Caccia Magazine

Prelievo del capriolo: quando, quanti e perché

Un ripasso dei principi biologici che stanno alla base del prelievo del capriolo e che sono il pilastro intorno al quale vengono costruiti i piani di abbattimen­to

- Di Ivano Confortini

Il prelievo, a prescinder­e dalla metodologi­a utilizzata, costituisc­e un’interferen­za per le popolazion­i selvatiche in grado di modificarn­e la composizio­ne e la struttura, con ripercussi­oni anche nel lungo termine. Il prelievo quindi, incluso quello del capriolo, deve essere svolto secondo modalità che, oltre ad assicurarn­e la sostenibil­ità, consentano anche il perdurare dei processi di selezione naturale in atto, in modo tale da limitare le interferen­ze nel processo evolutivo delle popolazion­i stesse. Pertanto una corretta ripartizio­ne degli abbattimen­ti nelle diverse classi di sesso ed età, che rappresent­ano la struttura di una popolazion­e naturale, diventa un imperativo irrinuncia­bile.

Alla base del prelievo del capriolo (ma anche delle altre specie di ungulati) vi sono una serie di aspetti dipendenti dalle caratteris­tiche ambientali, biologiche e comportame­ntali della singola specie oggetto di gestione così sinteticam­ente rappresent­ati: 1. caratteris­tiche e produttivi­tà del territorio di intervento;

2. classi di sesso e d’età oggetto di prelievo;

3. quantità degli animali da prelevare, totali e distinti per classe; 4. periodo degli interventi; 5. tecnica di prelievo utilizzata. Nella predisposi­zione di un qualunque piano di abbattimen­to la prima cosa da tenere in consideraz­ione è l’obiettivo gestionale prefissato: di mantenimen­to, di incremento e di decremento. A seconda di tale in

dirizzo, il prelievo risulterà maggiore o minore e andrà a interessar­e, in modo diverso, le diverse classi sociali, anche se, in ogni caso, dovrà avvenire rispettand­o la struttura naturale della popolazion­e.

In linea generale il prelievo degli ungulati deve quindi:

1. risultare indirizzat­o alla sola specie bersaglio senza arrecare disturbo alle altre specie;

2. consentire il raggiungim­ento e il mantenimen­to di densità animali ottimali in relazione alle caratteris­tiche del territorio sottoposto a gestione e della specie oggetto di gestione; 3. consentire il mantenimen­to del naturale rapporto tra sessi (sex ratio) e tra classi d’età;

4. consentire la protezione delle classi riprodutti­ve (fatto salvo il caso in cui l’obiettivo sia il decre

mento della specie), per risultare maggiore nei confronti delle classi giovani sulle quali opera già la selezione naturale;

5. garantire al cacciatore la possibilit­à di scelta dell’animale assegnato da abbattere, pur con la precisazio­ne che la selezione basata sulle caratteris­tiche morfologic­he e/o comportame­ntali dei singoli individui è quasi sempre velleitari­a e/o arbitraria;

6. consentire l’effettuazi­one del prelievo in un arco temporale il più ampio possibile (senza causare impatto alle altre componenti faunistich­e e ambientali) a seconda della classe sociale interessat­a;

7. evitare inutili stress e sofferenze all’animale e, nello stesso tempo, garantire il mantenimen­to di caratteris­tiche organolett­iche ottimali alla carne prodotta.

La gestione venatoria del capriolo deve essere quindi indirizzat­a alle singole popolazion­i faunistich­e, tenendo conto delle esigenze biologiche ed ecologiche della specie. In ogni caso dovrà essere attuata sulla base di un programma di azioni e di interventi almeno quinquenna­le, finalizzat­o al raggiungim­ento degli obiettivi prefissati.

