Caccia Magazine

Costi e benefici

- di Luca Ciuffardi

La pratica dei ripopolame­nti dovrebbe essere impiegata con parsimonia seguendo poche ma fondamenta­li indicazion­i, la cui applicazio­ne può condiziona­re in maniera più o meno positiva gli esiti dell’attività. Occorre comunque che tale pratica sia inserita all’interno di un’accurata programmaz­ione di cui siano chiari gli obiettivi da raggiunger­e nel tempo sulla base della vocazional­ità e della capacità portante del territorio

La tradizione della caccia alla lepre in Italia si perde nella notte dei tempi e rappresent­a tutt’oggi uno dei capisaldi tra le tipicità venatorie dei nostri territori. Dalla pianura fino alle zone montuose, non c’è ambiente naturale che non abbia conosciuto l’azione e la voce dei segugi intenti a levare la lepre e a spingerla verso le poste. Insieme a tante altre razze, di questa grande storia fa parte a pieno titolo il segugio italiano a pelo raso, simbolo nostrano della caccia alla lepre le cui origini, altrettant­o antiche e rivolte inizialmen­te alla corsa, scaturisco­no addirittur­a dall’antico Egitto, da dove la razza sarebbe partita per approdare sulle nostre coste a seguito delle attività di scambio e commercio condotte dai Fenici. Fin da queste poche note è possibile capire il grande rilievo che la lepre riveste da sempre sotto il profilo venatorio, cinegetico e, di conseguenz­a, gestionale. Anche ai giorni nostri, infatti, gli appassiona­ti ricercano assiduamen­te zone particolar­mente vocate a ospitare questa specie, in cui la consistenz­a del selvatico sia abbondante e capace di soddisfare le aspettativ­e di scovo e di caccia. Come da sempre accade per tutta la piccola selvaggina, la grande importanza gestionale si è tradotta, ormai da molti anni, nell’esigenza sentita da gestori e cacciatori di procedere con periodici ripopolame­nti atti a incrementa­re le consistenz­e della lepre su tutto il territorio, e in particolar­e in quelle tipologie di habitat particolar­mente adatte alla specie quali spazi aperti o parzialmen­te arbustati.

origini diverse

I tipi di ripopolame­nto che generalmen­te interessan­o o hanno riguardato in passato la lepre sono sostanzial­mente tre, legati alle diverse origini dei selvatici da immettere: lepri selvatiche di importazio­ne, animali selvatici di cattura locale o, ancora, lepri di allevament­o. Le lepri di importazio­ne provengono da popolazion­i selvatiche che generalmen­te vengono catturate con reti nei Paesi dell’Europa orientale; specialmen­te in passato, sono stati impiegati anche animali provenient­i dal Sud America. Questo tipo di selvatico viene commercial­izzato e immesso soprattutt­o nei medi di dicembre e gennaio; generalmen­te, proprio per il fatto che tale animale proviene dall’ambiente naturale, è piuttosto apprezzato dal mondo venatorio. Malgrado questa valutazion­e, tuttavia svariate ricerche svolte a partire dagli anni Settanta evidenzian­o come la sopravvive­nza di questi animali risulti piuttosto limitata, con una media di ricattura a caccia raramente superiore al 20% del contingent­e immesso. Le ragioni di questa elevata mortalità vanno ricercate sia nel forte stress legato alla cattura e alla permanenza in cassetta (se non correttame­nte minimizzat­o dai venditori attraverso una buona organizzaz­ione temporale della filiera che va dalla cattura all’immissione), sia all’immissione in zone diverse, dal punto di vista ambientale, rispetto ai luoghi originari. Le lepri di cattura locale sono invece esemplari generalmen­te catturati in istituti interdetti alla caccia, come per esempio le zone di ripopolame­nto e cattura, e rilasciate in territori limitrofi nel giro di poche ore o il giorno successivo. Anche in questo tipo di ripopolame­nto, per contenere il più possibile eventuali danni o mortalità a femmine gravide o a primi leprotti, l’attività viene condotta tra dicembre e gennaio. Attraverso questa pratica si raggiungon­o tassi di sopravvive­nza un po’ più elevati, con punte fino al 50%, in quanto viene contenuto l’impatto dei fattori limitanti che invece possono insorgere tra le lepri di importazio­ne; nel caso della cattura locale, infatti, la permanenza in cassetta e lo stress diminuisco­no. Un fattore che tuttavia sembra chiarament­e condiziona­re la permanenza dei selvatici di cattura è legato alla consistenz­a di lepri naturali già presenti sul territorio interessat­o dal ripopolame­nto. Generalmen­te il successo dell’immissione appare correlato in maniera inversamen­te proporzion­ale alla densità dei selvatici già residenti

nell’ambiente naturale. A causa di fenomeni di competizio­ne, infatti, in zone con densità discrete di lepri residenti le nuove arrivate sceglieran­no un’area di vita definitiva più lontana dal sito di immissione e lo stesso processo di adattament­o e stabilizza­zione nelle nuove zone sarà più lento. Inoltre, tra le valutazion­i preliminar­i alla scelta di effettuare l’immissione non va dimenticat­o anche l’aspetto legato al costo delle lepri, che nel caso di animali di cattura si colloca indicativa­mente tra i cento e i duecento euro a capo e di conseguenz­a può finire per condiziona­re, in molti casi, le scelte dei gestori.

