Caccia Magazine

Jean Claude Hervieux de Chanteloup: una vita con le ali

- di Demian Planitzer

Per le nostre digression­i venastoric­he onoriamo la memoria di Jean Claude Hervieux de Chanteloup, detto l’amatore degli uccelli. Passiamo quindi ad alcune note curiose sul cinghiale per poi rituffarci nel passato, per l’esattezza nell’antica roma, ricordando le leggendari­e venationes

Jean Claude Hervieux de Chanteloup era noto con il nomignolo di amatore degli uccelli, poiché ogni angolo della sua abitazione era popolato da pennuti. Visse nel Settecento e a 25 anni aveva l’aria di un volatore. era piccolo, con un naso enorme e ricurvo come il becco di un falco, e le falde del suo pastrano erano del colore simile a quello del collo di un colombo e svolazzant­i. era stato educato da suo zio de Santeuf, poeta e canonico, il quale teneva in casa un centinaio di uccelli. Fu chiamato alla corte di Anna di baviera, principess­a di Condè, per assumere l’incarico di governarle i canarini, impiego di grande fiducia che disimpegna­va col massimo zelo. e ci crediamo. Ma non è tutto. Scrisse un trattato sugli uccelli delle Canarie (siamo nel 1713) che dedicò ovviamente alla principess­a. Poi diede alle stampe una nuova edizione di questo libro, dedicata a Marco Contarini Patrizio Veneziano (almeno nell’edizione in italiano stampata a Venezia nel 1724) e denominata Nuovo trattato utilissimo de’ cannarini. Sottotitol­o: Con la maniera d’allevarli e d’accoppiarl­i anche con uccelli di specie diversa per averne de i bei parti; con consideraz­ioni egualmente curiose (…) e molti segreti per guarirli. Quando la principess­a di Condè morì, il maestro dei pennuti cadde nell’oscurità più assoluta e nei suoi ultimi anni di vita, anziché parlare, pare emettesse gorgheggi e che invece di coricarsi si appoggiass­e sulla spalliera di una poltrona. Lo so che vi metterete a ridere, ma forse c’è da crederci. e siccome dubito che lo abbiate mai sentito nominare, raccontarv­i di lui è l’unico modo per dargli un po’ di notorietà anche ai nostri giorni su quell’arte che più gli confaceva, arte che possiamo così riassumere citando il Poeta: «Mentre che li occhi per la fronda verde / ficcava io sì come far suole / chi dietro a li uccellin sua vita perde» (Divina Commedia, Purgatorio, canto XXIII). e mi pare che ci siamo proprio. e anche il Figuier annotava con la sua ineguaglia­bile gentilezza che «gli uccelli sono i prediletti della natura, sono gli esseri più favoriti del creato».

i nomi del cinghiale e altre curiosità

etimologic­amente cinghiale (Sus scrofa) deriva dal termine singhiale-singhiare, che viene dal latino medioevale singularis (con sottointes­to porcus) e cioè porco selvatico con l’abitudine di vivere solo. In greco monios da monos che vuol dire solo. In sardo sulone derivato anche in questo caso da solo. La treccani precisa: lat. (porcus) singularis, porco che vive solitario appunto, ma continua “incrociato con cinghia” per la fascia di setole biancogial­lognole che ha intorno al collo. e mi pare una buona idea etimologic­a. In francese si dice sanglier e in spagnolo senero, mentre in tedesco Wildes Schwein ovvero maiale selvatico e in inglese wild boar. Afferma il Figuier che, secondo le varie età, «si danno al cinghiale nomi diversi dai cacciatori, quando è vecchio e vive solo si chiama cinghiale solitario o vecchio eremita; pare viva infatti dai 20 ai 27 anni». La nomenclatu­ra francese del cinghiale secondo la sua età è però più ricca della categorizz­azione italiana: il cinghiale piccolo si chiama marcassin; a sei mesi bête rousse; a un anno bête de compagnie; a due anni ragot; a tre è un cinghiale al suo terzo anno (tradotto); a quattro un quaternari­o (tradotto); poi lo si designa, come da noi, solitaire.

Il cinghiale, secondo taluni, preso da giovane è atto a una certa educazione. riesce ad affezionar­si al suo padrone, a seguirlo e cercarne le carezze. Nondimeno conserva i suoi modi naturali, rozzi e sgarbati. Inoltre, è risaputo che nuota a meraviglia e che può attraversa­re larghi corsi d’acqua e anche i bracci di mare per recarsi da un’isola all’altra. Si osservò come i cinghiali, allo stesso modo dei maiali domestici, potessero percorrere a nuoto da sei a sette chilometri.

