Nuovi servizi nel Biellese
Atc-Ca Biella 1
La morfologia del territorio e la diversità degli habitat in cui ricadono l’ambito territoriale di caccia e il comprensorio alpino Biella 1 offrono una grande varietà di specie selvatiche. L’impegno e la collaborazione con le istituzioni assicurano un’efficiente gestione della fauna e delle attività di caccia e controllo
Il Piemonte occupa la parte nord-occidentale dell’Italia e si estende su una superficie totale di 2.500.000 ettari (è la seconda regione per superficie dopo la Sicilia), di cui un terzo è rappresentato dalle pianure cuneese-torinese, vercellese, biellese, novarese e alessandrina, bagnate dal Po che attraversa la regione da est a ovest; i restanti due terzi sono occupati da rilievi alpini e collinari: le Alpi, che circondano la regione da ovest a
nord, e gli Appennini che, situati al limite con la Liguria e l’Emilia Romagna, ne costituiscono un confine naturale.
La provincia di Biella si sviluppa nel nord del Piemonte per circa 910 chilometri quadrati. Confina a ovest con la Val d’Aosta, è racchiusa a nord e a ovest dalle Alpi biellesi (dominate dal monte Mars, 2.600 metri, e dal monte Bo, 2.556 metri, che si affacciano sul vicino monte Rosa), a sud-ovest dalla catena collinare di origine morenica denominata la Serra di Ivrea che la separa dalla vicina provincia di Torino, a est e a sud dalle pianure coltivate prevalentemente a riso e granoturco. Il territorio biellese è suddiviso in cinque valli, che prendono il nome dai fiumi omonimi che le attraversano: valle Elvo, Oropa, Cervo, Mosso e Sessera. La sua conformazione territoriale è caratterizzata da una disomogeneità molto elevata: è tipicamente un territorio di pianura a sud, con coltivazioni agricole a seminativi; a est vi sono leggere colline, con agricolture pregiate (vigneti); verso nord si trova il comparto alpino biellese, mentre a ovest, ossia verso il Torinese, la collina morenica della Serra. Il clima umido e fresco favorisce una copertura vegetale assai fitta, specialmente nelle basse e medie valli, mentre dove l’azione dell’uomo non è arrivata domina il bosco misto di latifoglie, querce (roveri), betulle, frassini che verso il piano montano cedono il passo ai faggi e alle conifere, ai castagni e agli ontani. Una parte del territorio provinciale è tutelata da tre aree protette regionali, il Parco della Burcina, la Riserva naturale del Sacro Monte di Oropa, la Riserva naturale regionale Baragge-Bessa-Brich Zumaglia, che racchiudono una grande varietà di habitat e una splendida vetrina di
paesaggi, dove la natura incontaminata presenta diversi volti, in un contesto che ospita anche caratteristici paesi e suggestivi ricetti, come quello di Candelo, un complesso fortificato medievale che mantiene ancora intatto il suo aspetto originario, un unicum a livello europeo. Da un punto di vista faunistico, l’habitat così diverso è popolato da molteplici specie selvatiche. L’Ambito territoriale di caccia
Biella 1 pianura e colline biellesi e il Comprensorio alpino alte valli biellesi comprendono 74 comuni, i più popolosi dei quali sono Biella, Cossato, Valdilana, Candelo e Vigliano Biellese, con 62.942 ettari di territorio agro-silvo-pastorale venabile, di cui 39.837 ettari nell’Atc e 23.105 nel Ca. Essendo ai piedi delle Alpi, molti dei comuni interessati alla caccia programmata risultano compresi sia nell’Atc sia nel Ca. Il territorio del comprensorio alpino altimetricamente parte dalla quota collinare a sud e si eleva fino alle creste delle Prealpi biellesi (2.200 metri di altitudine); a est confina con le montagne valsesiane mentre a ovest con quelle del Torinese.
Abbiamo chiesto al presidente Guido Dellarovere di illustrarci i progetti, i programmi e gli interventi per una corretta gestione dell’ambito e del comprensorio alpino Biella 1.