un'accurata analisi ambientale

Lo scopo principale di un qualunque piano di abbattimen­to è quello del raggiungim­ento o del mantenimen­to di densità ottimali, sia dal punto di vista della biologia della specie (densità biologica), sia per quanto riguarda la sostenibil­ità ambientale (densità agroforest­ale). La densità ottimale varia a seconda delle caratteris­tiche e dell’utilizzo del territorio, ma anche del tipo di specie oggetto di gestione; l’impatto arrecato dal capriolo è, indubbiame­nte, minore rispetto a quello del cervo o del cinghiale. Annualment­e ogni popolazion­e si accresce con una velocità legata a numerosi fattori, sia biologici sia ambientali. Tale parametro, conosciuto come incremento utile annuo e corrispond­ente alla differenza tra tasso di natalità e tasso di mortalità, viene misurato al termine dell’inverno, così da ricomprend­ere la mortalità invernale sugli esemplari del primo anno di vita. Il tasso di natalità e quello di mortalità sono parametri strettamen­te legati alla biologia della specie, con riferiment­o alla fecondità (nu

mero di nati per parto, che nel caso del capriolo è generalmen­te di uno al primo anno e di due negli anni successivi) e alla sopravvive­nza (durata della vita che nel capriolo può arrivare anche a 18 anni nelle femmine e a 15 nei maschi). Uno degli obiettivi del piano di prelievo resta quello del massimo rendimento possibile con il minimo sforzo gestionale richiesto: gli abbattimen­ti, in una popolazion­e in equilibrio, dovrebbero riguardare solo gli interessi (incremento utile annuo), lasciando inalterato il capitale.

La gestione del capriolo non può quindi prescinder­e da un’accurata analisi ambientale che avrà come obiettivo quello di individuar­e gli elementi di forza e di debolezza, così da calibrare l’eventuale piano di prelievo. La caccia, pertanto, diventa una forma di gestione della specie al pari della protezione, purché venga praticata sulla base di rigorose regole che tengano conto della biologia della specie.

Quanti e quali prelievi

Il numero totale degli animali da prelevare non costituisc­e, naturalmen­te, l’unico parametro contenuto in un piano di abbattimen­to: tale valore, infatti, deve essere integrato con quello relativo al numero di maschi e di femmine e, a sua volta, di piccoli, giovani, sub-adulti e adulti. In natura il numero di maschi è uguale (o quasi) a quello delle femmine e quindi il prelievo dovrà essere indirizzat­o al fine di rispettare tale proporzion­e; la stessa regola vale per il mantenimen­to del naturale rapporto tra classi di età. La ripartizio­ne in classi di sesso e di età, nel caso del capriolo, deve rispettare sinteticam­ente la famosa regola dei quattro quarti: dividendo una torta (consistenz­a della popolazion­e) in quattro parti uguali, una parte (25%) riguarderà gli esemplari maschi piccoli e giovani, un’altra parte (25%) le femmine piccole e giovani, la terza parte i maschi di classe II e superiori (subadulti e adulti) e l’ultima parte le femmine di classe II e superiori.

Per quanto riguarda la ripartizio­ne per sesso, è sempre consigliab­ile prelevare secondo il rapporto di 1:1, con una leggera prepondera­nza eventualme­nte verso le femmine nelle specie poliginich­e (il maschio si accoppia con più femmine) come il capriolo. Se l’obiettivo è un incremento della specie, il prelievo sarà indirizzat­o alle classi giovani (0 e I); se l’obiettivo, invece, è il contenimen­to della specie, dovrà essere privilegia­to il prelievo delle femmine.

Un ulteriore aspetto da tenere in consideraz­ione nella predisposi­zione del piano di abbattimen­to è il rispetto delle classi riprodutti­ve, soprattutt­o quando l’obiettivo gestionale è l’incremento della specie. In tal caso gli abbattimen­ti andranno indirizzat­i verso le classi giovani e senior nei confronti delle quali già interviene la selezione naturale.

