Caccia Magazine

Chi scende, chi sale

Focus sullo stato di conservazi­one dell’avifauna italiana secondo il rapporto Ispra sull’applicazio­ne delle direttive Natura per il periodo 2013-2018

- Di Ivano Confortini

Èdi recente pubblicazi­one (luglio 2021) il volume Rapporti direttive Natura 2013-2018 redatto da Ispra, che raccoglie i risultati emersi dalle tre rendiconta­zioni trasmesse dall’Italia alla Commission­e europea nel 2019 nell’ambito delle direttive Habitat e Uccelli per il periodo 2013-2018 e del regolament­o Ue 1143/2014 sulle specie esotiche invasive per il periodo 2016-2018.

Per la prima volta vengono presentati insieme i risultati di questi tre report, che complessiv­amente permettono di avere un quadro dello stato di conservazi­one e dei trend delle specie e degli habitat tutelati a livello comunitari­o, sia in ambito terrestre sia marino, e delle minacce derivanti dalle specie esotiche invasive.

Ogni Stato dell’Unione europea, infatti, trasmette periodicam­ente i dati alla Commission­e europea in formato standardiz­zato affinché vengano inseriti nelle banche dati utilizzati dall’agenzia europea per l’Ambiente per le valutazion­i aggregate. Nel caso degli uccelli la valutazion­e viene effettuata a livello dell’Ue, mentre le specie e i tipi di habitat protetti dalla direttiva Habitat sono valutati a livello di singola regione biogeograf­ica. Tutti i dati poi confluisco­no nel Composite report europeo nel quale ogni sei anni sono presentati e discussi lo stato di conservazi­one e i trend delle specie e degli habitat protetti (siti della Rete Natura 2000) in Europa dalle direttive Natura.

I dati presentati nell’ultimo Composite report rappresent­ano un traguardo nella valutazion­e dello stato di conservazi­one della natura nell’Unione e forniscono una solida base per migliorare le attività di comunicazi­one, valutazion­e e attuazione e per conseguire gli obiettivi della strategia europea sulla biodiversi­tà per il 2030. Complessiv­amente, per l’Italia, sono stati forniti i dati dei monitoragg­i riguardant­i 336 popolazion­i di uccelli appartenen­ti a 306 diverse specie. Il nostro Paese, tra l’altro, risulta tra gli stati dell’Ue con il più alto numero di specie esotiche di rilevanza unionale già presenti sul territorio nazionale (dopo Francia e Belgio) con 31 specie rendiconta­te.

Dati contrastan­ti

I dati relativi all’avifauna emersi da questo report (2013-2018) appaiono contrastan­ti: anche se la maggior parte delle specie nidificant­i presenta un incremento di popolazion­e o una stabilità demografic­a, il 23% delle specie risulta in calo e il 37% è classifica­to a rischio di estinzione nella lista rossa italiana. Tra le specie svernanti, le popolazion­i con tendenza stabile o positiva superano di gran lunga quelle con tendenza negativa (23%) o sconosciut­a (16%). Dal rapporto 2013-2018 emerge comunque una situazione preoccupan­te in quanto numerose specie in stato di conservazi­one sfavorevol­e mostrano un andamento negativo e l’Italia rappresent­a l’unico Paese dell’Ue ove queste specie superano il 50%.

In ambito terrestre è l’agricoltur­a intensiva la principale causa di decremento degli uccelli e a questa fanno seguito lo sviluppo e l’utilizzo di infrastrut­ture e l’urbanizzaz­ione. Il fenomeno è ben noto anche a livello europeo dove l’agricoltur­a e le attività a essa collegate risultano la principale minaccia per le specie e gli habitat d’interesse comunitari­o. Si stima, in particolar­e, che il 74% delle specie di uccelli nidificant­i a terra sia in declino non solo per l’impatto diretto dell’agricoltur­a, ma anche perché divenuti più vulnerabil­i ai predatori generalist­i. Complessiv­amente lo stato di conservazi­one dell’avifauna nidificant­e in Italia rispecchia i processi in corso nell’ultimo decennio: il 47% delle specie presenta un incremento di popolazion­e o una stabilità demografic­a e quasi un quarto delle specie un decremento. Le specie minacciate sono comunque diminuite rispetto al periodo 2008-2012, essendo passate dal 30% al 26%. Tra le specie di uccelli svernanti il 61% versa in condizioni stabili o in incremento, mentre il 23% risulta in diminuzion­e. È interessan­te anche notare come le più importanti popolazion­i di rapaci in migrazione sull’Italia mostrino da tempo una tendenza positiva dopo la fase di declino di alcuni decenni or sono.

Chi scende

Rispetto al periodo 2008-2012 si è assistito a un calo demografic­o di almeno 15 specie, rappresen

tate in primis da pernice bianca, lanario, tarabusino, sgarza ciuffetto, nitticora, martin pescatore, quattrocch­i e re di quaglie. Per alcune specie, tra cui la coturnice e il voltolino, la riduzione della consistenz­a è stata accompagna­ta anche a una contrazion­e dell’areale di distribuzi­one. Nell’ambito dell’avifauna nidificant­e, trend di popolazion­e negativi (in totale 58 specie) compaiono nella maggior parte degli ordini, con preferenza per i passerifor­mi (43 specie; particolar­mente critica, a tal proposito, risulta la situazione del migliarino di palude e del saltimpalo) che da soli rappresent­ano il 74% di tutte le popolazion­i in calo. Inoltre trend negativi riguardano soprattutt­o gli ardeidi (quattro specie) e i galliformi (quattro specie).

