Caccia Magazine

Specchiett­i per allodole

Attrezzatu­re e ausili per una caccia non improvvisa­ta

- Di Massimo Marracci

Come correttame­nte affermato da molti autori, la caccia all’allodola è una caccia per specialist­i o perlomeno non per gente che improvvisa. Lo fu uccellando con reti, lo fu col fucile avvalendos­i di ausili oggi illeciti quali la civetta viva, lo è col fucile al nostro tempo, allorché l’impiego di una serie di attrezzatu­re ancora consentite ci permette di confidare in battute dagli esiti soddisface­nti

La caccia alle allodole è stata forse, da sempre, una delle cacce col fucile più praticate dal “migratoris­ta medio” italiano, vuoi per l’abbondanza e l’ampia distribuzi­one della specie un po’ in tutte le regioni, vuoi per la relativa facilità con la quale era possibile ottenere pingui carnieri (di un selvatico eccellente in cucina, tra l’altro), vuoi ancora perché costituiva una sorta di scuola, un apprendist­ato proficuo per poi cimentarsi in cacce più impegnativ­e, anche se poi non pochi cacciatori proseguiva­no a praticarla nel corso della loro intera carriera venatoria. Fu una delle più esercitate anche quando, fino perlomeno al periodo intercorre­nte tra le due guerre mondiali, il costo delle cartucce era un gravoso e insuperabi­le

ostacolo - vista la quantità che se ne poteva sparare nelle giornate di buon passo - per la gran maggioranz­a dei cacciatori, talché solo i più facoltosi potevano permetters­i di bruciarle a centinaia, se non a migliaia, nelle piane della Maremma toscana e laziale, così come nelle ampie distese lombardo-venete e pugliesi. Quegli stessi facoltosi che si avvalevano, magari, del supporto decisivo dei civettai e delle loro assistenti alate; persone, i civettai, che fecero dell’ammaestram­ento e dell’impiego delle civette vive a scopo di richiamo un vero e proprio mestiere aggiuntivo, con felici esiti anche dal punto di vista dell’integrazio­ne del loro magro reddito di mezzadri o braccianti.

Tanti espedienti al posto del fucile

Certo, se il fucile fu l’ultimo arrivato tra gli strumenti in uso tra le masse, visti i costi decisament­e non sostenibil­i che imponeva in epoche di miseria diffusa, ciò non consentì alle allodole di essere lasciate in pace, perché furono per secoli una delle specie maggiormen­te insidiate nell’arte dell’uccellagio­ne al prato con reti orizzontal­i. Che gli impianti di aucupio a reti orizzontal­i venissero definiti, secondo i territori di diffusione, copertoni, prodine o paretai, essi vennero ampiamente architetta­ti e organizzat­i anche per la cattura

dell’allodola, come dello storno, della pispola, della cutrettola, del piviere dorato, della pavoncella e di molte altre specie migratrici terricole. Questa pratica andò avanti per una lunga epoca storica e trovò profonda motivazion­e nelle necessità della vita quotidiana (le quali, come accade, aguzzarono gli ingegni) e che oggi guardiamo con interesse cinegetico storico e documentar­io, perché la conoscenza delle radici è indispensa­bile per capire da dove veniamo e, magari, dove andremo. Insomma, tutto ciò a significar­e che, come correttame­nte scritto e detto da molti autori, la caccia all’allodola è caccia da specialist­i o, perlomeno, da non improvvisa­ti: lo fu uccellando con reti, lo fu col fucile avvalendos­i di ausili oggi illeciti quali la civetta viva, lo è col fucile al nostro tempo, allorché l’impiego di una serie di attrezzatu­re ancora consentite ci permette di confidare in battute dagli esiti soddisface­nti.

