Quando arriva l'età della pensione
L’attenzione al benessere animale è un aspetto cruciale in ambito cinofilo. L’opinione di Serena Bonanni, medico veterinario e allevatrice di segugi, permette di approfondire il delicato tema del pensionamento del cane da seguita
La vita dei cani, purtroppo, è assai più breve di quella degli umani. La saggezza popolare in questo senso tenderebbe a convertire un anno di vita di una persona in sette anni di vita di un cane. Questo è sicuramente un metodo assai approssimativo per confrontare due esseri la cui crescita e maturazione sono assoggettate a ritmi abbastanza diversi tra loro. Ciò non toglie tuttavia che, in ultima analisi, un cane di taglia media che abbia raggiunto la soglia dei dieci anni di età sia da considerarsi anziano, al pari di una persona che abbia superato i 65 anni di vita. Inevitabilmente l’invecchiamento del nostro ausiliare porterà con sé tutte le conseguenze negative che possiamo facilmente intuire e che andranno a incidere, più o meno pesantemente, quantomeno sulle prestazioni fisiche del nostro compagno di caccia. Nel caso del segugio, il rammarico per la breve longevità dei soggetti aumenta anche in considerazione del fatto che spesso un ausiliare ha la necessità di vivere sul campo almeno tre stagioni di caccia, prima di potersi definire completo. Ciò significa che, indipendentemente dalla precocità con cui il nostro allievo manifesterà attenzione per la disciplina su cui vorremo specializzarlo, difficilmente lo vedremo esprimersi al massimo delle sue potenzialità prima del compimento del quarto anno di età. Immaginando che, dopo un lasso di tempo più o meno equivalente, inizieremo ad assistere a un suo lento ma inesorabile declino, è facile comprendere come risulti giocoforza assai limitato l’intervallo temporale all’interno del quale potremo beneficiare del massimo delle prestazioni del nostro cane.
L'invecchiamento del segugio
L’invecchiamento del segugio, oltre alle considerazioni universalmente valide per ogni razza canina, richiede qualche riflessione ad hoc. La prima riguarda il tipo di lavoro svolto da questo genere di cani sul terreno di caccia, costituito da alcune fasi specifiche e consequenziali tra loro. Se le prime di queste possono esaltare mestiere ed esperienza e non impongono necessariamente grande prestanza fisica, l’ultima invece, quella dell’inseguimento, comporta uno sforzo fisico notevole, che mette a dura prova tutti gli organi e gli apparati del nostro amato segu
gio. Il rischio è quindi quello di osservare soggetti oltremodo smaliziati in fase di accostamento e di reperimento del selvatico, ma che hanno raggiunto questo livello di affidabilità quando l’impetuosità della seguita purtroppo è già in fase calante. Se consideriamo, inoltre, che molto spesso il segugio non caccia in solitaria, bensì in coppia o in muta, l’impatto del suo declino fisico andrebbe considerato anche ai fini delle logiche del gruppo in cui si trova a collaborare. Il concetto risulta evidente se immaginiamo di confrontare il rendimento, anche in termini di compattezza, offerto da due mute, entrambe composte da quattro soggetti di età media di sei anni, ma con un range di età pari a tre anni per una muta e prossimo allo zero per l’altra.
Entrambe le mute potrebbero idealmente mettere sul campo un giusto mix di esperienza e prestanza fisica, ma la prima potrebbe presentare sicuramente maggiori squilibri e tensioni nelle varie fasi.
L’invecchiamento del nostro segugio rappresenta pertanto una questione di tecnica cinofila, ma è anche e soprattutto uno degli aspetti di rilievo in tema di benessere animale. Interessarsi al benessere del nostro segugio significa quindi comprendere anche come comportarci quotidianamente per cercare di allungare il suo periodo di attività, come capire quando è il caso di mandarlo in pensione e infine stabilire come gestire al meglio questo delicato momento. Per approfondire questi temi ho deciso di rivolgermi a Serena Bonanni, medico veterinario e segugista toscana. Ecco quanto emerso dall’intervista raccolta.
Dottoressa Bonanni, ci parli del tema del benessere animale.
Sono un medico veterinario ed esercito come libero professionista nelle province di Pisa e Firenze, occupandomi della salute di cani e gatti, ma anche di animali selvatici ed esotici. Il mio legame con il mondo animale non si esaurisce però con la mia professione; sono da sempre appassionata di segugi e in modo particolare di una razza da seguita francese, il briquet griffon vendéen. Con questi magnifici cani non mi limito a esercitare la caccia al cinghiale, rigorosamente in braccata, ma amo anche confrontarmi in ambito agonistico, partecipando alle esposizioni e alle prove di lavoro.
La passione per questa razza mi ha spinto nel tempo a dedicarmi anche al suo allevamento, attività che svolgo a carattere puramente amatoriale. Ad anni alterni programmo le cucciolate che si rendono via via necessarie per mantenere sempre attivo il mio gruppo di segugi e continuare a coltivare la mia passione.
Il tema del benessere animale è un argomento cruciale, cui va attribuita la massima attenzione. In ambito cinofilo il benessere animale deve essere l’obiettivo da perseguire nella quotidianità del rapporto con i nostri cani, siano essi destinati o meno all’attività venatoria. A maggior ragione questo tema diventa cruciale per un atleta super specializzato come può essere un segugio da lepre o da cinghiale. Dando per scontate le ovvie attenzioni sanitarie di basse, come le vaccinazioni, la prevenzione della filariosi e i necessari trattamenti antiparassitari, il benessere quotidiano di un segugio si misura anzitutto nella qualità dell’ambiente in cui esso vive.
