La civiltà della caccia
Nelle oltre 500 pagine del volume L’odissea dei cacciatori, Rodolfo Grassi ripercorre la storia d’Italia mettendo in risalto il ruolo, mai secondario, della caccia e dei cacciatori
Èun libro nuovo, diverso, avvincente come lo sono i romanzi veri creati dalla gente e incastonati nella storia da giornalisti autentici prestati alla narrazione. S’intitola L’odissea dei cacciatori e sono oltre 500 pagine del diario d’un viaggio con la natura. Un libro unico nel suo genere perché riunisce costume e politica, folclore e credenze, cronaca dei grandi eventi e suoi protagonisti (senza mai smarrire riferimenti alla caccia, all’ambiente, alla legislazione venatoria), da De Gasperi a Togliatti, da Aldo Moro a Berlinguer, da papa Montini a papa Wojtyła. Lo ha scritto Rodolfo Grassi, cinquant’anni di giornalismo con esordio all’Ansa di Milano all’inizio degli anni Settanta e a fianco dell’onorevole Giacomo Rosini, in prima linea nella difesa della caccia. Il testo è il racconto, ma forse sarebbe più opportuno dire, se non apparisse riduttivo, la cronaca, di oltre 140 anni di caccia, le mille vicende, non di rado contraddittorie, i personaggi che l’hanno animata e ne sono stati a loro modo protagonisti, le tante leggi che furono promesse e le poche approvate. Storie di noi inserite in fatti a volte drammatici, altre contraddittori, molto spesso rivelatori di quel semisegreto amore per la natura che anima ogni cacciatore autentico. Leggi e scopri che nei primi del secolo scorso i bambini potevano lavorare in fabbrica dopo aver compiuto i cinque anni, un chilo di pane costava un’ora di lavoro, l’aspettativa di vita non superava i 40 anni. Storie di un’Italia che vuol abbandonare la via della miseria e che solo un giornalista come Grassi, legato al mondo cattolico e ai Francescani, poteva raccontare così, come compilasse un originalissimo taccuino di viaggio lungo tribolate vie del tempo. Perché la caccia diventa il filo conduttore, la strada da percorrere in un’odissea - ecco il perché del titolo - scritta dalla gente in oltre un secolo. Nelle non facili strade del viaggio, proprio come lo fu quello mitico di Ulisse, si incontrano personaggi che fanno parte della storia d’Italia e si rivelano - conoscere la loro passione venatoria diventa per molti autentica sorpresa - cacciatori veri e appassionati amanti della natura. Ci sono Garibaldi e Crispi, Giuseppe Verdi ed Eugenio Niccolini, Luigi Ugolini e Giulio Colombo, e Adelio Ponce de Leon gigante nella caccia e nella
narrativa. Ci sono grandi autori e cronache di vicende - simboleggiate da Anna Frank - che mai si pensava potessero insanguinare la storia e anche Nilla Pizzi della prima edizione di Sanremo. E le vicende dei grandi del ciclismo con Costante Girardengo, Gino Bartali, eroe partigiano, Fausto Coppi e Gianni Brera che li magnifica. Eppoi il fascino di don Lorenzo Milani, con quel suo libro sulla scuola più efficace di una conquista sociale, e le lotte studentesche, a cominciare da Mario Capanna, anche lui cacciatore, che dall’Università di Milano sconvolse un’epoca, e insieme a loro tanti, tantissimi altri personaggi che mai avresti creduto far parte delle schiere di Diana. Rigorosi e puntigliosi i riferimenti storici, precise le biografie, attento lo scritto - verrebbe da dire i passi, lungo l’odissea del tempo e delle ideologie - di una storia raccontata in pagine originalissime e ricche di dati come mai nessun altro libro, riferimenti, statistiche, convegni, battaglie vinte dai cacciatori (i referendum ne sono un esempio) e dalla società civile. Il racconto è intervallato - come se il lettore-viaggiatore avesse raggiunto un’oasi - da scritti su usi, costumi e superstizioni, su come venivano utilizzati i volatili in medicina, le previsioni del tempo dal volo degli uccelli e le superstizioni. Un libro nuovo fra cronaca e storia, che si legge tutto d’un fiato. Un libro di noi cacciatori che racconta la civiltà della caccia.