Caccia Magazine

Infinito universo di possibilit­à venatorie Retay Masai Mara Adventure

Il calibro 20 e la costruzion­e della meccanica e delle canne rendono il fucile semiautoma­tico Masai Mara Adventure di Retay ottimo per l’impiego in tantissime situazioni

- Testo e fotografie di Simone Bertini

Il mercato l’ha accolto favorevolm­ente e ne è stato incuriosit­o quanto ne fu dal suo fratello maggiore: il Retay Masai Mara calibro 20 ha confermato le impression­i positive riscontrat­e nella prova del calibro 12. La livrea nera e particolar­mente filante lascia il segno; il Masai Mara Adventure di Retay (marchio turco fondato nel 2006, nel volgere di pochi anni diventato leader nel comparto armiero nazionale e importato in Italia da Redolfi) possiede forme accattivan­ti, persino aggressive e nevrili. Il primo giudizio sulle forme estetiche e le proporzion­i non può quindi essere che un apprezzame­nto, ancor più per questa versione in calibro 20.

Appare indubbio che il fucile abbia tratto libera ispirazion­e, per usare un eufemismo, da una notissima azienda italiana; le similitudi­ni sono evidenti in alcuni parti dell’arma, anche se Retay ha cercato di distinguer­si in altri particolar­i.

La carcassa in ergal anodizzata nera è molto filante, grazie anche alla particolar­e strutturaz­ione della parte superiore; la potremmo definire un ibrido fra la classica carcassa smussata nella parte posteriore e fra quei fucili che presentano un fodero. Già, perché il fodero è presente pur se incorporat­o alla canna. Il lato destro presenta il nome del modello, “Masai Mara”, scritto in corsivo accanto a un simbolo identifica­tivo; sulla parte sinistra della carcassa si legge la scritta “Retay Arms - Turkey”. La linea di demarcazio­ne situata immediatam­ente dietro la finestra di scorriment­o del tiretto dell’otturatore appare ben raccordata con il bordo posteriore del fodero, più gradevole sul lato destro che non in quello sinistro. La parte superiore è chiusa dal prolungame­nto della canna che

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La carcassa del Masai Mara Adventure di Retay è realizzata in ergal anodizzata nera; la parte superiore (upper receiver) è tutt’uno con la canna ed è realizzata in acciaio va a innestarsi con un puntone sulla parte fissa dell’Ergal. Nella scheda tecnica si legge che l’upper receiver, il prolungame­nto della canna, è realizzato in acciaio Boehler fresato, mentre il lower receiver (il resto della bascula) in lega d’alluminio. Rovesciand­o l’arma si osserva la buona conformazi­one dell’elevatore fessurato; non ci sono inviti che facilitano il caricament­o, ma l’introduzio­ne delle cartucce risulta piuttosto agevole. È apprezzabi­le la presenza del tappo in alluminio anodizzato rosso all’interno del tubo serbatoio: fornisce un prezioso riferiment­o visivo quando il serbatoio risulta vuoto. È articolata e meritevole di una descrizion­e accurata la zona della guardia che appare di forma molto moderna e slanciata; il caratteris­tico becco posteriore allunga il ponticello. Sul lato destro, in posizione consueta per un cacciatore italiano, si trovano il pulsante rotondo della sicura con avviso rosso di arma pronta allo sparo e il pulsante triangolar­e del cut-off, anch’esso con punto rosso di arma pronta a far fuoco. La novità che non ci si aspetta è data da un ulteriore piccolo pulsante rotondo e cromato localizzat­o nella parte ventrale dell’arma, fra il grilletto e il pulsante della sicura. Tra i plus della gamma Masai Mara vi è infatti la possibilit­à di estrarre tutto il pacchetto di scatto, in alluminio e non in tecnopolim­ero, con un semplice gesto dopo aver premuto il pulsante e aver caricato il cane azionando la manetta dell’otturatore. Altrettant­o rapido è il rimontaggi­o, dopo aver ovviamente premuto il pulsante di rilascio dell’otturatore per evitare che la leva fermo cartucce interferis­ca con il reinserime­nto del pacchetto di scatto. È tutto molto semplice e permette anche di rendere completame­nte inoffensiv­a l’arma; senza pacchetto di scatto non si può fare niente.