Quale tipo di fauna selvatica è presente sul territorio dell’Atc e quali interventi realizzate per la sua conservazione e per contenere i danni provocati dalle specie invasive e alloctone?
Sul territorio dell’Atc vengono gestite e cacciate varie specie di piccola selvaggina stanziale, mentre nel comprensorio alpino sono presenti popolazioni stabili di tipica alpina cacciabile (gallo forcello, coturnice, pernice bianca); la lepre bianca è protetta da alcuni anni. La popolazione di ungulati nel Ca è composta da cervidi (caprioli e cervi) e bovidi (camoscio e stambecco); come su tutto il resto del territorio nazionale, anche da noi la caccia allo stambecco è vietata.
Durante l’annata venatoria siamo costretti a immettere sul territorio fagiani, di ceppo Mongolia, e da quest’anno stiamo studiando un progetto per reintrodurre la pernice rossa e incrementare la starna nelle zone di ripopolamento e cattura, in maniera da poter farne crescere il numero e consentire ai nostri soci, in un prossimo futuro, di poterla cacciare nel territorio libero.
Le specie migratorie cacciabili sono numerose, ma quelle di maggior fascino e attrazione per i cacciatori migratoristi sono i turdidi, la beccaccia e il colombaccio.
Nel nostro ambito viene praticata la caccia di selezione a cinghiale, capriolo e cervo. La caccia al cinghiale è anche praticata in braccata dalle sette squadre presenti, all’interno delle zone loro assegnate, e a singolo (cane e conduttore debitamente autorizzati) nella zona di pianura, la cosiddetta zona bianca, dove le squadre non possono cacciare. In tutto, dei 698 iscritti all’ambito, 417 sono cinghialai e di questi 287 fanno parte di una delle squadre e 130 cacciano a singolo; nel comprensorio, dei 251 cacciatori
totali 166 cacciano il cinghiale in squadra e, a differenza di quanto avviene nell’Atc, non hanno zone assegnate a rotazione, ma il territorio è completamente libero. Diciamo che nel nostro ambito la specie cinghiale è presente con numeri rilevanti, e attira e appassiona molti praticanti, visto che ci sono diversi cacciatori non residenti che vengono da noi e si affezionano al nostro territorio, adottando il nostro ambito come Atc di residenza; per questo non mi stancherò mai di ringraziarli per l’affetto dimostrato nei nostri confronti. Gli ottimi risultati ottenuti contribuiscono al contenimento della specie sul territorio biellese, riducendo in modo sostanziale i danni provocati alle colture. Non dimentichiamo, però, che anche i caprioli, nelle zone dove vengono coltivati prodotti ortofrutticoli e soprattutto uva, sono impattanti. Mi preme una considerazione: dalle domande che pervengono al nostro
Atc, ho notato che molti giovani che si approcciano all’attività venatoria scelgono la caccia di selezione al capriolo e al cervo perché amano il contatto con la natura, vissuto in solitaria nel silenzio delle nostre valli.
Si registra una massiccia presenza delle specie alloctone e opportuniste, tanto che il nostro territorio si può considerare quasi come un libro che può contenere tutto quello che si può immaginare, comprese quelle specie non cacciabili, ma che comunque si cibano di selvaggina. A gennaio vengono composte delle squadre abilitate per svolgere l’attività di controllo dei corvidi, secondo quanto disposto della Regione Piemonte che autorizza il contenimento delle specie particolarmente impattanti in termini di danni provocati alle colture agricole. Il lupo si sta espandendo velocemente su tutto l’arco alpino e lo scorso giugno è stato segnalato un esemplare di sciacallo dorato ad Arro, una frazione del comune di Salussola. E non dimentichiamo le nutrie e i cormorani. Sono animali che incidono sul territorio, giustamente vivono nella nostra realtà, ma la loro presenza limita la crescita della selvaggina.
Vi rapportate con la Regione sui progetti e le iniziative da intraprendere per una corretta gestione della caccia? E come affrontate l’impatto che l’emergenza Covid-19 ha avuto anche sul mondo venatorio, dopo l’abbandono da parte dei cacciatori delle attività di presidio dei territori agro-forestali e di gestione della fauna selvatica?
