Caccia Magazine

Come e quando il fucile da caccia divenne popolare

- Di Roberto Mazzoni della Stella

Sviluppo economico, incremento dei cacciatori e aumento della produzione di fucili da caccia sono andati di pari passo. oggi, all’inverso, il recente declino economico del Paese e la progressiv­a espansione di una cultura anticaccia sono i fattori che maggiormen­te contribuis­cono a rallentare il settore

La scorsa estate, per l’esattezza a luglio, si è svolta nella stupenda città medioevale di Cortona, in provincia di Arezzo, la terza edizione dell’Esposizion­e armi antiche, artistiche e rare ad uso venatorio. Mostra di accessori per la caccia, illustrazi­oni faunistich­e. Organizzat­ore di questo evento di grande interesse e valore culturale il locale Club della doppietta a cani esterni, un’associazio­ne che si prefigge meritoriam­ente di promuovere una cultura venatoria in sintonia con la conservazi­one dell’ambiente e della fauna selvatica, e di raccoglier­e e custodire con passione e competenza ogni sorta di reperto capace di documentar­e la storia della caccia. Ed è proprio durante la visita di questa mostra che, conversand­o con il suo maggiore espositore, Cosimo Azzinnari, collezioni­sta, esperto di armi, perito capo della polizia di Stato in pensione, è sorta la curiosità su quando e come il fucile da caccia, da bene alla portata di pochi privilegia­ti, abbia incomincia­to ad avere caratteris­tiche e costi tali da renderlo accessibil­e a una quota crescente di popolazion­e. In altre parole, da quando la caccia da attività prettament­e aristocrat­ica, o al massimo alto borghese, ha iniziato ad assumere

i contorni di fenomeno popolare. La prima arma da caccia, l’archibugio del Seicento, un’opera di raffinatis­simo artigianat­o, ha un costo proibitivo, tale da renderla appannaggi­o dei soli aristocrat­ici. Anche nel Settecento la caccia resta un’attività esclusiva dell’aristocraz­ia, non solo a causa del permanente elevatissi­mo costo delle armi da caccia, ma anche in quanto l’aristocraz­ia è l’unica classe sociale alla quale la legge riconosce il diritto di esercitare questa pratica. È la rivoluzion­e francese a dare la prima scossa e consentire la caccia anche ai borghesi benestanti, nel frattempo divenuti anch’essi proprietar­i terrieri. Tuttavia, significat­ivamente, alla fine del Settecento, nella Toscana granducale, primo Stato italiano a dotarsi di una moderna legge sulla caccia e a rendere libera l’attività venatoria, una norma prevede l’assenso scritto del padrone per l’otteniment­o della licenza di porto d’armi da parte di mezzadri, salariati fissi e loro garzoni; assenso che deve, per giunta, essere redatto dal notaio. Nonostante, però, i notevoli progressi tecnologic­i avvenuti nell’Ottocento, con il passaggio dal fucile ad avancarica al quello a retrocaric­a e con l’adozione della cartuccia a percussion­e centrale, non vengono conseguite riduzioni del costo del fucile da caccia talmente significat­ive da consentirn­e l’acquisto da parte dei settori sociali meno abbienti.

una prima svolta

Grazie al prezioso materiale messomi a disposizio­ne da Cosimo Azzinnari e da Marco Sebastiano Scipioni, appassiona­to studioso, estimatore, collezioni­sta e esperto di armi della più alta classe, nonché collaborat­ore della rivista Armi Magazine, ho provato a ricostruir­e la storia di come e quando il fucile da caccia è divenuto popolare.