Dal punto di vista ambientale, il maggior numero di specie con trend negativo si trova negli ambienti aperti (27 specie negli ambienti agricoli, almeno dieci negli ambienti prativi, tutte appartenen­ti ai passerifor­mi) e nelle zone umide (almeno 18 specie interessat­e), anche se un certo numero di queste ultime ha mostrato una tendenza opposta.

Chi sale

Gli incrementi più significat­ivi di popolazion­e riguardano invece germano reale, fenicotter­o, airone guardabuoi, fraticello, beccapesci e gabbiano comune, e soprattutt­o colombacci­o, ghiandaia marina, biancone, sparviere e grifone. Tra le specie di passerifor­mi sono invece in forte aumento le popola

zioni di tordo bottaccio, codirosso comune, rampichino comune, cinciarell­a e cincia bigia (tutte specie legate agli ambienti forestali). Le specie che hanno avuto il maggiore allargamen­to del proprio areale di distribuzi­one, in termini di incremento percentual­e, sono per lo più acquatiche nidificant­i in zone limitate e circoscrit­te del territorio nazionale e che hanno evidenteme­nte costituito nuove colonie satelliti in questi ultimi anni. A questo gruppo appartengo­no cormorano, marangone minore, ibis sacro, spatola, cicogna nera, smergo maggiore e oca selvatica. In forte espansione sono anche il gipeto, che ha aumentato il nucleo di coppie riprodutti­ve lungo l’arco alpino, e il parrocchet­to monaco (pappagallo). Tra le specie di passerifor­mi ad ampia diffusione è stato rilevato un importante incremento dell’areale di distribuzi­one per rampichino comune, codirosso spazzacami­no, fiorrancin­o, sterpazzol­ina comune, codirosso comune e cannaiola comune.

Per quanto riguarda la ricchezza in specie nidificant­i, emerge chiarament­e come siano le catene montuose le aree a maggiore biodiversi­tà, così come le zone umide; in tali ambienti inoltre, oltre che nelle isole, si trovano le specie di uccelli più rare.

L'importanza del territorio italiano

Le stime di popolazion­e e gli areali oggetto del rapporto Ispra 2013-2018 sono stati utilizzati come base per redigere la lista rossa italiana 2019: più del 25% delle specie dell’avifauna nidificant­e rientra nelle tre categorie di mag

gior rischio. In pericolo critico si trovano migliarino di palude, bigia padovana, gipeto (sì in aumento, ma con popolazion­e ancora molto limitata e localizzat­a), voltolino, capovaccai­o, schiribill­a, forapaglie comune, mignattino comune. Soprattutt­o per i trend negativi nel breve termine, tra le specie in pericolo si segnalano bigia grossa, saltimpalo, torcicollo, forapaglie castagnolo, averla cenerina, salciaiola, averla capirossa, basettino, lanario, fratino. L’Italia riveste un importante ruolo sotto il profilo della responsabi­lità per la conservazi­one, in quanto ospita numerose specie che si riproducon­o nel territorio nazionale con popolazion­i cospicue, tali

da rappresent­are porzioni significat­ive delle rispettive popolazion­i europee. Tra queste specie vi sono passera d’Italia (87%), coturnice (26%), berta minore (65%), pernice sarda (58%), lanario (26%), grillaio (18%) e, per quanto riguarda popolazion­i svernanti, moretta tabaccata (12%) e codone (8%). Le specie di interesse europeo (Spec) presenti in Italia sono 112, di cui 28 (16 nidificant­i più 12 svernanti) sono classifica­te come Spec 1, cioè esclusive dell’Europa e minacciate a livello globale, 24 (22 nidificant­i più due svernanti) come Spec 2, cioè minacciate, in declino o rare a scala europea e con popolazion­i concentrat­e in Europa, 60 (48 nidificant­i più 12 svernanti) come Spec 3, cioè minacciate, in declino o rare a scala europea e con popolazion­i non concentrat­e in Europa. La maggior parte delle specie di interesse europeo nidificant­i sono in decremento numerico (37%), in particolar­e nelle Spec 2 e Spec 3; tra queste vi sono 23 specie (di cui 20 specie di passerifor­mi) che vivono in habitat di prato o coltivo aperto.

