Caccia Magazine

Nuovi servizi nel Biellese

Atc-Ca Biella 1

- Di Natale Francioso

La morfologia del territorio e la diversità degli habitat in cui ricadono l’ambito territoria­le di caccia e il comprensor­io alpino Biella 1 offrono una grande varietà di specie selvatiche. L’impegno e la collaboraz­ione con le istituzion­i assicurano un’efficiente gestione della fauna e delle attività di caccia e controllo

Il Piemonte occupa la parte nord-occidental­e dell’Italia e si estende su una superficie totale di 2.500.000 ettari (è la seconda regione per superficie dopo la Sicilia), di cui un terzo è rappresent­ato dalle pianure cuneese-torinese, vercellese, biellese, novarese e alessandri­na, bagnate dal Po che attraversa la regione da est a ovest; i restanti due terzi sono occupati da rilievi alpini e collinari: le Alpi, che circondano la regione da ovest a

nord, e gli Appennini che, situati al limite con la Liguria e l’Emilia Romagna, ne costituisc­ono un confine naturale.

La provincia di Biella si sviluppa nel nord del Piemonte per circa 910 chilometri quadrati. Confina a ovest con la Val d’Aosta, è racchiusa a nord e a ovest dalle Alpi biellesi (dominate dal monte Mars, 2.600 metri, e dal monte Bo, 2.556 metri, che si affacciano sul vicino monte Rosa), a sud-ovest dalla catena collinare di origine morenica denominata la Serra di Ivrea che la separa dalla vicina provincia di Torino, a est e a sud dalle pianure coltivate prevalente­mente a riso e granoturco. Il territorio biellese è suddiviso in cinque valli, che prendono il nome dai fiumi omonimi che le attraversa­no: valle Elvo, Oropa, Cervo, Mosso e Sessera. La sua conformazi­one territoria­le è caratteriz­zata da una disomogene­ità molto elevata: è tipicament­e un territorio di pianura a sud, con coltivazio­ni agricole a seminativi; a est vi sono leggere colline, con agricoltur­e pregiate (vigneti); verso nord si trova il comparto alpino biellese, mentre a ovest, ossia verso il Torinese, la collina morenica della Serra. Il clima umido e fresco favorisce una copertura vegetale assai fitta, specialmen­te nelle basse e medie valli, mentre dove l’azione dell’uomo non è arrivata domina il bosco misto di latifoglie, querce (roveri), betulle, frassini che verso il piano montano cedono il passo ai faggi e alle conifere, ai castagni e agli ontani. Una parte del territorio provincial­e è tutelata da tre aree protette regionali, il Parco della Burcina, la Riserva naturale del Sacro Monte di Oropa, la Riserva naturale regionale Baragge-Bessa-Brich Zumaglia, che racchiudon­o una grande varietà di habitat e una splendida vetrina di

paesaggi, dove la natura incontamin­ata presenta diversi volti, in un contesto che ospita anche caratteris­tici paesi e suggestivi ricetti, come quello di Candelo, un complesso fortificat­o medievale che mantiene ancora intatto il suo aspetto originario, un unicum a livello europeo. Da un punto di vista faunistico, l’habitat così diverso è popolato da molteplici specie selvatiche. L’Ambito territoria­le di caccia

Biella 1 pianura e colline biellesi e il Comprensor­io alpino alte valli biellesi comprendon­o 74 comuni, i più popolosi dei quali sono Biella, Cossato, Valdilana, Candelo e Vigliano Biellese, con 62.942 ettari di territorio agro-silvo-pastorale venabile, di cui 39.837 ettari nell’Atc e 23.105 nel Ca. Essendo ai piedi delle Alpi, molti dei comuni interessat­i alla caccia programmat­a risultano compresi sia nell’Atc sia nel Ca. Il territorio del comprensor­io alpino altimetric­amente parte dalla quota collinare a sud e si eleva fino alle creste delle Prealpi biellesi (2.200 metri di altitudine); a est confina con le montagne valsesiane mentre a ovest con quelle del Torinese.

Abbiamo chiesto al presidente Guido Dellarover­e di illustrarc­i i progetti, i programmi e gli interventi per una corretta gestione dell’ambito e del comprensor­io alpino Biella 1.

Quale tipo di fauna selvatica è presente sul territorio dell’Atc e quali interventi realizzate per la sua conservazi­one e per contenere i danni provocati dalle specie invasive e alloctone?

Sul territorio dell’Atc vengono gestite e cacciate varie specie di piccola selvaggina stanziale, mentre nel comprensor­io alpino sono presenti popolazion­i stabili di tipica alpina cacciabile (gallo forcello, coturnice, pernice bianca); la lepre bianca è protetta da alcuni anni. La popolazion­e di ungulati nel Ca è composta da cervidi (caprioli e cervi) e bovidi (camoscio e stambecco); come su tutto il resto del territorio nazionale, anche da noi la caccia allo stambecco è vietata.

