Torna la tradizione, sul tetto
Un sistema di agricoltura multifunzionale e sostenibile, sviluppato su prossimità e legami di solidarietà. Che in tempi di difficoltà come i mesi recenti può garantire sicurezza e sostentamento.
È in crescita la tendenza a sviluppare progetti di riqualificazione urbana con spazi per l’autoproduzione di frutta e verdura. Sul tetto di un edificio, su un terrazzo o in una parte del suolo cittadino, un orto urbano condiviso (e non) può apportare grandi benefici al territorio e ai suoi abitanti. Consente la coltivazione di differenti specie ortofrutticole con metodi lontani dal modello intensivo e industrializzato. E, come provato da uno studio condotto dall’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale (ONPR) del Ministero delle Politiche Agricole insieme al laboratorio CULTAB (Scuola di Agraria dell’Università di Firenze), ha mostrato una minor incidenza di contagi nei mesi scorsi. A fronte delle differenze di disponibilità di suolo, le aree agricole coltivate con sistemi non intensivi sono le più sicure e, anche sul territorio urbano, garantiscono l’isolamento di un nucleo autosufficiente con un impatto ambientale ridotto. Un orto pensile, in città, può consentire a ogni membro della comunità di mantenere un proprio spazio di indipendenza dal commercio e di contribuire all’abbattimento del traffico dovuto ai trasporti. Oltre che, come analizzato dall’Università di Sheffield che ha compiuto uno studio sull’impatto dell’agricoltura urbana e sulla quantità di prodotto che questa può garantire, promuovere la sicurezza alimentare del territorio e regimi alimentari più sani, fino a un generale benessere della popolazione. Secondo questa ricerca, il 15% degli abitanti locali potrebbero essere sostentati dai prodotti coltivati nel solo 10% degli spazi verdi cittadini.