Prelievo del capriolo: quando, quanti e perché
Un ripasso dei principi biologici che stanno alla base del prelievo del capriolo e che sono il pilastro intorno al quale vengono costruiti i piani di abbattimento
Il prelievo, a prescindere dalla metodologia utilizzata, costituisce un’interferenza per le popolazioni selvatiche in grado di modificarne la composizione e la struttura, con ripercussioni anche nel lungo termine. Il prelievo quindi, incluso quello del capriolo, deve essere svolto secondo modalità che, oltre ad assicurarne la sostenibilità, consentano anche il perdurare dei processi di selezione naturale in atto, in modo tale da limitare le interferenze nel processo evolutivo delle popolazioni stesse. Pertanto una corretta ripartizione degli abbattimenti nelle diverse classi di sesso ed età, che rappresentano la struttura di una popolazione naturale, diventa un imperativo irrinunciabile.
Alla base del prelievo del capriolo (ma anche delle altre specie di ungulati) vi sono una serie di aspetti dipendenti dalle caratteristiche ambientali, biologiche e comportamentali della singola specie oggetto di gestione così sinteticamente rappresentati: 1. caratteristiche e produttività del territorio di intervento;
2. classi di sesso e d’età oggetto di prelievo;
3. quantità degli animali da prelevare, totali e distinti per classe; 4. periodo degli interventi; 5. tecnica di prelievo utilizzata. Nella predisposizione di un qualunque piano di abbattimento la prima cosa da tenere in considerazione è l’obiettivo gestionale prefissato: di mantenimento, di incremento e di decremento. A seconda di tale in
dirizzo, il prelievo risulterà maggiore o minore e andrà a interessare, in modo diverso, le diverse classi sociali, anche se, in ogni caso, dovrà avvenire rispettando la struttura naturale della popolazione.
In linea generale il prelievo degli ungulati deve quindi:
1. risultare indirizzato alla sola specie bersaglio senza arrecare disturbo alle altre specie;
2. consentire il raggiungimento e il mantenimento di densità animali ottimali in relazione alle caratteristiche del territorio sottoposto a gestione e della specie oggetto di gestione; 3. consentire il mantenimento del naturale rapporto tra sessi (sex ratio) e tra classi d’età;
4. consentire la protezione delle classi riproduttive (fatto salvo il caso in cui l’obiettivo sia il decre
mento della specie), per risultare maggiore nei confronti delle classi giovani sulle quali opera già la selezione naturale;
5. garantire al cacciatore la possibilità di scelta dell’animale assegnato da abbattere, pur con la precisazione che la selezione basata sulle caratteristiche morfologiche e/o comportamentali dei singoli individui è quasi sempre velleitaria e/o arbitraria;
6. consentire l’effettuazione del prelievo in un arco temporale il più ampio possibile (senza causare impatto alle altre componenti faunistiche e ambientali) a seconda della classe sociale interessata;
7. evitare inutili stress e sofferenze all’animale e, nello stesso tempo, garantire il mantenimento di caratteristiche organolettiche ottimali alla carne prodotta.
