La caccia nella letteratura italiana: gli altri toscani
La nostra letteratura vanta tanti autori eccellenti e, tra di essi, non pochi sono stati quelli che nelle loro opere hanno fatto cenno alla caccia in una o più delle sue molteplici manifestazioni. Non riuscendo a citarli tutti in breve spazio, ci limitiamo alla terra di Toscana, terra dantesca, citando un tris d’assi che hanno incluso in qualche modo un riferimento all’attività venatoria nella loro vasta o vastissima produzione letteraria. Se partiamo dal periodo immediatamente successivo alla scomparsa di Dante (avvenuta nel 1321) e rivolgiamo lo sguardo al suo conterraneo Giovanni Boccaccio, rinveniamo in alcune novelle del Decameron, composto probabilmente tra il 1349 e il 1351, più di un riferimento venatorio. Si pensi alle celeberrime Chichibio e la gru, veramente spassosissima, nella quale viene lodato il brillante ingegno del cuoco veneziano che trova giustificazione alla scomparsa di una coscia succulenta dalla gru cacciata e arrostita per la mensa del padrone e dei suoi commensali.Oppure a Federigo degli Alberighi, il cui falcone è la sola ricchezza per il nobile decaduto che vive in povertà in un piccolo podere, poiché cacciando gli procura di che sostentarsi.
E il Magnifico, cioè Lorenzo de’ Medici, potremmo forse ignorarlo? Un suo poemetto del 1473 reca il titolo, molto eloquente, de L’uccellagione di starne, attività cui Lorenzo si dedicava nelle contrade attorno alla città, insieme ad amici suoi coetanei, avvalendosi di falconi.
Successivamente, sempre in Firenze e dintorni, tocca a Messer Niccolò Machiavelli che, nella Lettera XI a Francesco Vettori, scritta il 10 dicembre 1513, descrive l’uccellare in un suo roccolo, dove si ritirava per ritemprarsi dalle fatiche di diplomatico. “Ho insino a qui uccellato a’ tordi di mia mano. Levavomi innanzi dì, impaniavo, andavone oltre con un fascio di gabbie addosso che parevo el Geta [...] pigliavo el meno dua, el più sei tordi. E così stetti tutto settembre”. Un badalucco, come lo definisce lo stesso Machiavelli, un passatempo di poco conto (rispetto ai suoi compiti istituzionali) che però, una volta finito, gli venne a mancare con suo dispiacere. Insomma, una testimonianza senza dubbio significativa.
Per questi tre grandi personaggi la caccia fu, direttamente o meno, un tassello del quotidiano dei loro tempi e che qui ci pareva opportuno non omettere.