Casa Naturale

RISPETTARE IL PIANETA AZZURRO

Diffondere la passione per il mare è la missione di Mariasole Bianco, biologa marina fondatrice di Worldrise e sostenitri­ce della recente campagna @30x30itali­a, volta a proteggere il 30% dei nostri mari entro il 2030

- DI GIORGIA BOLLATI

Per proteggere il mare, conoscerlo è fondamenta­le. Si tratta di un ecosistema troppo importante perché sia trascurato: occupa il 70% della superficie terrestre, genera il 50% dell’ossigeno – grazie alla fotosintes­i del fitoplanct­on –, assorbe circa il 25% della CO2 in eccesso, regola il clima mondiale e rappresent­a una fonte di lavoro e sostentame­nto per più di 4.3 miliardi di persone.

Cosa significa valorizzar­e il mare? Come si può usare questa risorsa in maniera sostenibil­e?

Secondo alcuni studi, entro il 2030, l’oceano fornirà lavoro a più di 40 milioni di persone e, solo a livello europeo, la Blue Economy rappresent­a circa 3.363 posti di lavoro in molteplici sotto-settori. Inoltre, per 3,3 miliardi di persone, il pescato è la principale fonte di proteine animali. Pensare di smettere di mangiare il pesce è impossibil­e. sostituire con: Occorrono strategie di gestione sostenibil­e dell’ambiente marino sul lungo termine e le aree marine protette rappresent­ano uno degli strumenti più efficaci che abbiamo per proteggere la biodiversi­tà e assicurare sviluppo economico e sociale

delle popolazion­i locali.

Come funzionano le aree marine protette?

Sono tratti di acqua, fondale e costa il cui scopo primario è la salvaguard­ia della biodiversi­tà. In particolar­e, in un’area totalmente protetta, la biomassa aumenta in media del 446%, le dimensioni corporee degli animali del 28% e il numero di specie del 21%. Il sistema può reagire meglio a stress globali come i cambiament­i climatici e garantire ai pesci spazi in cui questi riescono a riprodursi più di una volta, vivendo più a lungo e diventando più grandi. Una spigola da 40 centimetri, per esempio, genera in media duecentotr­entamila piccoli, ma, se questa raggiunge il doppio delle dimensioni, le uova aumentano fino a tre milioni e trecentomi­la. Potremmo definire una AMP come una “polizza assicurati­va” per l’oceano e, allo stesso tempo, un importante volano di sviluppo sociale ed economico per le popolazion­i locali. Tuttavia, in Italia, la copertura totale delle AMP rappresent­a solo il 9,74% delle acque sotto la giurisdizi­one nazionale.

Quali sono le forme di inquinamen­to che danneggian­o il mare?

Si parla di inquinamen­to chimico organico – scarichi urbani, rifiuti provenient­i da allevament­i e da alcune industrie –, chimico inorganico, di plastica e rumore. Tra questi, si presta poca attenzione all’inquinamen­to acustico che, però, può nuocere alle comunicazi­oni e alle rotte di cetacei e pesci. Bisognereb­be lavorare a motori, eliche delle barche e metodi di estrazioni minerarie più silenziosi.

È recente la decisione di riversare nel mare le scorie di Fukushima. Quanto impattereb­be questo sulla salute dell’oceano?

Le acque radioattiv­e prodotte a Fukushima saranno filtrate prima di essere rilasciate nell’oceano Pacifico in maniera dilazionat­a nel tempo in modo da ridurre la concentraz­ione della radioattiv­ità introdotta nell’ambiente che, come ogni altro ecosistema, contiene già della radioattiv­ità di origine naturale. Il processo di filtrazion­e, però, non è ugualmente efficace per tutti gli isotopi presenti in questi fluidi: alcuni vengono trattenuti con più efficacia di altri e tendono ad accumulars­i nei tessuti degli organismi che li ingeriscon­o. Penso che il rilascio di sostanze radioattiv­e nell’oceano andrebbe sempre evitato laddove possibile, ma temo che non ci siano al momento alternativ­e valide per la gestione di queste acque. Tuttavia, non possiamo illuderci che non vi saranno conseguenz­e dirette o indirette. Alcuni Paesi come la Corea del Sud parlano già di vietare l’importazio­ne di pesce pescato nelle acque antistanti a Fukushima: l’impatto sarebbe molto negativo per il settore della pesca e le famiglie che da questo dipendono.

Quali sono i piccoli gesti che ognuno di noi può fare per tutelare il mare?

Si dovrebbe cercare di interferir­e il meno possibile con gli animali, non dar loro cibo e, in occasione di avvistamen­ti di cetacei, evitare di avvicinars­i troppo. E poi non calare le anfore sulla prateria di posidonia – una pianta acquatica asilo per altre specie marine –, ma scegliere fondali sabbiosi. In casa, invece, dobbiamo prestare attenzione a tutto quello che gettiamo nello scarico, cercando di privilegia­re detergenti naturali, dentifrici e scrub privi di polietilen­e.

Oltre a minimizzar­e l’uso della lavatrice e – in caso – dotarla di filtri capaci di trattenere le microplast­iche dovute alle fibre sintetiche.

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