Diciamo che più che con la Regione ci rapportiamo con la Provincia. Con essa lavoriamo in sinergia per la tutela della fauna, sia stanziale sia migratoria. Soprattutto collaboriamo per quanto riguarda la gestione delle popolazioni di ungulati, in particolare il cinghiale, realizzando assieme dei piani di intervento e contenimento mirati e congiunti. Con la Regione invece dialoghiamo: è il
nostro organo di riferimento, approva i piani di prelievo e riconosce i danni all’agricoltura nella misura del 90%. Lavoriamomolto, abbiamo in programma parecchi progetti e siamo pronti per diverse azioni innovative: anche se la pandemia ci ha frenati, speriamo di ripartire alla grande e di concretizzare quanto pianificato congiuntamente. Il mondo venatorio rappresenta sicuramente una risorsa insostituibile per poter gestire il territorio. Le persone che ne fanno parte sono le sole che ancora vanno a monitorare e a censire le specie selvatiche presenti. Se non ci fossero i cacciatori, non avremmo dati così precisi e puntuali sulla nostra realtà. Nel Biellese abbiamo un gruppo di persone che quasi quotidianamente lavora a fianco dell’Ambito e del comprensorio alpino per raccogliere tutte le informazioni necessarie per una gestione ottimale della fauna. Se non ci fosse questa fondamentale attività di volontariato, se non ci fossero i cacciatori, se non ci fossero le associazioni venatorie, oggi non potremmo fare quasi nulla. Per fortuna questo mondo di appassionati esiste e dedica tanto tempo, insieme ad Atc, Ca e anche alle aziende faunistico-venatorie, al lavoro sul campo per monitorare con costanza il territorio.
Un’idea o un progetto che il vostro Atc ha realizzato o che vorrebbe realizzare?
Un’idea di cui vado orgoglioso, che ho voluto e realizzato è stata quella di creare, in collaborazione con il comprensorio alpino Verbano-Cusio-Ossola 3, con i conduttori e i loro ausiliari, con il referente di zona Piermario Brenna e il coordinatore Graziano Girlanda, una stazione di recupero degli animali feriti sia durante l’attività venatoria, sia a seguito di incidenti stradali. Con la nuova stagione garantiremo, inoltre, nuovi servizi ai cacciatori: ci convenzioneremo con realtà esistenti per offrire il servizio di stoccaggio della selvaggina in cella frigorifera, andremo a creare la filiera con Asl e Provincia per la commercializzazione delle carni (sulla base del disposto che è in approvazione in Regione Piemonte), effettueremo un costante e attento monitoraggio della specie lupo in modo da correggere i troppi dati a nostro avviso errati e non corrispondenti alla realtà che alcune associazioni di settore diffondono.
Sto inoltre già lavorando per coinvolgere sempre di più tutto il territorio in varie attività legate alla caccia. Già si lavora bene con la Provincia e con la Regione, ma sto allargando il dialogo anche alle aziende faunistico-venatorie. Per esempio, l’azienda faunistica La Fagianella di Cavaglià ha creato un poligono di tiro nel quale i cacciatori possono andare a provare i fucili e a effettuare le sessioni di tiro necessarie per ottenere le abilitazioni venatorie specialistiche; e con un nuovo poligono con linee di tiro fino a 600 metri si potrebbero soddisfare anche quei cacciatori di montagna amanti dei tiri lunghi. Per me questo sarebbe un passo importante e in qualità di presidente provinciale della Federcaccia mi auguro che, come è stato fatto con le aziende, si possa proseguire anche attivando sinergie con tutte le associazioni venatorie. Concludo aggiungendo che in questo periodo abbiamo realizzato diversi corsi per i cacciatori (neofiti e non) in collaborazione con Enalcaccia e Federcaccia; corsi per l’abilitazione alla caccia di selezione, per la sicurezza, per capisquadra per la caccia al cinghiale in braccata. Prossimamente faremo partire anche un corso per selecontrollori nei Parchi e per guardie venatorie volontarie.