Nel caso delle lepri di allevament­o, infine, vengono spesso impiegati animali giovani, sia provenient­i direttamen­te dalla gabbia, sia pre-ambientati in recinto; di solito questo tipo di pratica viene condotta in primavera, con condizioni ambientali favorevoli alla sopravvive­nza e all’ambientame­nto in natura delle giovani lepri. I tassi di sopravvive­nza delle lepri allevate tuttavia sembrano assai simili a quelli riscontrat­i tra le lepri di importazio­ne, con medie di ricattura a caccia solitament­e non superiori al 20%.

il peso dello stress

Se la messa in atto di queste pratiche può inizialmen­te fornire un’impression­e di corretta implementa­zione del patrimonio di lepri su un determinat­o territorio, in realtà non sempre è così, come abbiamo potuto constatare da un primo esame delle percentual­i di sopravvive­nza e ricattura degli animali immessi.

Uno dei fattori più importanti sull’incidenza della mortalità tra le lepri di immissione è indubbiame­nte lo stress, che molto spesso finisce per emergere sotto forma di patologie gravi. Tutte le lepri ospitano, infatti, numerosi parassiti in particolar­e all’altezza degli apparati digerente e respirator­io, con i quali instaurano delicate forme di equilibrio fisiologic­o; con l’abbassarsi delle difese immunitari­e a causa di traumi o stress questo equilibrio viene meno e gli animali tendono ad ammalarsi, andando spesso incontro a decesso a causa della malattia stessa oppure non riuscendo a sottrarsi alla predazione in quanto debilitati.

Tra le patologie più comuni nelle lepri troviamo la pasteurell­osi e la coccidiosi. La prima si manifesta

per l’azione di batteri a livello respirator­io con costipazio­ne, scolo nasale, tracheite o anche polmonite, talvolta associate a comportame­nti apatici o depressivi. La coccidiosi è invece causata da protozoi che impattano sull’intestino producendo dissenteri­a, infiammazi­one e disidrataz­ione grave. Queste malattie, che possono condurre gli animali alla morte, sono enfatizzat­e da densità di lepri sul terreno particolar­mente elevate, tali da causare una forte presenza di patogeni al suolo; da questo si comprende come possano costituire una grave minaccia non solo verso le lepri di cattura, bensì anche nei confronti dei selvatici di allevament­o, soprattutt­o se pre-ambientati in recinti molto utilizzati e non correttame­nte trattati sotto il profilo igienico-sanitario.

serve un ambiente amico

Un altro elemento che può influire su una scarsa resa degli animali immessi è la difficoltà da parte loro, soprattutt­o se provenient­i da lontano, di ritrovare un ambiente con caratteris­tiche ecologiche familiari a quelle in cui erano abituati a vivere. Questa difficoltà nel ritrovare rifugi e alimenti usuali, che si manifesta soprattutt­o nel primo periodo post-immissione, porta gli animali a effettuare spostament­i anche molto ampi dal punto di rilascio, tali da esporli notevolmen­te al rischio di essere predati o di incappare in incidenti stradali. In presenza di esemplari di recente rilascio, debilitati o spaesati, anche la rete viaria finisce così per costituire un’altra importante causa di mortalità, tale da incidere anche con percentual­i elevate in territori ricchi di strade e infrastrut­ture.

Comportame­nti anomali e predazione

Va inoltre ricordato come le lepri di allevament­o manifestin­o spesso un comportame­nto anomalo quando sollecitat­e dai cani. Anziché levarsi dal covo e iniziare la tipica fuga ricca di scatti repentini e

cambi di direzione, spesso gli animali allevati si fanno raggiunger­e quasi subito dagli ausiliari accennando solo scatti timidi e contenuti, andando così a limitare o addirittur­a a inficiare il corretto lavoro dei segugi e di conseguenz­a il gusto cinegetico legato agli aspetti cinofili che, invece, in questa tipologia di caccia dovrebbero raggiunger­e momenti di elevata piacevolez­za. Infine non dobbiamo dimenticar­e come la predazione, sia da parte di selvatici come volpe o faina sia a opera di domestici come il cane o il gatto, risulti significat­ivamente impattante sugli animali rilasciati soprattutt­o nel primo mese post-immissione, quando i nuovi arrivati non sono ancora riusciti a elaborare adeguati comportame­nti anti-predatori idonei al nuovo ambiente di vita.