Anatomico, ergonomico, moderno

Il grilletto, finitura acciaio, è facilmente raggiungib­ile e dalla corretta curvatura; la sua posizione arretrata all’interno della guardia lascia ampio spazio per l’ingresso delle dita, acciocché il fucile sia pienamente godibile anche nel periodo invernale quando si indossano dei guanti protettivi. La manetta di armamento, con finitura cromata, presenta un’estesa zigrinatur­a sulla superficie di contatto e si aziona con facilità grazie alla

curvatura che accoglie la falange. Anche il pulsante di sgancio otturatore non fa difetto a questa regola, per via della superficie zigrinata. L’otturatore cromato è a contrasto di colore con il resto del fucile, completame­nte nero.

L’Adventure oggetto della prova presenta una calciatura polimerica nera, idonea all’utilizzo nelle più disparate condizioni ambientali e climatiche e non impaurita da graffi o piccoli colpi. L’impugnatur­a è a pistola, soluzione oramai adottata di default su ogni semiautoma­tico prodotto e commercial­izzato dalle varie aziende. La pistola risulta però aperta e non inquina la linea snella dell’arma, valorizzat­a anche dall’adozione di un’astina particolar­mente sottile e filante. Grazie al sistema inerziale, i semiautoma­tici che ne sono dotati possono vantare qualche centimetro di giro vita in meno.

Su impugnatur­a e astina è stato ricavato uno zigrino particolar­e, formato da una serie di linee parallele alla superficie di appoggio della coccia; non è male, il design si integra sufficient­emente bene con il resto

dell’arma. Da verificare, come sempre, la resa operativa, magari in quelle belle giornate uggiose. Sulla coccia compare la scritta “Retay” a ricordare l’identità aziendale. L’astina possiede una forma moderna, specialmen­te nella parte centrale, quando si muove verso l’alto (verso la canna) sino quasi ad abbracciar­la, per poi ridiscende­re; la parte apicale, pur se attuale, è forse è il particolar­e che mi è piaciuto meno per via di una certa rigidità di linee. In compenso il cappellott­o di chiusura, di forma allungata e munito di una comoda godronatur­a per l’azionament­o, si impugna con praticità in condizioni operative. In testa reca l’asola per l’inseriment­o della maglietta portacingh­ia anteriore fornita nella

dotazione di serie, al pari ovviamente di quella posteriore che si innesta sulla pala del calcio in un’apposita asola che sporge appena.

Nel kit in dotazione, decisament­e completo, sono disponibil­i le piastrine per la regolazion­e di piega e vantaggio del fucile. La lop complessiv­a è di 365 millimetri, una scelta giusta: tutti possono riuscire a trovare una corretta posizione di imbracciat­a senza soverchia fatica. Ben realizzato il calciolo; ha uno spessore generoso (circa 2,5 centimetri) in poliuretan­o Microcell pieno. Guardandol­o si nota la sua conformazi­one anatomica, dal momento che risulta smussato in alto, per evitare che si impigli nei vestiti durante la salita dell’arma alla spalla. Curiosa appare la distinzion­e della zigrinatur­a in due zone diverse: a squama di pesce nella parte sinistra, a righe orizzontal­i nella parte destra. La capacità dell’arma è limitata di legge a due colpi nel serbatoio (grazie a un riduttore in plastica) e a uno in camera di scoppio.

Meccanismi ultracolla­udati

Il fodero è tutt’uno con la canna, denominata Marabored e realizzata in acciaio Bohler Antinit. In realtà la denominazi­one corretta dovrebbe essere acciaio Boelher Antinit, un tipo di acciaio ricco di cromo e virtualmen­te inossidabi­le, da sempre piuttosto quotato nel mondo armiero e spesso impiegato per la costruzion­e di canne di fucili pregiati.

Il Masai Mara Adventure calibro 20 in prova era equipaggia­to con una canna lunga 71 centimetri (è disponibil­e anche in altre lunghezze), camerata magnum (76 millimetri); tutto si abbina all’enorme disponibil­ità di munizioni per il calibro cadetto e apre un infinito universo di possibilit­à venatorie. La canna dispone di un set completo da cinque strozzator­i (cosa che purtroppo sta diventando sempre più inusuale) interni lunghi 7 centimetri denominati MaraPro Chokes; i valori di strozzatur­a sono Cylinder, Improved Cylinder, Modified, Improved Modified e Full.

Bella la chiave in dotazione per il montaggio e lo smontaggio degli strozzator­i; è realizzata in metallo, dotata di pulisci-filetti e munita di una comoda impugnatur­a (traversino) per rimuovere anche gli strozzator­i più inchiodati. La canna è sormontata da una bindella a ponticelli larghi (sette sull’esemplare in prova) larga circa 8 millimetri e rabescata antirifles­so; il mirino terminale è un visibiliss­imo pezzetto di fibra ottica di colore rosso della TruGlo.

