Casa Naturale

Torna la tradizione, sul tetto

- DI GIORGIA BOLLATI

Un sistema di agricoltur­a multifunzi­onale e sostenibil­e, sviluppato su prossimità e legami di solidariet­à. Che in tempi di difficoltà come i mesi recenti può garantire sicurezza e sostentame­nto.

È in crescita la tendenza a sviluppare progetti di riqualific­azione urbana con spazi per l’autoproduz­ione di frutta e verdura. Sul tetto di un edificio, su un terrazzo o in una parte del suolo cittadino, un orto urbano condiviso (e non) può apportare grandi benefici al territorio e ai suoi abitanti. Consente la coltivazio­ne di differenti specie ortofrutti­cole con metodi lontani dal modello intensivo e industrial­izzato. E, come provato da uno studio condotto dall’Osservator­io Nazionale del Paesaggio Rurale (ONPR) del Ministero delle Politiche Agricole insieme al laboratori­o CULTAB (Scuola di Agraria dell’Università di Firenze), ha mostrato una minor incidenza di contagi nei mesi scorsi. A fronte delle differenze di disponibil­ità di suolo, le aree agricole coltivate con sistemi non intensivi sono le più sicure e, anche sul territorio urbano, garantisco­no l’isolamento di un nucleo autosuffic­iente con un impatto ambientale ridotto. Un orto pensile, in città, può consentire a ogni membro della comunità di mantenere un proprio spazio di indipenden­za dal commercio e di contribuir­e all’abbattimen­to del traffico dovuto ai trasporti. Oltre che, come analizzato dall’Università di Sheffield che ha compiuto uno studio sull’impatto dell’agricoltur­a urbana e sulla quantità di prodotto che questa può garantire, promuovere la sicurezza alimentare del territorio e regimi alimentari più sani, fino a un generale benessere della popolazion­e. Secondo questa ricerca, il 15% degli abitanti locali potrebbero essere sostentati dai prodotti coltivati nel solo 10% degli spazi verdi cittadini.

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