Ottiche da caccia: che cosa ci serve?
In un panorama commerciale sempre più influenzato dalla tecnologia e caratterizzato da strumenti dalle altissime prestazioni, a volte possono sorgere dubbi e incertezze sullo strumento giusto da acquistare. Cerchiamo quindi di capire quali siano gli aspetti imprescindibili e le necessità anche per i cacciatori alle prime armi nella ricerca e nella scelta della dotazione ottica
Binocolo, spektive e ottica da puntamento: un trittico fondamentale che non può mancare nello zaino del cacciatore di selezione. In realtà, vi sono limitatissimi casi in cui il lungo potrebbe anche non servire; in particolare per la caccia alla cerca in ambienti molto vegetati, nei quali il contatto con il selvatico avverrà a distanza ridottissima, rendendo agevole il riconoscimento dello stesso è di fatto inutile, oltre che inutilizzabile, un’ottica a forte ingrandimento. In linea generale però, la strumentazione ottica sarà composta da questi tre strumenti fondamentali.
Ma che cosa ci serve davvero?
Negli ultimi anni abbiamo assistito all’enorme progresso della tecnica anche in ambito venatorio. Le ottiche non fanno eccezione e chi si avventura nella scelta di uno strumento, spesso di valore e costo importante, può trovarsi in imbarazzo nel dover scegliere tra le prestazioni e le caratteristiche proposte dai vari produttori, anche in funzione del tipo di caccia che andrà a svolgere. Cerchiamo quindi di individuare quali siano le caratteristiche che non devono mancare in uno strumento ottico da utilizzare a caccia, per il neofita come per l’appassionato esperto. Se poi, oltre a tali qualità, ve ne saranno altre derivate dalla tecnologia che potranno permetterci di svolgere ancora meglio il nostro lavoro, tanto di guadagnato; tuttavia è importante individuare pochi ma fondamentali punti fermi.
il binocolo è il nostro primo compagno
Il binocolo è il nostro primo compagno, primo anche in senso temporale, perché è quello con il quale nel 99% dei casi avremo il primo contatto visivo con i selvatici. Il riconoscimento dettagliato (con il lungo) e il momento dell’eventuale sparo (con l’ottica da puntamento) sono eventuali passi successivi.
E il binocolo è anche l’ottica con cui avremo il maggior contatto fisico, dovendolo trasportare sempre pronto all’uso e dovendolo utilizzare per scandagliare le estensioni maggiori per lungo tempo.
Primo requisito sarà quindi un peso consono alla caccia che svolgeremo, che in linea di massima va di pari passo con il numero di ingrandimenti. È quindi evidente che la caccia alla cerca, in particolare se esercitata in montagna o comunque in ambienti impervi in cui è importante limitare il peso, necessiti di strumenti più contenuti e leggeri; un 7x o 8x saranno più che sufficienti. La caccia all’aspetto, o comunque quella da cui non ci dobbiamo aspettare uno sforzo fisico importante, può invece abbinarsi anche a strumenti più prestanti e pesanti, che avranno il vantaggio di farci distinguere anche a distanze maggiori le caratteristiche di uno specifico animale.
Attenzione però: maggiori ingrandimenti significano anche un minore campo visivo; ciò vuol dire che, a parità di distanza, un binocolo (o in generale un’ottica) con maggiori ingrandimenti inquadrerà una porzione di territorio inferiore, con una potenziale maggiore difficoltà a inquadrare il dettaglio precedentemente osservato a occhio nudo. È quindi importante, all’acquisto di un nuovo binocolo, impratichirsi per qualche tempo prima del suo utilizzo sul campo.
Il binocolo passerà con noi molto tempo all’aria aperta e alle eventuali intemperie, per cui è necessario che abbia caratteristiche di impermeabilità che possano evitarci brutte sorprese. Pertanto non dovrà permettere all’acqua di penetrare all’interno degli oculari causando condensa e dovrà avere un rivestimento adeguato a impedire all’umidità o alla sporcizia di entrare a contatto con le parti sottostanti. Il rivestimento dovrà anche essere silenzioso in caso di urti, elemento fondamentale soprattutto alla cerca, e confortevole nell’uso prolungato, senza asperità o particolari troppo duri. Per questo motivo la quasi totalità dei binocoli da caccia è rivestito in gomma o in materiale sintetico antiurto.
Sulle specifiche qualità ottiche di un buon binocolo si potrebbero scrivere interi volumi in materia tecnica; limitandoci all’essenziale, dovrà innanzitutto possedere una buona luminosità anche in condizioni di luce piuttosto critiche. Ciò dipende innanzitutto dal diametro della lente di entrata (la lente opposta a quella in cui guardiamo): una lente più grande corrisponde a più luce in entrata e maggiore luminosità. Ma un fattore determinante in questo senso è anche la qualità intrinseca delle lenti e i trattamenti cui sono state sottoposte. È evidente che lenti di maggiore qualità, trattate per un passaggio ottimale della luce, potranno fare la differenza in caso di luce scarsa.
Importanti nel valutare un nuovo binocolo, sono anche la fedeltà dei colori, la presenza o meno di distorsioni al margine del campo visivo o di strani riflessi all’atto dell’uso con luce intensa.
il cannocchiale da osservazione: lungo ma indispensabile
Il lungo, o spektive, è quello che ci permette di esaminare nei dettagli i selvatici, per determinarne le caratteristiche e raffrontarle con ciò che stiamo cercando.
Per quanto riguarda il peso, la resistenza agli agenti atmosferici e la luminosità, vale in generale quanto già detto per il binocolo. Meritano invece un approfondimento i temi della linea costruttiva e degli ingrandimenti.
