Barchino e spingarda, binomio del passato
I cacciatori di acquatici che hanno i capelli bianchi e un po’ di decenni di esercizio all’attivo sicuramente la ricordano per averla vista e, chissà, magari pure utilizzata. Ci riferiamo alla spingarda, un vero e proprio cannoncino di calibro compreso fra 32 e 60 millimetri (la Beretta ne fabbricava persino da 82 millimetri), che veniva impiegato nella caccia alle anatre e folaghe sui grandi bacini e sui fiumi principali del nord e parte del centro Italia. La spingarda stava posizionata di prua su barchini leggeri, snelli e bassi sull’acqua, coi quali ci si avvicinava agli uccelli posati fino a tiro utile. La carica di polvere e piombo - fino a 300 grammi di polvere nera per 1.200 grammi di pallini di grosso diametro, stipati in bossoli di acciaio o di ottone chiusi con la cera - consigliava una distanza di sparo ottimale fra i 60 e gli 80 metri, anche per dar modo all’imponente quantità di pallini di allargarsi a dovere sui branchi a riposo. Non è da credere che fosse comunque semplice assestare un buon colpo, poiché si tirava da sdraiati per non farsi scorgere, essendo l’esito del tiro condizionato anche dall’eventuale moto ondoso e dagli elementi meteo come vento e pioggia. E possiamo aggiungerci la stanchezza e la tensione derivanti dall’avvicinamento, condotto con piccoli remi, che poteva protrarsi a lungo anche in relazione al livello di diffidenza degli acquatici, che magari si allontanavano impercettibilmente ma costantemente a nuoto, imponendo una specie di quieta rincorsa molto impegnativa. La linea di galleggiamento molto bassa del barchino, proprio a evitare che risultasse troppo appariscente insospettendo i selvatici, esigeva ulteriori attenzioni sia in fase di manovra, sia di sparo, vista la potenza del rinculo della spingarda. Le cose andavano meglio quando si era in coppia, come spesso capitava anche se questa regola non scritta poteva essere disattesa dai migliori e più capaci. Se il tiro andava a buon fine, gli eventuali esemplari feriti dovevano essere ribattuti a colpi di fucile e anche questo richiedeva impegno e perizia, per l’esigenza di manovrare e sparare in contemporanea, sempre ovviamente mantenendo l’equilibrio necessario per non cadere in acqua, ulteriore circostanza nella quale l’essere in due dava evidenti vantaggi. C’erano inoltre le spingarde da usare da posto fisso, cioè dal capanno, che avevano l’aspetto di grossi fucili sovrapposti a canna liscia, con le quali si sparava solo da appoggio. Oggi può accadere di ammirare questo binomio del passato nelle manifestazioni fieristiche del settore oppure in poche raccolte museali che espongono barchino e spingarda fra le attrezzature e gli strumenti delle cacce che furono.