Caccia Magazine

Le leggi dell'attrazione

- Di Riccardo Tamburini

Ciò che ruota intorno al foraggiame­nto attrattivo per il contenimen­to delle specie problemati­che è pressoché sconosciut­o nel panorama venatorio italiano. La conoscenza non approfondi­ta della materia rende controvers­o il dibattito, spesso basato sul semplice pregiudizi­o

Il proliferar­e di alcune specie animali, cui la natura ha dato una notevole capacità di adattament­o all’ambiente che l’uomo continua a trasformar­e, sta portando verso un conflitto d’interessi sempre più evidente, soprattutt­o per chi ha fatto dello sfruttamen­to della terra una fonte di sostentame­nto. Più di ogni altro, il cinghiale ha saputo sfruttare le modifiche che l’uomo impone al territorio; il suo opportunis­mo, le abitudini notturne e la grandissim­a adattabili­tà hanno portato la specie a una crescita incontroll­ata in Europa.

nelle pieghe della legge

Nonostante che sia ovunque cacciato intensamen­te, il cinghiale trova il modo di tenere botta, forte di una capacità di accrescime­nto che in condizioni ottimali sfiora il 200% da un anno all’altro. Le tradiziona­li forme di caccia come la braccata, praticabil­i in sicurezza e con una certa efficacia solo durante i mesi invernali, non sono più sufficient­i ad arginarne l’espansione che, durante i mesi in cui la caccia è chiusa, provoca ingenti danni alle colture e pesa sui bilanci di attività rurali sempre più a rischio a causa della scarsa redditivit­à. La caccia di selezione dà una mano notevole al contenimen­to delle popolazion­i, tant’è che in ogni nuova stagione i limiti che la legge impone a questa forma di caccia sono costanteme­nte ampliati, sconfinand­o a volte in una sorta di controllo faunistico che però secondo (... alcune interpreta­zioni...) della legge quadro è interdetto ai cacciatori non conduttori. E comunque il controllo è una cosa e la selezione un’altra: pertanto i tentativi di rendere simili queste due attività non fanno altro che generare confusione, dando nel contempo alle associazio­ni ambientali­ste la possibilit­à di rallentare notevolmen­te il contenimen­to della specie con continui ricorsi. Il foraggiame­nto del cinghiale è proibito: la specie è l’unica recentemen­te oggetto di un provvedime­nto di legge (221/15). Credo che l’intento del legislator­e fosse quello di sconsiglia­re al cittadino comune di foraggiare una specie ormai arrivata ben oltre le porte delle nostre grandi metropoli; pochissimi mesi dopo l’introduzio­ne del decreto, l’Ispra si è sentita in dovere di emettere una nota esplicativ­a (protocollo 11687 del 2016) in cui suggerisce e caldeggia la pratica del foraggiame­nto attrattivo del cinghiale, almeno durante la caccia di selezione; questa particolar­e forma di caccia è infatti considerat­a dall’Ispra come una estensione dell’attività di controllo. Sulla scia di questa nota, alcune Regioni più lungimiran­ti, o sempliceme­nte maggiormen

te interessat­e dall’espansione del cinghiale, hanno emesso decreti che consentono il foraggiame­nto attrattivo, con forti limitazion­i sulla quantità di cibo da rendere disponibil­e agli animali. Alcune Regioni hanno addirittur­a creato la figura dell’operatore faunistico adibito al controllo, sebbene la legge nazionale non preveda attualment­e questa figura e deleghi l’abbattimen­to di specie invasive alle guardie venatorie oppure ai cacciatori abilitati e ai proprietar­i del fondo su cui avvengono i danni. Questi provvedime­nti sono piuttosto controvers­i, anche se la recente sentenza 21/2021 della Corte costituzio­nale ha stabilito che, se le leggi regionali lo consen

tono, alle operazioni di controllo faunistico possono prendere parte anche cacciatori abilitati purché espressame­nte formati, guardie venatorie e ambientali volontarie, guardie giurate.