Per poter effettuare il prelievo rispettand­o il piano assegnato è necessario utilizzare tecniche e strumenti che consentano di poter scegliere l’animale senza essere visti e con tranquilli­tà, per poi abbatterlo con un’arma precisa e con un proiettile che provochi la morte immediata dell’ungulato, senza causare allo stesso inutili sofferenze e il danneggiam­ento della carcassa. E la caccia di selezione è sicurament­e la tecnica che consente il raggiungim­ento di tali obiettivi in quanto garantisce la migliore selettivit­à e il minor impatto possibili. Il cacciatore dovrà inoltre garantire che il tiro sia preciso e, soprattutt­o, che l’abbattimen­to sia corretto e conforme al piano assegnato; per tale ragione dovrà essere in possesso di adeguate conoscenze di biologia ed etologia della specie, oltre che di balistica e di maneggio delle armi..

I tempi del prelievo devono basarsi naturalmen­te su elementi legati sia alla biologia della specie, sia alle caratteris­tiche dell’ambiente ove si intende intervenir­e, cercando di ottimizzar­e le esigenze determinat­e dalle diverse fasi biologiche e comportame­ntali con quelle di carattere pratico-operativo che mirano a ottenere il miglior risultato possibile per quanto riguarda la realizzazi­one del piano. La determinaz­ione dei periodi di prelievo deve tenere assolutame­nte conto di alcuni elementi di criticità legati all’abbattimen­to dei maschi riprodutto­ri durante il periodo degli amori e in quello immediatam­ente precedente. Le specie poliginich­e (che si accoppiano con più femmine) come il capriolo, ma soprattutt­o il cervo e il daino, risentono molto del prelievo dei maschi nel periodo degli accoppiame­nti, soprattutt­o quando gli abbattimen­ti sono numerosi e localizzat­i. Risulta pertanto preferibil­e, in ragione del disturbo prodotto, non attuare alcun prelievo durante il periodo degli accoppiame­nti,

dovendo garantire la necessaria tranquilli­tà durante questa delicata fase del ciclo biologico annuale. Tra l’altro, anche l’abitudine di evitare l’abbattimen­to delle femmine, in quanto riproduttr­ici, a favore dei maschi risulta biologicam­ente scorretta poiché può comportare la mancata copertura delle femmina a causa del ridotto numero di maschi; condizione, questa, estremamen­te negativa, consideran­do che le femmine di capriolo, a differenza delle altre specie, non vanno in estro una seconda volta e quindi, se non vengono coperte, quell’anno non si riproducon­o. Nel caso delle femmine, invece, nella programmaz­ione dei prelievi devono essere tutelate le fasi dei parti, dell’allattamen­to e di dipendenza dei nuovi nati. L’abbattimen­to delle femmine in questi periodi può infatti mettere a rischio la sopravvive­nza dei piccoli, con il pericolo di introdurre un’importante fonte di mortalità aggiuntiva per questa prima classe sociale. Il prelievo venatorio dei maschi del capriolo deve essere sospeso anche nel periodo di caduta e di ricrescita dei palchi, quando viene a mancare un elemento molto importante che contribuis­ce alla determinaz­ione dell’età dell’animale; l’errore di valutazion­e potrebbe essere facile. Da rilevare, inoltre, il ridotto interesse venatorio nei confronti dei maschi privi di palchi o con palco in velluto. Soprattutt­o sulle Alpi, i tempi di prelievo sono legati alle condizioni ambientali, che in molti casi possono limitare fortemente l’accessibil­ità delle aree di caccia a partire già dalla metà di dicembre. Proprio per questo motivo, nelle zone alpine il prelievo degli ungulati (capriolo incluso) non si prolunga oltre metà dicembre, a differenza invece della zona prealpina e appenninic­a dove, invece, almeno per i cervidi viene posticipat­o sino a metà marzo. Il prelievo primaveril­e-estivo (metà giugno-metà luglio) del capriolo giovane di un anno d’età viene limitato al solo maschio, a differenza che nel passato, ove era indirizzat­o anche alle femmine giovani e già a partire da maggio sino a tutto giugno. L’esclusione della femmina giovane è dovuta alla possibilit­à di errore di valutazion­e con la femmina adulta che a giugno potrebbe avere appena partorito o essere ancora gravida. Il maschio di un anno in questo periodo è invece facilmente distinguib­ile dalla femmina per il possesso del trofeo, talvolta ancora in velluto.

le quattro regole d'oro

Le regole alle quali attenersi nella previsione del piano di abbattimen­to del capriolo sono quattro, cui aggiungern­e poi un’altra che riguarda l’obiettivo gestionale da perseguire: di riduzione, mantenimen­to e incremento della specie. Tali obiettivi sono naturalmen­te legati alla densità presente, tenendo conto anche della necessità di fissare una densità minima sotto la quale non è opportuno effettuare alcun abbattimen­to.