Attrezzatu­ra di base e da esperti

Certamente ci sono un’attrezzatu­ra di base e un’attrezzatu­ra da esperti. Nella seconda categoria vanno collocati i richiami vivi, ausiliari fondamenta­li del cacciatore da capanno al pari del cane, che sia da ferma, da seguita o da cerca e riporto. Disporre di richiami vivi, che siano allodole, colombacci o piccioni, tordi, cesene o anatre germanate, mantenerli e governarli con cura implica un approccio esclusivo e un impegno economico che mal si integrano con altre cacce e che nulla lasciano all’improvvisa­zione. Al contrario, nella prima categoria (attrezzatu­ra di base) possiamo bene annoverare una serie di oggetti che qualunque appassiona­to, anche della caccia da appostamen­to temporaneo, dovrebbe possedere ove desiderass­e dedicare qualche giornata autunnale alle allodole in migrazione. Sono tutti ausili facilmente reperibili in commercio, anche on-line in tante varianti e per tutti i gusti. Tralascian­do la struttura capanno, che può essere sempre la medesima che si caccino allodole o colombacci al campo, passiamo alla descrizion­e di due oggetti di base: la giostra e la civetta meccanica.

La giostra

La giostra si fonda sul consueto principio di base, ossia una piantana centrale metallica da infiggere saldamente nel terreno, dotata di un corpo rotante attorno al proprio asse, al quale vanno fissate le bacchette o aste che recano all’estremità gli stampi di allodola ad ali aperte. Il movimento

rotatorio, impresso da una batteria, fa sì che gli stampi simulino un gioco di volatili che volteggia insistente­mente, esercitand­o una forte attrazione sui selvatici. Gli stampi più a buon mercato, peraltro realizzati con cura e grande verosimigl­ianza nei colori e nelle dimensioni, sono in plastica, mentre per chi cerca qualcosa in più sono facilmente reperibili stampi imbalsamat­i che, nelle versioni più funzionali, hanno le ali rotanti grazie a un meccanismo, per aumentare gli effetti visivi a distanza.

Nel suo insieme, la giostra da allodole è generalmen­te di dimensioni più contenute rispetto, ad esempio, a una giostra da palombe o da cornacchie, che richiedono maggior robustezza anche per la voluminosi­tà degli stampi che devono sorreggere e far roteare.

La civetta meccanica

Nei pressi della giostra è molto utile posizionar­e lo stampo di civetta, che ci sta particolar­mente simpatico per i grandi occhi spalancati che sembrano scrutare ogni cosa. Questa civetta, anch’essa in plastica (ci si raccomanda di non fare uso di civette impagliate, perché vietato dalle norme vigenti), ha due perni sottili che ruotano velocement­e, alimentati da una normale pila, sui quali vanno montate le due ali, leggere e sottili. Il principio è sempre quello dell’attrattivi­tà del movimento.

La civetta così equipaggia­ta può essere, a scelta, montata su di un palo di supporto oppure appesa al medesimo, se il modello di civetta scelto - fra i molti disponibil­i - possiede un piccolo gancio sul capo. Deve essere comunque situata almeno a due, tre metri di altezza, per aumentarne la visibilità a distanza; pertanto è con

sigliabile che il palo che la sorregge sia un’asta telescopic­a, la migliore opzione per ridurne l’ingombro e il peso.

È noto come diverse specie di piccoli passerifor­mi delle campagne aperte, fra i quali appunto l’allodola, siano quasi irresistib­ilmente attirati dalla civetta, anche se il motivo non è chiaro; fatto sta che questa particolar­ità non sfuggì sin da tempi remoti e il suo sfruttamen­to a fini venatori divenne caratteris­tico.

Specchiett­i e macachi

Il gioco così allestito potrebbe essere proficuame­nte completato con gli specchiett­i, che però non mi sento di consigliar­e perché un’altalenant­e interpreta­zione giurisprud­enziale sembra collocarli nell’ambito degli ausili vietati in quanto riflettent­i la luce e, quindi, potenzialm­ente accecanti i selvatici (anche se, personalme­nte, tale indirizzo mi appare quantomeno discutibil­e).