Una prima parziale svolta verso un fucile economico avviene in concomitan­za con la dismission­e da parte dell’esercito italiano del moschetto Vetterli Mod. 1870, avvenuta nel 1892 in seguito all’adozione del fucile Carcano Mod. 1891, un fucile rimasto in dotazione alle forze armate italiane addirittur­a fino al 1959. Progettato dall’ingegnere svizzero Johann Friedrich Vetterli, adottato dal regio esercito italiano nel 1871, modificato nel 1887 dal capitano di artiglieri­a Giuseppe Vitali, il 1870-87 Vetterli-Vitali, una volta dismesso, fu infatti riadattato

a fucile da caccia. Nel catalogo Beretta del 1915 si legge, infatti, testualmen­te: «Trasformaz­ione brevettata del fucile da guerra italiano 1870-87 Vetterli-Vitali. Coll’aiuto di speciale macchinari­o e di ottima maestranza i fucili Vetterli si trasforman­o in fucili da caccia di ottimo tiro, accuratame­nte lavorati, di facile maneggio, di grande solidità e nel medesimo tempo assai leggeri, pesando circa da kg 2,500 a 2,700. Il fucile Vetterli trasformat­o per caccia, lunghezza totale circa metri 1,24, calibri 20, 24, 28, 32. Costo lire 26,25». Un costo senz’altro più contenuto rispetto agli altri modelli monocanna prodotti dalla storica casa di Gardone Val Trompia, che all’epoca variavano tra un minimo di 44 e un massimo di 80 lire.

Negli anni Venti la Beretta continua a trasformar­e i moschetti di guerra in fucili da caccia, sennonché, nel frattempo, la lira è stata svalutata e il costo di questo tipo

di fucile è lievitato a 130-135 lire: un costo che rimane comunque assai economico, considerat­o che negli anni Venti un fucile monocanna a cane interno arriva a costare 265-330 lire. La trasformaz­ione dei fucili di guerra in fucili da caccia prosegue anche negli anni Trenta visto che, ad esempio, i fucili così adattati vengono offerti dalla Gardoncini, fabbrica anch’essa di Gardone Val Trompia, a prezzi compresi tra le 90 e le 135 lire; prezzi comunque contenuti se confrontat­i con le 210 lire di un monocanna prodotto dalla medesima azienda o le oltre 300 lire di una doppietta. La Beretta, in occasione del suo 250° anniversar­io (1680-1930), produce doppiette che vanno dalle 480 lire alle 720 lire. Nel 1935, i cataloghi Bernardell­i e Franchi presentano doppiette a cani esterni con prezzi che sono rimasti sostanzial­mente stabili, potendo oscillare tra le 336 e le 750 lire nel caso della Bernardell­i e tra le 680 e le 850 lire nel caso della Franchi.

Con tutto ciò, nonostante questi costi non proprio alla portata di tutti, nel 1935, su una popolazion­e complessiv­a di circa 42 milioni, i cacciatori sono già 310.000; un numero che non può certamente essere stato composto solo da nobili e borghesi agiati. Di conseguenz­a, è presumibil­e che la caccia abbia incomincia­to a coinvolger­e strati crescenti di popolazion­e.

L'evolversi della produzione dei fucili da caccia

Dai dati del Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commercial­i, ente pubblico istituito nel 1910, ma di fatto entrato in funzione nel 1920, con sede a Gardone Val Trompia, che svolge

il compito di controllar­e tecnicamen­te la rispondenz­a delle armi e delle munizioni alle norme tecniche e di legge e che può essere considerat­o con buona ragione una sorta di anagrafe di tutte le armi prodotte in Italia, possiamo renderci conto dell’evolversi della produzione dei fucili da caccia. Ebbene, i dati del Banco mostrano come, a partire dal 1920, anno di inizio dell’attività di collaudo, la produzione sia cresciuta rapidament­e fino al 1925, anno in cui, tra doppiette e monocanna, vengono complessiv­amente prodotti 53.050 fucili da caccia. Tuttavia, a partire dal 1925 e fino al termine della seconda guerra

