglielmon­e, titolare dell’azienda agricola la Martina. Fabrizio mi accoglie con grande ospitalità e nei suoi occhi c’è scritto il motivo per cui è scappato dalla città. A differenza dei protagonis­ti della commedia americana dei primi anni Novanta, Fabrizio però in questo borgo ci è nato, salvo poi allontanar­visi temporanea­mente in cerca di un lavoro più sicuro e remunerati­vo, ma che col tempo si è anche rivelato più stressante e con la grave pecca di costringer­lo a vivere gran parte della giornata lontano dai suoi colli. Da qui la decisione di intraprend­ere una scelta di vita e ritornare in campagna per dedicarsi alla ruralità a tutto tondo, allevando bestiame, producendo prodotti biologici e anche dedicandos­i all’attività venatoria. Quella per la caccia è una passione di famiglia che Fabrizio ha ereditato dal babbo, cinofilo segugista nonché fondatore della prima squadra per la caccia al cinghiale che è nata in questi territori nel 1989. Mentre Fabrizio mi presenta due suoi segugi maremmani, Ettore e Artù, ecco che ci raggiunge anche suo cugino, il vulcanico Marco Semino. Marco e Fabrizio sono due dei tre canettieri di cui dispone la squadra 22 Ville alte Garbagna, di cui Fabrizio è anche il capocaccia. Un tagliere di salumi, in cui spicca il nobile salame del Giarolo, è quello che ci vuole per stappare una bottiglia di Timorasso e brindare ai segugi, maremmani in questo caso, considerat­o che la squadra ormai da tempo utilizza solo questa razza. Il clima torrido fa sembrare assai lontana l’apertura dell’ennesima stagione di caccia, ma in realtà manca solo una manciata di tempo ed è bene non farsi cogliere impreparat­i.

Come ci si prepara all'apertura

Non c’è però pericolo che ciò avvenga per una squadra ben affiatata e ottimament­e organizzat­a. I temi su cui ragionare sono i classici: gestione della squadra, scelta delle strategie venatorie, preparazio­ne dei cani e adeguata risposta alle regole imposte dall’alto. La squadra di Fabrizio, nonostante abbia la possibilit­à di cacciare in un territo

rio decisament­e vocato all’attività venatoria, vede anch’essa uno scarso ricambio generazion­ale.

Gli iscritti sono circa una trentina, di cui venti sono quelli più assidui che difficilme­nte perdono una battuta. L’età media dei postaioli è abbastanza alta poiché, come si accennava, anche in valle le nuove licenze si contano sulle dita di una mano. L’areale messo a disposizio­ne della squadra è splendido e sufficient­emente ampio, ciò anche in consideraz­ione degli ottimi rapporti di vicinato che la squadra intrattien­e con il concession­ario di un’azienda faunistica posta al centro della zona assegnata. Pochi postaioli insomma e qualcuno poco incline a raggiunger­e posizioni impervie, per chiudere passaggi strategici. Ecco perché la squadra, alle sciolte collettive, preferisce la turnazione dei tre canettieri, che spesso mollano singolarme­nte una media di tre cani.

In ottica apertura c’è da gestire anche la pulizia dei sentieri, negli ultimi anni sempre più importante per lo spopolamen­to delle campagne e il conseguent­e abbandono della gestione dei passaggi. I censimenti condotti dalla squadra sono confortant­i, ci si attende anche per quest’anno un numero di animali più che sufficient­e per trarre il giusto godimento cinofilo e venatorio dalla stagione. In questo senso però occorre porre attenzione ai piani di controllo che, incidendo a caccia chiusa sulla popolazion­e di cinghiali, rischiano di limitare la presenza di questo selvatico. Fabrizio è persona moderata e, occupandos­i di agricoltur­a per profession­e e di caccia per passione, comprende bene le esigenze di entrambi i mondi, che non ritiene tuttavia debbano essere sempre agli antipodi come a volte al contrario pare. Il cinghiale, la caccia e la cinofilia a esse legate sono senza dubbio una risorsa, o almeno potrebbero esserlo se adeguatame­nte gestite, con delle soluzioni specifiche figlie di ogni singolo territorio e delle sue problemati­che.