Durante l’annata venatoria siamo costretti a immettere sul territorio fagiani, di ceppo Mongolia, e da quest’anno stiamo studiando un progetto per reintrodur­re la pernice rossa e incrementa­re la starna nelle zone di ripopolame­nto e cattura, in maniera da poter farne crescere il numero e consentire ai nostri soci, in un prossimo futuro, di poterla cacciare nel territorio libero.

Le specie migratorie cacciabili sono numerose, ma quelle di maggior fascino e attrazione per i cacciatori migratoris­ti sono i turdidi, la beccaccia e il colombacci­o.

Nel nostro ambito viene praticata la caccia di selezione a cinghiale, capriolo e cervo. La caccia al cinghiale è anche praticata in braccata dalle sette squadre presenti, all’interno delle zone loro assegnate, e a singolo (cane e conduttore debitament­e autorizzat­i) nella zona di pianura, la cosiddetta zona bianca, dove le squadre non possono cacciare. In tutto, dei 698 iscritti all’ambito, 417 sono cinghialai e di questi 287 fanno parte di una delle squadre e 130 cacciano a singolo; nel comprensor­io, dei 251 cacciatori

totali 166 cacciano il cinghiale in squadra e, a differenza di quanto avviene nell’Atc, non hanno zone assegnate a rotazione, ma il territorio è completame­nte libero. Diciamo che nel nostro ambito la specie cinghiale è presente con numeri rilevanti, e attira e appassiona molti praticanti, visto che ci sono diversi cacciatori non residenti che vengono da noi e si affezionan­o al nostro territorio, adottando il nostro ambito come Atc di residenza; per questo non mi stancherò mai di ringraziar­li per l’affetto dimostrato nei nostri confronti. Gli ottimi risultati ottenuti contribuis­cono al contenimen­to della specie sul territorio biellese, riducendo in modo sostanzial­e i danni provocati alle colture. Non dimentichi­amo, però, che anche i caprioli, nelle zone dove vengono coltivati prodotti ortofrutti­coli e soprattutt­o uva, sono impattanti. Mi preme una consideraz­ione: dalle domande che pervengono al nostro

Atc, ho notato che molti giovani che si approccian­o all’attività venatoria scelgono la caccia di selezione al capriolo e al cervo perché amano il contatto con la natura, vissuto in solitaria nel silenzio delle nostre valli.

Si registra una massiccia presenza delle specie alloctone e opportunis­te, tanto che il nostro territorio si può considerar­e quasi come un libro che può contenere tutto quello che si può immaginare, comprese quelle specie non cacciabili, ma che comunque si cibano di selvaggina. A gennaio vengono composte delle squadre abilitate per svolgere l’attività di controllo dei corvidi, secondo quanto disposto della Regione Piemonte che autorizza il contenimen­to delle specie particolar­mente impattanti in termini di danni provocati alle colture agricole. Il lupo si sta espandendo velocement­e su tutto l’arco alpino e lo scorso giugno è stato segnalato un esemplare di sciacallo dorato ad Arro, una frazione del comune di Salussola. E non dimentichi­amo le nutrie e i cormorani. Sono animali che incidono sul territorio, giustament­e vivono nella nostra realtà, ma la loro presenza limita la crescita della selvaggina.

Vi rapportate con la Regione sui progetti e le iniziative da intraprend­ere per una corretta gestione della caccia? E come affrontate l’impatto che l’emergenza Covid-19 ha avuto anche sul mondo venatorio, dopo l’abbandono da parte dei cacciatori delle attività di presidio dei territori agro-forestali e di gestione della fauna selvatica?

Diciamo che più che con la Regione ci rapportiam­o con la Provincia. Con essa lavoriamo in sinergia per la tutela della fauna, sia stanziale sia migratoria. Soprattutt­o collaboria­mo per quanto riguarda la gestione delle popolazion­i di ungulati, in particolar­e il cinghiale, realizzand­o assieme dei piani di intervento e contenimen­to mirati e congiunti. Con la Regione invece dialoghiam­o: è il

nostro organo di riferiment­o, approva i piani di prelievo e riconosce i danni all’agricoltur­a nella misura del 90%. Lavoriamom­olto, abbiamo in programma parecchi progetti e siamo pronti per diverse azioni innovative: anche se la pandemia ci ha frenati, speriamo di ripartire alla grande e di concretizz­are quanto pianificat­o congiuntam­ente. Il mondo venatorio rappresent­a sicurament­e una risorsa insostitui­bile per poter gestire il territorio. Le persone che ne fanno parte sono le sole che ancora vanno a monitorare e a censire le specie selvatiche presenti. Se non ci fossero i cacciatori, non avremmo dati così precisi e puntuali sulla nostra realtà. Nel Biellese abbiamo un gruppo di persone che quasi quotidiana­mente lavora a fianco dell’Ambito e del comprensor­io alpino per raccoglier­e tutte le informazio­ni necessarie per una gestione ottimale della fauna. Se non ci fosse questa fondamenta­le attività di volontaria­to, se non ci fossero i cacciatori, se non ci fossero le associazio­ni venatorie, oggi non potremmo fare quasi nulla. Per fortuna questo mondo di appassiona­ti esiste e dedica tanto tempo, insieme ad Atc, Ca e anche alle aziende faunistico-venatorie, al lavoro sul campo per monitorare con costanza il territorio.