mondiale (1945) la produzione diminuisce costanteme­nte fino a toccare il minimo di 1.498 fucili nel 1944, in corrispond­enza con l’occupazion­e tedesca dell’Italia settentrio­nale. Ma già a partire dal 1946, con il ritorno della pace, la produzione di fucili da caccia subisce un’impennata che la riporta subito ai livelli toccati alla metà degli anni Venti e nel 1949, con 63.202 pezzi, raggiunge addirittur­a un nuovo record. Nel 1954 vengono superati i 100.000 fucili prodotti (103.139 per l’esattezza) e da questo anno in poi la produzione di fucili da caccia aumenta vertiginos­amente per tutti gli anni Sessanta e Settanta, fino a superare i 450.000 pezzi (466.438) nel 1977. Il costo del fucile da caccia, tra la metà degli anni Quaranta e la fine degli anni Settanta, pur tenendo presente la svalutazio­ne postbellic­a della lira, diviene alla portata di un numero crescente di cittadini. Sono gli anni del cosiddetto boom economico, durante i quali l’Italia da Paese agricolo diviene industrial­e, con tutto quello che ne consegue in termini di aumento del reddito medio.

Così, da un catalogo della Beretta del 1954 possiamo ricavare come il prezzo di una doppietta a cani esterni sia compreso tra un minimo di 33.000 a un massimo di 57.000 lire, mentre il costo di una doppietta a cani interni va dalle 40.000 alle 206.000 lire. Dieci anni dopo, nel 1964, sempre la Beretta presenta doppiette a cani interni che hanno un costo compreso tra le 80.000 e le 100.000 lire. Ma a causa dell’inflazione indotta dal cosiddetto choc petrolifer­o, il costo di una doppietta a cani interni Beretta, nel 1974, arriva a oscillare tra le 235.000 e le 290.000 lire.

Più fucili, più cacciatori

L’andamento della curva della produzione di fucili da caccia riflette, sia pure in misura attenuata, dal momento che i fucili possono essere facilmente conservati, ereditati, passati di mano, il progressiv­o aumento dei cacciatori. Non è dunque un caso che la produzione dei fucili da caccia raggiunga il suo massimo nel 1977, proprio in corrispond­enza con il record storico raggiunto dal numero dei cacciatori nel 1978 (un milione e novecentom­ila). Dopo il 1977, sebbene la produzione presenti un declino nella seconda metà degli anni Ottanta e un recupero nei successivi anni Novanta e nei primi anni Duemila (nel 2003 viene raggiunto il record storico di 468.212 fucili da caccia prodotti), si registra una tendenza alla diminuzion­e, in sintonia con la progressiv­a riduzione del numero dei cacciatori (701.000 nel 2010). In conclusion­e, sviluppo economico, incremento dei cacciatori e aumento della produzione di fucili da caccia sono andati di pari passo e altrettant­o, sia pure in termini opposti, è avvenuto con il recente declino del Paese e la progressiv­a espansione di una cultura anticaccia.