La gestione venatoria del capriolo deve essere quindi indirizzata alle singole popolazioni faunistiche, tenendo conto delle esigenze biologiche ed ecologiche della specie. In ogni caso dovrà essere attuata sulla base di un programma di azioni e di interventi almeno quinquennale, finalizzato al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
un'accurata analisi ambientale
Lo scopo principale di un qualunque piano di abbattimento è quello del raggiungimento o del mantenimento di densità ottimali, sia dal punto di vista della biologia della specie (densità biologica), sia per quanto riguarda la sostenibilità ambientale (densità agroforestale). La densità ottimale varia a seconda delle caratteristiche e dell’utilizzo del territorio, ma anche del tipo di specie oggetto di gestione; l’impatto arrecato dal capriolo è, indubbiamente, minore rispetto a quello del cervo o del cinghiale. Annualmente ogni popolazione si accresce con una velocità legata a numerosi fattori, sia biologici sia ambientali. Tale parametro, conosciuto come incremento utile annuo e corrispondente alla differenza tra tasso di natalità e tasso di mortalità, viene misurato al termine dell’inverno, così da ricomprendere la mortalità invernale sugli esemplari del primo anno di vita. Il tasso di natalità e quello di mortalità sono parametri strettamente legati alla biologia della specie, con riferimento alla fecondità (nu
mero di nati per parto, che nel caso del capriolo è generalmente di uno al primo anno e di due negli anni successivi) e alla sopravvivenza (durata della vita che nel capriolo può arrivare anche a 18 anni nelle femmine e a 15 nei maschi). Uno degli obiettivi del piano di prelievo resta quello del massimo rendimento possibile con il minimo sforzo gestionale richiesto: gli abbattimenti, in una popolazione in equilibrio, dovrebbero riguardare solo gli interessi (incremento utile annuo), lasciando inalterato il capitale.
La gestione del capriolo non può quindi prescindere da un’accurata analisi ambientale che avrà come obiettivo quello di individuare gli elementi di forza e di debolezza, così da calibrare l’eventuale piano di prelievo. La caccia, pertanto, diventa una forma di gestione della specie al pari della protezione, purché venga praticata sulla base di rigorose regole che tengano conto della biologia della specie.
Quanti e quali prelievi
Il numero totale degli animali da prelevare non costituisce, naturalmente, l’unico parametro contenuto in un piano di abbattimento: tale valore, infatti, deve essere integrato con quello relativo al numero di maschi e di femmine e, a sua volta, di piccoli, giovani, sub-adulti e adulti. In natura il numero di maschi è uguale (o quasi) a quello delle femmine e quindi il prelievo dovrà essere indirizzato al fine di rispettare tale proporzione; la stessa regola vale per il mantenimento del naturale rapporto tra classi di età. La ripartizione in classi di sesso e di età, nel caso del capriolo, deve rispettare sinteticamente la famosa regola dei quattro quarti: dividendo una torta (consistenza della popolazione) in quattro parti uguali, una parte (25%) riguarderà gli esemplari maschi piccoli e giovani, un’altra parte (25%) le femmine piccole e giovani, la terza parte i maschi di classe II e superiori (subadulti e adulti) e l’ultima parte le femmine di classe II e superiori.
Per quanto riguarda la ripartizione per sesso, è sempre consigliabile prelevare secondo il rapporto di 1:1, con una leggera preponderanza eventualmente verso le femmine nelle specie poliginiche (il maschio si accoppia con più femmine) come il capriolo. Se l’obiettivo è un incremento della specie, il prelievo sarà indirizzato alle classi giovani (0 e I); se l’obiettivo, invece, è il contenimento della specie, dovrà essere privilegiato il prelievo delle femmine.
Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione nella predisposizione del piano di abbattimento è il rispetto delle classi riproduttive, soprattutto quando l’obiettivo gestionale è l’incremento della specie. In tal caso gli abbattimenti andranno indirizzati verso le classi giovani e senior nei confronti delle quali già interviene la selezione naturale.
Per poter effettuare il prelievo rispettando il piano assegnato è necessario utilizzare tecniche e strumenti che consentano di poter scegliere l’animale senza essere visti e con tranquillità, per poi abbatterlo con un’arma precisa e con un proiettile che provochi la morte immediata dell’ungulato, senza causare allo stesso inutili sofferenze e il danneggiamento della carcassa. E la caccia di selezione è sicuramente la tecnica che consente il raggiungimento di tali obiettivi in quanto garantisce la migliore selettività e il minor impatto possibili. Il cacciatore dovrà inoltre garantire che il tiro sia preciso e, soprattutto, che l’abbattimento sia corretto e conforme al piano assegnato; per tale ragione dovrà essere in possesso di adeguate conoscenze di biologia ed etologia della specie, oltre che di balistica e di maneggio delle armi..
