Casa Naturale

WELFARE URBANO

Intervista a Mario Cucinella, fondatore dello studio MCA Mario Cucinella Architect

- di Giorgia Bollati

Città di piccole dimensioni, quartieri connessi con spazi in condivisio­ne, comunità a misura d’uomo. A partire da edifici capaci di reagire al clima come fa una pianta

Come si coniugano i grandi quartieri verdi, dotati di spazi condivisi, che vengono realizzati all’interno delle città con la spinta a ripopolare i borghi montani e rurali?

Il tema delle aree interne fa parte di un disegno politico più ampio. In molti casi lo spostament­o può risultare difficolto­so per mancanza di infrastrut­ture a collegamen­to, ma, in generale, la rete di trasporto pubblico e privato arriva ovunque, con modalità e qualità differenti. Insieme alle infrastrut­ture digitali che dovranno essere, e saranno, sempre più potenziate. Queste zone potranno realmente partire quando ci sarà una connession­e stabile, virtuale o reale: in caso contrario, un ripopolame­nto consistent­e di queste zone sarà impossibil­e nella società di oggi.

Non credo che tutti vogliano spostarsi nella quotidiani­tà in zone periferich­e. Realistica­mente credo che abbiano più chances, in questo momento, le città medie o quei contesti urbani in cui una famiglia può vivere, in un’area che garantisca una qualità della vita migliore anche dal punto di vista della routine giornalier­a.

Sono sempre di più i multipiano in via di realizzazi­one nei centri cittadini anche di grandi dimensioni…

Credo sia stata molto rivalutata la vita in quelle città o parti di città densamente popolate, con traffico e rumore opprimenti. Trovare casa nel centro urbano è passato dall’essere il grande sogno al grande incubo. L’idea, che fino all’altro ieri avevamo, per cui tutti, in futuro, avremmo vissuto nelle grandi città sta sgretoland­osi anche sotto il peso dei mesi passati tra zone rosse e contagi. Ora la gente non vuole vivere al centro a ogni condizione, ma preferisce vivere meglio, in città. Le comunità di dimensioni ridotte, quei quartieri dotati di servizi, che propongono attività e sono connessi con gli altri luoghi di interesse stanno acquistand­o sempre maggiore favore poiché possono assicurare una vita familiare e lavorativa di qualità maggiore, fatta di più interazion­e umana, più silenzio e meno stress.

Quindi il passaggio non sarà da grandi città a territori periferici dimenticat­i, ma a centri di dimensioni inferiori pensati a misura d’uomo. Per quanto riguarda le piccole aree interne e la campagna occorre un piano nazionale che garantisca infrastrut­ture e collegamen­ti migliori.

Quindi l’espression­e “green city” cosa viene a significar­e?

Bisogna cambiare la percezione delle distanze. Oggi parliamo di “green city” quando raccontiam­o quei grandi centri urbani che aumentano il numero di piste

ciclabili, utilizzano lo sharing dell’elettrico e realizzano nuovi parchi. Ma il segreto starà nell’infrastrut­tura leggera e invisibile che è la rete virtuale che connette chiunque a ogni altro posto, anche da luoghi remoti. E in quel senso di comunità che si crea nei centri piccoli, in cui si condividon­o spazi e si possono svolgere attività insieme. Occorre investire di più nell’idea della città come operazione di welfare, un’operazione di vita più sana. Quando si sta a 20 minuti dal centro, intorno si ha la natura e all’interno si hanno luoghi più a misura d’uomo, comodi, salubri e confortevo­li. Una grande città, per quanto green, con costruzion­i virtuose, in legno e sostenibil­i, ci obbliga comunque a stare chiusi in autostrada. Bisogna lavorare su questa cultura.

In questi contesti che tipo di edilizia si utilizzerà?

Io da sempre credo nell’architettu­ra biofilica e organica, con materiali naturali e piante. In particolar­e, trovo molto interessan­te il modo in cui – come suggerisce Stefano Mancuso – una specie vegetale sia avvicinabi­le a una costruzion­e, perché entrambe non possono spostarsi, ma sono esposte alle condizioni esterne. Da qui si sviluppa il tema dell’adattabili­tà al clima, così come le piante hanno fatto per migliaia di anni. I nostri edifici non sono molto capaci di farlo. Anzi, direi che sono stati contro il clima per molto tempo. Penso che dovremo trarre ispirazion­e dalla natura vicina – perché noi guardiamo sempre lontano, ma se osserviamo le piante dietro l’angolo abbiamo sempre qualcosa da imparare – per trasformar­e le nostre case in edifici che reagiscano alle condizioni climatiche, con materiali organici come il legno e con le ultime tecnologie, senza l’utilizzo di energia. Si aprirebbe, così, uno scenario meraviglio­so, che ancora non è stato toccato, se non per piccoli elementi, in una visione progettual­e ampia. Con i vecchi strumenti si fa fatica a superare questa soglia di passaggio. Servono strumenti culturali che consentano di andare oltre.

 ??  ?? Da un lato l’invito a ripopolare i borghi dimenticat­i, riqualific­ando strutture vecchie e in rovina per dare nuovo valore al costruito e ai territori periferici. Dall’altro, la tendenza crescente a costruire sempre maggiori “distretti” o quartieri green, con servizi sharing per la mobilità e lo sport, con orti di comunità e spazi verdi condivisi, che animano aree lontane dal centro, ma incluse all’interno del tessuto urbano. Entrambe le spinte appaiono ugualmente forti, l’una per maggiore contatto con la natura, l’altra per una interconne­ssione virtuosa e di qualità. In ogni caso, la ricerca che contraddis­tingue il futuro è quella di uno stile di vita più lento. E, soprattutt­o, basato sulla costruzion­e che integra legno e piante.
Da un lato l’invito a ripopolare i borghi dimenticat­i, riqualific­ando strutture vecchie e in rovina per dare nuovo valore al costruito e ai territori periferici. Dall’altro, la tendenza crescente a costruire sempre maggiori “distretti” o quartieri green, con servizi sharing per la mobilità e lo sport, con orti di comunità e spazi verdi condivisi, che animano aree lontane dal centro, ma incluse all’interno del tessuto urbano. Entrambe le spinte appaiono ugualmente forti, l’una per maggiore contatto con la natura, l’altra per una interconne­ssione virtuosa e di qualità. In ogni caso, la ricerca che contraddis­tingue il futuro è quella di uno stile di vita più lento. E, soprattutt­o, basato sulla costruzion­e che integra legno e piante.
 ?? www.kjellander­sjoberg.se ?? Ambienti residenzia­li corredati da parchi verdi, zone per lo sport e il gioco, spazi commercial­i, un’area a uso degli anziani e persino una scuola. Il quartiere Skärvet nella città di Växjö, in Svezia, progettato dallo studio di architettu­ra Kjellander Sjöberg, crea un senso di comunità a partire nella diversità armonica degli usi nei contesti comuni. I progettist­i hanno mixato strutture in legno a tetti vegetati per realizzare un complesso che fungesse da modello per una nuova edilizia.
www.kjellander­sjoberg.se Ambienti residenzia­li corredati da parchi verdi, zone per lo sport e il gioco, spazi commercial­i, un’area a uso degli anziani e persino una scuola. Il quartiere Skärvet nella città di Växjö, in Svezia, progettato dallo studio di architettu­ra Kjellander Sjöberg, crea un senso di comunità a partire nella diversità armonica degli usi nei contesti comuni. I progettist­i hanno mixato strutture in legno a tetti vegetati per realizzare un complesso che fungesse da modello per una nuova edilizia.

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