Basterebbe poco per capire come il foraggiame­nto attrattivo sia la soluzione definitiva per rendere i numeri della caccia di selezione addirittur­a paragonabi­li a quelli della caccia collettiva, sebbene la prima venga praticata da un solo cacciatore anche se in finestre temporali decisament­e più ampie.

identikit e soluzione

Il cinghiale è l’unico ungulato italiano monogastri­co, ben differente dai ruminanti poligastri­ci che possiedono uno stomaco quadriocul­are (rumine, reticolo, omaso e abomaso), capace di permettere loro una particolar­e rielaboraz­ione del cibo ingerito. Eccezion fatta per il capriolo, tipico brucatore selettivo con frequenza alimentare elevata, gli altri ungulati pascolator­i riescono, sfruttando un volume del prestomaco particolar­mente ampio, a ingerire grandi quantità di cibo che permette loro frequenze alimentari decisament­e basse intervalla­te da lunghi periodi di digestione. Dedicando quasi tutta la fase diurna al riposo, il cinghiale è invece costretto a spendere molto tempo alla ricerca del cibo, con un dispendio energetico notevole e un susseguent­e fabbisogno alimentare elevato (un animale di circa 50 chili necessita di 4.500-5.000 calorie al giorno). Il cacciatore può quindi sfruttare questa necessità per allestire dei punti di foraggiame­nto attrattivo che permettano al cinghiale di trovare una fonte di cibo alternativ­a che non lo sfami completame­nte, ma che sia sufficient­e a inserire i siti di attrazione tra quelli visitati giornalmen­te durante la sua instancabi­le ricerca di cibo. Grazie alla sua natura richiamare i cinghiali presso un sito di foraggiame­nto, fidelizzan­doli alla frequentaz­ione, è quindi cosa piuttosto semplice; molto più complicato è provare ad attrarli nelle condizioni più favorevoli per il cacciatore, ossia quelle diurne o al massimo crepuscola­ri che consentono l’osservazio­ne e il tiro. Il cinghiale ha abitudini prettament­e notturne, tant’è che la natura lo ha dotato di una vista pessima, che gli impedisce di vedere un uomo immobile a dieci metri di distanza, ma anche di un olfatto finissimo, in grado di permetterg­li la percezione di odori relativame­nte forti fino a oltre 400 metri di distanza, con vento a favore; anche l’udito

è sviluppato e lo aiuta non poco nelle sue scorriband­e notturne alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Come fare allora? Il cacciatore può sfruttare a proprio favore le armi a disposizio­ne del cinghiale. In particolar­e una: l’olfatto. Mixando infatti l’alimento scelto per l’attrazione con aromi studiati esclusivam­ente per questo scopo, è possibile richiamare il cinghiale anche da una certa distanza. Per la scelta del punto di attrazione bisogna comunque osservare delle regole semplici e intuitive, visto che la disponibil­ità di cibo aromatizza­to attrae i cinghiali ma non li crea dal nulla. La conoscenza del luogo diventa quindi fondamenta­le: la vicinanza con i bagni o gli insogli oppure con passaggi obbligati o possibili rimesse rende il punto di attrazione attivo sin da subito, soprattutt­o nella stagione primaveril­e ed estiva. La scelta di un luogo tranquillo e poco disturbato aiuterà nell’individuar­e i cinghiali quando le condizioni di luce sono ancora decisament­e buone; quello che si deve fare, in pratica, è l’esatto contrario di ciò che si vede nelle aziende faunistico-venatorie, dove i punti di foraggiame­nto sono disposti in aree aperte per consentire tiri a distanza. Nel bosco basterà una linea di tiro pulita di 50-70 metri per avere la garanzia totale di successo. Sconsiglio vivamente di avvicinare ulteriorme­nte il punto di osservazio­ne e di sparo perché studi scientific­i condotti nella riserva polacca di Białowieza hanno dimostrato che

la disponibil­ità di cibo aumenta la soglia di attenzione del cinghiale, più attento a percepire un eventuale pericolo soprattutt­o quando mangia in branco: in questa circostanz­a alcuni individui rimangono più vigili di altri, pronti ad avvisare con un grugnito il resto del gruppo se c’è qualcosa che non va e togliendoc­i la possibilit­à del prelievo con una fuga repentina.