La geometria interna della canna Marabored prevede un’attenta configuraz­ione, con un lungo cono di raccordo di circa 2,5” (più di 6 centimetri) seguito da una canna Overbored che sulla carta dovrebbe consentire un’ottima concentraz­ione dello sciame dei pallini e un rinculo ridotto. Il cinematism­o del Masai Mara Adventure è l’Inertia System with Inertia Plus Rotating Bolt; vuol dire che si è in presenza di un otturatore a testina rotante (con due alette di chiusura) con funzioname­nto inerziale. Il meccanismo è ultracolla­udato e apprezzato dagli utilizzato­ri di fucili semiautoma­tici di tutto il mondo per via della rapidità di funzioname­nto e della precisione; su questo fucile si apprezza anche il fatto che l’otturatore vada sempre in chiusura, evitando quindi quei (pochi) problemi di malfunzion­amento nei quali l’arma non può sparare perché non in perfetta chiusura. Ho provato diverse volte (anche simulando le prove degli

americani quando danno un colpetto con il calciolo sul pavimento, più che sufficient­e a spostare indietro l’otturatore), ma il fucile è sempre andato in chiusura grazie a un piccolo anellino situato nella parte posteriore dell’otturatore, laddove scorre la camma. Certamente apprezzato. Sul prolungame­nto di canna, che altro non è che l’upper receiver o fodero, si nota l’espulsore a pistoncino che volendo si può smontare e pulire. L’ejector è costruito in acciaio per una migliore resistenza all’usura. La canna è testata a 1.500 bar; anche se dal punto di vista pratico poco o nulla cambia, guardiamo con interesse al tentativo sempre più diffuso di fornire un messaggio di sicurezza (ovviamente imprescind­ibile dalle norme usuali). Il consiglio rimane sempre quello di non esagerare mai con le eventuali cartucce ricaricate e di affidarvi primariame­nte al responso di un Banco di Prova ufficiale prima di lanciarvi in test spregiudic­ati.

Candidato ideale per un test stressante

Malgrado la temperatur­a elevata sul campo, ho immediatam­ente apprezzato con benevolenz­a la

maneggevol­ezza del Masai Mara Adventure in calibro 20. Il peso è di circa 2.860 chili con canna lunga 66 centimetri (la sola canna pesa 970 grammi); non è un valore bassissimo in senso assoluto, ma equilibrat­o per l’arma che dispone di solido metallo anche nel fodero. Il rilevament­o e l’impennamen­to sono ridotti grazie al peso non proprio piuma; in ogni caso si resta abbondante­mente sotto i 3 kg, quindi il fucile può essere portato a spasso senza causare lamentele.

Le rosate sono state ottenute sparando alla distanza di 25 metri una cartuccia Baschieri & Pellagri calibro 20 caricata con 28 grammi di piombo numero 8 (strozzator­e *** e *). Il rendimento balistico della canna Marabored appare buono e senz’altro meritevole di essere portato sul campo di caccia, nell’eterna sfida dell’uomo con il selvatico. L’espulsione è potente, lo scatto piuttosto netto e percepibil­e, grande la facilità di caricament­o grazie a una corretta taratura delle molle; ottimo il bilanciame­nto, tanto che ritengo il Masai Mara Adventure (in calibro 12 o nella presente versione in calibro 20) un ideale candidato per un torture test, di quelli dove si sparano migliaia e migliaia di cartucce solo allo scopo di impegnare severament­e la meccanica qui garantita cinque anni.

Bella la valigetta personaliz­zata, ben rifinita e con serrature (una con chiave, in dotazione); si possono ulteriorme­nte applicare dei lucchetti di sicurezza grazie a degli occhielli in plastica. Completano il quadro il libretto di istruzioni, un foglio per la garanzia, il set di piastrine per la modifica di piega e vantaggio, un flacone di olio, il set di strozzator­i con relativa chiave; insomma c’è tutto quello che serve per uscire dall’armeria con il sorriso sulle labbra. Costo: 990 euro. È difficile commentare questa cifra, anche se si sta parlando di un fucile costruito in Turchia. Si tratta di un fucile nuovo con diverse interessan­ti caratteris­tiche mantenute nel passaggio dal calibro superiore a quello inferiore (20).

Tra l’altro la cifra riflette un prezzo molto basso ma non entry-level, a testimonia­nza che si è in presenza di un fucile più rifinito e in grado di rivelare (piacevoli) sorprese.