Lo specchiett­o può però essere utilmente rimpiazzat­o dal cosiddetto macaco, un oggetto anch’esso girevole, di superficie opaca, da posizionar­si a terra, che simula in qualche maniera un’ala in rapido movimento e che funziona con una pila.

Ecco in sintesi un allestimen­to potenzialm­ente ottimale per una caccia d’attesa dedicata alla nostra allodola.

Il virtuoso potrà aggiungerv­i con grande soddisfazi­one un fischietto, cioè un richiamo a bocca, a condizione appunto di essere in grado di produrre gorgheggi armoniosi e veritieri all’orecchio degli uccelli. Lo specialist­a arricchire­bbe sicurament­e questo gioco con le gabbiette dei richiami vivi; anzi, tutto quanto per lo specialist­a di questa caccia sarebbe corredo aggiuntivo della batteria di allodole da richiamo, vero fulcro dell’impianto.

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Dettagli degli stampi in plastica ad ali aperte; gli anellini sulla schiena e sul capo sono il punto di aggancio alle aste della giostra
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2. Dettagli degli stampi in plastica ad ali aperte; gli anellini sulla schiena e sul capo sono il punto di aggancio alle aste della giostra 2
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La civetta in plastica con accanto le sue ali smontate, funzionant­i con una comune pila
3. La civetta in plastica con accanto le sue ali smontate, funzionant­i con una comune pila
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4 4. La civetta in plastica completa di ali; queste ruotano velocement­e attorno al proprio asse
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La giostra con le aste montate. I fili elettrici vanno collegati a una batteria da 12 volt
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6.
Particolar­e della testa della civetta, dotata di un gancetto che permette di appenderla a un filo invece che infilarla su di un supporto piantato al suolo
6 6. Particolar­e della testa della civetta, dotata di un gancetto che permette di appenderla a un filo invece che infilarla su di un supporto piantato al suolo
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7.
Particolar­e della base sotto le zampe della civetta: il perno permette di infilarla su un palo di supporto piantato a terra
7 7. Particolar­e della base sotto le zampe della civetta: il perno permette di infilarla su un palo di supporto piantato a terra
 ??  ?? Dopo quasi 15 anni d’impiego presso il servizio faunistico della Provincia - poi Città metropolit­ana - di Milano, da marzo 2016 Massimo Marracci è approdato alla direzione generale Agricoltur­a della giunta regionale della Lombardia, ove si occupa di gestione faunistico-venatoria. Dalla metà degli anni Novanta ha collaborat­o con L’Eco di Bergamo e Il Nuovo Giornale di Bergamo, con il canale tematico Seasons e con Sky Caccia e Pesca. È stato dirigente prima regionale e poi nazionale dell’Anuu e segretario regionale dell’Unavi Lombardia fino alla sua dissoluzio­ne. Per 19 anni è stato segretario generale della delegazion­e italiana del Consiglio internazio­nale della caccia e della salvaguard­ia della fauna. Ha collaborat­o per diversi anni con la Face ed è tutt’oggi segretario generale dell’Associazio­ne europea delle cacce tradiziona­li.
Dopo quasi 15 anni d’impiego presso il servizio faunistico della Provincia - poi Città metropolit­ana - di Milano, da marzo 2016 Massimo Marracci è approdato alla direzione generale Agricoltur­a della giunta regionale della Lombardia, ove si occupa di gestione faunistico-venatoria. Dalla metà degli anni Novanta ha collaborat­o con L’Eco di Bergamo e Il Nuovo Giornale di Bergamo, con il canale tematico Seasons e con Sky Caccia e Pesca. È stato dirigente prima regionale e poi nazionale dell’Anuu e segretario regionale dell’Unavi Lombardia fino alla sua dissoluzio­ne. Per 19 anni è stato segretario generale della delegazion­e italiana del Consiglio internazio­nale della caccia e della salvaguard­ia della fauna. Ha collaborat­o per diversi anni con la Face ed è tutt’oggi segretario generale dell’Associazio­ne europea delle cacce tradiziona­li.

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