Al servizio della caccia
Alla caccia sono arrivato tardi, ma sul piatto metto 23 anni di attività professionale passati nella redazione di Armi e Tiro, non un semplice luogo di lavoro, ma una vera e propria palestra di vita. La prima licenza di caccia mi è stata rilasciata quando avevo già compiuto 30 anni, prima mi ero “attardato” nella passione per le armi e per il tiro. Ma sono cresciuto nella casa di un vero cacciatore, mio padre, e grazie a lui, fin dalla tenera età, della caccia ho condiviso le gioie e le delusioni, i riti e l’irresistibile fascino; oserei dire perfino gli odori e i profumi.
E in mezzo ai cacciatori sono cresciuto dentro l’armeria che a fine anni Sessanta mio padre aveva rilevato per sublimare la sua passione. Lì ascoltavo di storie incredibili narrate decine di volte, sempre uguali, ma anche sempre diverse, dai tanti innamorati cacciatori che si sono succeduti negli anni sul grande divano dell’armeria di famiglia.
Quel ragazzo quasi intimorito, ma anche affascinato, non c’è più. Al suo posto c’è un uomo che è riuscito a fare della propria passione una professione. Un lavoro non sempre semplice che, negli anni scorsi, ha visto me e i miei colleghi assumere posizioni scomode, scontrarsi, ma anche entusiasmarsi, raccontare, spiegare. Un percorso nel quale, insieme all’insostituibile lavoro degli ottimi professionisti che ho trovato in redazione al mio arrivo, vorrei accompagnare anche questa rivista: passare dalla spensieratezza della gioventù agli impegni della maturità. L’obiettivo è serio, ambizioso e, non lo nascondo, per nulla semplice da raggiungere: fare di Caccia Magazine il punto di riferimento dell’informazione per quanto riguarda la caccia di selezione, e più in generale la caccia con la canna rigata, e le forme di caccia più tradizionali.
Questo significa avere una visione della caccia per i prossimi anni, in uno dei periodi storici più duri per l’attività venatoria, quotidianamente sotto attacco da un ambientalismo salottiero, vissuta come una fastidiosa presenza da un mondo politico più incline a blandire il cacciatore-votante piuttosto che a farsi carico delle istanze di un’attività che sarebbe ora fosse percepita anche come uno straordinario strumento di co-gestione sostenibile di un ambiente vero e non da cartolina. L’esatto contrario di quello che stanno cercando di fare alcuni signori (mi rifiuto di considerarli amanti dell’ambiente, del quale non sanno nulla!) che vorrebbero cancellarci: a loro diciamo la caccia non va abolita!
Dobbiamo darci nuove regole, al passo con un’attività venatoria che non è più quella di 30 anni fa. I cacciatori fanno troppo poco e, quindi, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità: troppo spesso preferiamo il comfort dei concitati conciliaboli che restano tra appassionati alla trincea, se necessaria, dell’aspro confronto con chi ci vorrebbe cancellare. A loro va spiegato che se c’è anche una sola possibilità di porre rimedio ai danni che l’uomo ha causato agli ecosistemi naturali, il cacciatore può essere una risorsa e avere un ruolo importante.
Caccia Magazine non vuole distruggere, al contrario si impegna a costruire. Con spirito di servizio a vantaggio della caccia e dei cacciatori. Che in questo percorso vorremmo al nostro fianco, con suggerimenti, critiche, progetti. Perché i lettori sono i nostri unici arbitri. Io, la redazione e i nostri collaboratori raccogliamo la sfida e siamo già al lavoro per imprimere ulteriore vitalità a una rivista che si impegna a essere autorevole, politicamente indipendente, sempre dalla parte dei cacciatori e che rivendica il diritto di criticare chiunque.
Un doveroso ringraziamento lo devo all’editore, che mi ha affidato questo ruolo, in un momento delicato anche per il mondo dell’editoria, dandomi piena autonomia e fiducia che spero di ricambiare con l’entusiasmo e la professionalità. Grazie anche a Matteo Brogi, che mi ha preceduto nel ruolo di direttore editoriale, e che accettando di restare nel team di Caccia Magazine mi consente di contare sulla sua esperienza e sulle sue conoscenze tecniche. Ai lettori dico: restate al nostro fianco.
Non permettiamo che il fastidioso rumore di fondo di una minoranza prevenuta, incompetente e ideologicamente schierata faccia breccia anche tra quei milioni di cittadini che non odiano la caccia, ma che hanno bisogno, soprattutto, di essere correttamente informati.
È anche a loro che proveremo a parlare.