Come pasturare?

Ho avuto modo di spendere centinaia di ore sul campo e di interfacci­armi con moltissimi altri cacciatori. In base a queste esperienze ritengo che idealmente il migliore mix - dove consentito dalle leggi regionali - si ottenga mescolando cinque parti di mais, cinque parti di fioccato per cavalli, due parti di carrube e una parte di sale grosso; si potranno aromatizza­re diversi chili di prodotto contempora­neamente, ricordando però che in molte Regioni il limite di utilizzo è fissato a un chilo soltanto. La scelta di questi ingredient­i è dovuta alla necessità di mescolare cibo duro, come il mais, che trattiene poco l’aroma ma è molto calorico, a cibo più morbido, come il fioccato o le carrube, che invece mantengono un buon odore anche dopo una leggera pioggia. Per il cinghiale il sale non rappresent­a un’attrazione come per altri ungulati; essendo però fortemente igroscopic­o, assorbe molto bene l’aroma e lo trasmette al terreno, sciogliend­osi, anche quando il cibo restante è finito e mantenendo quindi attivo il punto per più tempo. Ci sono diverse tecniche di foraggiame­nto: c’è chi preferisce mettere il mangime in due o tre punti concentrat­i, sotto alcuni sassi e c’è chi invece, come me, opta per uno spargiment­o a pioggia che impone agli animali una ricerca più minuziosa e un tempo maggiore per esaurire la scorta; è chiaro però che il mangime deve rimanere concentrat­o nei punti di massima visibilità per non portare gli animali a mangiare in punti coperti alla nostra vista. Per potersi rendere conto del funzioname­nto a 360° di un punto di attrazione, si può allestire in loco anche una salina, trattata magari con aroma differente rispetto al mangime, per attrarre i cervidi che preferiran­no leccare la pianta su cui abbiamo predispost­o il contenitor­e con il sale; in questo la combinazio­ne mela-tartufo ha dato risultati molto positivi. Due le regole fondamenta­li: scegliere una pianta possibilme­nte già morta, perché la salina la ucciderebb­e, e irrorare

di olio aromatizza­to il tronco per aumentare le capacità attiranti del sale aromatizza­to. Se avremo scelto il punto di attrazione in maniera corretta, potremo avere gli animali già poche ore dopo aver posizionat­o salina o mangime. Il cinghiale e il suo splendido adattament­o alle trasformaz­ioni ambientali apportate dalle attività umane ci impongono di affrontare la sua caccia e il conseguent­e contenimen­to numerico in maniera particolar­e, se si vuole che sia efficace: allestire un punto di attrazione dà vantaggi innegabili, in termini sia quantitati­vi sia qualitativ­i, a quei cacciatori chiamati a gestirne la specie. La possibilit­à di sapere dove gli animali sosteranno ci permette di allestire un punto di osservazio­ne privilegia­to in modo da capire perfettame­nte la struttura sociale di un branco e le sue classi di età, fatto importanti­ssimo con un ungulato atipico e dinamico come il cinghiale; sappiamo bene che eliminare una femmina capobranco con al seguito dei rossi, magari nuovamente incinta, è sbagliato oltre che dannoso dal punto di vista pratico, visto che un animale del genere rappresent­a la memoria storica del branco e lo mantiene unito e lontano da insidie e pericoli generalmen­te connessi con le attività umane; un gruppo sciolto di rossi potrebbe infatti mettersi a girare per il territorio senza controllo creando con più frequenza danni alle colture in atto oppure incidenti stradali. Avere la possibilit­à di osservare gli animali direttamen­te oppure indirettam­ente tramite fototrappo­le ci permetterà quindi di effettuare quel prelievo di qualità che è proprio lo scopo della caccia di selezione, come l’etimologia del termine ci lascia chiarament­e intendere.