Deve essere ovviamente confortevole e spazioso, ma deve soprattutto rispettare tutti i requisiti igienici. I nostri ausiliari devono costantemente apparirci sereni e felici. Quando li accudiamo dobbiamo percepire benessere; per recepire questo stato occorre entrare in sintonia con i nostri amati segugi, ed ecco perché è importante avere sempre un contatto fisico con loro. Maneggiandoli spesso avremo anche l’occasione di valutare la loro salute fisica, oltre ad aumentare il loro benessere psichico. Purtroppo invece noto ancora che alcuni appassionati lasciano i loro segugi abbandonati a sé stessi, specialmente nel periodo di silenzio venatorio, limitandosi a fornire loro le cure minime di assistenza.
Curare il benessere di un nostro segugio può contribuire a migliorarne le performance venatorie?
Senza dubbio. Non dimentichiamoci mai che il nostro ausiliare è un atleta che svolge una mansione delicata e complessa. Il lavoro del segugio si concretizza in un connubio di concentrazione e prestanza fisica. Se un soggetto è affetto da qualsiasi forma di patologia, anche latente, molto probabilmente la sua prestazione fisica ne risentirà. Ma non fermiamoci a questa considerazione, perché una problematica fisica potrebbe incidere anche sulla serenità del cane e quindi sulla sua possibilità di applicarsi
Serena Bonanni è un medico veterinario ed esercita come libero professionista nelle province di Pisa e Firenze. Nel tempo libero si dedica alla caccia al cinghiale con i suoi adorati briquet griffon vendeen, razza che alleva a livello amatoriale nel suo delicato compito con la dovuta concentrazione. L’analisi della salute del cane, inoltre, non si esaurisce con la valutazione della sua condizione fisica, ma per i motivi poc’anzi citati è cruciale valutare nel suo complesso il grado di benessere psicofisico in cui versa un soggetto. Un soggetto sereno, felice di cacciare e oltremodo entusiasta di dividere la sua attività venatoria con il canettiere che si prende cura di lui quotidianamente non potrà
che avere degli standard venatori collocabili su prestazioni decisamente superiori a quelle di un soggetto che gode di pari salute fisica, ma che vive un rapporto decisamente più asettico e distaccato con il suo conduttore.
Molte problematiche comportamentali, molti limiti in termini di addestramento evidenziati sul terreno di caccia da alcuni soggetti trovano spesso la matrice comune proprio nella poca attenzione che il canettiere ripone nel curare il benessere psichico dell’ausiliare. Al contrario chi è attento a queste tematiche solitamente si presenta a caccia con soggetti collaborativi, oltremodo maneggevoli e disposti a fare qualsiasi cosa per il loro canettiere.
Come si allunga la vita venatoria di un soggetto o, più precisamente, come lo si accompagna meglio alla pensione?
Per avere un ausiliare sempre in forma consiglierei di fargli eseguire durante tutta la sua vita con buona regolarità un controllo delle ectoparassitosi ed endoparassitosi, oltre agli esami ematologici di routine. Dopo i sei anni di età ritengo sia utile programmare un’ecografia di controllo all’addome e una rx toracica. Nei maschi sarà anche importante valutare la funzionalità prostatica, mentre nelle femmine saranno oggetto di particolari controlli l’utero e le ovaie. Ovviamente è cruciale individuare per il soggetto un’alimentazione sana e bilanciata, capace di variare non solo negli anni, in base al grado di anzianità del soggetto, ma anche nel corso dello stesso anno in funzione del differente livello di sforzo fisico cui viene sottoposto il soggetto nelle diverse stagioni.
Ogni canettiere conosce molto bene i suoi soggetti e il loro comportamento, domestico e venatorio. Se esso varia è importante intervenire tempestivamente. Se questi mutamenti sono legati all’avanzare dell’età, oltre a programmare alcune diagnosi specifiche, può essere il caso di iniziare a valutare un minor sfruttamento del soggetto.
Se non ci si è fatti cogliere impreparati dall’invecchiamento di un nostro segugio, verosimilmente avremo in canile un suo giovane sostituto che potrà iniziare a prenderne il posto in muta. Graduale sarà l’ingresso in muta del giovane allievo e altrettanto graduale dovrà essere in questo senso il pensionamento del cane anziano, anche al fine di non abbatterlo psicologicamente. A un certo punto si giungerà anche al momento del definitivo pensionamento. Non esiste una regola fissa sul momento in cui ritirare i nostri cani dall’attività venatoria. L’età può variare, non tanto in base alla razza cui appartiene il nostro segugio, quanto piuttosto rispetto alla specializzazione su cui viene impiegato e al tipo di terreno in cui viene sciolto.
Quando il segugio è giunto all’età della pensione, il canettiere può infine dimostrarsi attento al suo benessere riservandogli qualche uscita molto soft. Questa prassi è molto più semplice da attuare per il segugio da lepre, un po’ meno per lo specialista da cinghiale. Queste brevi uscite, oltre a non arrecare danni sul fisico del soggetto, ne miglioreranno il benessere psichico e saranno il miglior gesto di riconoscenza che potremo avere nei confronti di un compagno che ci ha dato tutto, finché ne ha avuto la forza e magari qualche volta per noi è andato anche oltre.