I tempi del prelievo devono basarsi naturalmente su elementi legati sia alla biologia della specie, sia alle caratteristiche dell’ambiente ove si intende intervenire, cercando di ottimizzare le esigenze determinate dalle diverse fasi biologiche e comportamentali con quelle di carattere pratico-operativo che mirano a ottenere il miglior risultato possibile per quanto riguarda la realizzazione del piano. La determinazione dei periodi di prelievo deve tenere assolutamente conto di alcuni elementi di criticità legati all’abbattimento dei maschi riproduttori durante il periodo degli amori e in quello immediatamente precedente. Le specie poliginiche (che si accoppiano con più femmine) come il capriolo, ma soprattutto il cervo e il daino, risentono molto del prelievo dei maschi nel periodo degli accoppiamenti, soprattutto quando gli abbattimenti sono numerosi e localizzati. Risulta pertanto preferibile, in ragione del disturbo prodotto, non attuare alcun prelievo durante il periodo degli accoppiamenti,
dovendo garantire la necessaria tranquillità durante questa delicata fase del ciclo biologico annuale. Tra l’altro, anche l’abitudine di evitare l’abbattimento delle femmine, in quanto riproduttrici, a favore dei maschi risulta biologicamente scorretta poiché può comportare la mancata copertura delle femmina a causa del ridotto numero di maschi; condizione, questa, estremamente negativa, considerando che le femmine di capriolo, a differenza delle altre specie, non vanno in estro una seconda volta e quindi, se non vengono coperte, quell’anno non si riproducono. Nel caso delle femmine, invece, nella programmazione dei prelievi devono essere tutelate le fasi dei parti, dell’allattamento e di dipendenza dei nuovi nati. L’abbattimento delle femmine in questi periodi può infatti mettere a rischio la sopravvivenza dei piccoli, con il pericolo di introdurre un’importante fonte di mortalità aggiuntiva per questa prima classe sociale. Il prelievo venatorio dei maschi del capriolo deve essere sospeso anche nel periodo di caduta e di ricrescita dei palchi, quando viene a mancare un elemento molto importante che contribuisce alla determinazione dell’età dell’animale; l’errore di valutazione potrebbe essere facile. Da rilevare, inoltre, il ridotto interesse venatorio nei confronti dei maschi privi di palchi o con palco in velluto. Soprattutto sulle Alpi, i tempi di prelievo sono legati alle condizioni ambientali, che in molti casi possono limitare fortemente l’accessibilità delle aree di caccia a partire già dalla metà di dicembre. Proprio per questo motivo, nelle zone alpine il prelievo degli ungulati (capriolo incluso) non si prolunga oltre metà dicembre, a differenza invece della zona prealpina e appenninica dove, invece, almeno per i cervidi viene posticipato sino a metà marzo. Il prelievo primaverile-estivo (metà giugno-metà luglio) del capriolo giovane di un anno d’età viene limitato al solo maschio, a differenza che nel passato, ove era indirizzato anche alle femmine giovani e già a partire da maggio sino a tutto giugno. L’esclusione della femmina giovane è dovuta alla possibilità di errore di valutazione con la femmina adulta che a giugno potrebbe avere appena partorito o essere ancora gravida. Il maschio di un anno in questo periodo è invece facilmente distinguibile dalla femmina per il possesso del trofeo, talvolta ancora in velluto.
le quattro regole d'oro
Le regole alle quali attenersi nella previsione del piano di abbattimento del capriolo sono quattro, cui aggiungerne poi un’altra che riguarda l’obiettivo gestionale da perseguire: di riduzione, mantenimento e incremento della specie. Tali obiettivi sono naturalmente legati alla densità presente, tenendo conto anche della necessità di fissare una densità minima sotto la quale non è opportuno effettuare alcun abbattimento.