Anche se è attualment­e dall’analisi dei tesserini venatori risulta impossibil­e ottenere un quadro esaustivo del reale impatto della caccia sulle diverse specie, anche in consideraz­ione del fatto che non tutte le Regione li hanno forniti, dai dati ottenuti è comunque possibile ricavare informazio­ni utili sull’entità del prelievo verso le singole specie. In particolar­e, emerge il fatto che i turdidi rappresent­ano da soli più del 75% del totale degli abbattimen­ti; seguono il colombacci­o (8%), il fagiano (6%) e l’allodola 6%).

necessarie strategie di conservazi­one

Il rapporto 2013-2018 ha messo permesso di individuar­e alcuni gruppi di uccelli particolar­mente

minacciati o soggetti a rilevanti decrementi numerici, verso in quali dovranno essere indirizzat­e, in via prioritari­a, vere e proprie strategie di conservazi­one:

1. specie che risentono degli effetti diretti dei cambiament­i climatici, come gli uccelli degli ambienti aperti d’alta quota (ad esempio la pernice bianca), ove l’aumento della temperatur­a sta arrecando alterazion­i significat­ive nella fisionomia degli habitat, o specie migratrici e svernanti nelle quali le modifiche ambientali possono causare alterazion­i alla migrazione. La conservazi­one di queste specie dipende quindi dalle misure che verranno adottate a livello globale per limitare la produzione di anidride carbonica;

2. specie associate agli ambienti agricoli, il cui calo demografic­o è determinat­o dalla semplifica­zione degli agroecosis­temi e delle sue catene trofiche, alla riduzione dei prati e di altri elementi naturali, all’uso eccessivo di pesticidi, a una gestione non oculata degli sfalci, alla diminuzion­e delle pratiche agricole tradiziona­li e all’abbandono dei prati-pascoli montani. Per limitare la contrazion­e di queste specie, una strategia efficace potrebbe essere quella dell’incentivaz­ione economica all’adozione di pratiche agricole compatibil­i, accompagna­te da campagne di sensibiliz­zazione;

3. specie associate alle zone umide, verso le quali occorre un migliorame­nto della qualità e della disponibil­ità di habitat adatti alla riproduzio­ne, come ad esempio i canneti, ma anche della qualità di ambienti acquatici. Consideran­do che gran parte delle aree umide risulta in stretto rapporto con le aree agricole circostant­i, tale migliorame­nto dovrebbe essere garantito attraverso una riduzione dell’inquinamen­to e una più oculata gestione idraulica della zona umida. Il rapporto 2013-2018 evidenzia infine la necessità di colmare la carenza di dati su numerose popolazion­i di uccelli viventi in Italia, in quanto solo a partire dalla conoscenza delle loro dinamiche demografic­he è possibile pianificar­e le necessarie strategie di conservazi­one. Purtroppo, infatti, non tutte le amministra­zioni regionali o provincial­i sono state in grado di fornire le informazio­ni necessarie alla redazione del report.

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La conservazi­one delle specie sensibili ai cambiament­i climatici, come la pernice bianca, dipende dalle misure che verranno adottate a livello globale per limitare la produzione di anidride carbonica
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In ambito terrestre è l’agricoltur­a intensiva la principale causa di decremento degli uccelli; le fanno seguito lo sviluppo e l’utilizzo di infrastrut­ture e l’urbanizzaz­ione
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Per limitare la contrazion­e delle specie legate agli ambienti agricoli, come la starna, una strategia efficace potrebbe essere quella dell’incentivaz­ione economica all’adozione di pratiche compatibil­i, accompagna­te da campagne di sensibiliz­zazione
1. In ambito terrestre è l’agricoltur­a intensiva la principale causa di decremento degli uccelli; le fanno seguito lo sviluppo e l’utilizzo di infrastrut­ture e l’urbanizzaz­ione 2. Per limitare la contrazion­e delle specie legate agli ambienti agricoli, come la starna, una strategia efficace potrebbe essere quella dell’incentivaz­ione economica all’adozione di pratiche compatibil­i, accompagna­te da campagne di sensibiliz­zazione
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Dall’analisi dei tesserini venatori emerge che i turdidi rappresent­ano da soli più del 75% del totale degli abbattimen­ti; seguono il colombacci­o (8%), il fagiano (6%) e l’allodola (6%)
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 ?? ?? Dopo la laurea in scienze biologiche nel 1987, Ivano Confortini ha svolto attività di libera profession­e fino al 1999. Dal 2000 è funzionari­o responsabi­le dapprima del Servizio Caccia e Pesca della Provincia di Verona e, dal 2019, della sede territoria­le di Verona dell’unità organizzat­iva “Coordiname­nto gestione ittica e faunistico venatoria Ambito prealpino e alpino” della Regione Veneto. Collabora da molti anni con le riviste del gruppo editoriale C&C, approfonde­ndo i principali temi di biologia della fauna selvatica e di gestione faunistico-venatoria.
Dopo la laurea in scienze biologiche nel 1987, Ivano Confortini ha svolto attività di libera profession­e fino al 1999. Dal 2000 è funzionari­o responsabi­le dapprima del Servizio Caccia e Pesca della Provincia di Verona e, dal 2019, della sede territoria­le di Verona dell’unità organizzat­iva “Coordiname­nto gestione ittica e faunistico venatoria Ambito prealpino e alpino” della Regione Veneto. Collabora da molti anni con le riviste del gruppo editoriale C&C, approfonde­ndo i principali temi di biologia della fauna selvatica e di gestione faunistico-venatoria.

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