Il ruolo di una PIANTA
Regalare o adottare un albero. Che sia locale e da frutto, con cassetta ricolma abbinata, o lontano, ma comunque prezioso per l’ecosistema. Quando è sostenibile e di supporto per il territorio?
«Ugo Tognazzi, da grande appassionato di cucina, iniziò a coltivare in autonomia le sue melanzane – racconta Silvestro Acampora, Agricultore e socio fondatore della Società Italiana Arboricoltura –, consapevole che quella piccola produzione da terrazzo gli costava ben 200 mila lire, che all’epoca poco non erano». Tognazzi poteva permettersi la spesa e, nel frattempo, comprese quale fosse il reale impegno richiesto dalla coltivazione.
«Voler partecipare o assistere al processo produttivo di una pianta può essere considerato un gesto da radical chic – prosegue l’esperto – ma, quando contribuisce ad accrescere la consapevolezza del consumatore, i risultati possono essere positivi».
Ecco, dunque, che nascono società di agricoltura digitale quali Biorfarm o zeroco2, che propongono alberi in “adozione” e mettono in rete piccoli coltivatori consentendo loro di entrare in una fetta di mercato dalla quale erano esclusi, senza svalutare il proprio lavoro per essere competitivi. Attraverso questa azione, il consumatore entra in contatto con il processo produttivo e «diventa consapevole di quanto ogni oliva, ad esempio, equivalga a una determinata quantità di acqua e di energia, da un lato, e a un volume di ossigeno emesso, dall’altro – spiega Acampora –. In questo senso, occorre anche considerare che gli agricoltori contribuiscono ai servizi ecosistemici di cui la società gode a livello economico, turistico e ambientale».
Tramite schemi del genere, chi acquista può accedere anche a colture tropicali sempre più a chilometro zero e meno impattanti. Per valutare quanto positiva sia l’azione di queste iniziative per l’ambiente e chi lo abita occorre tenere in conto molteplici fattori. Non si tratta solo di ridurre l’inquinamento nelle fasi produttive o di limitare gli sprechi, ma anche di migliorare la qualità della filiera lavorativa e ripensare il concetto di tipicità dei prodotti. Fondamentale diviene fornire al consumatore gli strumenti adeguati per comprendere le variabili che concorrono a definire sostenibile una mela o un pomodoro.
Biorfarm, azienda agricola digitale fondata nel 2017 e oggi fra i leader in Italia, sposta il focus della consapevolezza dal prodotto finito, il frutto, al mezzo di produzione, l’albero. Attraverso questa piattaforma è possibile adottare e monitorare uno o più piante a distanza, stabilendo la quantità di prodotto finito che si vuole acquistare, in modo da consentire agli agricoltori di eliminare il problema dell’invenduto. Soprattutto, la presenza di una
rete agricola diffusa e condivisa permette loro di ottenere benefici economici, come contratti logistici con i corrieri a condizioni più vantaggiose che singolarmente non avrebbero ottenuto. «Fra gli obiettivi primari di Biorfarm – racconta Osvaldo De Falco, fondatore e CEO dell’azienda, oltre a essere figlio di un produttore di arance e clementine – c’è proprio quello di mettere il contadino in una condizione di lavoro sostenibile. Rispetto al costo finale per il consumatore, il 35-40% rimane all’agricoltore, il 25-30% circa serve per la logistica e il 20-25% è il margine che va a Biorfarm, che utilizziamo anche per coprire i costi di comunicazione e IT. Non imponiamo mai un prezzo fisso. Il costo di una mela non viene stabilito in base al prezzo di mercato – quasi sempre insostenibile per i contadini –, ma rispetto all’agricoltore stesso.
Il prezzo finale deve essere sostenibile per lui».
Nel caso di zeroco2, il cui core business è la riforestazione tramite il coinvolgimento di contadini in difficoltà in
Italia, Guatemala, Argentina e Perù, sono i clienti a rendere sostenibile il lavoro dell’azienda. Chi adotta un albero con zeroco2, infatti, ne copre le spese di semina, coltivazione, innesto, trasporto, messa a dimora e monitoraggio. Se però un albero viene adottato e donato a un agricoltore, l’azienda non riesce a tracciare il mercato in cui i prodotti di quell’albero entrano. D’altra parte zeroco2 ha messo a punto un sistema efficiente per rendere non impattante l’incontro della domanda – gli alberi che le persone vogliono piantare – rispetto all’ecosistema nel quale operano: l’agroforestazione rigenerativa, una modalità per cui vengono coltivati nello stesso appezzamento colture stagionali – come mais e fagioli – e perenni – alberi da frutto e forestali autoctoni. Così, se un albero di zeroco2 è disponibile all’acquisto, non ci saranno effetti negativi per il territorio in cui viene piantato. www.biorfarm.com www.zeroco2.eco/it