Prima regola. Adeguare la densità animale alle risorse dell’ambiente; a seconda della tipologia ambientale presente si hanno densità diverse. Nei boschi di latifoglie, caratterizzati da suolo fertile, numerose radure, popolamenti forestali soggetti a tagli differenziati e sottobosco ben sviluppato sotto gli alberi di alto fusto, sono possibili densità a fine inverno, prima delle nascite, superiori a 15 animali (fino a 35) ogni 100 ettari. Nei boschi misti con predominanza di latifoglie, caratterizzati da suolo di fertilità media, presenza di fustaie o ceduo sotto gli alberi di alto fusto e da foreste fitte, omogenee ed estese, la densità di caprioli varia invece da sei a dieci animali ogni 100 ettari. Nei boschi di resinose, infine, caratterizzati da suolo povero, presenza di boschi estesi di conifere e innevamento notevole, la densità oscilla da due a quattro animali ogni 100 ettari. L’Ispra, nelle Linee guida per la gestione degli ungulati (2013), indica in cinque animali/100 ettari il valore di densità sotto il quale non è opportuno effettuare abbattimenti; in presenza di densità variabili da cinque a 15 animali ogni 100 ettari il prelievo dovrebbe invece risultare uguale o inferiore al 10% della consistenza rilevata; con densità tra 15 e 20 animali per 100 ettari il prelievo dovrebbe risultare uguale o inferiore al 15% della consistenza, al 18% con densità di 20-25 animali/100 ettari e del 20% della consistenza con densità superiori a 25 animali/100 ettari. Tale indirizzo si ritiene essere valido solo per le aree appenniniche dell’Italia centrale, mentre sulle Alpi trova difficile applicazione a causa delle densità notevolmente inferiori per via delle condizioni climatiche e ambientali più difficili.
Seconda regola. Quando la popolazione è in equilibrio con l’ambiente, bisogna adeguare il prelievo all’incremento. Per il mantenimento della popolazione alla densità rilevata è necessario prelevare solo gli interessi (incremento utile annuo, che nel capriolo oscilla tra il 35 e il 40% della consistenza di popolazione), lasciando inalterato il capitale. Quindi se abbiamo una popolazione di 100 esemplari
(50 femmine + 50 maschi), possiamo prelevare annualmente solo 35 esemplari (divisi equamente tra maschi e femmine) in modo da conservare sempre 100 esemplari (50 femmine + 50 maschi).
Terza regola. Effettuare un prelievo equilibrato tra i sessi. In presenza di una popolazione di 100 caprioli, il prelievo andrà indirizzato su 3435 esemplari, di cui 17 maschi e 17 femmine, che a loro volta saranno ripartiti nelle diverse classi di età (quarta regola). In natura il rapporto tra i sessi nel capriolo è prossimo alla parità e pertanto il prelievo è opportuno che sia strutturato con l’obiettivo del suo mantenimento. Nei casi, invece, in cui l’obiettivo sia rappresentato dalla riduzione della popolazione, sarà necessario incidere maggiormente sulle femmine, applicando per esse un piano di prelievo più elevato. Qualora si voglia incrementare la specie, sarà opportuno incidere maggiormente sulle classi giovanili (animali dell’anno e di un anno compiuto), lasciando pressoché inalterato il contingente delle femmine riproduttive e applicando un tasso di prelievo complessivamente ridotto e inferiore al tasso di incremento della popolazione stessa.
Quarta regola. Effettuare un prelievo ben ripartito per classi di età, abbattendo prevalentemente i giovani e i vecchi e lasciando che gli adulti si riproducano. Un qualunque piano di abbattimento, oltre a indicare il numero di maschi e di femmine da prelevare, deve fissare per ogni classe di sesso il numero di piccoli, giovani e adulti. Il prelievo del maschio giovane, tra l’altro, in alcuni casi può essere effettuato anche nel periodo tardo-primaverile, quando normalmente non sono stati ancora elaborati i dati dei censimenti: viene fissato un contingente pari al 20% degli animali abbattuti nella stagione venatoria precedente, quale anticipo, da definire poi in fase di predisposizione del piano definitivo, prevedendo, se necessario, le relative integrazioni per il periodo successivo.