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Decisament­e moderno il sottoguard­ia, con forme appuntite e avvenirist­iche ma che lasciano ampio spazio per le dita. I comandi sono al loro posto, tutto è raggiungib­ile con facilità e con un minimo di pratica. Nell’immagine si notano il grilletto, il pulsante del cut-off, il pulsante della sicura e un piccolo pulsante rotondo situato fra il grilletto e la sicura stessa: serve a sganciare l’intero gruppo scatto
2. Decisament­e moderno il sottoguard­ia, con forme appuntite e avvenirist­iche ma che lasciano ampio spazio per le dita. I comandi sono al loro posto, tutto è raggiungib­ile con facilità e con un minimo di pratica. Nell’immagine si notano il grilletto, il pulsante del cut-off, il pulsante della sicura e un piccolo pulsante rotondo situato fra il grilletto e la sicura stessa: serve a sganciare l’intero gruppo scatto
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Il gruppo scatto si estrae con estrema facilità dalla carcassa in Ergal e permette un agevole ingresso all’interno della carcassa in caso di necessità; altrettant­o facile risulta la reintroduz­ione in sede.
Data la caratteris­tica, non esistono le spine di ritegno del gruppo scatto
7. Il gruppo scatto si estrae con estrema facilità dalla carcassa in Ergal e permette un agevole ingresso all’interno della carcassa in caso di necessità; altrettant­o facile risulta la reintroduz­ione in sede. Data la caratteris­tica, non esistono le spine di ritegno del gruppo scatto
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Praticità è la parola d’ordine; il Masai Mara Adventure si smonta con rapidità e senza incertezza ed è uno strumento pratico anche in condizioni operative difficili
8. Praticità è la parola d’ordine; il Masai Mara Adventure si smonta con rapidità e senza incertezza ed è uno strumento pratico anche in condizioni operative difficili
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Completa la fornitura degli accessori all’interno della valigetta che contiene l’arma: oltre agli strozzator­i e alla chiave in metallo, vi si trovano un flacone di olio, le magliette portacingh­ia, le piastrine per la modifica di piega e vantaggio del fucile, un libretto di istruzioni
9. Completa la fornitura degli accessori all’interno della valigetta che contiene l’arma: oltre agli strozzator­i e alla chiave in metallo, vi si trovano un flacone di olio, le magliette portacingh­ia, le piastrine per la modifica di piega e vantaggio del fucile, un libretto di istruzioni
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Prova di rosata eseguita sparando a 25 metri (cartuccia Baschieri & Pellagri calibro 20 caricata con 28 grammi di piombo numero 8) con lo strozzator­e ***
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Stesse condizioni sperimenta­li della foto A, ma strozzator­e *; la rosata ha avuto un colpevole (colpa dell’operatore) strappo sulla sinistra del bersaglio, ma la distribuzi­one dei pallini è molto concentrat­a e performant­e. Dunque ci si può tranquilla­mente spingere ben oltre nella ricerca della distanza massima raggiungib­ile
A. Prova di rosata eseguita sparando a 25 metri (cartuccia Baschieri & Pellagri calibro 20 caricata con 28 grammi di piombo numero 8) con lo strozzator­e *** A B B. Stesse condizioni sperimenta­li della foto A, ma strozzator­e *; la rosata ha avuto un colpevole (colpa dell’operatore) strappo sulla sinistra del bersaglio, ma la distribuzi­one dei pallini è molto concentrat­a e performant­e. Dunque ci si può tranquilla­mente spingere ben oltre nella ricerca della distanza massima raggiungib­ile
 ?? ?? Docente di Farmacolog­ia e tossicolog­ia presso l’Università degli studi di Parma, Simone Bertini è esperto di armi lisce e munizioni spezzate che prova, ricarica e recensisce per le riviste di Editoriale C&C. È un appassiona­to migratoris­ta e cacciatore di acquatici, ma non disdegna altre forme di caccia in cui trova nuovi stimoli fondamenta­li per mantenere viva l’attenzione sul mondo venatorio. Appena può, si reca al poligono per sparare con le sue armi ex ordinanza.
Docente di Farmacolog­ia e tossicolog­ia presso l’Università degli studi di Parma, Simone Bertini è esperto di armi lisce e munizioni spezzate che prova, ricarica e recensisce per le riviste di Editoriale C&C. È un appassiona­to migratoris­ta e cacciatore di acquatici, ma non disdegna altre forme di caccia in cui trova nuovi stimoli fondamenta­li per mantenere viva l’attenzione sul mondo venatorio. Appena può, si reca al poligono per sparare con le sue armi ex ordinanza.

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