Nel primo caso, la scelta si divide tra il lungo a soffietto, o comunque con oculare in linea con la lente frontale, e quello angolare, in cui la lente di osservazione e quella frontale formano un angolo. Premesso che lo spektive a soffietto (sostanzialmente a struttura retrattile telescopica) ha un fascino anche storico e il vantaggio della compattezza nel trasporto (anche se un maggior rischio di entrata di polvere e pulviscolo all’interno del tubo), unitamente ai lunghi in linea è utilizzabile con successo in caso di caccia in pianura o da altana, preferibilmente con l’ausilio di un cavalletto o treppiede. Risulta invece del tutto controproducente per la caccia alpina, laddove gli angoli e le pendenze naturali dell’ambiente costringerebbero l’utilizzatore a posture del tutto innaturali, scomode e faticose in caso di osservazione prolungata. In tal caso è quindi necessario affidarsi a un buon angolare. Anche se l’intuito potrebbe farci ritenere necessario un ingrandimento molto alto, ciò non è del tutto vero. Cominciamo col dire che per sua natura lo spektive moderno ha ingrandimenti variabili, orientativamente tra 20x e 60x. È però evidente che spingendo al massimo gli ingrandimenti avremo necessariamente un peggioramento della nitidezza e della luminosità, e una maggiore difficoltà a tenere inquadrati gli oggetti in presenza di vibrazioni o movimenti anche millimetrici. È opportuno quindi non farsi affascinare da ingrandimenti da telescopio astronomico, ma cercare il miglior compromesso tra qualità delle lenti, relativa luminosità e un numero di ingrandimenti non esasperato, ma sufficiente a dettagliare un animale selvatico alle distanze che riteniamo maggiormente frequenti nella caccia che svolgiamo abitualmente. Personalmente, soprattutto nella caccia in montagna, mi accontento di appoggiare il lungo sullo zaino nel modo più fermo possibile.
Per chi sopporta anche qualche grammo extra nello zaino o in caso di caccia da appostamento, un buon suggerimento è quello di munirsi di un piccolo cavalletto (ne esistono di veramente compatti e leggeri) che possa agevolare la stabilità in fase di osservazione.
tecnologia o tradizione? A ognuno il suo
E veniamo, al protagonista, insieme all’arma, dell’auspicato prelievo del selvatico giusto: il cannocchiale da puntamento. Su di esso si è forse concentrato il maggiore progresso tecnologico, su cui ci sarebbe da discutere per settimane. Torrette e programmi balistici, compensatori di caduta, ottiche illuminate eccetera sono tra i protagonisti assoluti di pubblicazioni, fiere di settore e programmi televisivi. È giusto che ognuno faccia la propria scelta, adeguata alle proprie esigenze e competenze. E nemmeno può dirsi corretto essere contrari a priori alle inevitabili innovazioni, altrimenti cacceremmo ancora con bastoni, archi e frecce. Ciò che a mio parere deve essere chiaro è che la tecnologia, nella caccia come in ogni altro ambito, deve essere in grado di farci fare meglio ciò che già facciamo. Quindi il progresso tecnico va innanzitutto appreso e padroneggiato
a lungo e solo dopo utilizzato sul campo, tenuto conto del fatto che, per noi cacciatori, un utilizzo errato o superficiale di uno strumento iper-tecnologico potrebbe significare sofferenze inutili e ingiustificabili per il selvatico che abbiamo cacciato. Detto questo, va ribadita nuovamente la necessità di avere uno strumento adeguato all’uso che ne faremo.
Per una caccia alla cerca nel bosco, in cui potremo aspettarci quasi un corpo a corpo con un capriolo o un cervo, sarà sufficiente e ottimale un’ottica variabile compatta con massimo otto ingrandimenti e lente frontale da 42 millimetri (se non addirittura un fascinosissimo piccolo 6x o 8x fisso).
Viceversa, per una caccia in ambienti aperti con garanzia di un buon appoggio in sede di sparo e la possibilità di tiri anche medio-lunghi (confesso di non considerare nelle mie corde quelli iper-lunghi) ci potremo dotare di un buon variabile fino a 12, massimo 15 ingrandimenti, con lente frontale da 50 millimetri, o anche 56 in caso di luce particolarmente scarsa, con reticolo inderogabilmente sul secondo piano focale (e quindi non soggetto a variazioni dimensionali) e magari dotato di punto rosso centrale illuminato che, se tenuto al minimo, negli ultimi minuti di luce può fare davvero la differenza. Certamente la qualità e la robustezza delle lenti saranno fondamentali per un uso confortevole del nostro cannocchiale nei brevi istanti in cui spesso l’adrenalina si fa sentire e necessitiamo di uno strumento affidabile, che non ci pianti in asso. Un piccolo suggerimento a margine: teniamo sempre presenti la qualità e il controllo periodico degli attacchi, punto di contatto tra l’arma e l’ottica, che deve sempre essere in perfetta efficienza, a pena di risultati deludenti, se non disastrosi, anche con il miglior cannocchiale del mondo.
Il breve elenco proposto comprende i requisiti minimi e fondamentali di una buona dotazione di ottiche. Evidentemente la qualità si paga, ma il mio consiglio spassionato è quello di accettare anche un piccolo investimento economico, che però darà sicuramente i suoi frutti in termini di durata, comfort e costanza di utilizzo per i lunghi anni in cui ci dedicheremo alla nostra passione.
Enrico Garelli Pachner ha praticato la caccia in pianura con il cane da ferma dal 1989 al 2001 poi, pur non abbandonandola, ha iniziato a dedicarsi quasi esclusivamente alla caccia a palla. Attualmente frequenta due Comprensori alpini piemontesi, il CATo2 (Alta Valle Susa) e il CATo4 (Valli di Lanzo), a cui aggiunge alcune uscite annuali all’estero, prevalentemente al camoscio.