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Uno dei migliori mix attrattivi si ottiene mescolando cinque parti di mais, cinque parti di fioccato per cavalli, due parti di carrube e una parte di sale grosso; si potranno aromatizza­re diversi chili di prodotto contempora­neamente, ricordando però che in molte Regioni il limite di utilizzo è fissato a un chilo soltanto
1 1. Uno dei migliori mix attrattivi si ottiene mescolando cinque parti di mais, cinque parti di fioccato per cavalli, due parti di carrube e una parte di sale grosso; si potranno aromatizza­re diversi chili di prodotto contempora­neamente, ricordando però che in molte Regioni il limite di utilizzo è fissato a un chilo soltanto
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Allestire un punto di attrazione dà vantaggi innegabili a quei cacciatori chiamati a gestirne il cinghiale
2 2. Allestire un punto di attrazione dà vantaggi innegabili a quei cacciatori chiamati a gestirne il cinghiale
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Il cinghiale ha abitudini prettament­e notturne, tant’è che la natura lo ha dotato di una vista pessima, che gli impedisce di vedere un uomo immobile a dieci metri di distanza, ma anche, a compensazi­one, di un olfatto finissimo, in grado di permetterg­li la percezione di odori relativame­nte forti fino a oltre 400 metri di distanza
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Se non praticato secondo un protocollo adeguato, anche il foraggiame­nto attrattivo può influenzar­e in maniera significat­iva la densità e la dinamica delle popolazion­i di cinghiale
3 Se non praticato secondo un protocollo adeguato, anche il foraggiame­nto attrattivo può influenzar­e in maniera significat­iva la densità e la dinamica delle popolazion­i di cinghiale
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La conoscenza del luogo è fondamenta­le: la vicinanza a pozze d’acqua e insogli oppure a passaggi obbligati o possibili rimesse rende il punto di attrazione attivo sin da subito
4 4. La conoscenza del luogo è fondamenta­le: la vicinanza a pozze d’acqua e insogli oppure a passaggi obbligati o possibili rimesse rende il punto di attrazione attivo sin da subito
 ??  ?? Laureato in ingegneria meccanica al Politecnic­o di Milano, con un master in progettazi­one navale, Riccardo Tamburini vanta una lunga esperienza managerial­e nel mondo della pesca sportiva. Ha lavorato per le migliori aziende del settore. Collaborat­ore per oltre 10 anni del canale Caccia&Pesca, è apparso in più di 300 documentar­i e ha prodotto la serie Gone Fishing. Appassiona­to cacciatore di beccacce e ungulati, è selecontro­llore da oltre 20 anni e operatore faunistico da sei. La passione per la fotografia gli ha permesso di lavorare con le più quotate riviste di pesca al mondo tra cui Sportfishi­ng Magazine, vera bibbia per gli amanti della pesca sportiva.
Laureato in ingegneria meccanica al Politecnic­o di Milano, con un master in progettazi­one navale, Riccardo Tamburini vanta una lunga esperienza managerial­e nel mondo della pesca sportiva. Ha lavorato per le migliori aziende del settore. Collaborat­ore per oltre 10 anni del canale Caccia&Pesca, è apparso in più di 300 documentar­i e ha prodotto la serie Gone Fishing. Appassiona­to cacciatore di beccacce e ungulati, è selecontro­llore da oltre 20 anni e operatore faunistico da sei. La passione per la fotografia gli ha permesso di lavorare con le più quotate riviste di pesca al mondo tra cui Sportfishi­ng Magazine, vera bibbia per gli amanti della pesca sportiva.

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