Diritti degli animali e problemi pratici
Una maggiore attenzione alla vita animale è oggi indispensabile. La quantità e la qualità della fauna sono la carta d’identità dell’ambiente. Bisogna però analizzare il tema con il giusto approccio
Da diversi anni abbiamo compreso, anche con modifiche delle nostre leggi, che non ci sono specie dannose o utili se pensiamo all’ecosistema nel suo complesso e non soltanto a determinate attività. Certamente, non si possono ignorare alcune esigenze umane, in primo luogo quelle produttive. Tuttavia, l’approccio non può che essere rispettoso delle peculiarità animali, mediante la ricerca di compromessi intelligenti fra le loro e le nostre esigenze. Nostre esigenze però buone, mi permetto di dirlo.
Non è stato sempre così. Dall’inizio del processo di ominazione gli animali sono stati tratti quasi sempre come concorrenti, estranei e nemici, cose. Potrebbe sembrare una provocazione ma questo tipo di comportamento è abbastanza normale nei rapporti fra gli animali. Non solo fra di essi ma anche, non raramente, fra soggetti appartenenti alla medesima specie. Trattare gli animali come cose significa giustificare le manipolazioni più orribili senza rendersi conto delle loro sensibilità, pur molto diverse. Non va bene.
Sofferenze diverse
Un corollario di questa affermazione, della quale non dubito, è tuttavia che non si può trascurare che il livello del soffrire è diverso a seconda della specie. Quello, per esempio, di un capriolo preso al laccio da quello di un rotifero, morto per inquinamento. I rotiferi sono organismi animali che - per chi non lo sapesse - sono metazoi di pochi decimi di millimetro (da 0,1 sino a 0,5 mm), comuni nelle acque dolci, con più di un migliaio specie. E, sempre per chi ignora cosa diavolo sia un metazoo, mi azzardo a dire che è un “animale” con il corpo formato da più cellule in cui il nucleo è ben distinto. Et de hoc satis. Diciamo, basta per il momento. Chiarita la differenza fra i caprioli e i rotiferi, in effetti non sarebbe difficile dire chi soffre di più ed è possibile vittima di trattamenti crudeli che, in altri contesti, si potrebbero definire bestiali.
Uno scimpanzé bonobo (l’animale più vicino a Homo sapiens nella scala evolutiva e che possiede il 98,7% del suo Dna)
o un “bambi” hanno sensibilità ben diverse da quelle di una vipera o di una zanzara. Sono diversi. Le loro possibili sofferenze non ne cancellano altre, ulteriori.
Dunque, è un po’ fuorviante la conseguenza che si vorrebbe trarre dalla frase tanto condivisa: «Gli animali sono organismi senzienti». Tutti? Certamente sì, ma con enormi diversità. Da non dimenticare.
Gli animali pertanto non sono tutti eguali. Dal punto di vista del percepire il dolore. Non è una questione di chi è più buono, capace o migliore. Noi e gli altri senzienti abbiamo profonde dissomiglianze. E questa è certo una prima difficoltà quando si andranno a vedere le concrete applicazioni di una legge specifica sui diritti animali. Una legge ancora da scrivere definitivamente e che potrebbe stabilire un trattamento diverso o, meglio, diritti diversi fra questi organismi. In effetti, comunque vada sui diritti, della capacità di soffrire dei rotiferi ce ne freghiamo altamente. E va bene così, perché altrimenti la nostra vita sarebbe impossibile. ma il dilemma non può essere ridotto a questo, su quale specie soffre poco o tanto.
Capacità di soffrire e diritti
Lasciando da parte la questione della sensibilità / senzietà è vero che, secondo alcune teorie animaliste, gli animali avrebbero comunque diritti, sia pure limitati, e cioè il diritto alla vita, il diritto alla libertà e il diritto a non subire sofferenze nonché al benessere fisico e psichico. Non ci si può nascondere però che tra gli animali stessi questi diritti non esistono proprio. Un gruppo di lupi sbrana tranquillamente una cerva e se la mangia quasi viva. Quindi, i diritti degli animali sarebbero una semplice concessione dell’uomo e varrebbero solamente verso di essi e non reciprocamente.
E ancora. Gli animali avrebbero (si dice) diritti ma non doveri: né fra di essi e neppure verso Homo sapiens. andiamoci allora piano con le somiglianze, fra noi e loro.
Il diritto alla vita e non solo
Vediamo come potrebbe esplicitarsi questa prerogativa. Sarebbe la fine della zootecnia, credo.
Il commercio di animali vivi, delle loro carni e dei prodotti derivati rientra tuttavia nell’ambito delle politiche comunitarie e l’animale viene individuato e trattato come oggetto di commercio. Ci sono comunque limiti al fine di evitare sofferenze inutili. E si veda se questo è il caso degli allevamenti intensivi. ma il diritto alla vita resta relativo. Nulla da dire sull’essere vegani o vegetariani. Sono comunque precetti religiosi individuali che non dovrebbero imporsi su tutti. mi sembra logico.
Il diritto alla libertà è analogo. Si tratta di una fattispecie che fa paura in quanto metterebbe fine non solo agli allevamenti ma anche agli zoo. Inoltre, da un punto di vista radicale (che significa solo serio e coerente) si dovrebbero far sparire le città e tutto quanto vi è di importante per la vita civile, dall’assistenza sanitaria alla cultura. Sono evidenti restrizioni alla libertà individuale e specifica degli animali, c’è poco da fare. E non parliamo degli animali domestici o meglio di quelli di affezione. Questi hanno oggi un proprietario (orrore,