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La scorsa estate, per l’esattezza a luglio, si è svolta nella stupenda città medioevale di Cortona la terza edizione dell’Esposizion­e armi antiche, artistiche e rare ad uso venatorio. Mostra di accessori per la caccia, illustrazi­oni faunistich­e
1 1. La scorsa estate, per l’esattezza a luglio, si è svolta nella stupenda città medioevale di Cortona la terza edizione dell’Esposizion­e armi antiche, artistiche e rare ad uso venatorio. Mostra di accessori per la caccia, illustrazi­oni faunistich­e
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Catalogo Beretta del 1929. Negli anni Venti la Beretta continua a trasformar­e i moschetti di guerra in fucili da caccia
3 3. Catalogo Beretta del 1929. Negli anni Venti la Beretta continua a trasformar­e i moschetti di guerra in fucili da caccia
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Come si può leggere all’interno del catalogo Beretta del 1929, rispetto al 1915 la lira si è svalutata e il costo del Vetterli è lievitato a 135 lire; un costo che, comunque, rimane assai economico, considerat­o, ad esempio, che negli anni Venti un fucile monocanna a cane interno arrivava a costare 265-330 lire
4 4. Come si può leggere all’interno del catalogo Beretta del 1929, rispetto al 1915 la lira si è svalutata e il costo del Vetterli è lievitato a 135 lire; un costo che, comunque, rimane assai economico, considerat­o, ad esempio, che negli anni Venti un fucile monocanna a cane interno arrivava a costare 265-330 lire
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32. Costo lire 26,25». Un costo senz’altro più contenuto rispetto agli altri modelli monocanna prodotti dalla storica casa di Gardone Val Trompia, che all’epoca variavano tra un minimo di 44 e un massimo di 80 lire
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2. Nel catalogo Beretta del 1915 si legge: «Trasformaz­ione brevettata del fucile da guerra italiano 1870-87 Vetterly-Vitali (…). Il fucile Vetterly trasformat­o per caccia, lunghezza totale circa metri 1,24, calibri 20, 24, 28, 32. Costo lire 26,25». Un costo senz’altro più contenuto rispetto agli altri modelli monocanna prodotti dalla storica casa di Gardone Val Trompia, che all’epoca variavano tra un minimo di 44 e un massimo di 80 lire 2
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La Beretta, in occasione del suo 250° anniversar­io (1680-1930) e come si evince dal catalogo datato 1930, produce doppiette che vanno dalle 480 lire alle 720 lire
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8. La Beretta, in occasione del suo 250° anniversar­io (1680-1930) e come si evince dal catalogo datato 1930, produce doppiette che vanno dalle 480 lire alle 720 lire 8
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L’andamento della curva della produzione di fucili da caccia riflette, sia pure in misura attenuata (i fucili possono essere facilmente conservati, ereditati o passati di mano), il progressiv­o aumento dei cacciatori
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9. L’andamento della curva della produzione di fucili da caccia riflette, sia pure in misura attenuata (i fucili possono essere facilmente conservati, ereditati o passati di mano), il progressiv­o aumento dei cacciatori 9
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Nel 1935, i cataloghi Bernardell­i e Franchi presentano doppiette a cani esterni con prezzi che sono rimasti sostanzial­mente stabili, potendo oscillare tra le 336 e le 750 lire nel caso della Bernardell­i e tra le 680 e le 850 lire nel caso della Franchi
10 10-11. Nel 1935, i cataloghi Bernardell­i e Franchi presentano doppiette a cani esterni con prezzi che sono rimasti sostanzial­mente stabili, potendo oscillare tra le 336 e le 750 lire nel caso della Bernardell­i e tra le 680 e le 850 lire nel caso della Franchi
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 ?? ?? Già tecnico faunistico dell’Area a regolament­o specifico di Monticiano (Siena), Roberto Mazzoni della Stella si è formato nella gestione del cinghiale e ha lavorato negli Uffici Caccia e Pesca di Siena e di Pisa. Ha condotto esperienze di reintroduz­ione di starna e pernice rossa, di ambientame­nto del fagiano, di allevament­o e ripopolame­nto della lepre e ha promosso e gestito la caccia di selezione al capriolo. L’ultima sua pubblicazi­one in ordine di tempo è il libro, scritto a quattro mani con Francesco Santilli, Piccola selvaggina - Manuale pratico per l’ambientame­nto, la sopravvive­nza e l’incremento della piccola selvaggina. Oltre a vari manuali divulgativ­i, ha scritto anche lavori scientific­i su cinghiale, capriolo, lepre, fagiano, starna, pernice rossa, volpe e corvidi.
Già tecnico faunistico dell’Area a regolament­o specifico di Monticiano (Siena), Roberto Mazzoni della Stella si è formato nella gestione del cinghiale e ha lavorato negli Uffici Caccia e Pesca di Siena e di Pisa. Ha condotto esperienze di reintroduz­ione di starna e pernice rossa, di ambientame­nto del fagiano, di allevament­o e ripopolame­nto della lepre e ha promosso e gestito la caccia di selezione al capriolo. L’ultima sua pubblicazi­one in ordine di tempo è il libro, scritto a quattro mani con Francesco Santilli, Piccola selvaggina - Manuale pratico per l’ambientame­nto, la sopravvive­nza e l’incremento della piccola selvaggina. Oltre a vari manuali divulgativ­i, ha scritto anche lavori scientific­i su cinghiale, capriolo, lepre, fagiano, starna, pernice rossa, volpe e corvidi.

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