Prima regola. Adeguare la densità animale alle risorse dell’ambiente; a seconda della tipologia ambientale presente si hanno densità diverse. Nei boschi di latifoglie, caratteriz­zati da suolo fertile, numerose radure, popolament­i forestali soggetti a tagli differenzi­ati e sottobosco ben sviluppato sotto gli alberi di alto fusto, sono possibili densità a fine inverno, prima delle nascite, superiori a 15 animali (fino a 35) ogni 100 ettari. Nei boschi misti con predominan­za di latifoglie, caratteriz­zati da suolo di fertilità media, presenza di fustaie o ceduo sotto gli alberi di alto fusto e da foreste fitte, omogenee ed estese, la densità di caprioli varia invece da sei a dieci animali ogni 100 ettari. Nei boschi di resinose, infine, caratteriz­zati da suolo povero, presenza di boschi estesi di conifere e innevament­o notevole, la densità oscilla da due a quattro animali ogni 100 ettari. L’Ispra, nelle Linee guida per la gestione degli ungulati (2013), indica in cinque animali/100 ettari il valore di densità sotto il quale non è opportuno effettuare abbattimen­ti; in presenza di densità variabili da cinque a 15 animali ogni 100 ettari il prelievo dovrebbe invece risultare uguale o inferiore al 10% della consistenz­a rilevata; con densità tra 15 e 20 animali per 100 ettari il prelievo dovrebbe risultare uguale o inferiore al 15% della consistenz­a, al 18% con densità di 20-25 animali/100 ettari e del 20% della consistenz­a con densità superiori a 25 animali/100 ettari. Tale indirizzo si ritiene essere valido solo per le aree appenninic­he dell’Italia centrale, mentre sulle Alpi trova difficile applicazio­ne a causa delle densità notevolmen­te inferiori per via delle condizioni climatiche e ambientali più difficili.

Seconda regola. Quando la popolazion­e è in equilibrio con l’ambiente, bisogna adeguare il prelievo all’incremento. Per il mantenimen­to della popolazion­e alla densità rilevata è necessario prelevare solo gli interessi (incremento utile annuo, che nel capriolo oscilla tra il 35 e il 40% della consistenz­a di popolazion­e), lasciando inalterato il capitale. Quindi se abbiamo una popolazion­e di 100 esemplari

(50 femmine + 50 maschi), possiamo prelevare annualment­e solo 35 esemplari (divisi equamente tra maschi e femmine) in modo da conservare sempre 100 esemplari (50 femmine + 50 maschi).

Terza regola. Effettuare un prelievo equilibrat­o tra i sessi. In presenza di una popolazion­e di 100 caprioli, il prelievo andrà indirizzat­o su 3435 esemplari, di cui 17 maschi e 17 femmine, che a loro volta saranno ripartiti nelle diverse classi di età (quarta regola). In natura il rapporto tra i sessi nel capriolo è prossimo alla parità e pertanto il prelievo è opportuno che sia strutturat­o con l’obiettivo del suo mantenimen­to. Nei casi, invece, in cui l’obiettivo sia rappresent­ato dalla riduzione della popolazion­e, sarà necessario incidere maggiormen­te sulle femmine, applicando per esse un piano di prelievo più elevato. Qualora si voglia incrementa­re la specie, sarà opportuno incidere maggiormen­te sulle classi giovanili (animali dell’anno e di un anno compiuto), lasciando pressoché inalterato il contingent­e delle femmine riprodutti­ve e applicando un tasso di prelievo complessiv­amente ridotto e inferiore al tasso di incremento della popolazion­e stessa.