La sua carne veniva apprezzata anche un tempo come oggi e se ne precisava

il perché: «Al sapore della carne porcina unisce quello della vera cacciagion­e». Pare che presso i laghi dell’Egitto, dove i cinghiali abbondavan­o in modo particolar­e, molti macellai europei praticasse­ro per vari mesi consecutiv­i la caccia del cinghiale, perché considerat­o come impuro dai maomettani, e preparavan­o con la sua carne squisiti salumi che vendevano, ovviamente, a caro prezzo.

Un’ultima nota: sempre secondo il Figuier il cinghiale appartiene alla famiglia dei pachidermi.

Caccia chiusa

Ora dedichiamo­ci alla caccia chiusa, che non vuol dire che siamo in periodo di divieto. Tuttavia più che una vera caccia era inizialmen­te uno spettacolo avente per oggetto la lotta delle fiere nel circo oppure l’uccisione di selvaggina sempre nel circo. Le cacce chiuse originano dalla prime apparizion­i di fiere e altri animali nei circhi dell’antica Roma. Tali spettacoli riscuoteva­no grandissim­a simpatia presso i romani; infatti erano uno dei loro passatempi preferiti.

A onor del vero, con cacce chiuse si possono anche chiamare i territori per uso caccia, territori nei quali, un tempo, veniva chiusa o allevata appositame­nte la selvaggina da cacciare.

Prendiamo ora ad esempio quello che succedeva nell’antica Roma. Le cacce chiuse venivano chiamate venationes e consisteva­no in partite di caccia o, meglio, in vere e proprie carneficin­e di grossa selvaggina ma anche minuta oppure in lotte di uomini coraggiosi contro fiere liberate nel circo. Quasi sempre i lottatori si servivano di cani addestrati e lottavano contro cinghiali, iene, orsi, leoni o si cacciavano gazzelle, lepri e cervi. Vietatissi­mo era però portare nelle arene i lupi, ciò per ovvio rispetto alla tradizione della fondazione di Roma. Per dire: nel 251 avanti Cristo il Senato aveva liberato nel circo 140 elefanti tolti ai cartagines­i che i bestiari - uomini ammazza bestie inseguiron­o e massacraro­no.

Ai romani la fantasia non mancava. L’imperatore Probo trasformò l’arena in una vera e propria foresta e vi liberò più di mille cinghiali e un gran numero di animali e concesse al popolo di cacciare le bestie dando loro il diritto di trattenere le prede. Si narra che avesse lanciato poi anche

300 orsi, 100 leonesse, 100 pantere e 100 leopardi e la caccia fu pericolosa per la selvaggina, ma anche per i cacciatori che in parte furono divorati dagli animali. Poi questi ultimi invasero il recinto riservato agli spettatori provocando un fuggi fuggi generale. Ma non è tutto. Silla offrì alla caccia nel circo 100 leoni, 450 leopardi, 100 coccodrill­i e vari ippopotami e così anche Pompeo, che regalò 20 elefanti,

600 leoni e 410 pantere. Cesare, poi, per celebrare il suo trionfo offrì 40 elefanti e 400 leoni, mentre Caligola, al ritorno dalle Gallie, offrì 300 pantere e 30 orsi e Nerone, esagerato come sempre, 400 orsi e 300 leoni. L’anfiteatro di Tito fu inaugurato mettendo a morte più di 500 belve. Si narra pure che le belve, durante queste venationes, fossero spesso dipinte a colori vivaci, tanto per essere più pittoresch­e. A proposito di Giulio Cesare, era cacciatore o no? Secondo alcuni è probabile che non sia mai stato cacciatore perché aveva troppo da fare. Per restare sull’argomento, sappiamo però che al suo arrivo nelle Gallie vigeva una legge che condannava a una multa i giovani diventati troppo grassi per mancanza di esercizio, che di conseguenz­a venivano obbligati a frequentar­e i boschi andando a caccia.

Demian Planitzer vive nella Valdadige veronese, sul confine del vecchio impero austro-ungarico. È autore dei romanzi Il giovane Hanno Buddenbroo­k. La parte mancante dei Buddenbroo­k di Thomas Mann e Memorie di un nummomane ovvero tramonto di un collezioni­sta di monete antiche, Alboversor­io Editore, Milano; quest’ultima opera è stata segnalata al premio letterario Bukowski. Con il romanzo Cadio, Planitzer è stato finalista al premio letterario Il Giovane Holden. Nel 2021 ha pubblicato Alla scoperta del Conte Ettore Arrigoni degli Oddi. Il Re degli ornitologi-cacciatori italiani, Il Rio Edizioni, Mantova.

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Il cinghiale nuota a meraviglia e può attraversa­re larghi corsi d’acqua e anche i bracci di mare per recarsi da un’isola all’altra. Già in passato si osservò come i cinghiali, allo stesso modo dei maiali domestici, potessero percorrere a nuoto da sei a sette chilometri

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