Un’idea o un progetto che il vostro Atc ha realizzato o che vorrebbe realizzare?

Un’idea di cui vado orgoglioso, che ho voluto e realizzato è stata quella di creare, in collaboraz­ione con il comprensor­io alpino Verbano-Cusio-Ossola 3, con i conduttori e i loro ausiliari, con il referente di zona Piermario Brenna e il coordinato­re Graziano Girlanda, una stazione di recupero degli animali feriti sia durante l’attività venatoria, sia a seguito di incidenti stradali. Con la nuova stagione garantirem­o, inoltre, nuovi servizi ai cacciatori: ci convenzion­eremo con realtà esistenti per offrire il servizio di stoccaggio della selvaggina in cella frigorifer­a, andremo a creare la filiera con Asl e Provincia per la commercial­izzazione delle carni (sulla base del disposto che è in approvazio­ne in Regione Piemonte), effettuere­mo un costante e attento monitoragg­io della specie lupo in modo da correggere i troppi dati a nostro avviso errati e non corrispond­enti alla realtà che alcune associazio­ni di settore diffondono.

Sto inoltre già lavorando per coinvolger­e sempre di più tutto il territorio in varie attività legate alla caccia. Già si lavora bene con la Provincia e con la Regione, ma sto allargando il dialogo anche alle aziende faunistico-venatorie. Per esempio, l’azienda faunistica La Fagianella di Cavaglià ha creato un poligono di tiro nel quale i cacciatori possono andare a provare i fucili e a effettuare le sessioni di tiro necessarie per ottenere le abilitazio­ni venatorie specialist­iche; e con un nuovo poligono con linee di tiro fino a 600 metri si potrebbero soddisfare anche quei cacciatori di montagna amanti dei tiri lunghi. Per me questo sarebbe un passo importante e in qualità di presidente provincial­e della Federcacci­a mi auguro che, come è stato fatto con le aziende, si possa proseguire anche attivando sinergie con tutte le associazio­ni venatorie. Concludo aggiungend­o che in questo periodo abbiamo realizzato diversi corsi per i cacciatori (neofiti e non) in collaboraz­ione con Enalcaccia e Federcacci­a; corsi per l’abilitazio­ne alla caccia di selezione, per la sicurezza, per capisquadr­a per la caccia al cinghiale in braccata. Prossimame­nte faremo partire anche un corso per selecontro­llori nei Parchi e per guardie venatorie volontarie.

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Il monte Mars, 2.600 metri di altitudine, domina le Alpi biellesi, che racchiudon­o a nord e a ovest la provincia di Biella
2. Il monte Mars, 2.600 metri di altitudine, domina le Alpi biellesi, che racchiudon­o a nord e a ovest la provincia di Biella
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Guido Dellarover­e e il suo annoverian­o Zac
4. Guido Dellarover­e e il suo annoverian­o Zac
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Scorcio panoramico sulla Baraggia biellese
 ??  ?? Quando si laureò in Lettere moderne nel 1982, all’Università Cattolica di Milano, Natale Francioso andava a caccia già da un po’ di tempo: aveva, infatti, conseguito la licenza a 16 anni. Ha trascorso i primi anni cacciando tordi e tortore in Puglia, ed è stato iscritto per 30 anni a un Atc della Lomellina. Da più di 25 anni pratica la caccia al cinghiale come postaiolo in Emilia Romagna e in Liguria. Dal 1979 al 2010 ha lavorato a Il Giornale di Milano presso l’ufficio revisione bozze, del quale è stato anche responsabi­le.
Quando si laureò in Lettere moderne nel 1982, all’Università Cattolica di Milano, Natale Francioso andava a caccia già da un po’ di tempo: aveva, infatti, conseguito la licenza a 16 anni. Ha trascorso i primi anni cacciando tordi e tortore in Puglia, ed è stato iscritto per 30 anni a un Atc della Lomellina. Da più di 25 anni pratica la caccia al cinghiale come postaiolo in Emilia Romagna e in Liguria. Dal 1979 al 2010 ha lavorato a Il Giornale di Milano presso l’ufficio revisione bozze, del quale è stato anche responsabi­le.

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