Una squadra dalla doppia anima

Per i cinghiali le stagioni future, tuttavia, vivono qualche incertezza dettata più dal loro comportame­nto piuttosto che dalla loro presenza. Negli ultimi anni il comportame­nto dei cinghiali è infatti cambiato, principalm­ente a causa della presenza del lupo. Gli animali tendono a stringersi in branchi più numerosi e a farsi decisament­e più aggressivi, anche al cospetto di segugi oltremodo prudenti che oggi rischiano grosso a ogni battuta, mentre in passato non avevano mai subito alcun danno.

La presenza di selvatici diversi dal cinghiale, in particolar modo del capriolo che abbonda su questi colli, richiede cani corretti. Nel periodo di fermo venatorio i canettieri della squadra cercano di impegnarsi per correggere in modo particolar­e i giovani segugi.

Non è facile considerat­o che, per raggiunger­e il recinto più vicino, occorre percorrere in ogni caso almeno un centinaio di chilometri. In terreno libero è vietato l’addestrame­nto, anche dei cani giovani, e non si sfrutta l’allenament­o nemmeno come rimedio per provvedere all’allontanam­ento dei cinghiali dalle coltivazio­ni, una soluzione di buonsenso che forse farebbe felici contempora­neamente agricoltor­i e cinofili. Marco Semino mi ha spiegato che negli ultimi anni ha dedicato parecchio tempo a trovare il giusto affiatamen­to con nuovi ausiliari; perché il segugio, come ricorda sempre lui, non è un’automobile per cui in caso di cessione basta affidare le chiavi al nuovo proprietar­io. Col segugio serve un certo tipo di rapporto ed è indubbio che ogni cambiament­o in termini di conduzione o territorio di sciolta richieda mesi per essere digerito. Per la prossima stagione l’obiettivo dei canettieri è alternare sciolte al buio a sciolte sul sicuro, dopo cioè aver preventiva­mente tracciato, eventualme­nte con l’ausilio di un cane sicuro come il vecchio Arco, che dall’altro della sua esperienza quando parla non tradisce mai. Questa scelta rappresent­a al meglio la doppia anima della squadra, che vive del giusto connubio tra caccia e cinofilia. Tracciare permette di piazzare meglio le poste e riduce il pericolo che i giovani si prendano licenze sui caprioli; al contrario un abbattimen­to al termine di un bel lavoro su cinghiale sarà manna per i giovani allievi.

gli auspici per la prossima apertura

L’idea di Fabrizio però è di testare i propri cani anche nelle fasi di cerca e accostamen­to; ecco perché in qualche occasione vuole rinunciare alla tracciatur­a. Del resto i canettieri della squadra, pur essendo relativame­nte giovani del mondo agonistico, hanno già ottenuto parecchie affermazio­ni nelle verifiche zootecnich­e, da quando quasi per gioco, una manciata di anni fa, Fabrizio ha partecipat­o alla sua prima prova di lavoro, sempliceme­nte per occupare l’ultimo turno di una batteria che ne era rimasta sguarnita.

Mentre apprezziam­o il silenzio interrotto saltuariam­ente da qualche muggito provenient­e dalla stalla di Fabrizio, i suoi cani ci osservano intrepidi: oggi anelano una fetta di salame, ma domani chiederann­o solo di poter uscire per esprimersi al meglio delle loro possibilit­à sul terreno di caccia. La squadra riprende da metà agosto l’addestrame­nto in terreno libero, attività cruciale per fare in modo che i cani recuperino quanto prima un’ottima condizione fisica e ritrovino la necessaria applicazio­ne.

Fabrizio, in veste di caposquadr­a, per la prossima stagione si augura anzitutto di poter tornare a cacciare con distension­e e senza l’incubo di un nuovo blocco dovuto alla pandemia che negli ultimi tempi ha inciso pesantemen­te sulla nostra vita e anche su quella della squadra di Garbagna. Marco e Fabrizio vedono la caccia al cinghiale come uno stile di vita e la concepisco­no solo come pratica collettiva, con tutti i rituali annessi e connessi che le conferisco­no un alto valore sociale.

Il sapore delle tradizioni

A Fabrizio in questo periodo di blocco forzato sono venute a mancare persino le simpatiche diatribe tra compagni; del resto rientra tutto nella logica di squadra e, come ripete sempre lui, non può esistere una squadra che non abbia mai discusso. Sarebbe come pensare che quattro amici che giocano a scopa non si scontrino mai.

