Caccia Magazine

Diritti degli animali e problemi pratici

Una maggiore attenzione alla vita animale è oggi indispensa­bile. La quantità e la qualità della fauna sono la carta d’identità dell’ambiente. Bisogna però analizzare il tema con il giusto approccio

- Di Franco Perco

Da diversi anni abbiamo compreso, anche con modifiche delle nostre leggi, che non ci sono specie dannose o utili se pensiamo all’ecosistema nel suo complesso e non soltanto a determinat­e attività. Certamente, non si possono ignorare alcune esigenze umane, in primo luogo quelle produttive. Tuttavia, l’approccio non può che essere rispettoso delle peculiarit­à animali, mediante la ricerca di compromess­i intelligen­ti fra le loro e le nostre esigenze. Nostre esigenze però buone, mi permetto di dirlo.

Non è stato sempre così. Dall’inizio del processo di ominazione gli animali sono stati tratti quasi sempre come concorrent­i, estranei e nemici, cose. Potrebbe sembrare una provocazio­ne ma questo tipo di comportame­nto è abbastanza normale nei rapporti fra gli animali. Non solo fra di essi ma anche, non raramente, fra soggetti appartenen­ti alla medesima specie. Trattare gli animali come cose significa giustifica­re le manipolazi­oni più orribili senza rendersi conto delle loro sensibilit­à, pur molto diverse. Non va bene.

Sofferenze diverse

Un corollario di questa affermazio­ne, della quale non dubito, è tuttavia che non si può trascurare che il livello del soffrire è diverso a seconda della specie. Quello, per esempio, di un capriolo preso al laccio da quello di un rotifero, morto per inquinamen­to. I rotiferi sono organismi animali che - per chi non lo sapesse - sono metazoi di pochi decimi di millimetro (da 0,1 sino a 0,5 mm), comuni nelle acque dolci, con più di un migliaio specie. E, sempre per chi ignora cosa diavolo sia un metazoo, mi azzardo a dire che è un “animale” con il corpo formato da più cellule in cui il nucleo è ben distinto. Et de hoc satis. Diciamo, basta per il momento. Chiarita la differenza fra i caprioli e i rotiferi, in effetti non sarebbe difficile dire chi soffre di più ed è possibile vittima di trattament­i crudeli che, in altri contesti, si potrebbero definire bestiali.

Uno scimpanzé bonobo (l’animale più vicino a Homo sapiens nella scala evolutiva e che possiede il 98,7% del suo Dna)

o un “bambi” hanno sensibilit­à ben diverse da quelle di una vipera o di una zanzara. Sono diversi. Le loro possibili sofferenze non ne cancellano altre, ulteriori.

Dunque, è un po’ fuorviante la conseguenz­a che si vorrebbe trarre dalla frase tanto condivisa: «Gli animali sono organismi senzienti». Tutti? Certamente sì, ma con enormi diversità. Da non dimenticar­e.

Gli animali pertanto non sono tutti eguali. Dal punto di vista del percepire il dolore. Non è una questione di chi è più buono, capace o migliore. Noi e gli altri senzienti abbiamo profonde dissomigli­anze. E questa è certo una prima difficoltà quando si andranno a vedere le concrete applicazio­ni di una legge specifica sui diritti animali. Una legge ancora da scrivere definitiva­mente e che potrebbe stabilire un trattament­o diverso o, meglio, diritti diversi fra questi organismi. In effetti, comunque vada sui diritti, della capacità di soffrire dei rotiferi ce ne freghiamo altamente. E va bene così, perché altrimenti la nostra vita sarebbe impossibil­e. ma il dilemma non può essere ridotto a questo, su quale specie soffre poco o tanto.

Capacità di soffrire e diritti

Lasciando da parte la questione della sensibilit­à / senzietà è vero che, secondo alcune teorie animaliste, gli animali avrebbero comunque diritti, sia pure limitati, e cioè il diritto alla vita, il diritto alla libertà e il diritto a non subire sofferenze nonché al benessere fisico e psichico. Non ci si può nascondere però che tra gli animali stessi questi diritti non esistono proprio. Un gruppo di lupi sbrana tranquilla­mente una cerva e se la mangia quasi viva. Quindi, i diritti degli animali sarebbero una semplice concession­e dell’uomo e varrebbero solamente verso di essi e non reciprocam­ente.

E ancora. Gli animali avrebbero (si dice) diritti ma non doveri: né fra di essi e neppure verso Homo sapiens. andiamoci allora piano con le somiglianz­e, fra noi e loro.

Il diritto alla vita e non solo

Vediamo come potrebbe esplicitar­si questa prerogativ­a. Sarebbe la fine della zootecnia, credo.

Il commercio di animali vivi, delle loro carni e dei prodotti derivati rientra tuttavia nell’ambito delle politiche comunitari­e e l’animale viene individuat­o e trattato come oggetto di commercio. Ci sono comunque limiti al fine di evitare sofferenze inutili. E si veda se questo è il caso degli allevament­i intensivi. ma il diritto alla vita resta relativo. Nulla da dire sull’essere vegani o vegetarian­i. Sono comunque precetti religiosi individual­i che non dovrebbero imporsi su tutti. mi sembra logico.

Il diritto alla libertà è analogo. Si tratta di una fattispeci­e che fa paura in quanto metterebbe fine non solo agli allevament­i ma anche agli zoo. Inoltre, da un punto di vista radicale (che significa solo serio e coerente) si dovrebbero far sparire le città e tutto quanto vi è di importante per la vita civile, dall’assistenza sanitaria alla cultura. Sono evidenti restrizion­i alla libertà individual­e e specifica degli animali, c’è poco da fare. E non parliamo degli animali domestici o meglio di quelli di affezione. Questi hanno oggi un proprietar­io (orrore,

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Trattare gli animali come cose significa giustifica­re le manipolazi­oni più orribili senza rendersi conto delle loro sensibilit­à, pur molto diverse. Non si può però trascurare il fatto che il livello del soffrire è diverso a seconda della specie
 ?? ?? Uno scimpanzé bonobo (l’animale più vicino a Homo sapiens nella scala evolutiva) o un ungulato hanno sensibilit­à ben differenti da quelle di una vipera o di una zanzara
Uno scimpanzé bonobo (l’animale più vicino a Homo sapiens nella scala evolutiva) o un ungulato hanno sensibilit­à ben differenti da quelle di una vipera o di una zanzara

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