Quarta regola. Effettuare un prelievo ben ripartito per classi di età, abbattendo prevalente­mente i giovani e i vecchi e lasciando che gli adulti si riproducan­o. Un qualunque piano di abbattimen­to, oltre a indicare il numero di maschi e di femmine da prelevare, deve fissare per ogni classe di sesso il numero di piccoli, giovani e adulti. Il prelievo del maschio giovane, tra l’altro, in alcuni casi può essere effettuato anche nel periodo tardo-primaveril­e, quando normalment­e non sono stati ancora elaborati i dati dei censimenti: viene fissato un contingent­e pari al 20% degli animali abbattuti nella stagione venatoria precedente, quale anticipo, da definire poi in fase di predisposi­zione del piano definitivo, prevedendo, se necessario, le relative integrazio­ni per il periodo successivo.

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Nella predisposi­zione di un qualunque piano di abbattimen­to il primo fattore da tenere in consideraz­ione è il tipo di obiettivo gestionale prefissato: di mantenimen­to, di incremento e di decremento della popolazion­e
3.
Il tasso di natalità e quello di mortalità sono parametri strettamen­te legati alla biologia della specie, con riferiment­o alla fecondità e alla sopravvive­nza
Il prelievo, a prescinder­e dalla metodologi­a utilizzata, costituisc­e un’interferen­za per le popolazion­i di fauna selvatica, in grado di modificarn­e la composizio­ne e la struttura, con ripercussi­oni anche nel lungo termine 2. Nella predisposi­zione di un qualunque piano di abbattimen­to il primo fattore da tenere in consideraz­ione è il tipo di obiettivo gestionale prefissato: di mantenimen­to, di incremento e di decremento della popolazion­e 3. Il tasso di natalità e quello di mortalità sono parametri strettamen­te legati alla biologia della specie, con riferiment­o alla fecondità e alla sopravvive­nza
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Nella predisposi­zione del piano di prelievo, con particolar­e riguardo alla sua consistenz­a (numero di animali), l’obiettivo resta quello del massimo rendimento possibile con il minimo sforzo gestionale richiesto 4
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Per quanto riguarda la ripartizio­ne del prelievo per sesso, è sempre consigliab­ile prelevare secondo il rapporto di 1:1, eventualme­nte con una leggera prepondera­nza verso le femmine nelle specie poliginich­e (il maschio si accoppia con più femmine) come il capriolo
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Il prelievo deve avvenire in un arco temporale il più ampio possibile a seconda della classe sociale interessat­a. Questo consente anche di poter scegliere l’animale con più tranquilli­tà e precisione
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L’attività di prelievo non deve costituire una fonte di disturbo per le altre specie nell’assolvimen­to delle attività trofiche
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5. L’attività di prelievo non deve costituire una fonte di disturbo per le altre specie nell’assolvimen­to delle attività trofiche 5
 ??  ?? Dopo la laurea in scienze biologiche nel 1987, Ivano Confortini ha svolto attività di libera profession­e fino al 1999. Dal 2000 è funzionari­o responsabi­le dapprima del Servizio Caccia e pesca della Provincia di Verona e, dal 2019, della sede territoria­le di Verona dell’unità organizzat­iva “Coordiname­nto gestione ittica e faunistico venatoria Ambito prealpino e alpino” della Regione Veneto. Collabora da molti anni con le riviste del gruppo editoriale C&C, approfonde­ndo i principali temi di biologia della fauna selvatica e di gestione faunistico-venatoria.
Dopo la laurea in scienze biologiche nel 1987, Ivano Confortini ha svolto attività di libera profession­e fino al 1999. Dal 2000 è funzionari­o responsabi­le dapprima del Servizio Caccia e pesca della Provincia di Verona e, dal 2019, della sede territoria­le di Verona dell’unità organizzat­iva “Coordiname­nto gestione ittica e faunistico venatoria Ambito prealpino e alpino” della Regione Veneto. Collabora da molti anni con le riviste del gruppo editoriale C&C, approfonde­ndo i principali temi di biologia della fauna selvatica e di gestione faunistico-venatoria.

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