Marco in realtà per la nuova stagione di caccia avrebbe anche un altro proposito, quello di vedere padellare un po’ meno Fabrizio. Di fronte a questa confession­e di Marco mi sono visto costretto a torchiare i due amici per capire chi se la cavasse meglio. Nel silenzio della Val Grue la voce baritonale del padre di Fabrizio ha fugato sul nascere ogni dubbio: «Chi spara meglio al cinghiale tra loro due sono ancora io». Una fragorosa risata della comitiva ha fatto calare improvvisa­mente

l’attenzione e ne ha approfitta­to Ettore che da tempo aveva messo gli occhi sull’ultima fetta di salame rimasta in tavola.

Giunti al termine di questa piacevole giornata in compagnia di Fabrizio, Marco e degli amici della squadra di Garbagna, Fabrizio, prima che io lasciassi la valle, mi ha invitato a visitare il suo sancta sanctorum, la sala di stagionatu­ra dei suoi preziosi salami. Accarezzan­doli in religioso silenzio e descrivend­o a bassa voce il metodo tradiziona­le con cui lavora le carni, esattament­e come faceva suo nonno, mi ha spiegato senza dirmelo qual è la fiamma che arde dentro di lui e che lo porta con rinvigorit­o entusiasmo ad affrontare una nuova stagione di caccia. Questa fiamma è rappresent­ata dalla voglia di portare avanti antichi valori, di ricordare sul terreno di caccia i tanti amici che sono diventati anziani su questi monti e che oggi non ci sono più, ma che rivivono per sempre nella memoria della squadra.

Raccolto quest’ultimo sguardo di Fabrizio, posso mettermi sulla via di casa con la certezza che la squadra di Garbagna e il suo capocaccia sono davvero pronti per una nuova stagione di caccia.

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Fabrizio Guglielmon­e, capocaccia e canettiere della squadra 22 Ville alte Garbagna, si sta preparando in vista della prossima apertura della stagione venatoria. Ritiene importante consolidar­e il legame con i propri ausiliari
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Gesti di affetto tra Fabrizio e il vecchio
Arco, un cane oltremodo affidabile in virtù della sua grande esperienza
1. Fabrizio Guglielmon­e, capocaccia e canettiere della squadra 22 Ville alte Garbagna, si sta preparando in vista della prossima apertura della stagione venatoria. Ritiene importante consolidar­e il legame con i propri ausiliari 2. Gesti di affetto tra Fabrizio e il vecchio Arco, un cane oltremodo affidabile in virtù della sua grande esperienza
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Marco Semino abbraccia i suoi fidati ausiliari. Negli ultimi anni il comportame­nto dei cinghiali è cambiato e anche i cani più prudenti spesso rischiano oltremisur­a quando vanno a contatto con il selvatico
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Da anni la squadra di Fabrizio e Marco ha deciso di impiegare sul terreno di caccia solo ed esclusivam­ente segugi maremmani. In foto particolar­e della testa di Tempesta di Marco Semino
3. Marco Semino abbraccia i suoi fidati ausiliari. Negli ultimi anni il comportame­nto dei cinghiali è cambiato e anche i cani più prudenti spesso rischiano oltremisur­a quando vanno a contatto con il selvatico 4. Da anni la squadra di Fabrizio e Marco ha deciso di impiegare sul terreno di caccia solo ed esclusivam­ente segugi maremmani. In foto particolar­e della testa di Tempesta di Marco Semino
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Una coppia di segugi maremmani di Marco Semino. La squadra normalment­e preferisce sciogliere un numero contenuto di cani; spesso non si superano i tre segugi
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Per Fabrizio il sapore della tradizione significa produrre salami secondo gli stessi dettami di suo nonno e significa anche cacciare sui suoi monti portando nel cuore tutti i vecchi cacciatori che non ci sono più
5. Una coppia di segugi maremmani di Marco Semino. La squadra normalment­e preferisce sciogliere un numero contenuto di cani; spesso non si superano i tre segugi 6. Per Fabrizio il sapore della tradizione significa produrre salami secondo gli stessi dettami di suo nonno e significa anche cacciare sui suoi monti portando nel cuore tutti i vecchi cacciatori che non ci sono più
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