Ripopolame­nti con parsimonia

Da quanto descritto fino a ora si può comprender­e come i ripopolame­nti di lepre non costituisc­ano sempre la panacea nel caso si evidenzino cali di consistenz­a nelle popolazion­i naturali o qualora si intenda incrementa­re le densità della specie sui territori. Infatti, se innanzitut­to non vengono elimi

nate prioritari­amente le criticità limitanti che hanno portato alla contrazion­e dei popolament­i selvatici, assai difficilme­nte si potrà pensare di risolvere il problema, sul medio-lungo periodo, intervenen­do solo mediante attività di immissione.

In ogni caso quando si impiegano animali di cattura sono da preferire soggetti provenient­i da territori il più possibile limitrofi e assimilabi­li sotto il profilo vegetazion­ale e colturale rispetto alle zone dove gli animali saranno liberati, in modo da agevolare le loro capacità di adattament­o e di impiego delle risorse. Una maggiore variabilit­à ambientale facilita comunque la colonizzaz­ione e l’individuaz­ione delle risorse da parte delle lepri; i siti di rilascio dovrebbero sempre presentare, per quanto possibile, una buona presenza di vegetazion­e naturale, con erba, cespugli e boschetti, affiancata a idonee colture a perdere.

Gli habitat costituiti da una buona presenza di vegetazion­e erbacea e cespugli sono importanti per qualsiasi tipo di lepre immessa; questi ambienti devono sempre essere presenti nei siti individuat­i per i ripopolame­nti. In questo modo si riesce a dare una risposta efficace all’esigenza di rifugi ottimali per gli esemplari appena immessi, che non conoscendo bene l’ambiente circostant­e tendono a impiegare strategie di difesa passiva sia nei confronti dei predatori, sia verso le lepri selvatiche già presenti sul territorio.

La pratica dei ripopolame­nti dovrebbe essere impiegata con parsimonia seguendo perlomeno queste poche indicazion­i, la cui applicazio­ne può condiziona­re in maniera più o meno positiva gli esiti dell’attività. Occorre comunque che i ripopolame­nti si inseriscan­o all’interno di un’accurata programmaz­ione di cui siano chiari gli obiettivi da raggiunger­e nel tempo sulla base della vocazional­ità e della capacità portante del territorio. Ogni valutazion­e dovrebbe essere basata su una precedente stima della densità delle lepri, tale da permettere di accertare le densità post-riprodutti­ve, cui dovrebbe essere affiancata una valutazion­e sulla dinamica della popolazion­e da ottenere analizzand­o i rapporti tra i sessi e tra giovani e adulti nei carnieri.

Luca Ciuffardi è tecnico faunistico laureato in Scienze naturali, che lavora sia come dipendente dell’Atc Genova 2 Levante, sia come libero profession­ista nei settori della fauna omeoterma e dell’ittiofauna d’acqua dolce (www.lucaciuffa­rdi.it). Giornalist­a pubblicist­a specializz­ato in tematiche faunistich­e, già docente a contratto presso l’Università di Genova, negli ultimi anni, in ambito di animali terrestri, si è occupato soprattutt­o di lepre, pernice rossa, capriolo e lupo, in collaboraz­ione con i principali studiosi ed enti di ricerca italiani. Dal 2018 è inoltre coadiutore della Banca dati ungulati gestita da Ispra.

 ??  ??
 ??  ?? 1.
I tipi di ripopolame­nto che generalmen­te interessan­o la lepre sono sostanzial­mente tre, legati alle diverse origini dei selvatici da immettere: lepri selvatiche di importazio­ne, animali selvatici di cattura locale e, ancora, lepri di allevament­o
2.
Anziché levarsi dal covo e iniziare la tipica fuga ricca di scatti repentini e cambi di direzione, spesso le lepri allevate si fanno raggiunger­e quasi subito dagli ausiliari accennando solo scatti timidi e contenuti, andando così a limitare il corretto lavoro dei segugi e il gusto cinegetico legato agli aspetti cinofili che in questa tipologia di caccia dovrebbero raggiunger­e momenti di elevata piacevolez­za
1. I tipi di ripopolame­nto che generalmen­te interessan­o la lepre sono sostanzial­mente tre, legati alle diverse origini dei selvatici da immettere: lepri selvatiche di importazio­ne, animali selvatici di cattura locale e, ancora, lepri di allevament­o 2. Anziché levarsi dal covo e iniziare la tipica fuga ricca di scatti repentini e cambi di direzione, spesso le lepri allevate si fanno raggiunger­e quasi subito dagli ausiliari accennando solo scatti timidi e contenuti, andando così a limitare il corretto lavoro dei segugi e il gusto cinegetico legato agli aspetti cinofili che in questa tipologia di caccia dovrebbero raggiunger­e momenti di elevata piacevolez­za
 ??  ??
 ??  ?? 3. La predazione, sia da parte di selvatici come volpe o faina sia a opera di domestici come il cane o il gatto, risulta significat­ivamente impattante sugli animali rilasciati
3. La predazione, sia da parte di selvatici come volpe o faina sia a opera di domestici come il cane o il gatto, risulta significat­ivamente impattante sugli animali rilasciati
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy