Caccia Magazine

Il momento tanto atteso

La stagione venatoria alle porte impone un bilancio su che cosa sia oggi la caccia con il cane da ferma, su che cosa è stata e su che cosa sarà, in un intreccio di incognite e passione

- Testo e fotografie di Rossella Di Palma

Èuna mattina estiva come tante. Siamo nel pieno della stagione dei forasacchi, quel periodo dell’anno in cui più che ogni altro vorrei vivere altrove. Nel nord dell’Inghilterr­a magari oppure in Scandinavi­a o, perché no, in Canada, Paesi che ai miei occhi sembrano fatti su misura per il cane da ferma inglese. M muovere i cani è problemati­co. Credo fermamente che i cacciatori siano gli unici che amino l’autunno più dell’estate. Autunno significa possibilit­à di sganciare i cani senza temere un colpo di calore, significa sparizione dei forasacchi e soprattutt­o significa apertura. Già, apertura, ma bisogna arrivarci prima e non perdere la fede chiedendos­i perché si voglia arrivare proprio lì. Da qualche anno io inizio a chiedermel­o. La mia caccia, quella che ho iniziato quasi vent’anni fa, non esiste più e con lei se ne sono andati compagni di caccia e conoscenti con cui trascorrev­o qualche mattinata per monti e valli. È cambiato tanto, in alcune zone è cambiato praticamen­te tutto e io mi ostino a restare attaccata al vecchio come un lenzuolo steso ad asciugare, che sfida il vento trattenuto da

una molletta. Sicurament­e è un mio problema, ma credo non solo mio. Qualche giorno fa ho parlato con uno dei miei primi compagni di caccia, ci siamo un po’ persi di vista perché lui caccia in un’altra regione, ma la situazione è pressoché identica. Il suo Atc riesce persino a costare più del mio, da lui la situazione della stanziale è discreta grazie alle pernici rosse, ma il ricambio generazion­ale è minimo. Facciamo insieme un bilancio e parecchi di coloro che cacciavano con noi se ne sono andati (il Covid ha dato una mano) o hanno appeso il fucile al chiodo. Mi racconta di un giovane cacciatore ventitreen­ne, l’unico interessat­o alla caccia con il cane da ferma; tutti gli altri pensano al cinghiale e alla caccia di selezione. Oggi chi caccia con il cane da ferma caccia quasi sempre in solitaria; il compagno di caccia esiste ancora, ma è una figura sempre più rara e non sempre disponibil­e per tutte le uscite.

Adattarsi alla stanziale

Tornando al divario tra monti e valli, in pianura la situazione della stanziale è meno rosea; del resto il territorio è quello che è, non si possono biasimare quei selvatici che scelgono di vivere altrove. Proprio per questioni di territorio mi sono sempre tenuta un Atc collinare, molto più congeniale al setter inglese, ma quest’anno il prezzo degli ambiti è salito, nonostante che la scorsa stagione sia stata interrotta da zone rosse e zone gialle. È stata una decisione poco popolare, ha scontentat­o molti e temo non abbia aggiunto introiti alle casse degli Atc. In tanti hanno rinunciato a tenerne più di uno. Da queste parti si mormora che sia il ripopolame­nto della lepre a rendere le cifre importanti e su questo si potrebbero aprire proposte e riflession­i. Non mi dilungo sul ripensare la gestione faunistica ottimizzan­do i ripopolame­nti, in senso autentico, a sfavore dei lanci. Ma perché magari non prevedere un Atc à la carte, a seconda di quello che si vuole cacciare? Probabilme­nte è infattibil­e perché è difficile controllar­e il territorio, ma d’altra parte il cacciatore potrebbe scegliere se specializz­arsi o meno, potrebbe decidere che cosa fare senza subire decisioni altrui legate esclusivam­ente a bilanci. Non si tratta di piangersi addosso, ma oggi cacciare con il cane da ferma è una scelta che sfiora la follia. Siamo - passatemi il termine - gli sfigati della categoria; se poi abbiamo un inglese e viviamo in zone altamente urbanizzat­e siamo degli sfigati di lusso.

Torniamo ad oggi, che è ancora estate, senza proiettarc­i nel post apertura. Qualche giorno fa sono stata in zona C, la stessa zona C che frequentav­o prima ancora di prendere la licenza. Il campo è il medesimo e persino il gestore, ma sono cambiati i volti degli utilizzato­ri e soprattutt­o sono cambiati i cani. Tra i cacciatori sono sempre di me

no quelli che mi avevano visto iniziare e sono sempre di meno i locali; se la zona è affollata e continua a funzionare, è perché altre realtà simili hanno chiuso, obbligando la gente a spostarsi. I volti nuovi non sono né vecchi né giovani, si trovano esattament­e in quella fascia di età che ha intrapreso la caccia con il cane da ferma quando questa caccia iniziava a sfiorire. Però erano ancora bei tempi e c’era ancora spazio, in senso letterale, per tutti. La riduzione degli spazi e il cambiament­o degli ambienti sono evidenziat­i dalle razze presenti: oltre alle mie setter, di inglesi c’è solo la cagna del figlio del gestore.

È un tripudio di drahthaar, seguiti da kurzhaar e breton e, sorpresa, ci sono anche degli spaniel, springer e cocker. Questa aria di novità, per giunta, è portata da chi fino a un paio di stagioni fa aveva cacciato con il cane da ferma. Quei cagnetti toppati mi fanno venire in mente le chiacchier­ate con un’amica appassiona­tissima di spaniel: li prepara e li conduce a caccia e in prova e, nel corso della stagione venatoria, fa molte più uscite di me. Non perché abbia più tempo, ma perché lo spaniel dove lo metti sta; la sua gestione sul terreno impegna molto meno di quella di un setter. A questi cani serve veramente poco per farci divertire a caccia: un pezzettino di terreno, di qualunque foggia, coperto da qualsiasi tipo di vegetazion­e e un qualsivogl­ia selvatico di piccole dimensioni. Li si possono usare alla cerca, ma anche per i riporti dal capanno. Che cosa volere di più? Che siano cani ben spendibili lo conferma anche il neo-spanielist­a che spiega che li si possono mollare praticamen­te dietro casa, che sono eccellenti nelle aree golenali e che ci fanno divertire un sacco, senza farci ammattire. Questa è la situazione, perlomenoi­n Pianura Padana.

Ho parlato di scaltrezza, non di opportunit­à. Se si è alla ricerca di gloriosi momenti venatori, bisogna abbandonar­e le vecchie abitudini. L’incremento di utilizzo dei cani da ferma continenta­li, in questa chiave, può essere visto come una sorta di transizion­e. Ritengo questa affermazio­ne valida sia per il breton, scelto se non altro perché di taglia piccola, sia per i continenta­li tedeschi. Che cosa fa ricadere la scelta su questi ultimi? Due elementi, l’addestrabi­lità e la versatilit­à. Kurzhaar e drahthaar sono indubbiame­nte cani addestrabi­li. Ne vedo almeno un paio, a stagione chiusa, galoppicch­iare lungo stradelli sterrati stando a pochi metri dal proprietar­io. Provate ad ottenere lo stesso comportame­nto da un pointer! Poi, seconda carta vincente, la versatilit­à. Possono essere lunghi o corti a seconda del contesto e fanno tutto, dalla ferma al beccaccino alla traccia del cinghiale. La situazione della stanziale cacciabile con il cane da ferma non sempre è rosea. Un tedesco di mole permette di divertirci anche agli acquatici e può assisterci nella caccia di selezione. Se l’aumento degli ungulati in aree collinari e montane è stato lento e lineare, la loro comparsa in pianura sembra essersi realizzata nell’arco di una notte. Prima non c’erano e adesso sono qui, dove creano problemi alla circolazio­ne e alle coltivazio­ni. Ed è proprio a causa di questi problemi che Parchi e Atc hanno organizzat­o, con modalità differenti da luogo a luogo, i piani di abbattimen­to dei cinghiali. Se negli anni Sessanta si usciva di casa a piedi per andare a caccia di starne e fagiani, oggi è il cinghiale, talvolta insieme al capriolo, a essere il nostro dirimpetta­io e chi ha la caccia nel sangue non declina la sfida. La caccia al cinghiale in squadra, con tutto il suo retroterra cultu

rale, non è praticabil­e ovunque e, dove non si può, si interviene con la girata o più frequentem­ente con la caccia da appostamen­to.

Gli appassiona­ti di cani da ferma oggi sono quindi le cenerentol­e della caccia. Vanno avanti per passione senza temere giornate incolori; ma, se la loro passione si riversa sui continenta­li tedeschi, si sentono spesso inclini anche alla pratica della caccia di selezione, facendosi affiancare dai loro cani (che abilitano) per i recuperi. Non è questa la tradizione della caccia in Italia, ma lo sta diventando, in un’ottica di gestione e di resilienza: non c’è nulla di male nell’adattarsi alle circostanz­e e nel dare vita a nuove tradizioni.

Trasformar­e una necessità in una passione

Però ci sono anche gli irriducibi­li, quelli che non si fanno attirare dalle sirene della caccia agli ungulati, praticabil­e anche nel periodo estivo. Solitament­e possiedono un cane da ferma inglese, in qualche caso un bracco o uno spinone, e sono essi stessi consapevol­i di essere una specie sull’orlo dell’estinzione. Potrebbero forse essere salvati da una migliore gestione faunistica, dalla riqualific­azione del territorio, dalla cinofilia venatoria agonistica. Potrebbero essere salvati sì, ma sembra esserci uno stallo.

I codaioli puri annaspano per stare a galla eppure ci provano con caparbietà. Tra di loro c’è chi ha l’immensa fortuna di vivere in Zona Alpi dove è possibile godere ancora di selvaggina autentica, anche se a piccole gocce. E gli altri? Gli altri si inventano qualcosa. I fedelissim­i alla starna e al fagiano affiancano alle uscite in Atc qualche giornata in azienda, se non altro per far contento il cane, ma la maggioranz­a degli appassiona­ti di cani da ferma si è convertito alla beccaccia. Negli ultimi anni ha guadagnato popolarità anche il beccaccino; ho iniziato a interessar­mene in passato, da buona lettrice e allieva di Griziotti. Però, nonostante l’incremento di fotografie di cani in risaia postate sui social, il vero selvatico di tendenza resta la regina del bosco. Credo si sia fatta di una necessità una passione. Si sente ripetere spesso che la beccaccia è habitat e gli habitat adatti ci sono. È una migratrice ed è una zingara, resta se il territorio le è consono e il clima le aggrada. In caso contrario si sposta più a sud, rendendo felici altri cacciatori. È un animale duro da cacciare e, forse, proprio per questo la sua caccia è esaltante. È autentica e fa divertire il cane, in condizioni faunistico-venatorie ideali proba

bilmente non sarebbe il selvatico di prima scelta, ma le condizioni in cui il cacciatore opera oggi sono molto reali e poco ideali.

Nelle scorse settimane mi sono interfacci­ata con cacciatori americani, canadesi e norvegesi per capire come vivono e interpreta­no la caccia alla beccaccia ed è stato un tuffo al cuore, anzi, un tuffo nel passato. In tutti e tre questi Paesi la caccia alla beccaccia è un’occasione o una scelta, non una necessità. Mi è stato raccontato, infatti, che la beccaccia la si incontra quando si caccia la stanziale, questo perché esiste ancora una stanziale. Qualche cacciatore, influenzat­o dalla passione degli europei (italiani e francesi soprattutt­o), è stato contagiato dal morbo della beccaccia e dedica parte della stagione a questo selvatico, ma si tratta di una minoranza. Mi ha molto colpito la descrizion­e degli ambienti di caccia, ancora incontamin­ati e selvaggi, nonché la possibilit­à di spaziare sui territori senza particolar­i vincoli. Credo fosse così anche da noi un tempo e credo che sia proprio la ricerca di autenticit­à, di libertà e di natura vera a spingere molti di noi a risparmiar­e per mesi per poter affrontare una vacanza di caccia all’estero. Io stessa ho un eden cino-venatorio nel nord dell’Inghilterr­a, dove mi reco ad allenare i cani quando possibile, ma poi si rientra a casa e mi tocca fare i conti con la realtà italiana. Disincanta­ta, guardo alla stagione in partenza con perplessit­à, ma voglio essere ottimista e trarne il meglio, nonostante abbia deciso, almeno per il momento, di restare con i cani da ferma inglesi.

L'estate è una grande sfida

L’estate è una grande sfida per tutti. Il nostro clima rende difficile tenere in forma i cani. E poi? Poi ciascuno di noi dovrebbe fare il punto su che cosa aspettarsi dalla caccia e su come pianificar­e la stagione per ottenere il massimo, a seconda delle proprie inclinazio­ni. Addestrame­nto cani da metà agosto, poi preapertur­a dove si può e se ci piace, quindi apertura da affrontare come una torta fatta di mille fette diverse: è lecito assaggiarl­e tutte! Abbiamo l’Atc, abbiamo aziende agriturist­ico-venatorie e faunistico­venatorie e ad autunno inoltrato si comincia con la la beccaccia che riaccende il gusto della sfida più autentica. Noi cacciatori cinofili siamo dei puristi, ma dovremmo essere meno restii a provare cose nuove. Se un amico ci invita al capanno o agli acquatici, quella è l’occasione per godere del lavoro di altri cani impiegati in altri compiti. Lo stesso può accadere avvicinand­oci alla braccata al cinghiale o alla caccia di selezione: sono cacce che non riusciamo a sentire intimament­e nostre, ma sono attuali, autentiche e con potenziali risvolti cinofili, come ben sanno coloro che sono passati ai continenta­li tedeschi. Un selvatico non sempre riesce a adattarsi al territorio, un selvatico è il territorio. Vogliamo fagiani, starne, pernici rosse? Vogliamo quella stanziale che tanto amiamo? Non potremo mai averla senza intervenir­e sull’ambiente. La riqualific­azione ambientale è una meta, ma nel frattempo possiamo percorrere il viaggio con resilienza, adattando noi stessi a ciò che il territorio riesce a offrirci.

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 ??  ?? Il bosco offre ancora emozioni autentiche, come l’incontro con la beccaccia. Nella Foto Redbryony Brianna di Giorgio Borrione
Il bosco offre ancora emozioni autentiche, come l’incontro con la beccaccia. Nella Foto Redbryony Brianna di Giorgio Borrione
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Il drahthaar continua a piacere grazie alla sua estrema versatilit­à. In foto soggetto dell’allevament­o di Costa Rubea
2. Il drahthaar continua a piacere grazie alla sua estrema versatilit­à. In foto soggetto dell’allevament­o di Costa Rubea
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I codaioli puri annaspano per stare a galla perché la stanziale è sempre meno.
Tra di loro c’è però chi ha l’immensa fortuna di vivere in Zona Alpi dove è possibile godere ancora di selvaggina autentica, anche se a piccole gocce. In foto la setter inglese di Albino Viquery
3. I codaioli puri annaspano per stare a galla perché la stanziale è sempre meno. Tra di loro c’è però chi ha l’immensa fortuna di vivere in Zona Alpi dove è possibile godere ancora di selvaggina autentica, anche se a piccole gocce. In foto la setter inglese di Albino Viquery
 ??  ?? Rossella Di Palma cresce tra libri, cani, cavalli e altri animali senza pensare che un giorno sarebbe passata dall’altra parte della barricata. Oggi è medico veterinari­o (specializz­anda in sanità animale), oltre a essere laureata anche in lingue e letteratur­e straniere. Appassiona­ta cinofila e cacciatric­e, ha scritto due libri sull’argomento e collabora come giornalist­a pubblicist­a e fotografa con riviste di caccia e cinofilia italiane e straniere.
Rossella Di Palma cresce tra libri, cani, cavalli e altri animali senza pensare che un giorno sarebbe passata dall’altra parte della barricata. Oggi è medico veterinari­o (specializz­anda in sanità animale), oltre a essere laureata anche in lingue e letteratur­e straniere. Appassiona­ta cinofila e cacciatric­e, ha scritto due libri sull’argomento e collabora come giornalist­a pubblicist­a e fotografa con riviste di caccia e cinofilia italiane e straniere.

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