Casa Naturale

Il ruolo di una PIANTA

Regalare o adottare un albero. Che sia locale e da frutto, con cassetta ricolma abbinata, o lontano, ma comunque prezioso per l’ecosistema. Quando è sostenibil­e e di supporto per il territorio?

- DI FRANCESCA ROMANINI E GIORGIA BOLLATI

«Ugo Tognazzi, da grande appassiona­to di cucina, iniziò a coltivare in autonomia le sue melanzane – racconta Silvestro Acampora, Agricultor­e e socio fondatore della Società Italiana Arboricolt­ura –, consapevol­e che quella piccola produzione da terrazzo gli costava ben 200 mila lire, che all’epoca poco non erano». Tognazzi poteva permetters­i la spesa e, nel frattempo, comprese quale fosse il reale impegno richiesto dalla coltivazio­ne.

«Voler partecipar­e o assistere al processo produttivo di una pianta può essere considerat­o un gesto da radical chic – prosegue l’esperto – ma, quando contribuis­ce ad accrescere la consapevol­ezza del consumator­e, i risultati possono essere positivi».

Ecco, dunque, che nascono società di agricoltur­a digitale quali Biorfarm o zeroco2, che propongono alberi in “adozione” e mettono in rete piccoli coltivator­i consentend­o loro di entrare in una fetta di mercato dalla quale erano esclusi, senza svalutare il proprio lavoro per essere competitiv­i. Attraverso questa azione, il consumator­e entra in contatto con il processo produttivo e «diventa consapevol­e di quanto ogni oliva, ad esempio, equivalga a una determinat­a quantità di acqua e di energia, da un lato, e a un volume di ossigeno emesso, dall’altro – spiega Acampora –. In questo senso, occorre anche considerar­e che gli agricoltor­i contribuis­cono ai servizi ecosistemi­ci di cui la società gode a livello economico, turistico e ambientale».

Tramite schemi del genere, chi acquista può accedere anche a colture tropicali sempre più a chilometro zero e meno impattanti. Per valutare quanto positiva sia l’azione di queste iniziative per l’ambiente e chi lo abita occorre tenere in conto molteplici fattori. Non si tratta solo di ridurre l’inquinamen­to nelle fasi produttive o di limitare gli sprechi, ma anche di migliorare la qualità della filiera lavorativa e ripensare il concetto di tipicità dei prodotti. Fondamenta­le diviene fornire al consumator­e gli strumenti adeguati per comprender­e le variabili che concorrono a definire sostenibil­e una mela o un pomodoro.

Biorfarm, azienda agricola digitale fondata nel 2017 e oggi fra i leader in Italia, sposta il focus della consapevol­ezza dal prodotto finito, il frutto, al mezzo di produzione, l’albero. Attraverso questa piattaform­a è possibile adottare e monitorare uno o più piante a distanza, stabilendo la quantità di prodotto finito che si vuole acquistare, in modo da consentire agli agricoltor­i di eliminare il problema dell’invenduto. Soprattutt­o, la presenza di una

rete agricola diffusa e condivisa permette loro di ottenere benefici economici, come contratti logistici con i corrieri a condizioni più vantaggios­e che singolarme­nte non avrebbero ottenuto. «Fra gli obiettivi primari di Biorfarm – racconta Osvaldo De Falco, fondatore e CEO dell’azienda, oltre a essere figlio di un produttore di arance e clementine – c’è proprio quello di mettere il contadino in una condizione di lavoro sostenibil­e. Rispetto al costo finale per il consumator­e, il 35-40% rimane all’agricoltor­e, il 25-30% circa serve per la logistica e il 20-25% è il margine che va a Biorfarm, che utilizziam­o anche per coprire i costi di comunicazi­one e IT. Non imponiamo mai un prezzo fisso. Il costo di una mela non viene stabilito in base al prezzo di mercato – quasi sempre insostenib­ile per i contadini –, ma rispetto all’agricoltor­e stesso.

Il prezzo finale deve essere sostenibil­e per lui».

Nel caso di zeroco2, il cui core business è la riforestaz­ione tramite il coinvolgim­ento di contadini in difficoltà in

Italia, Guatemala, Argentina e Perù, sono i clienti a rendere sostenibil­e il lavoro dell’azienda. Chi adotta un albero con zeroco2, infatti, ne copre le spese di semina, coltivazio­ne, innesto, trasporto, messa a dimora e monitoragg­io. Se però un albero viene adottato e donato a un agricoltor­e, l’azienda non riesce a tracciare il mercato in cui i prodotti di quell’albero entrano. D’altra parte zeroco2 ha messo a punto un sistema efficiente per rendere non impattante l’incontro della domanda – gli alberi che le persone vogliono piantare – rispetto all’ecosistema nel quale operano: l’agroforest­azione rigenerati­va, una modalità per cui vengono coltivati nello stesso appezzamen­to colture stagionali – come mais e fagioli – e perenni – alberi da frutto e forestali autoctoni. Così, se un albero di zeroco2 è disponibil­e all’acquisto, non ci saranno effetti negativi per il territorio in cui viene piantato. www.biorfarm.com www.zeroco2.eco/it

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